CARLO MIRANDA EQUAZIONI INTEGRALI CON NUCLEO FUNZIONE DEL PARAMETRO: TEORIA ED APPLICAZIONI {Conferenza tenuta il 22 aprile 1953) La presente conferenza si ricollega ad un'altra che io ebbi V onore di tenere in questo Seminario circa quindici anni fa, dedicata ad alcune generalizzazioni delle serie di funzioni ortogonali (1). In quella esposizione ebbi infatti l'occasione di accennare a certe equazioni integrali con nucleo funzione del parametro, il cui studio era stato oggetto di una mia memoria pubblicata un anno prima (2). A quei risultati altri se ne sono aggiunti da allora (3) e non è mancata qualche interessante applicazione, per cui credo che metta conto oggi di dare un quadro dei risultati ottenuti e di prospettare qualche questione ancora aperta. 1. - Siano : T un dominio limitato e misurabile dello spazio a r dimensioni ; x e y due suoi punti generici rispettivamente di coordinate (xlf x2, ..., xr) e {yly y2, ..., yr) ; T(2) il dominio dello spazio a 2r dimensioni descritto dal punto di coordinate {x19 ..., xr, y1, ..., yr) al variare di x e y in T ; K{x,y), HQ{x,y), H1{x,y), ... , Hn(x,y), (') C. MIRANDA, Alcune generalizzazioni delle serie di funzioni ortogonali e loro applicazioni. « Conf. di Mat. e Fis. del Seminario Matematico di Torino », 1938-40. (2) C. MIRANDA, SU di una classe di equazioni integrali il cui nucleo è funzione del parametro. « Rend. Circolo Matematico di Palermo», voi. LX (1936). (3) C. MIRANDA, a) Nuovi contributi alla teoria delle equazioni integrali lineari con nucleo dipendente dal parametro, « Mem. delPAcc. delle Scienze di Torino », serie 2" t. 70 ( 1939-40) ; b) Sulle equazioni integrali il cui nucleo è funzione lineare del parametro, «Rend. Àcc. d'Italia», serie VII, voi. II (1940). R. IGLISCHI, Ueber lineare Integralgleichungen mit vom Parameter abhàngigem Kern, « Math. Annalen », b. 117 (1939). B. MANIA', Autovalori di nuclei dipendenti del parametro, « Ann. Scuola Normale Superiore di Pisa», serie 2", voi. Vili (1939). 68 — n -f- 2 nuclei reali simmetrici, dei quali il primo di quadrato sommabile in T{2) e gli altri continui; a i 1 a 2 1 '" 1 a n n numeri reali. Posto n [1] G (x, ?/, X) « K (x, y) + XH0 (x, y)- 2 -. X Ht (x, y),. consideriamo l'equazione integrale [2] cp {x) = f(x) + X G {x, y, X) cp (y) dy , T nella quale f(x) è una funzione nota di quadrato sommabile in T e <p(x) è l'incognita, da ricercarsi anch'essa nella classe delle funzioni di quadrato sommabile in T (4). Se si fa Vipotesi fondamentale che i nuclei H0{x,y), a1B:l{x,y), ..., anHn{x,y) siano semidefìniti o definiti positivi, sussistono per la [2] vari teoremi che generalizzano quelli ben noti della teoria delle equazioni integrali a nucleo simmetrico. Altri risultati, ben più precisi, si ottengono poi se si fa l'ulteriore ipotesi che i nuclei H19 H2, ..., Hn siano di tipo elementare. Accogliendo per il momento tale ipotesi si ha che : Se q> (x) e cp' (x) sono due autosoluzioni del nucleo [1] corrispondenti a due distinti autovalori l e i ' , sussiste la relazione di pseudo-ortogonalità [3] / cp (x) cp'{x) dx + XX' ì ì H0 (x, y) cp (x) cp' (x) dxdy + TT T n + E hfc ^T71 re a n Ì = I {A -r Hi(x,y)cP(x)cp'(y)dxdy =0 —a^ (/— ad J J TT 4 :! ( ) Delle mie due memorie citate in ( ) la a) riguarda il caso Ho = 0, la b) il caso Hi = H2— .... = Hn = 0. L'osservazione che la teoria è valida, con soli mutamenti di carattere formale, nel caso generale del nucleo (1) è contenuta nel §' 3 della memoria di D. GRECO: Gli sviluppi in serie di autosoluzioni in un problema ai limiti relativo ad un'equazione differenziale lineare del secondo ordine. « Giornale di Matematiche » di Battagline voi. 79 (1949-50). — 69 — e dalla [3] si deduce con un ragionamento ben noto che gli autovalori del nucleo [1] sono tutti reali. Si dimostra anche che gli autovalori costituiscono al più un1 infinità numerabile priva di punti di accumulazione al finito, per cui essi possono essere ordinati in una successione, non decrescente in modulo, X1 , ••• ? /2 j Ak , nella quale ogni autovalore figura un numero di volte pari al suo rango, cioè al numero (finito), delle autosoluzioni che gli corrispondono. Ad ogni Xk si può poi associare un'auto soluzione <pk(x) scelta in modo che riesca: [4] / cph (x) cpk {x) dx + XhXk / / H0(x, y) cph {x) cpk{y) dxdy + TT T n aX X Cf + ^ n — a-)\x — ~a] / / H*^X' y) ^ ^ ^ ^ dxdy = ò,lk TT essendo òhk il simbolo di KRONECKER. Oi si può ora domandare se le autosoluzioni g?h (x) possono essere utilizzate per qualche teorema di sviluppo in serie, che generalizzi quello ben noto di HILBERT-SCHMIDT. Per questo occorre, in taluni casi, associare alle funzioni <pk{x) altre funzioni che diremo autosoluzioni singolari. Più precisamente, se ad uno qualsiasi dei poli G(x, y, X), per es. ad ai7 si possono associare due funzioni (p{x) e \p (x), di cui almeno la prima di norma non nulla, tali che riesca simultaneamente : <p(x)= a. 0{oo,y, X)-\- f—^Hifay) <p{y) dÌJ — ai \ H^x, y) tp(y) dy 1 T Hj(<v,y)<p{y) dy = 0 , T noi diremo che X = a,} è un autovalore singolare per il nucleo [1] e che cp {x) è un'autosoluzione singolare. Se X' è un auto valore ordinario e X = a,} è un auto valore singolare, sussiste ancora la [3] a condizione di sostituire in essa 5 — 70 — il termine i r Hi(x,y)q>(y)dy Cbj T che si presenta in forma indeterminata, con l'altro / Hi (x, y) tp (y) dy . Con analoga avvertenza la [3] sussiste anche quando X e ì! siano entrambi auto valori singolari. Infine anche gli auto valori singolari hanno rango finito. La considerazione di questi autovalori singolari s'impone per il fatto che essi si presentano spontaneamente quando uno dei poli aj del nucleo G(x, y, X) è polo anche per il nùcleo risolvente della [2] ; tale circostanza è tuttavia eccezionale giacché, adottando una locuzione spesso adoperata dai geometri, potremmo dire che per un generico nucleo G (x, yì X) i poli sono punti di regolarità per il corrispondente nucleo risolvente e quindi gli auto valori sono tutti ordinari. D'ora innanzi, pertanto, intenderemo sempre di includere nella successione degli autovalori Xh e in quella delle corrispondenti autosoluzioni <pk{x) gli eventuali auto valori e le eventuali autosoluzioni singolari. Con tale avvertenza l'estensione al nostro caso del teorema di HILBERT-SCHMIDT è fornita dai seguenti sviluppi in serie quasi ovunque convergenti : [5] -f K{x,y)u(y)dy J fe=i [6] H0 (x, y) = Z cpk (x) / H0 (y, t) cpk (t) dt fc=i J T °° a C Ht (x, y)=-Z y - * — cpk(x) Ht (y, t) cpk (t) dt [7] = S ^ / - ^ ( <P* (y) u {y) dy , *>k J T Nella [5] u (y) denota una funzione di quadrato sommabile — 71 — in T e per la [7] vale la stessa avvertenza già data per la [3] nel caso che vi siano autovalori singolari 5 tutte le serie che figurano nelle precedenti formule hanno somme parziali maggiorate da una funzione di quadrato sommabile. Da tali sviluppi in serie si deduce infine, facilmente, la formula risolutiva della [2] k=l A ìc — A J T 2, - Vediamo ora di dare un cenno di come si perviene alla dimostrazione del teorema di esistenza degli auto valori e delle formule [5], [6] e [7]. Cominciamo col dare il concetto di pseudo-funzione associata ad un nucleo continuo simmetrico e semidefìnito o definito positivo E (x, y). Se \cok\ sono gli autovalori (tutti positivi) di H (x, y) e \rk{x)\ le relative autosoluzioni ortogonali e normalizzate, diremo pseudofunzione associata al nucleo H (x, y) ogni serie del tipo [8] E ekT&(x) , k ove le costanti ck siano tali che riesca convergente la serie r. 2 [9] E ^- . k <*>k La convergenza della [9] non assicura la convergenza (neppure in media) della serie [8], la quale può essere perciò considerata solo formalmente. Conviene tuttavia indicare, per convenzione, la serie [8] con lo stesso simbolo con cui si indica ordinariamente una funzione, per es. U(OD), scrivendo, per ricordare che si tratta di un'uguaglianza simbolica: u(x) = E ekrk(x) Si noti che, se in particolare è anche convergente la serie 2 ck2, la serie [8] converge in media e la pseudo-funzione u (x) può identificarsi con la somma in media della [8]. In tal caso si ha anche [10] ÌH(x,y)u(y)dy = E ^ rk (x) J k 0>k e, se v (x) = 2ykrk(x) è una seconda pseu do-funzione per la quale 2yk2 riesca convergente: [11] / / E (x, y) v (x) u (y) dxdy = 27 CkVk le °>k TT Poiché, anche se le serie 2ck2 e Zyk% non sono convergenti, i secondi membri della [10] e [11] hanno ugualmente significato (la serie a secondo membro della [10] converge anzi uniformemente), noi assumeremo le [10] e [11] come definizioni degli integrali (simbolici) a primo membro, nel caso che u (x) e v (x) siano pseudo-funzioni del tutto generiche. Si vede così che il concetto di pseudo-funzione ha una stretta affinità sia con quello di funzione impulsiva che con quello di distribuzione, più recentemente introdotto da SCHWARZ; e potrebbe forse presentare qualche interesse uno studio approfondito delle relazioni che possono intercorrere fra queste diverse nozioni. Sia ora % (x) una funzione di quadrato sommabile e u0 (x), % (x), ..., un (x), w-i-1 pseudo-funzioni associate rispettivamente ai nuclei H0, H17..., Hn. Possiamo considerare la (n + 2) -upla [12] | = [w(o?), u0(x), ux(x), ..., un{x)\ come un punto di uno spazio hilbertiano 2, ove si definisca il prodotto scalare (£, £') di due punti £ e £' di 2 mediante la formula •.(!, £') = / u (x) %' (x) dx + / / H0 (x, y) u0 (x) uQ' (y) dxdy T TT + 2 a{ \ I Ht {oc, y) ut (x) u/ (y) dxdy TT — 73 - e quindi la norma N£ di un punto | mediante la posizione I u2 {x) dx + I I H0 {x, y) u0 {%) u0 (y) dxdy + Ni- = T TT + E dj li Hi(x, y) ui(x)ui(y)dxdy . TT Un sistema ||fcj di punti di 2": [13] lfc = [9*(«») » ^Ofc(^), Vlfcl-»)? -•> V'nfcO»)] si dirà ortogonale e 'normale se: (£A, 1¾) = óftfc, completo se ogni punto | di 2" ortogonale a tutti gli 1¾ ha necessariamente componenti tutte nulle. Se il sistema [13] è completo si ha per il generico punto [12] di 2 : m [14] lim N[£- E (|, à ) ! J = 0 m-yoo fc=l da cui segue tra l'altro: OQ [15] u(x)™2 (t,ì;k)cpk(x), &=i dove £^ è simbolo di convergenza in media. Dalla [15], applicata in particolare a un punto £ che abbia nulle tutte le sue componenti salvo una,»i si trae: [15'] u (x) ™ E (pk(x) fc=i u (y) cpk (y) dy , J T [15"] 0 ~ E cpk(x) I Hi (x, y) ut (x) cpik (y) dxdy Si vede quindi che la conoscenza di un sistema completo di punti di 2 consente degli sviluppi in media simili a quelli ben noti della teoria della serie di funzioni ortogonali e, in più, degli sviluppi dello zero. _ 74 — Si consideri ora in s il funzionale: ¢(1)= // E(x, y) u (x) u (y) dxdy — 2 2 \\ TT Hi(x,y)u(x)ìti(y)dxdy TT + 2 Hi(x, y)ii>i (oc) u{ (y) dxdy . TT Si dimostra che tale funzionale al variare di £ nell'insieme Ni = 1 ammette certo o un massimo positivo o un minimo negativo; detto /LI tale estremo e £ = !>(«), Vo(#)> •••? VnW\ il punto estremante, si prova, col metodo dei moltiplicatori di LAGRANGE, che A = lj/u è un autovalore ordinario per G (x, y, X) e <p(x) la corrispondente autosoluzione. Associamo ora ad ogni autovalore lk di O (x, y, ?,) il punto [13] di 2 che ha come prima componente Pautosoluzione <pk (x) e le altre componenti data da V'oki®) — h % T0ft (x) j cpk(y) r0h (y) dy , T A ft a i h J dove JTtt(a?)j sono le autosoluzioni ortogonali e normalizzate del nucleo Hi e l'ultima formula va convenientemente modificata se kk è un autovalore singolare. Si dimostra allora che, qualunque sia il punto | di 2, riesce : [16] 0 ( | ) —2 k { -^-^- = 0 A e dalla [16] seguono con diversi artifìci gli sviluppi [5], [6] e [7]. Si noti che dalle [5] e [6] segue che gli auto valori sono in numero infinito se almeno uno dei nuclei K o HQ non è di tipo elementare. La dimostrazione della [16] si basa poi sul fatto che, se il funzionale a primo membro non fosse identicamente nullo, il 75 reciproco di uno dei suoi estremi nell'insieme N$ = 1 sarebbe un autovalore, ordinario o singolare, di G (x, y, X) distinto dai Xk. Si noti ancora che, se il sistema dei punti £fc di 2 che abbiamo associato agli auto vaio ri di G (x, y, X) risulta completo, nel qual caso si dirà che il nucleo G (ce, y, X) è chiuso, oltre agli sviluppi [5], [6] e [7] valgono ambe le formule [15'] e [15"]. Si dimostra che: condizione necessaria e sufficiente affinchè G (x,y,X) sia chiuso è che abbia componenti tutte nulle ogni punto f di 2 pel il quale riesca: K (x, y) u (y) dy + J H0 (x, y) u0 (y) dy — E T T Si(x,y)u(y) T H{ (x, y) ti{ (y) dy = 0 T dy ~ i Hi(x, y)Ui(y)dy= 0, T H0(x,y)u (y) dy = 0 T 3. - Tutti i risultati di cui abbiamo fin qui discorso si estendono facilmente al caso in cui nell'espressione di G (x, y, X) la sommatoria sia sostituita da una serie, sulla quale si facciano convenienti ipotesi di convergenza. Si potrebbe anche pensare di sostituire la predetta sommatoria addirittura con un integrale del tipo H (x, y, a) X da X— a esteso a un intervallo I dell'asse reale, ma una ricerca esauriente in tal senso non si presenta, almeno a prima vista, troppo agevole. Gravi difficoltà presenta anche il caso in cui si voglia rinunziare a supporre i nuclei HVH2, ..., Hn di tipo elementare; ciò non per quanto riguarda l'esistenza degli autovalori, che risulta, in condizioni anche molto generali, da vari teoremi di MANIA e IGLISCH (5), ma piuttosto per quanto concerne gli sviluppi in serie di autosoluzioni, sui quali manca qualsiasi risultato. Il (5) Cfr. B. MANIA' e R. IGLLSCHU loc. cit. in (3). — 76 — metodo da me sviluppato cade infatti in difetto perchè i funzionali di cui occorre ricercare gli estremi non hanno in questo caso quelle proprietà di continuità su cui si basano gli ordinari metodi di calcolo delle variazioni. Si potrebbe forse pensare di ottenere i teoremi di sviluppo in serie con un passaggio al limite a partire dal caso, già studiato, in cui i nuclei Hv ...,Hn sono di tipo elementare; tale procedimento, che dovrebbe un po' modellarsi su quello adottato dal OARLEMAN nel primo capitolo della sua monografia sulle equazioni integrali singolari (6), non è però certo scevro di difficoltà. Né più agevole appare lo studio diretto del nucleo risolvente della [2], considerato come funzione analitica del parametro, studio questo che potrebbe aprire un'altra via per arrivare alla desiderata estensione dei teoremi di sviluppo in serie. Tra l'altro, qualunque sia il procedimento che si voglia adottare, è da tener presente che l'insieme degli autovalori, pur costituendo sempre un'infinità numerabile, può avere come punti di accumulazione tutti quei poli at di G(cc,y,l), tali che il corrispondente Ht sia di tipo non elementare. Un'altra ricerca interessante potrebbe essere quella di vedere cosa avviene quando i nuclei Hiy in ispecie _ff0, se si vuol conservare l'ipotesi che gli H19..., Sn siano di tipo elementare, non sono supposti continui; invero lo studio del caso in cui H0{so,x) non riesca sommabile potrebbe riservare delle sorprese dato che l'integrale di tale funzione interviene in molte maggiorazioni essenziali. Infine si potrebbe pensare anche ad un'estensione al caso in cui K (OD, y) non sia più di quadrato sommabile, caso in cui si presenterebbe certamente la possibilità di uno spettro continuo, onde la necessità di studiare le rappresentazioni integrali a questo connesse. Come si vede nella teoria di queste equazioni integrali vi sono ancora molte questioni interessanti, che attendono tutt'ora una risposta esauriente. 4. - Passiamo ora ad esaminare un'interessante applicazione dei risultati finora noti, dovuta a D. GRECO (7). (°) T. CARLEMAN. Equations intégrales singulières à noyau réel et symmetrique Uppsala A-B Lundequistska Bokhandeln 1923. (7) Cfr. D. GRECO, loc. cit. in ('). 77 Consideriamo l'equazione differenziale = 0, con le condizioni ai limiti i an(X)u(a) + a12(X)u'(a) = 0 4- a22(X)u'(b) = 0 [18] • a21(X)u(b) dove le a^-iX) sono funzioni lineari di X: e proponiamoci di studiare gli autovalori e le autosoluzioni di tale problema ai limiti e i relativi sviluppi in serie, nell'ipotesi che 6,A,B siano funzioni continue nell'intervallo (a, b) e 6>0. Supponiamo in primo luogo J . ( # ) = 0 e « i i «11 [19] A > 0, a 12 a A2 = 12 a2ì a 21 «22 a < 0. 22 Esistono allora soltanto due valori reali di A, diciamo ax ed $2, in corrispondenza ai quali la [17] ammette soluzioni non identicamente nulle verificanti le [18], soluzioni che noi indicheremo rispettivamente con fx (a?) e / 2 (x). Se si fa l'ipotesi che at ed a2 siano entrambi non nulli, si trova con un calcolo un po' laborioso che ogni soluzione dell'equazione verificante le [18] per X ^ ai9 è data da 0 [20] con [21] u(w) = — / G(x,y,X)(p(y)dy 2 G{x,y,X) X = 0 O (0, y) — 2 i= 1 h fi {oc) fi {y) , A — a{ — 78 — -dove G0 (x, y) è un nucleo simmetrico e le h{ sono costanti che hanno lo stesso segno delle at. Non è escluso che una dalle due quantità atì per es. a2, sia infinita nel qual caso però la [21] va sostituita dalla formula: [21'] G(x, y, X) = Q0(x, y) - - A _ - \U (x)U (y) + Xh2% (x) f2 (x), dove lix ha ancora lo stesso segno di ax e h2 è positiva. Supposto ora A (x) > 0, è ovvio che il problema ai limiti [17], [18] è equivalente all'equazione integrale b u (x) = l \ G (x, y, X) A (y) u (y) dy , et la quale col cambiamento di funzione incognita u ]/A = v si trasforma subito in un'altra a nucleo simmetrico alla quale, per la ricordata proprietà di hx, h2 e ìi2 è senz'altro applicabile, sia nel caso [21] che nel caso [21'], la teoria svolta precedentemente. Si constata anche che ogni auto valore di tale equazione, sia regolare che singolare, è autovalore anche per il nostro problema ai limiti e resta così dimostrato che detto problema ammette una successione di autovalori \xk[ tutti reali. Il corrispondente sistema di autosoluzioni \uk{x)\ verifica le seguenti condizioni di pseudo-ortonormalità, che si deducono trasformando opportunamente le [4]: 6 / A{x) uh (x) uk (x) clx + Ax6 {a) ohok — A26 (b) %h%k = òhk , a essendo 0h «12 (W %l(4) ' ^22(^¾) ^21(^¾) Si noti che delle due espressioni date per ciascuna delle oh e rh una almeno, in forza delle [19], non si presenta in forma indeterminata. — 79 — Si dimostra inoltre che il nucleo della nostra equazione integrale è chiuso, per cui valgono le [15'] e [15"]; ne segue con qualche trasformazione che per ogni funzione F (a?) di quadrato sommabile in {a, b) vale lo sviluppo in serie convergente in media [22] F(x)™ E uk(x) A (?/) uk (y) F (y) dy + txoh + t2zk k=l dove tx e t2 sono due costanti arbitrarie. In particolare si hanno i due sviluppi dello zero: oo E okuk (a?) £^ 0 , fc=i E rkuk (a?) ~ 0 &=i Ricorrendo invece alle [5], [6] e [7] si ha che, se F(x) ha derivata prima assolutamente continua e derivata seconda di quadrato sommabile, la serie [22] converge uniformemente in (a,b) a condizione di assumere: h = d{a)[a11F{a) + a12F'(a)] , t2=~d(b)[a21F(b)+a22F'(b)]. Tali sviluppi in serie presentano dunque il vantaggio, su quelli collegati con l'ordinario problema di STURM-LIOUVILLE, di risultare uniformemente convergenti in condizioni di sufficiente regolarità per la funzione F (%), senza che questa sia astretta a verificare le condizioni ai limiti del problema. È significativo, a questo proposito, il fatto che, se una delle condizioni ai limiti è indipendente da X, valgono risultati analoghi, ma per la convergenza uniforme dello sviluppo in serie di una funzione arbitraria F (%), si richiede che questa verifichi la condizione ai limiti indipendente da X. In questo caso, peraltro, il nucleo dell'equazione integrale, in cui si trasforma il problema, ha un solo polo, anziché due, e in conseguenza sussiste un unico sviluppo dello zero. Più precisi ragguagli sulle condizioni sufficienti per la convergenza di questa serie si possono avere nell'ipotesi che 6 (x) ed A (x) abbiano derivate prime e seconde continue. Sotto queste ipotesi è infatti possibile dare una valutazione asintotica degli autovalori e delle autosoluzioni del problema, che consente uno — 80 — studio diretto della convergenza della nostra serie (8). In taluni casi, ma non in tutti, anche gli sviluppi dello zero convergono uniformemente. Vari teoremi sull'ubicazione degli autovalori e sul numero degli zeri delle autosoluzioni si possono infine ottenere con uno studio diretto della questione basato sui classici teoremi di confronto per le soluzioni delle equazioni differenziali lineari, e ciò supponendo 6 (co) ed A(x) soltanto continue (9). 5. - Gli sviluppi in serie considerati nel numero precedente possono riuscire assai utili nella risoluzione di certi problemi al contorno per le equazioni della fìsica matematica. Un esempio notevole di tale possibilità è offerto da una ricerca di D. GRECO (10). Consideriamo nel rettangolo 0_<.#<.:&, 0<_t<.d, l'equazione generalizzata del calore: [23] ^ =w + p(x)u + F(a;,t), con le condizioni al contorno axut (0, t) — a / u (0, t) — ux (0, t) = / 3 (t) [24] f a2ut(7i,t) — a 2 ' u (n, t) — ux (n,t) = / 2 (t) e la condizione iniziale [25] u (x, 0) = u0 (x) . Questo problema al contorno differisce da quelli ordinariamente considerati perchè nelle [24] oltre ai valori della « e di du/dx, figurano anche i valori di du/dt. Si potrebbe quindi dire che si tratta di un problema di derivata obliqua per un'equazione parabolica. (s) Cfr. D. GRECO, Sulla convergenza degli sviluppi in serie di autosoluzioni associati ad un problema ai limiti relativo ad un'equazione differenziale ordinaria del secondo ordine, « Rend. Acc. Se. Fis. e Mat. », Napoli s. 4", voi. 17 (1939). (°) Cfr. D. GRECO, SU un problema ai limiti per un equazione differenziale lineare ordinaria del secondo ordine, « Giornale di Matematiche» di Battagline voi. 78 (1948-49). (10) D. GRECO, Una nuova applicazione del metodo delle trasformate alla risoluzione di un problema al contorno per un equazione di tipo parabolico, « Giornale di Matematiche » di Battaglini, voi. 80 (1950-51). — 81 — Un caso particolare di questo problema era stato da me trattato, molti anni fa, per mezzo della trasformazione di LAPLACE (11). Con tutt'altro metodo, e cioè servendosi del metodo delle trasformate di PICONE, il GRECO è riuscito a dare la formula risolutiva del problema nell'ipotesi p (os) >_ 0, a1> 0, a2 < 0, valendosi appunto di sviluppi in serie del tipo di quelli considerati nel n. 4; ed ecco in che modo. Considerato il problema ai limiti [26] g l ! / [27] + p _ p (a)] y = o , ( ^ + 0 7/(0) + 7/(0) = 0 {a2X+ Oz'jy (n) + y'(n) = 0 , se ne indichino con lh gli auto valori e con yk (x) le relative autosoluzioni verificanti le condizioni di pseudo-ortonormalità : yh(®)yk(x)doc + 0^(0)1/,.(0)- a2yh(7t)yk(7t) = òhk. Ogni funzione di due variabili u (x, t) è suscettibile, in condizioni di sufficiente regolarità, dello sviluppo in serie oo [28] u(x,t) = E y*(x)<pk(t), dove <Pkit) = / o u (<M) yk(®)dx + axu (Q,t) yk(0) — a2u (n,t)yk(n) . La soluzione del nostro problema al contorno riesce perciò determinata e in modo univoco se si riesce a calcolare le cpk (t) ; ma a ciò si perviene facilmente col metodo di PICONE moltiplicando la [23] per yk(x) e integrando fra 0 e n . Con alcune integrazioni per parti e tenendo conto delle [24], [26] e [27] si ( u ) C. MIRANDA, SU di un problema al contorno relativo all'equazione del calore, «Rend. Sem. Mat. Padova», voi. 8 (1937). 82 — ottiene infatti in tal modo un'equazione differenziale del primo ordine, soddisfatta dalla q>k(t), alla quale mediante la [25] si associa anche una condizione iniziale. Pertanto, se il nostro problema al contorno ammette una soluzione essa è data dalla [28], nella quale le <pk(t) hanno una espressione ben determinata. Precisando la classe funzionale in cui. va ricercata la soluzione del problema si giunge così ad un teorema di unicità. La verifica che la funzione data dalla [28] soddisfa, sotto opportune ipotesi per i termini noti, a tutte le condizioni del problema conduce poi alla dimostrazione di un teorema di esistenza. Questa verifica è naturalmente la parte più complessa della nota di D. GRECO. Per concludere ci limiteremo ad affermare che, verosimilmente, questa applicazione alle equazioni a derivate parziali non dovrebbe restare isolata e che altri problemi potranno essere risolti mediante gli sviluppi in serie precedentemente considerati. E del resto anche i risultati del numero precedente dovrebbero essere suscettibili di varie estensioni, per es. ai problemi ai limiti per equazioni di ordine superiore o per sistemi di equazioni differenziali, oppure ancora per qualche problema al contorno relativo all'equazione Au + In = 0.
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