Dal capitolo 4, «I modelli della fisica» ... La semplificazione più drastica nello studio del comportamento di un oggetto è quella che si ottiene schematizzandolo, come sopra abbiamo fatto per il pendolo, con un semplice punto: un’entità puramente geometrica in cinematica, un punto invece fisico, o materiale – vale a dire dotato di massa – in dinamica e in termodinamica. In tal modo, la posizione di un corpo K nello spazio è definibile mediante tre sole coordinate (per definire la posizione di un corpo rigido ne occorrerebbero almeno sei), ed è possibile parlare di velocità o accelerazione di K senza precisare a quale dei suoi punti ci si sta riferendo. Tutto questo può essere più o meno accettabile a seconda del particolare problema che si sta considerando. Se, per esempio, ci interessa valutare il tempo di caduta al suolo di una sfera di raggio 5 cm, dire che la sfera si trova a una determinata altezza può essere un dato sufficiente se l’altezza di cui si parla è 10 m, ma diventa ambiguo se l’altezza è di pochi centimetri: nel qual caso risulta essenziale, ai fini del calcolo del tempo di caduta o della velocità di impatto al suolo, sapere quale punto della sfera (il centro, il punto più alto, il punto più basso...) si trova a quella data altezza. In linea di massima, il modello del corpo puntiforme vale quando interessa solo descrivere la posizione (sempre che le dimensioni del corpo che si considera siano sufficientemente piccole in rapporto alle altre dimensioni che nel problema occorre considerare). Se però dobbiamo studiare il movimento di un corpo, il modello del punto materiale può risultare inadeguato anche per corpi molto piccoli: potrebbe andar bene, ad esempio, nel caso di una sferetta che scivolasse lungo un piano inclinato in completa assenza di attrito; ma non va più bene se, come in realtà accade, lo scivolamento della sferetta è contrastato da forze di attrito, cosicché la sferetta scende lungo il piano ruotando su sé stessa con una velocità di rotazione via via più grande e quindi con una velocità ‘di avanzamento’ che cresce più lentamente di quanto porta a prevedere il modello del corpo puntiforme (per il quale il concetto di rotazione ovviamente non esiste). Schematizzare un corpo come ‘sistema di punti materiali’ può consentire l’uso di una matematica più elementare di quella necessaria a trattare un corpo ‘continuo’ (nel quale non ci sono spazi vuoti, privi di materia): nella definizione di baricentro o di centro di massa, per esempio, usiamo semplici somme anziché integrali. Si noti peraltro che, tenuto conto della struttura particellare (corpuscolare) della materia, quella del sistema di punti è una schematizzazione meno arbitraria di quanto potrebbe a prima vista apparire, forse più realistica di quella del corpo continuo (l’atomo stesso è un oggetto fondamentalmente vuoto). Ma è nello studio del moto del centro di massa dei corpi che la schematizzazione del punto materiale trova la sua più rigorosa e utile applicazione: il centro di massa di un qualsivoglia sistema fisico si muove infatti (è la sua proprietà fondamentale) esattamente come se in esso fosse concentrata l’intera massa del sistema e in esso fossero applicate tutte le forze che agiscono sul sistema. La famosa legge F ma per esempio, è ambigua nel termine a se riferita a un generico sistema fisico dato che, salvo il caso particolare di moto traslatorio, ogni punto del sistema si muove in modo diverso da tutti gli altri: ma ha un significato pre ciso se con a ci riferiamo (come dobbiamo fare se con m indichiamo la massa complessiva) all’accelerazione del centro di massa. (continua)
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