Del 28 Gennaio 2015 Estratto da pag. 2 Dà ordini dal carcere” e scatta il sequestro per le lettere di Buzzi Mafia capitale, perquisizioni dei carabinieri del Ros in casa della sua compagna e nelle sedi delle aziende CONTINUAVA a dare ordini dal carcere di Nuoro, dove è detenuto per associazione a delinquere di stampo mafioso, Salvatore Buzzi, il re delle cooperative sociali che, insieme a Massimo Carminati, si è infilato in ogni appalto della città con la complicità di politici, imprenditori e amministratori delegati. E, secondo i pubblici ministeri Luca Tescaroli, Paolo Ielo e Giuseppe Cascini, le disposizioni per portare avanti l’attività dell’organizzazione avvenivano attraverso lettere spedite dalla sua cella in cui vive recluso dallo scorso 3 dicembre. Una corrispondenza che avrebbe portato gli inquirenti della procura di Roma ad acquisire, nel corso di alcune perquisizioni, documentazione, ritenuta di un grande interesse investigativo, e che potrebbe riguardare diverse gare d’appalto. Ad essere visitate dai carabinieri sono state le sedi delle cooperative Abc e Consorzio Nazionale servizi (dove sarebbero stati acquisiti documenti relativi a gare d’appalto), le abitazioni di alcuni responsabili e la casa della compagna di Buzzi, Alessandra Garrone. Proprio gli appalti ottenuti dal re delle coop negli ultimi anni sono diventati snodo fondamentale nell’intera inchiesta al punto che i giudici del Tribunale del Riesame, nel confermare il carcere a Buzzi con l’aggravante mafiosa, scrivono nelle loro motivazioni che «Buzzi rappresenta una minaccia per le istituzioni». «Pericoloso per la società a tutti i livelli », «la sua capacità di infiltrazione — scrivono i giudici — nel settore politico-imprenditoriale- economico attraverso la complicità di Carminati, del quale sfrutta la pregressa fama criminale e utilizzando la corruzione dei pubblici funzionari è palese e costituisce una concreta minaccia per le istituzioni ». Per questo, per i magistrati «Buzzi dimostra il fallimento della funzione rieducativa della pena: pur essendo stato condannato nei primi anni ‘80 per omicidio volontario e pur avendo beneficiato di misure alternative e della grazia è tornato a delinquere manifestando la propria insensibilità al precedente intervento dell’autorità giudiziaria». L’uomo delle cooperative «è determinato a fare affari in ogni campo arrivando anche a sfruttare a vantaggio proprio e dell’associazione le drammatiche vicenda dei migranti e dei richiedenti asilo». E la sua fitta corrispondenza dal carcere proverebbe, ancora una volta, la sua incapacità a rinunciare al tesoro accumulato. Intanto, il consigliere regionale dem Eugenio Patanè, autosospesosi dal Partito democratico, uno dei personaggi del “mondo di sopra” coinvolti nell’inchiesta, nel corso di un’intervista a SkyTg24, ripete di non avere mai preso soldi da Buzzi e di averlo visto solo una volta. «Cifre troppo basse per parlare di boss», ha così commentato Patanè, accusato di turbativa d’asta, sul ruolo di Salvatore Buzzi. «Mi pare strano che Buzzi assurga a capomafia — ha aggiunto —. Poteva essere il capo delle cooperative sociali, poteva avere tante relazioni. Ma ti pare che questo diventa improvvisamente il capomafia per un fatturato al Comune di Roma di 43 milioni di euro, quando il bilancio del Comune di Roma è di 10 miliardi? ». Quanto alle sue frequentazioni col re delle coop, Patanè ha dichiarato: «L’ho incontrato nel 2012 per caso durante l’occupazione del mattatoio di Roma e lì mi ha chiesto il cellulare. E a giugno 2013 mi ha mandato un messaggio nel quale si giustificava della foto con Alemanno e Casamonica». Di diverso avviso sul ruolo dell’organizzazione di Carminati il gestore di una cooperativa sociale che avrebbe seduto regolarmente al tavolo con Buzzi e che viene intervistato, sempre nel corso della trasmissione di Sky, in forma anonima: «Con Mafia Capitale non hanno scoperto ancora niente, e soprattutto non hanno tirato fuori i nomi dei politici coinvolti».
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