22 CRONACHE Sabato 20 Dicembre 2014 Corriere della Sera L’INCHIESTA MAFIA CAPITALE Auto di lusso, yacht e 178 appartamenti Il tesoro della banda L’indagine ● Il 2 dicembre scorso vengono arrestate 37 persone nell’ambito dell’inchiesta «Mondo di mezzo» (o «Mafia Capitale») ● Per gli inquirenti, arrestati e indagati sarebbero coinvolti in una associazione a delinquere di stampo mafioso per la spartizione di appalti e finanziamenti pubblici VO2907 di Fiorenza Sarzanini L’impianto accusatorio regge, anche se perde un pezzo importante. I giudici del tribunale del Riesame confermano l’accusa di associazione mafiosa per Salvatore Buzzi — ritenuto insieme all’ex estremista dei Nar Massimo Carminati il capo dell’organizzazione infiltrata nel Campidoglio e in altre istituzioni capitoline — mentre annullano l’ordinanza di cattura contro Riccardo Mancini, l’ex amministratore di «Ente Eur spa», braccio destro dell’ex sindaco Gianni Alemanno e tesoriere della Fondazione «Nuova Italia». E l’inchiesta fa un nuovo passo in avanti con il sequestro di beni per 100 milioni di euro all’imprenditore Cristiano Guarnera, arrestato perché accusato di far parte del gruppo criminale e ritenuto pedina fondamentale nel reperimento degli alloggi da offrire al Comune di Roma. Case, barche, auto di lusso: l'uomo risulta titolare di un patrimonio immenso intestato a società e soprattutto ai parenti, nonna compresa. ROMA L'emergenza casa Guarnera è indagato per aver «partecipato all’associazione mettendo a disposizione le proprie imprese e attività economiche nel settore dell’edilizia per la gestione degli appalti di opere e servizi conseguiti anche con metodo corruttivo». Nell’informativa del Nucleo Tributario della Guardia di Finanza si evidenzia il suo legame stretto con Carminati e si citano le conversazioni intercettate proprio per dimostrare come lo stesso Guarnera «ab- bia locato 14 appartamenti del comune di Roma per il piano di emergenza abitativa con conseguente attuazione del vantaggio di essere riuscito a inserirsi nel circuito illecito degli appalti pubblici gestito dal sodalizio attraverso le cooperative di Buzzi». In un colloquio registrato il 27 febbraio 2013 «emergeva che il Comune di Roma aveva provveduto a far stabilire delle famiglie disagiate presso le abitazioni fornite da Guarnera tramite la "Ita Costruzioni"». L’elenco dei beni Ex amministratore delegato Riccardo Mancini, ex ad di Ente Eur: ieri l’ordinanza nei suoi confronti è stata annullata Quegli immobili sono soltanto una minima parte del «tesoro» trovato dai finanzieri. Parlando di Guarnera Carminati diceva: «Voglio fa na maniera che famo guadagna' lui con i soldi sua e noi guadagnanmo con i soldi suoi senza caccia’ una lira». Lui ne era ben felice e manifestava ammirazione per il ruolo dell’estremista «nero» che gli aveva fatto aprire un cantiere: «Lui è stato in grado di una cosa che io in due anni non sono riuscito a fare, lui in tre giorni è riuscito a sbloccarla». E perché «mo a Roma io trale e delicatissimo svolto nelle campagne elettorali per le candidature del sindaco Alemanno» e per il suo coinvolgimento nella sua Fondazione. E infatti nell’ordinanza il giudice lo definiva «pubblico ufficiale a disposizione dell’associazione, alla quale partecipa fornendo uno stabile contributo per l’aggiudicazione di appalti pubblici, per lo sblocco di pagamenti in favore delle imprese riconducibili all’associazione; tramite dei rapporti dell’associazione con l’amministrazione comunale negli anni 2008/2013». «L’Ama c’est moi» Il Riesame ha fatto cadere l’aggravante mafiosa che era contestata a Giovanni Fiscon, il direttore generale dell’Ama che proprio Carminati e i suoi sodali avrebbero fatto eleggere al vertice dell’azienda municipalizzata, come ben si comIl documento L‘ordinanza del tribunale del Riesame di Roma che conferma il carcere, tra gli altri, per Salvatore Buzzi so' diventato intoccabile». L’elenco dei beni comprende ben 178 appartamenti, quote societarie, dieci fra moto e macchine, uno yacht ancorato a Porto Santo Stefano. L’associazione mafiosa I giudici riconoscono la validità delle accuse contestate e confermano per Buzzi il reato di associazione mafiosa. Per la Procura è una conferma importante, anche se pesa non poco l’annullamento dell’ordinanza nei confronti di Mancini. L'ex amministratore delegato di «Ente Eur spa» era infatti «da considerare, per il periodo compreso tra il 2008 e il 2012, come espressione piena dell’amministrazione pubblica» tenendo conto «del ruolo cen- I giudici del Riesame Confermata l’associazione mafiosa per Buzzi, annullata la misura per Mancini prende dalle conversazioni intercettate. Una scelta strategica dell’organizzazione, visto che poi Fiscon si dimostrava in grado di «pilotare» le gare per la gestione dei rifiuti in favore della cooperativa «29 giugno». Interventi tanto efficaci da soddisfare Buzzi che parlando proprio con Fiscon per accordarsi sui passi da compiere dichiarava: «L’Ama c’est moi». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA CRONACHE Corriere della Sera Sabato 20 Dicembre 2014 Le intercettazioni di Giovanni Bianconi Il camerata al deputato di FI «Aiutiamo Lele in carcere» I contatti degli accusati dell’omicidio del cassiere di Mokbel ❞ Io a vent’anni ho corrotto, sono andato dai giudici per fare uscire la gente ❞ All’avvocato dissi: tu mi hai fatto scappare, mi hai detto vai sennò torni in prigione Dall’omicidio erano passati cinque mesi. Silvio Fanella, considerato il «cassiere» della banda messa in piedi dall’ex simpatizzante dell’estrema destra Gennaro Mokbel, venne assassinato in un tentativo di sequestro che doveva servire a recuperare un «tesoretto» nascosto chissà dove. Il 29 novembre scorso l’uomo che oggi è accusato di aver organizzato quel delitto — Manlio Denaro, pure lui con trascorsi tra i «rivoluzionari neofascisti» degli anni Settanta, amico di Mokbel e di Massimo Carminati — telefonò a un deputato di Forza Italia per ottenere il trasferimento di un detenuto malato: Gabriele «Lele» Macchi Di Cellere, altro «camerata» dell’eversione nera, in quel momento recluso per traffico di droga e adesso anche per l’uccisione di Fanella. Il contatto avvenne con Ignazio Abrignani, avvocato civilista, vice-presidente della commissione Attività produttive della Camera e responsabile elettorale del suo partito. «Sto ragazzo non ha tanto da vivere... — sosteneva Denaro —. Può aver fatto qualsiasi cazzata nella sua vita... io ho fatto una vita differente... tu hai fatto una vita differente...». Abrignani rispose: «Provo a vedere la Polverini (ex presidente della Regione Lazio, oggi deputata di FI, ndr)... perché lei conosce La traversata La barca di Emanuele Macchi Di Cellere lascia l’isola d’Elba per raggiungere la Francia e incontrare Giuliani ROMA 19 agosto 2014 Egidio Giuliani (a destra nella foto sopra) incontra Macchi Di Cellere lungo la banchina del porto di SaintesMarie-de-laMer (Montpellier): entrambi in fuga prima di essere accusati del delitto Fanella La fiaccolata Il paese del boss in piazza per difendere la legalità dopo i manifesti beffardi Il corteo La «testa» della fiaccolata per la legalità ieri a Sacrofano, in provincia di Roma, organizzata dai movimenti civici e Libera (foto Benvegnù - Guaitoli) ROMA Si sono svegliati con il pa- ese tappezzato di manifesti che li prendevano in giro. «Fiaccolata in difesa dei pastori e delle pastorelle del presepe», «contro gli alieni», «contro il tiramisù razzista di chi continua a voler imporre l’uso dei pavesini». Battute che non li hanno fatti indietreggiare. E ieri sera, per le vie del centro di Sacrofano, erano in più di 200 all’iniziativa organizzata dai movimenti civici e dall’associazione Libera per ribadire «Sì alla legalità» — come era scritto sullo striscione sorretto dai bambini della cittadina sulla Flaminia — e no a Mafia Capitale. Sacrofano è uno dei paesi finiti al centro dell’indagine sul «Mondo di mezzo», non solo perché ci abitavano Massimo Carminati e altri indagati, ma anche perché a finire sotto inchiesta è stato il sindaco Tommaso Luzzi (che ieri non si è visto). Ora è anche una comunità divisa dopo lo scandalo che si è abbattuto su Roma e sull’hinterland. «All’inizio qualcuno ci ha fischiato — racconta Simona del Comitato coordinatore dell’iniziativa —, d’altra parte qui c’è tensione, è inutile negarlo: c’è uno zoccolo duro di persone che difende il passato anche in modo energico. Sacrofano però non è un paese mafioso e i cittadini l’hanno ribadito. Sono venuti anche da altri centri (Sant’Oreste, Campagnano, Morlupo, Formello, Castelnuovo di Porto) negli ultimi tempi finiti nel mirino dei clan». La manifestazione si è conclusa in piazza Ugo Serata con l’intervento di Enrico Fontana, direttore nazionale di Libera. «La fiaccolata è stata un successo — spiega Valentina del coordinamento di Libera Veio a Formello —. Abbiamo fondato il presidio due anni fa nella zona del Parco di Veio — un territorio già finito al centro di indagini sulla malavita organizzata — e in paese c’è un quartiere dedicato all’antimafia. A Sacrofano era fondamentale esserci per dare una risposta forte e stare vicini alla gente soprattutto in questo momento». Rinaldo Frignani © RIPRODUZIONE RISERVATA il direttore di Rebibbia... capito? Vediamo se intanto riusciamo a spostarlo in infermeria prima di andarlo a trovare... ». E Denaro concluse: «È una questione umanitaria». Probabilmente è per questo che Abrignani rispose che se ne sarebbe interessato. Ma non fu necessario perché quella mattina stessa Lele Macchi venne trasferito nel carcere genovese di Marassi, dove due giorni fa ha ricevuto un nuovo ordine d’arresto per il delitto Fanella. Denaro invece, con quella stessa accusa, è andato in una cella di Regina Coeli, e ieri ha invocato la propria inno- cenza davanti al giudice che l’ha spedito in prigione. Tra gli indizi a suo carico, oltre a telefonate e incontri con Macchi, c’è la chiamata da una cabina pubblica (intercettata perché utilizzata spesso da Carminati) con Egidio Giuliani, altro «nero» dei Settanta considerato l’autista del commando che uccise il cassiere di Mokbel. La conversazione tra Denaro e l’onorevole Abrignani — che ha già dichiarato di conoscerlo perché «è il mio personal trainer» — viene citata in un rapporto della Squadra Mobile di Roma per sostenere che il gruppo di Macchi Di Cellere aveva la possibilità di «entrare in contatto con soggetti che ricoprono anche cariche istituzionali», al fine di ottenere il miglioramento della propria condizione detentiva. Della quale si lamentava perché malato, ma anche perché convinto di essere finito vittima di un complotto ai danni suoi e di L’onorevole «Prima di andare a trovarlo provo con la Polverini, lei conosce il direttore di Rebibbia» 23 Giuliani. Nonché abbandonato dai propri difensori. Parlando con i fratelli — e intercettato dalla polizia — mentre accusa i propri avvocati di non sapersi muovere, Macchi svela i retroscena della sua recente evasione dagli arresti domiciliari (proprio per organizzare, secondo l’accusa, il sequestro di Fanella degenerato in omicidio e poi la latitanza preventiva di Giuliani), ma anche vecchie storie di quando era un giovane «soldato» del neofascismo romano: «Gli ho detto “tu mi hai fatto scappare, tu mi hai detto Emanuele vattene”... Mi hai detto “Emanuele va via perché torni in prigione”...». E più avanti: «Dico, tu c’hai quarant’anni, no? Noi riusciamo ad avere gli indirizzi dei giudici. A vent’anni io ho corrotto, perché sono andato a pagare i giudici per fare uscire la gente. A 22, a 25 anni. Quindi non c’è l’impossibilità. No... C’avevo l’intelligenza dinamica di arrivare a un risultato...». Questo accadeva, se è vero il racconto di Macchi, quando c’era da scarcerare i «camerati» arrestati per l’attività eversiva nella stagione del piombo e delle bombe. Quella in cui Pierluigi Concutelli, da militante di Ordine nuovo, assassinò il magistrato Vittorio Occorsio e due detenuti sospettati di «infamità». Condannato all’ergastolo, tre anni fa gli fu sospesa la pena per malattia, e Macchi se ne prese cura nella sua casa sul litorale romano dove, da esperto skipper, impartiva lezioni di vela. L’estate scorsa, in barca, dall’Italia raggiunse la Francia e lì incontrò Giuliani, a SaintesMaries-de-la-Mer, porto della Camargue. Tutti e due in fuga — secondo il disegno ricostruito gli investigatori — prima ancora di essere accusati del delitto Fanella. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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