Decisione n. 3503 del 30 maggio 2014

Decisione N. 3503 del 30 maggio 2014
COLLEGIO DI ROMA
composto dai signori:
(RM) DE CAROLIS
Presidente
(RM) ROSSI
Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) MELI
Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) CARATELLI
Membro designato da Associazione
rappresentativa degli intermediari
(RM) ROSSI CARLEO
Membro designato da
rappresentativa dei clienti
Associazione
Relatore MELI VINCENZO
Nella seduta del 07/03/2014 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Con ricorso pervenuto il 15/10/2013, la ricorrente espone di aver richiesto telefonicamente
una carta “revolving” della resistente, che le consentiva di attingere a un plafond da
restituire con rate mensili. Nonostante i numerosi pagamenti effettuati, con rate mensili, in
restituzione delle somme prelevate, sostiene di essere stata destinataria di insistenti
richieste telefoniche da parte di una società di recupero crediti per la restituzione di importi
non pagati. Con lettere reclamo del 18 e del 21 giugno 2013 e poi del 27 luglio 2013,
richiedeva copia del contratto sottoscritto, mai ricevuto e della documentazione necessaria
a farle ricostruire l’importo del debito residuo. Solo in data 27 agosto 2013 la resistente le
rispondeva, comunicandole l’esistenza di un debito residuo di € 2.416,93. La ricorrente
contesta che la finanziaria non le ha mai spedito copia del contratto. Non comprende
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come a fronte di un debito di € 4.000 abbia versato più di € 7.000 senza riuscire ad
estinguere il debito.
La ricorrente conclude affermando di ritenere “pertanto insoddisfacente la risposta di
Fiditalia s.p.a., la quale nega copia del contratto, chiarimenti in merito agli interessi
applicati, nonché la richiesta a saldo di € 2.416,93”.
Con controdeduzioni del 19/12/2013, la resistente espone che la ricorrente ha sottoscritto,
in data 18/01/06, un contratto di finanziamento (cd. multiconto), con il quale ha chiesto
all’esponente l'erogazione di € 15.500 per l'acquisto di un veicolo presso una società
convenzionata.
Successivamente,
nel
febbraio
2006,
la
ricorrente
ha
chiesto
telefonicamente l'emissione di una carta di credito, di fatto utilizzata tra il 2006 e il 2008.
Secondo la resistente, tale posizione rappresenta espressione della stessa linea di credito
multiconto accesa nel gennaio 2006. Tale contratto altro non era che una linea di credito a
tempo indeterminato, che la resistente metteva a disposizione della cliente e che poteva
essere dalla stessa utilizzata nel tempo tramite finanziamenti a termine e finanziamenti
specifici. La posizione contrattuale rispetto alla quale la ricorrente chiede chiarimenti è
frutto, dunque, di una mera operazione contabile, finalizzata a suddividere il primo utilizzo
presso la società convenzionata per la vendita dell’auto dalle successive erogazioni di cui
la cliente ha beneficiato. Il contratto che regola il rapporto tra le parti e nel quale sono
indicate le condizioni alle quali la cliente aveva la possibilità di ottenere nuove somme da
parte dell'esponente società resta però unico ed è quello sottoscritto, appunto, nel gennaio
2006 presso la citata convenzionata. Ciò spiega l'assenza di un modulo cartaceo,
dovendosi fare riferimento a quello ricevuto dalla cliente al momento della richiesta del
primo finanziamento, nulla ostando alla semplice richiesta telefonica dell'emissione della
carta di credito. Ciò chiarito, è il caso di precisare che non è vero quanto riferito dalla
cliente in merito alla dedotta impossibilità di verificare l'andamento del piano di
ammortamento, con specifico riferimento ai tassi d'interesse applicati e al residuo credito
da pagare. La cliente ha infatti ricevuto a domicilio, a scadenze periodiche, gli estratti
conto; tali documenti evidenziano lo stato dei pagamenti, l'interesse applicato e il debito
residuo. Gli estratti conto non sono mai stati oggetto di contestazione. A fronte dei ripetuti
ritardi accumulati dalla ricorrente, la posizione è stata più volte affidata a società di
recupero esterno, il che spiega il maggior costo percepito dalla ricorrente, dovendo la
stessa provvedere al pagamento del capitale residuo da rimborsare e agli interessi
frattanto maturati in ragione delle reiterate morosità, nonché ai costi di affido della propria
posizione a società di recupero esterno.
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Specifica, infine, la resistente, che il saldo debitorio del contratto in parola ammonta,
attualmente, ad € 2.519,30, come evidenziato dall'allegata posizione contabile.
Chiede che sia dichiarata cessata la materia del contendere.
DIRITTO
Nonostante i termini generici in cui la domanda è formulata, il suo oggetto può ricondursi
alla verifica dell’esistenza di un contratto stipulato per iscritto, sulla base del quale le è
stata fornita la carte revolving in questione. La questione rilevante ai fini della decisione
del ricorso è, pertanto, se tale consegna sia – come sostenuto dalla resistente – una mera
manifestazione del finanziamento multiconto sottoscritto nel 2006, o costituisca un nuovo
finanziamento.
Orbene, è giurisprudenza consolidata di questo Collegio (si vedano, ad es., decc. nn.
187/2013; 5120/2013) che, laddove sia trascorso del tempo tra la sottoscrizione del primo
finanziamento e la richiesta della carta revolving, è impossibile ritenere che la concessione
del finanziamento a questa collegato possa essere considerata operazione effettuata in
esecuzione dell’originario contratto. Essa costituisce, piuttosto, un’operazione economica
nella sostanza del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi e
tale, quindi, da doversi valutare autonomamente in ordine alla sua validità alla luce dei
requisiti di forma prescritti dal TUB. Ne deriva che ad essa deve applicarsi l’art. 117, c. 1 e
3, t.u.b., il quale prescrive la forma scritta ad substantiam.
Il Collegio rileva, tuttavia, che, anche posta la questione in tali termini, ciò che viene
lamentato dalla ricorrente è la sussistenza di un vizio genetico che inficerebbe un rapporto
comunque sorto nel 2006. Sui suoi eventuali vizi, dunque, l’ABF non può pronunciarsi, per
propria incompetenza ratione temporis.
P.Q.M.
Il Collegio dichiara il ricorso irricevibile.
IL PRESIDENTE
firma 1
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