Cass. pen., sez. III, Sent. 24-03-2014, n. 13689

Inquinamento atmosferico
Di Avv. Rosa Bertuzzi
Cassazione penale - sez. III - n. 13689 del 24 marzo 2014
Produzione di fertilizzanti organici azotati - ". Il sequestro dell’area è stato disposto in relazione a un'accusa che il
materiale raccolto nell'aria fosse qualificabile rifiuto si fonda su "valutazioni estrinseche (odore, stato di conservazione
del materiale, sistema di organizzazione del sito produttivo, ecc.) espresse peraltro da soggetti privi di cognizioni
tecniche in materia. Il ricorso sfocia pertanto in un quesito alla Suprema Corte, e cioè se il materiale può essere
qualificato come rifiuto "sulla scorta di un apprezzamento puramente visivo delle sostanze" oppure necessiti di
"un'indagine tecnico-peritale".
Ecco la sentenza della Cassazione:
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNINO Saverio
- Presidente Dott. GAZZARA Santi
- Consigliere Dott. GRAZIOSI Chiara - rel. Consigliere Dott. ANDREAZZA Gastone
- Consigliere Dott. ANDRONIO Alessandro Mar - Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
F.T. N. IL (OMISSIS)
Avverso l'ordinanza n. 28/2013 TRIB LIBERTA' di FERRARA, del 24/10/2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRAZIOSI Chiara;
sentite le conclusioni del P.G. Dott. IZZO Gioacchino, rigetto del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 24 ottobre 2013 il Tribunale di Ferrara ha rigettato la richiesta di riesame presentata da F.T. indagato del reato di gestione non autorizzata, deposito non autorizzato e abbandono di rifiuti D.Lgs. n. 152 del 2006, ex
art. 256 - avverso decreto di sequestro preventivo di due aree site nel Comune di Comacchio, nella disponibilità di due
Srl di cui F. è legale rappresentante, emesso in data 1 ottobre 2013 dal gip dello stesso Tribunale.
Ha presentato ricorso il difensore dell'indagato, denunciando violazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 185, comma 2,
lett. b) e del D.Lgs. n. 75 del 2010, relativo ai fertilizzanti quali limiti di operatività della parte 4^ del D.Lgs. n. 152 del
2006:
nell'ispezione da cui è sortito il procedimento sarebbe stata seguita una modalità non corretta di verifica, campionando
soltanto il liquido proveniente dal suolo e non esaminando anche campioni del materiale accumulato sull'area.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Come appena esposto, il ricorso propone un unico motivo, che qualifica come questione di diritto. In realtà, il ricorrente
adduce che delle due società proprietarie delle aree sequestrate e di cui è legale rappresentante l'indagato, cioè IRMA Srl
e Laguna Scrl, la prima si occupa "da oltre un decennio della produzione di fertilizzanti organici azotati" a norma del
D.Lgs. n. 75 del 2010, ricevendo quindi numerosi controlli dagli organi competenti. In tutte queste verifiche si sarebbe
proceduto al campionamento del materiale presente presso l'azienda e alla sua analisi, ogni volta con risultato conforme
a quanto stabilito dalla suddetta normativa. Ma "a differenza di quanto accaduto nel passato" in questo caso l'ispezione
avrebbe "seguito un iter affatto diverso e peculiare" perchè "anzichè procedere al campionamento e alla successiva
analisi chimica del materiale presente nei cumuli...gli organi ispettivi hanno prelevato solo campioni del liquido presente
sul suolo...senza sottoporre a campionamento e analisi chimica le sostanze fertilizzanti accumulate". Il sequestro quindi
sarebbe stato disposto in relazione a un'accusa che il materiale raccolto nell'aria fosse qualificabile rifiuto fondata su
"valutazioni estrinseche (odore, stato di conservazione del materiale, sistema di organizzazione del sito produttivo, ecc.)
espresse peraltro da soggetti privi di cognizioni tecniche in materia", laddove nei casi precedenti la natura del materiale
era sempre stata chiarita mediante un'analisi tecnica. Il ricorso sfocia pertanto in un quesito alla Suprema Corte, e cioè
se il materiale può essere qualificato come rifiuto "sulla scorta di un apprezzamento puramente visivo delle sostanze"
oppure necessiti di "un'indagine tecnico-peritale".
Quella dunque che è stata dal ricorrente presentata come violazione di diritto costituisce, a ben guardare, una questione
di fatto, nel senso che censura l'idoneità degli elementi finora raccolti a integrare nel caso concreto il fumus commissi
delicti. La doglianza rispecchia, peraltro, una corrispondente doglianza sottoposta al Tribunale (motivazione, pagina 4,
che evidenzia essere stata contestata "la natura di rifiuti del...materiale sequestrato, affermando che la stessa sarebbe
esclusa, trattandosi viceversa di componenti dei fertilizzanti che l'azienda del F. produce ai sensi del D.Lgs. n. 75 del
2010"), alla quale il giudice di merito risponde in modo specifico ed adeguato, tra l'altro evidenziando che da quanto
risultato dal sopralluogo dell'Arpa - e quindi da una ispezione espletata da personale privo di cognizioni tecniche in
ordine alla qualificazione del materiale come rifiuto, e il cui contenuto non è una percezione visiva nel senso (attribuitole
dal ricorrente) di soggettiva e insufficiente, bensì si fonda su constatazioni oggettive - la prospettazione che il materiale
fosse utilizzato per la produzione di concimi organici veniva inficiata sia dalle condizioni di "apparente abbandono" (è
dato oggettivo il fatto che alcuni cumuli erano addirittura ricoperti da vegetazione) sia dalla presenza di "sostanze
all'apparenza di origine non animale (plastica e carta)" nonchè di etichette sugli imballaggi facenti riferimento a fibre
sintetiche, sia dalle s.i.t. di un soggetto che dichiarava "di non avere visto nessuno lavorare negli ultimi anni nell'area in
questione", il tutto confluendo nel senso della parvenza quantomeno di un abbandono dei materiali, non desunto,
dunque, come sostiene il ricorrente, da anomali campionamenti di liquido dal suolo. Che si trattasse di rifiuti, a livello di
cognizione sommaria, il Tribunale da atto che emerge da vari indizi (e v. ancora la motivazione dell'ordinanza impugnata,
pagina 6 s.).
La doglianza del ricorrente risulta, in conclusione, non solo inammissibile per la sua natura realmente fattuale, ma altresì
non corrispondente al contenuto effettivo dell'impugnato provvedimento.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna
del ricorrente, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto
della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di
ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si
dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro
1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 5 marzo 2014.
Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2014