Pesaro prima città delle Marche. Siamo in una fase

Pesaro prima città delle Marche. Siamo in una fase nella quale dobbiamo cambiare tutto e rimettere in
discussione anche una parte della nostra mentalità. Prima avevamo il lavoro, eravamo ricchi, il
provincialismo poteva essere vissuto come un punto di forza; oggi il lavoro non c’è e siamo molto meno
ricchi. Quindi il provincialismo rischia di diventare una grande palla al piede. E’ il momento di pensare in
grande, e di pensare assetti nuovi, perché c’è la povertà da fronteggiare e lo sviluppo da creare. Per
questo, il primo progetto sul quale intendo chiedere una condivisione è l’idea che noi dobbiamo fare di
Pesaro la prima città delle Marche. Realizzando da subito, entro il 2014, un’unica unione dei Comuni con i
Comuni della Valle del Foglia, Gabicce e Gradara. Un conto è il municipio e l’identità, un conto è la
gestione dei servizi. E lo dobbiamo fare, innanzitutto, perché dobbiamo pesare di più nei confronti della
Regione. A maggior ragione adesso che le Province non ci saranno più o saranno trasformate.
Nuovi assetti. Le Province si trasformeranno e diventeranno enti di secondo livello. Cambia tutto,
soprattutto per noi, che siamo una terra di confine. Uno dei motivi principali per cui ho accettato questa
sfida è proprio questo: la tenuta economica e sociale del territorio provinciale. Il prossimo sindaco di
Pesaro non potrà avere lo sguardo che non arriva alla Chiusa di Ginestreto. Dovrà accollarsi le ansie, i
problemi, le potenzialità non solo dei pesaresi ma di tutti i cittadini della provincia. Il Comune di Pesaro
avrà un grande ruolo per tenere unito il territorio.
Meno burocrazia, più servizi. La prima città delle Marche si fa anche per sbloccare risorse. Sappiamo
quanto il patto di stabilità sia un vincolo per fare lavori. Facendo l’unione dei Comuni, immediatamente il
Comune di Pesaro avrebbe sbloccato nove milioni di euro per fare lavori di manutenzione nelle strade,
nelle scuole. Ed essere prima città delle Marche significa semplificare, risparmiare. Se abbiamo fatto un
unico comando dei vigili urbani, possiamo fare anche un unico ufficio urbanistico, un unico ufficio dei
lavori pubblici, un’unica ragioneria, un unico centro operativo. Meno dirigenti, meno burocrazia, più
servizi: le nostre parole d’ordine, se vogliamo realizzare le cose.
Cambiare la pubblica amministrazione. La pubblica amministrazione, così come è concepita, alla luce
della crisi non ha più senso. Snelliamola e riduciamo i costi. Rivediamo i meccanismi anacronistici. Perché
anche nel pubblico, come nel privato, è troppa la differenza tra chi prende troppo poco e chi prende
troppo.
La riforma delle società di servizi. Abbiamo Marche Multiservizi che gestisce servizi pubblici locali:
acqua, gas e rifiuti. Ha una dimensione provinciale e speriamo che possa avere una dimensione regionale.
Poi c'è Aspes. Se gestisce i cimiteri, gli impianti sportivi, le farmacie, il verde, perché non può gestire
anche i parcheggi? Perché non può gestire anche l’innovazione? Perché non può gestire anche
l’organizzazione di convention o di manifestazioni turistiche? L’idea è un’unica società di servizi per tutti i
Comuni del bacino pesarese. Meno presidenti, meno consigli di amministrazione, meno revisori dei conti.
Sobrietà e rinnovamento della politica. La sobrietà non è solo risparmio. E’ un approccio popolare.
Significa ritrovare un contatto diretto con i cittadini, alla pari.
Trasporti e sanità. A livello regionale si continua a considerare Pesaro una città che non ha bisogno del
trasporto pubblico. Abbiamo un quarto dei chilometri che ha Ancona nel trasporto pubblico, la metà
degli altri capoluoghi di provincia, nonostante Adriabus sia una delle poche società sane nel settore.
Quindi bisogna cambiare registro. E anche sulla sanità, bisogna che ci diciamo la verità. Abbiamo un buon
ospedale che si regge sulla professionalità e la passione di medici ed operatori. Ma i numeri parlano
chiaro: continua ad aumentare la mobilità passiva. Se si vuole ridurre la mobilità ed avere meno costi non
si può tagliare il budget a Marche Nord. E’ stata fatta l’azienda Ospedali Riuniti, che è una grande riforma.
Ma sappiamo che se non c’è il nuovo ospedale, allora è una riforma monca. Sull’ospedale abbiamo fatto
tutto: studi, delibere comunali, delibere provinciali: si fa o non si fa? Abbiamo avuto tanta pazienza,
grande responsabilità, però vogliamo sapere come stanno le cose. Così come vogliamo dire agli
amministratori fanesi che se intendono fare una campagna elettorale pensando di tornare indietro
rispetto a questa scelta strategica, noi l’ospedale lo facciamo ugualmente. Lo facciamo a Muraglia, perché
costa meno e c'è’ un’area pubblica.
Innovazione. Semplificare è innovare. Ora, dentro uno smartphone, c’è la possibilità di mettere la
stragrande maggioranza dei servizi pubblici amministrativi. Quante file potremmo risparmiare? Quanto
tempo potremmo risparmiare? Quanta carta potremmo risparmiare? Cogliamo la rivoluzione digitale
verso un nuovo Comune 3.0: un Comune aperto 24 ore su 24. Significa che in ogni momento della
giornata bisogna avere la possibilità di fare una pratica almeno online. Avere qualcuno che risponde, a cui
poter mandare un documento. Facciamo in modo che la rivoluzione digitale cambi la pubblica
amministrazione.
La sindrome del 'non si può fare'. Va sconfitta anche un’altra sindrome: quella del “non si può fare”.
Forse questo è il problema principale delle pubbliche amministrazioni: se uno ha una buona idea, la
prima risposta che spesso riceve è: “Non si può fare”. Perché non si può fare? Abbiamo bisogno di far
diventare il Comune il primo luogo nel quale i cittadini vanno se hanno una buona idea. La risposta non
può essere: “Non si può fare”. La risposta deve essere: “Vediamo come si può fare, vediamo qual è la
strada da trovare”.
Ripensare l'economia. Noi saremo e rimarremo una città fortemente legata alla manifattura. E’ la nostra
storia. Però la manifattura va riformata. Intanto puntando molto più che in passato sull’export. Ma serve
un nuovo approccio anche rispetto ai meccanismi di produzione. Il cambiamento può riguardare anche il
tessile, il mobile, l’arredamento. È il momento di ripensare anche i nostri processi produttivi, sapendo che
ci saranno sempre più consumatori che vorranno l’armadio personalizzato, il comodino personalizzato, il
design personalizzato. E’ per questo che insieme al Cosmob abbiamo lanciato l'idea di aprire a Pesaro il
primo laboratorio 'fablab' delle Marche. C'è già una grande evoluzione. Non è fantascienza, è realtà.
Turismo. Non possiamo più considerare il turismo un’attività marginale. Si possono creare posti di lavoro,
finalmente c’è una strategia comune che mette insieme pubblico e privato. Sviluppiamola con
determinazione. Abbiamo grandi potenzialità.
Nuova edilizia. No al consumo di nuovo territorio. Sì alle trasformazioni urbane. Consideriamo gli edifici
non solo luoghi dei servizi, del lavoro, della residenza. Se vogliamo cambiare mentalità, gli edifici sono i
nodi della nuova rete energetica che andiamo a costruire. L’efficienza energetica è la regola, non
l’eccezione per un’edilizia sostenibile differente.
Trasformazione urbana. Partiamo dal progetto per costruire un nuovo centro. Sull’ex Bramante
continueremo a chiedere di valorizzare l’edificio. Perchè è una grande opportunità per questa città.
Significa ripensare tutto il percorso da Rocca Costanza al porto di Pesaro. Rocca Costanza ce la vogliamo
riprendere: è un insulto all’intelligenza pensare che lì dentro ci vada l’archivio. Piuttosto, diventi sede di
attività culturali. Agire sull’ex Bramante significa rivedere piazza Aldo Moro, il collegamento tra il centro e
viale della Repubblica, già in ristrutturazione. Vuol dire, ancora, prevedere lì un luogo dei parcheggi,
lasciando perdere il parcheggio sotto viale Trieste. Perché abbiamo già il parcheggio del “Curvone” da far
funzionare. Così come il San Benedetto: l’Asur, con la Regione, ha fatto una stima che era già esagerata
quando l’edilizia tirava. Adesso è il doppio rispetto al valore di mercato. Bisogna rifare la stima.
Trasformiamo quel bene, fondamentale per la città, piuttosto che consumare nuovo territorio. Mettiamo
in moto un po’ di economia, un po’ di lavoro sano.
Sostenere la voglia d'impresa. Nonostante tutto abbiamo mantenuto una grande capacità di
intraprendenza imprenditoriale. E’ un valore ma va sostenuto. E allora per tre anni tagliamo le tasse
comunali alle nuove imprese. Facciamolo soprattutto in alcune parti della città, a iniziare dal centro
storico.
Rilancio del centro storico e commercio. Basta con altre nuove grandi aree commerciali. Non ne
abbiamo bisogno. Oggi abbiamo decine di possibilità per fare la spesa a buon mercato. Non vogliamo una
città nella quale i nostri anziani vanno sempre più a cercare il caldo d’inverno e il fresco d’estate nei
supermercati. Vogliamo una città nella quale i nostri anziani e i nostri giovani si incontrano nelle piazze,
nei cortili, in biblioteca. Il tema è rilanciare il centro storico. Cambiando un po’ di mentalità: il centro
storico deve essere un po’ più vivace, dobbiamo mettere da parte un po’ di tranquillità. Perchè non si
possono avere entrambe le cose.
Infrastrutture. Stiamo risolvendo il problema nord-sud. Per la terza corsia dell’autostrada i lavori si
sono conclusi un anno prima: per come vanno in Italia le cose è già un bel risultato. Ma soprattutto, sono
tante le opere accessorie portate a casa. Il casello a sud di Santa Veneranda, unidirezionale; la "bretella dei
Fratelli Gamba"; la circonvallazione di Santa Veneranda; l’interquartieri di Muraglia; il raddoppio
dell’Interquartieri. Con queste opere, per un valore di 90 milioni di euro, avremo risolto per gran parte i
problemi di viabilità della città. Passi avanti importanti sono stati fatti anche sul treno. Con Italo e Freccia
Rossa miglioriamo ulteriormente il collegamento verso Milano. Rimane il nodo storico, andare a ovest. La
Fano-Grosseto è un nostro problema. Siamo in una fase in cui l’opera può ripartire con un meccanismo di
partnership pubblico-privata. Non possiamo mollare. Così come dobbiamo avere il secondo stralcio del
porto, perché anche quello è attraversamento est-ovest e rappresenta la porta est della nostra città.
Oltre il Pil. Abbiamo un’idea di sviluppo differente. E il nostro obiettivo è diventare sempre più una delle
città in Italia nelle quali si vive meglio. Per cui il nostro sviluppo lo misuriamo e lo misureremo
diversamente. Non solo Prodotto interno lordo.
Nuove povertà. Don Gaudiano ci ha insegnato a guardare ai problemi con gli occhi degli ultimi. Solo così
una comunità è più unita, civile, e giusta. Quanto vale la straordinaria rete di servizi sociali pubblici e
privati per la nostra città? Quanto vale riprendere una politica nuova sulla casa? C’è un campo enorme sul
quale lavorare, che riguarda l’housing sociale e una nuova stagione di case popolari.
Bicipolitana e ambiente. In termini di benessere per le nostre famiglie e di ridotto inquinamento,
quanto vale la bicipolitana? Abbiamo 70 chilometri di piste ciclabili. Completiamo la rete a Villa Fastiggi, a
Villa Ceccolini, a Borgo Santa Maria. Così come vale la raccolta differenziata. Che è un dovere, non
un’opzione. Quanto vale investire nei parchi come il Miralfiore? E va risolta velocemente la vicenda dell’ex
Amga. C’è una situazione ambientale che non possiamo tollerare. Il tema va affrontato con grande
determinazione.
Cultura. La cultura è civiltà ed economia. Quanto vale il Rof, il Conservatorio, essere con orgoglio la città
di Rossini? Puntiamo ad ottenere il riconoscimento di “Città della musica”. Quanto vale avere la Mostra del
Cinema, nuove manifestazioni come il “Fuori Festival”? Quanto vale avere la Biblioteca Oliveriana, un
patrimonio inestimabile che richiede una strategia nuova? Quanto vale la San Giovanni? La biblioteca è il
luogo delle relazioni, dove le persone si incontrano oltre che per studiare e trovare cultura. Anche lì
dobbiamo fare un passo in più e innovare. Quanto valgono i nostri teatri?
Una città che conti di più. Abbiamo bisogno di una città nazionale, una città che conti, che abbia
visibilità, che abbia relazioni. Altrimenti le cose non si realizzano. E serve anche una città che programmi o
tutte le opportunità sui prossimi fondi europei andranno perdute. Per questo mettiamo insieme i territori
e la dimensione pubblico-privata.
Più forza. Gli obiettivi si raggiungeranno se partiremo da due punti. Primo: ridurre il più possibile il costo
dell’organizzazione pubblica. Più riduciamo il costo dell’organizzazione pubblica, più risorse avremo per i
servizi. Secondo: andare a prendere i soldi dove ci sono. A Roma, in Europa, in Regione. Per fare ciò
dobbiamo essere più ambiziosi, contare di più, avere la forza e la capacità relazionale per ottenere i
risultati. Mi rivolgo a tutta la città: è il momento di chiamare tutti coloro che hanno buone idee, passione
e amore per Pesaro. Quello che conta è il nostro futuro. Il progetto avrà un taglio fortemente civico. Un
buon sindaco rappresenta tutti, anche chi non lo vota.
Un bel po'. Ho pensato molto a come riassumere in un concetto l'energia e la determinazione per uscire
da questo momento difficile, con una comunità più forte ed unita. Ho pensato alle caratteristiche della
nostra gente, alla ‘tigna’, alla voglia di fare e di non mollare, alla cultura della solidarietà che abbiamo. E
anche alla giusta e sana ambizione che dobbiamo avere. È il momento di rilanciare e pensare in grande.
Ho scelto #unbelpo', perché non è solo un modo di dire pesarese, in senso rafforzativo. E’ anche
l’ambizione popolare di chi sa che l'umiltà, la semplicità e l'unità sono caratteristiche che, se combinate al
coraggio, alla determinazione e alla creatività, possono restituire la speranza. Un buon sindaco deve fare
cose concrete e avere la forza di creare un contesto positivo, che ci faccia uscire dalla fase di depressione.
Un contesto nel quale ogni pesarese possa dare il meglio di sé. Adesso sta a noi. C'è un pezzo di futuro da
costruire insieme. Per farcela, serve impegnarsi un bel po'.
Matteo Ricci