L`OSSERVATORE ROMANO

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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLV n. 37 (46.875)
Città del Vaticano
domenica 15 febbraio 2015
.
Papa Francesco ha creato venti cardinali in un concistoro ordinario pubblico tenuto nella basilica vaticana
Incardinati e docili
E al termine l’annuncio della proclamazione di quattro sante il prossimo 17 maggio
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Roma, 14 febbraio 2015
Il Sommo Pontefice Francesco ha tenuto
questa mattina, sabato 14 febbraio 2015,
nella Basilica Vaticana, il Concistoro Ordinario Pubblico per la creazione di nuovi
Cardinali, l’imposizione della berretta, la
consegna dell’anello e l’assegnazione del
Titolo o della Diaconia.
Il Santo Padre è giunto alle ore 11 nella
Basilica e ha fatto una breve preghiera davanti alla Confessione. Preso posto sulla
Cattedra, ha ricevuto dal Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, Dominique Mamberti, primo tra i
nuovi Cardinali, un indirizzo di saluto.
Quindi il Papa, dopo aver pronunciato
l’orazione iniziale e dopo la proclamazione del Vangelo, ha tenuto l’allocuzione.
Successivamente ha letto la formula di
creazione dei Cardinali proclamando i loro nomi:
— Dominique Mamberti, Prefetto del
Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica;
— Manuel José Macário do Nascimento
Clemente, Patriarca di Lisboa (Portogallo);
— Berhaneyesus Demerew Souraphiel,
C.M., Arcivescovo di Addis Abeba (Etiopia);
— John Atcherley Dew, Arcivescovo di
Wellington (Nuova Zelanda);
— Edoardo Menichelli, Arcivescovo di
Ancona-Osimo (Italia);
— Pierre Nguyên Văn Nhon, Arcivescovo di Hà Nôi (Viêt Nam);
— Alberto Suárez Inda, Arcivescovo di
Morelia (Messico);
— Charles Maung Bo, S.D.B., Arcivescovo di Yangon (Myanmar);
— Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, Arcivescovo di Bangkok (Thailandia);
— Francesco Montenegro, Arcivescovo
di Agrigento (Italia);
— Daniel Fernando Sturla Berhouet,
S.D.B., Arcivescovo di Montevideo (Uruguay);
— Ricardo Blázquez Pérez, Arcivescovo
di Valladolid (Spagna);
— José Luis Lacunza Maestrojuán,
O.A.R., Vescovo di David (Panamá);
— Arlindo Gomes Furtado, Vescovo di
Santiago de Cabo Verde (Arcipelago di
Capo Verde);
— Soane Patita Paini Mafi, Vescovo di
Tonga (Isole di Tonga);
— José de Jesús Pimiento Rodríguez,
Arcivescovo emerito di Manizales (Colombia);
— Luigi De Magistris, Arcivescovo titolare di Nova, Pro-Penitenziere Maggiore
emerito;
— Karl-Josef Rauber, Nunzio Apostolico;
— Luis Héctor Villalba, Arcivescovo
emerito di Tucumán (Argentina);
— Júlio Duarte Langa, Vescovo emerito
di Xai-Xai (Mozambico).
Sono seguite l’imposizione della berretta ai nuovi Cardinali, la consegna
dell’anello e l’assegnazione a ciascuno di
loro del Titolo o della Diaconia.
La cerimonia è proseguita con il voto su
alcune Cause di Canonizzazione e si è
conclusa con la Benedizione Apostolica
che il Santo Padre ha impartito ai presenti.
«Più veniamo incardinati nella Chiesa che è in Roma e più
dobbiamo diventare docili allo Spirito»: è la raccomandazione che Papa Francesco ha rivolto ai venti porporati creati
nel corso del concistoro ordinario pubblico tenuto nella
mattina di sabato 14 febbraio, nella basilica vaticana, alla significativa presenza del suo predecessore Benedetto XVI.
Proprio nel binomio «incardinati» e «docili» il Pontefice
ha individuato i tratti essenziali del ministero dei nuovi
membri del Collegio cardinalizio. Chiamati — ha spiegato —
a una dignità non onorifica, come indica il nome stesso di
“cardinale”, che evoca il “cardine”: dunque «non qualcosa
di accessorio, di decorativo, che faccia pensare a una onori-
mali che ricevi»: questo, ha affermato, «non è accettabile
nell’uomo di Chiesa», perché «se pure si può scusare un’arrabbiatura momentanea e subito sbollita, non altrettanto per
il rancore». Dal Pontefice anche un richiamo ad avere «un
forte senso di giustizia» e a essere «persone capaci di perdonare sempre», di «dare sempre fiducia», di «infondere sempre speranza» e di «sopportare con pazienza ogni situazione
e ogni fratello e sorella».
Al termine del concistoro l’annuncio che il prossimo 17
maggio saranno proclamate quattro sante.
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Milizie jihadiste libiche legate all’Is s’insediano nella città portuale di Sirte
Fronte mediterraneo
TRIPOLI, 14. La conquista di Sirte,
in Libia, da parte di milizie che dichiarano di appartenere al cosiddetto Stato islamico (Is) già attivo
in Iraq e in Siria, conferma l’apertura di un nuovo fronte della sfida
jihadista nel Mediterraneo e accentua l’instabilità nordafricana e vicino-orientale.
I miliziani libici legati all’Is si
sono infatti insediati ieri nel centro
di Sirte, importante porto sul Me-
diterraneo, ripetendo un’operazione già condotta a Derna, nell’est
del Paese. La Libia, da tempo priva di ogni effettiva autorità centrale — due Parlamenti, due Governi,
uno a Tripoli, sostenuto dalle milizie islamiche, e l’altro a Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale — sta diventando un crocevia cruciale di una crisi generale,
nella quale il jihadismo mostra di
sapersi ritagliare un suo spazio.
I profili biografici
PAGINE 4-7
ficenza, ma un perno, un punto di appoggio e di movimento essenziale per la vita della comunità».
Ai porporati Francesco ha riproposto le caratteristiche
della carità descritte nella prima lettera di san Paolo ai Corinzi. Tra queste ha ricordato la magnanimità e la benevolenza, invitando ad «amare senza confini» ma anche a «non
trascurare ciò che è piccolo» e ad avere «gesti benevoli per
tutti». Il Papa ha poi messo in guardia dalla tentazione
dell’invidia e dell’orgoglio e dal pericolo di guardare solo alla ricerca del proprio interesse personale. Soprattutto ha
chiesto di non dare spazio all’ira, in particolare a quella
«trattenuta, covata dentro, che ti porta a tenere conto dei
Un’esplosione a Bengasi (Ansa)
Le prime reazioni internazionali
sono arrivate dall’Italia. L'ambasciata italiana a Tripoli ha rinnovato l’invito ai connazionali a lasciare
la Libia, mentre il ministro degli
Esteri, Paolo Gentiloni, ha sostenuto che l’Italia è pronta a intervenire in armi, «naturalmente nel
quadro della legalità internazionale», cioè nel caso di un mandato
dell’Onu. Gentiloni ha ribadito sostegno
all’azione
dell’inviato
dell’Onu in Libia, Bernardino
León, che sta cercando di mediare
tra le principali fazioni del Paese.
Tuttavia, il ministro italiano ha
detto che «se non riusciamo nella
mediazione, credo che bisogna
porsi il problema, con le Nazioni
Unite, di fare qualcosa di più»
perché «non possiamo accettare
che a poche ore di navigazione
dall’Italia ci sia una minaccia terroristica attiva». Secondo Gentiloni,
infatti, la Libia appare ormai «uno
Stato fallito nel quale l’Is può avere buon gioco».
A quattro anni dalle primavere
arabe, dunque, il processo di consolidamento democratico e di pacificazione dell’area si è tutt’altro
che consolidato. La diffusione incontrollata di armi e l’emersione di
nuovi e più radicali attori nella tragedia di quei territori si è tradotta
in una delle crisi più gravi di sempre, anche e soprattutto sul piano
umanitario. Milioni di persone, infatti, soprattutto dell’Africa subsahariana, sono costrette a lasciare
le loro case a causa sia della fame
che della guerra, mai venute meno
nei loro Paesi. In questo scenario
s’iscrive il crescente fenomeno delle migrazioni in Mediterraneo,
all’origine di tragedie come quella
dei giorni scorsi, quando oltre trecento persone sono morte in mare
per mancanza di soccorsi, tragedie
alle quali l’Europa non sembra ancora determinata a dare risposte
adeguate.
La minaccia dell’Is, intanto, resta alta anche sul fronte di guerra
iracheno, nonostante l’intensificazione dei raid aerei della coalizione
guidata dagli Stati Uniti. Il comando statunitense ha confermato
ieri sera che le milizie jihadiste
hanno preso il controllo della città
di Al Baghdadi, nella provincia di
Al Anbar, e tornano a minacciare
la base militare di Ayn Al Asad,
dove si trovano trecentoventi militari statunitensi incaricati di addestrare le forze governative irachene.
Nel frattempo, sedicenti rappresentanti dell’Is hanno dichiarato che
le forze dei miliziani sono pronte
ad affrontare qualunque contrattacco della coalizione internazionale su Mosul, terza città dell’Iraq
conquistata dai jihadisti lo scorso
giugno.
Incursione in un villaggio al confine con la Nigeria
Boko Haram
attacca anche in Ciad
Civili ciadiani fuggiti dal loro villaggio attaccato dai terroristi (Afp)
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domenica 15 febbraio 2015
Sanguinosa incursione in un villaggio al confine con la Nigeria
Decine di vittime negli scontri tra esercito ucraino e filorussi
Boko Haram
attacca anche in Ciad
Battaglia
prima della tregua
ABUJA, 14. Il gruppo jihadista nigeriano Boko Haram ha compiuto ieri
un’incursione oltre il confine con il
Ciad, sulle sponde del lago omonimo, uccidendo numerosi civili nel
villaggio di Ngouboua. Si tratta del
primo attacco in territorio ciadiano
sicuramente attribuibile ai miliziani
jihadisti che devastano da cinque
anni il nord-est della Nigeria e che
hanno già più volte colpito anche in
Camerun e, da ultimo, in Niger.
Proprio il Ciad fornisce il maggiore
contingente alla forza africana schierata nell’ultimo mese contro Boko
Haram e alla quale partecipano oltre alle truppe nigeriane quelle beninesi e, appunto, camerunensi e nigerine.
L’azione di Boko Haram sembra
una risposta proprio al dispiegamento delle truppe africane. La
scorsa settimana, in particolare,
quelle del Ciad erano entrate per la
prima volta in territorio nigeriano,
dopo aver respinto un attacco in
Camerun. Altri attacchi Boko Haram aveva sferrato nei giorni scorsi
a Diffa, in Niger. In precedenza, invece, non era mai stata accertata la
Si prospetta un rinvio del voto
Elezioni in forse
nel Sud Sudan
JUBA, 14. Sono in forse le elezioni
previste per la prossima primavera
nel Sud Sudan, teatro dal dicembre 2013 di un conflitto civile tra i
reparti dell’esercito fedeli al presidente Salva Kiir Mayardit e le formazioni ribelli guidate dal suo ex
vice Rijek Machar. Un disegno di
legge del Governo per rinviare il
voto al 2017, nella speranza che intanto vadano a buon fine i negoziati di pace mediati dall’Unione
africana, sarà votato la prossima
settimana dal Parlamento di Juba.
Se approvato, il provvedimento
congelerebbe gli assetti di potere a
Juba. Sulla base della Costituzione
entrata in vigore con la proclamazione dell’indipendenza da Khartoum, il 9 luglio del 2011, il mandato di Salva Kiir Mayardit e del
Parlamento scadrà appunto il prossimo 9 luglio e prima di quella data dovrebbero tenersi le elezioni.
Il presidente e il suo ex vice durante i negoziati mediati dall’Unione africana (Reuters)
La Liberia
si rialza
dall’ebola
MONROVIA, 14. Passi in avanti nella ricostruzione del dopo ebola.
Lunedì prossimo riapriranno le
scuole dopo sette mesi di chiusura
dovuta all’emergenza. Lo comunica l’Unicef, il fondo della Nazioni
Unite per l’infanzia, che sta lavorando per mettere in piedi interventi per ridurre al massimo il rischio di trasmissione del virus.
Misure di estrema sicurezza anche
in Guinea dove più di 1,3 milioni
di bambini sono tornati a scuola a
gennaio. Le misure comprendono
il rilevamento della temperatura ai
bambini all’arrivo a scuola e il lavaggio delle mani prima che entrino nelle classi. «Non ci aspettiamo che tutte le scuole riaprano
immediatamente», ha dichiarato
Manuel Fontaine, direttore regionale dell’Unicef per l’Africa Occidentale e Centrale. «Il processo di
riapertura delle scuole può durare
un mese prima che la maggior
parte degli studenti tornino a
scuola. Durante questo periodo le
autorità per l’istruzione lavoreranno per assicurare le condizioni di
sicurezza».
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responsabilità del gruppo nigeriano
in episodi di violenza che pure si
erano registrati in territorio ciadiano.
L’incursione a Ngouboua, secondo la Bbc, è stata compiuta da una
trentina di miliziani di Boko Haram
che hanno attraversato il lago Ciad
a bordo di quattro piroghe e poi
hanno dato fuoco al villaggio, prima di essere respinti dall’intervento
dell’esercito.
Sulle conseguenze dell’attacco ci
sono versioni diverse. Secondo testimoni citati dal sito d’informazione
Koaci, sono stati uccisi almeno una
decina di civili, compreso il capo
del villaggio, mentre altre fonti riferiscono di un numero maggiore,
cioè di diverse decine di morti. A
vittime civili non ha fatto invece riferimento il portavoce dell’esercito,
il colonnello Azem Bermandoa, secondo il quale i miliziani di Boko
Haram hanno ucciso un soldato e
ne hanno feriti due, lasciando a loro
volta due morti sul terreno.
Sempre ieri, il gruppo terrorista
ha sferrato attacchi anche contro
Akida e Mbuta, due villaggi alle
porte di Maiduguri, la capitale del
Borno, lo Stato nordorientale nigeriano considerato la sua principale
roccaforte. Testimoni riferiscono di
almeno ventuno abitanti uccisi nei
due centri abitati, dove gli assalitori
hanno saccheggiato e dato alle fiamme numerosi negozi e abitazioni di
civili.
Né quelle di Boko Haram sono le
uniche violenze a insanguinare il
Paese. Secondo quanto denunciato
ieri dalla Commissione nazionale
per i diritti umani (Nhrc), negli ultimi due mesi, ci sono stati decine
di morti in scontri legati alla campagna per le elezioni presidenziali e
parlamentari. Come noto, queste
avrebbero dovuto tenersi proprio
oggi, ma sono state rinviate a fine
marzo dal Governo, secondo il quale non è possibile al momento impiegare le truppe a garanzia della sicurezza del voto nelle regioni dove
agisce Boko Haram.
Secondo la Nhrc, la situazione
minaccia di degenerare ulteriormente dato il «costante aumento dell’incitamento all’odio» tra fazioni rivali,
persino all’interno di uno stesso
partito, al punto che si profila «un
pericolo evidente e attuale per la
stabilità» non solo del Paese, ma
anche di quelli vicini».
Caschi blu pronti a riprendere
l’offensiva nell’est congolese
KINSHASA, 14. La Monusco, la missione dell’Onu nella Repubblica
Democratica del Congo, sembra
aver superato i contrasti scoppiati
di recente con il Governo di Kinshasa riguardo alle modalità per
condurre la lotta contro i diversi
gruppi armati che devastano l’est
del Paese. Un appello a neutralizzare tutte le milizie che agiscono
nell’est congolese era stato lanciato
una settimana fa dall’inviato speciale dell’Onu per la regione dei
Grandi Laghi, Said Djinnit.
«Siamo qui per sostenere il Governo e le forze armate congolesi
nella lotta contro i gruppi armati»,
ha dichiarato ieri il comandante militare della Monusco, Carlos Alberto dos Santos Cruz. L’11 febbraio la
Monusco aveva annunciato la sospensione del sostegno all’offensiva
in corso contro le Forze democratiche di liberazione del Rwanda
(Fdlr), il gruppo hutu riparato oltre
confine dopo il genocidio dei tutsi
in Rwanda del 1994. Da allora, le
Fdlr sono tra le più attive formazioni armate nel Nord Kivu e, più in
generale, l’est congolese, principale
teatro dell’intricata interconnessione
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
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vicedirettore
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parte e dall'altra, anche se il bilancio è incerto, mentre sullo sfondo
delle violenze rimangono le consuete accuse reciproche.
Per il portavoce del Governo di
Kiev, i separatisti filorussi hanno ucciso otto militari ucraini e feriti altri
Confronto a Bruxelles per chiarire gli impegni di Tsipras
Juncker scettico
sul dialogo tra Grecia e Ue
ATENE, 14. Dopo aver faticosamente avviato il dialogo, Grecia e
Unione europea entrano nella fase
tecnica della trattativa che andrà
avanti tutto il weekend per preparare la strada a un accordo politico
all’Eurogruppo di lunedì.
Ma nonostante la buona volontà
espressa da entrambe le parti, l’incertezza resta molto alta. Per il
presidente della Commissione Ue,
Jean-Claude Juncker, siamo «molto lontani» da un compromesso e
per quello dell’Eurogruppo, Jeroen
Dijsselbloem, la faccenda è «molto
complicata, le opzioni sono limitate e quindi resto pessimista».
tra le diverse crisi della regione dei
Grandi Laghi.
La decisione della Monusco era
stata motivata con il ruolo di comando concesso dalle autorità di
Kinshasa ai generali Bruno Mandevu e Sikabwe Fall, che l’Onu considera complici di gravi crimini.
Ciò nonostante, dos Santos Cruz
ha ricordato che la Monusco ha il
mandato di disarmare i gruppi armati, comprese le Fdlr, e che quindi
intende continuare a pianificare
operazioni congiunte con le forze
congolesi. L’ufficiale ha inoltre sottolineato che «la situazione militare
è differente a seconda delle regioni», soffermandosi in particolare su
quella dell’Ituri e della provincia
orientale. Quest’ultima è da alcuni
anni la base delle milizie dell’Lra
guidate da Joseph Kony, responsabili nei decenni precedenti di sistematiche e atroci violenze nel nord
dell’Uganda e da tempo a loro volta riparate oltre confine. Congolese
è invece la Forza di resistenza patriottica dell’Ituri, che non ha ancora disarmato sebbene il suo comandante Banaloko “Cobra” Matata,
abbia annunciato la resa a novembre scorso.
caporedattore
segretario di redazione
KIEV, 14. Ucraina senza pace a poche ore dalla tregua, che scatta alla
mezzanotte di oggi. Tra esercito
ucraino e miliziani filorussi, nel
Donbass, si combatte più duramente che nei giorni scorsi. Decine le
vittime nelle ultime 24 ore, da una
Segreteria di redazione
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
«Siamo molto lontani da ciò
che potrebbe essere chiamato un
compromesso politico» ha detto il
presidente della Commissione Juncker, convinto che la Grecia «dovrebbe chiedere un prolungamento
del programma di salvataggio» e
che per Atene «è fondamentale arrivare al pareggio di bilancio». Per
questo motivo «quelle misure che
il Governo greco vuole tagliare,
devono essere sostituite da altre
misure che portino agli stessi
obiettivi di bilancio».
Il confronto, partito ieri a Bruxelles tra i tecnici dell’ex Troika e
quelli greci, ha proprio lo scopo di
analizzare le differenze tra l’attuale
piano europeo e le proposte
dell’Esecutivo di Tsipras. Gli
esperti hanno bisogno di fare chiarezza perché, per trovare la base
comune su cui l’Eurogruppo lunedì potrà lavorare, devono sapere
esattamente quali misure vuole
portare avanti il Governo.
Atene vorrebbe sostituire con
sue misure il trenta per cento del
memorandum firmato con l’Ue.
Secondo fonti europee, il memorandum si può cambiare, ma
«l’idea deve restare la stessa». E
ieri il ministro delle Finanze greco,
Yanis Varoufakis, ha dichiarato che
«uscire dall’euro equivarrebbe per
la Grecia a cadere in un burrone»,
dal momento che «una cosa è dire
che non saremmo mai dovuti entrare nell’euro, un’altra pretendere
di uscirne».
Intanto il segretario al Tesoro
statunitense, Jack Lew, ha avuto
ieri un colloquio con il premier
greco, Alexis Tsipras. Nel corso
del colloquio Lew ha espresso il
sostegno del Governo di Washington alla Grecia e ha auspicato un
esito positivo dei negoziati in svolgimento fra l’Esecutivo di Atene e
i partner dell’eurozona.
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
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34. Secondo i rappresentanti dei separatisti del Donbass, invece sono i
militari ad aver ucciso quattro civili,
compreso un bimbo di nemmeno
due anni e due ragazzine di sette e
quattordici anni. Ma Eduard Basurin, portavoce del ministero della
Difesa dell’autoproclamata repubblica popolare di Donetsk, ha affermato che Kiev nei combattimenti ha
perso 42 uomini. Non è chiaro se le
vittime di cui parlano Kiev (otto
morti) e il Donbass (42 morti) siano
per episodi diversi o sia un diverso
bilancio dello stesso scontro.
Notizie di colpi di artiglieria arrivano anche da diverse fonti mediatiche sul terreno: nella notte ci sono
stati bombardamenti a Lugansk, riferisce la Bbc, e stamattina lo stesso
scenario si è riproposto a Donetsk,
riportano i corrispondenti sia della
televisione britannica che dell’agenzia Ria Novosti. «Il nemico ha
bombardato posizioni delle forze
dell’operazione antiterroristica con
la stessa intensità di prima», ha riferito il portavoce militare di Kiev,
Vladyslav Seleznyov, aggiungendo
che i combattimenti sono stati particolarmente pesanti nella zona del
nodo ferroviario di Debaltseve, dove
separatisti hanno usato razzi e artiglieria.
Intanto, la situazione umanitaria
resta drammatica. Kiev denuncia il
bombardamento dei ribelli e vittime
tra i civili a Shchastya, una città a
nord-ovest di Lugansk. Le vittime
qui sarebbero due e sei i feriti, ha
reso noto il capo dell’amministrazione regionale, controllata da Kiev.
«La bomba ha colpito un caffè dove
c’erano numerose persone», ha riferito Hennadiy Moskal, secondo cui
i proiettili sono caduti anche in altre
zone della città.
La diplomazia comunque non si
ferma: troppi i nodi rimasti insoluti.
Il Cremlino ha fatto sapere che i
leader di Ucraina, Russia, Germania
e Francia, che hanno negoziato il
cessate il fuoco di Minsk, sono in
costante contatto per monitorare
l’evoluzione della crisi e nei prossimi giorni ci dovrebbe essere un
nuovo colloquio telefonico. E un altro summit sulla questione ucraina
nel formato di Normandia (Francia,
Russia, Germania, Ucraina) potrebbe svolgersi ad Astana, capitale del
Kazakhstan, ha detto l’ufficio stampa del presidente kazako Nursultan
Nazarbaiev riferendo di una conversazione tenutasi tra il cancelliere
tedesco Angela Merkel e il leader
kazako.
Primi nomi
dello staff
del presidente
Mattarella
ROMA, 14. Un manager a capo della
segreteria, due giornalisti con una
passione per la politica alla guida
dell’informazione. Il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha iniziato ieri a tracciare i
contorni del nuovo staff del Quirinale. Tre i primi nomi: Simone
Guerrini, manager con una lunga
esperienza, sarà consigliere del Presidente e direttore dell’ufficio di segreteria; il giornalista e scrittore
Giovanni Grasso sarà consigliere,
portavoce e direttore dell’ufficio per
la stampa e la comunicazione; un
altro giornalista, Gianfranco Astori,
sarà consigliere per l’informazione.
L’obiettivo dichiarato è quello di
procedere a una ristrutturazione
dell’amministrazione del Quirinale,
con un occhio in particolare alla
spending review.
Concessionaria di pubblicità
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Il Sole 24 Ore S.p.A.
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Ivan Ranza, direttore generale
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domenica 15 febbraio 2015
pagina 3
Yemeniti protestano contro la presa del potere
dei ribelli huthi (Reuters)
Secondo l’esercito israeliano
Rischi
per l’Autorità
palestinese
TEL AVIV, 14. Allarme nei Territori
palestinesi in Cisgiordania. L’esercito israeliano ha avvertito i vertici
politici del Paese che l’Autorità
palestinese (Ap) è «prossima al
collasso». Come riferisce il quotidiano «Maariv», un documento
ufficiale delle forze armate indica
fra le cause dell’indebolimento
delle strutture dell’Ap il congelamento dei dazi doganali, ordinato
a gennaio dal premier Benjamin
Netanyahu. In base agli accordi di
Oslo questi dazi dovrebbero essere raccolti da Israele e poi trasmessi all’Ap.
Ma l’esercito israeliano parla
anche di previsioni pessimistiche
riguardo l’economia dei Territori.
Previsioni espresse ieri anche dal
rappresentante del Fondo monetario internazionale (Fmi), Ragnar
Gudmundsson. Anch’egli ha infatti definito «preoccupante» il congelamento imposto da Israele al
trasferimento dei dazi doganali,
che rappresentano la principale
fonte di reddito dell’Ap.
La crisi palestinese riguarda anche il lavoro. Secondo l’ufficio
centrale di statistica palestinese, il
tasso attuale di disoccupazione in
Cisgiordania tocca il 17,4 per cento della popolazione. Nella Striscia di Gaza — controllata da Hamas — supera il quaranta per cento. Inoltre, sempre secondo il documento dell’esercito citato da
«Maariv», in Cisgiordania si sta
rafforzando la presenza di Hamas,
cosa che ha costretto i militari a
moltiplicare le confische di armi e
di fondi di associazioni legate al
movimento. Il documento evoca
la possibilità di una «rivolta latente» che potrebbe sfociare in attentati. Il rischio, avvertono i militari,
è che un episodio minore di violenza metta in moto «una reazione a catena», con la caduta
dell’Ap e la presa del potere da
parte di «gruppi terroristici».
Non è finita
la guerra
statunitense
in Afghanistan
Gli Emirati arabi uniti chiudono l’ambasciata a San’a
Yemen fuori controllo
SAN’A, 14. Gli Emirati arabi uniti
hanno chiuso la propria ambasciata
in Yemen ed evacuato lo staff. È
questo solo l’ultimo tassello di una
crisi che sta allarmando sempre di
più la comunità internazionale.
Quella yemenita, infatti, è un’instabilità politica, istituzionale e sociale
che rischia di diventare un nuovo
bacino del terrorismo internazionale.
La chiusura della rappresentanza
diplomatica di Abu Dhabi, che segue di ventiquattr’ore la chiusura di
quella italiana e l’annuncio del rientro in Italia di tutto il suo staff, è
solo l’ultima di una serie. I primi a
chiudere la propria rappresentanza
diplomatica erano stati Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia, cui sono
seguiti nelle ultime ore l’Italia appunto, la Germania e infine l’Arabia
Saudita. Giovedì scorso gli huthi
avevano denunciato la chiusura delle
rappresentanze occidentali come una
Nell’incontro a Stanford con i big della Silicon Valley
Obama rilancia
la lotta al cyberterrorismo
mossa «immotivata», il cui unico
obiettivo era quello di mettere in
difficoltà i miliziani sciiti e ostacolarne il controllo sul Paese «esercitando pressioni nei confronti del popolo yemenita».
E intanto proseguono gli scontri
tra i miliziani ribelli huthi e le tribù
sunnite, che nelle ultime ore hanno
causato 26 morti, secondo fonti locali: pesanti combattimenti sono infatti in corso sulle montagne della
provincia meridionale di Al Bayda.
Tensioni e violenze si sono registrate
anche in occasione delle numerose
manifestazioni della popolazione yemenita indette per protestare contro
la presa del potere da parte dei ribelli sciiti.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, aveva evocato pochi giorni fa lo spettro della
guerra civile, affermando che «lo
Yemen sta crollando sotto i nostri
Indagata
la presidente
argentina
BUENOS AIRES, 14. Cristina Fernández è ufficialmente indagata
per il presunto accordo segreto
con l’Iran, di cui l’accusava il
procuratore Alberto Nisman. Il
procuratore Gerardo Pollicita, che
ha preso in mano il fascicolo in
seguito alla morte del suo predecessore, ha rilevato che i fatti denunciati sono effettivamente un
reato e ha chiesto al giudice di
poter verificare se questo «sia stato realmente consumato e se può
essere penalmente attribuito ai
suoi responsabili». In questo modo, la presidente, il ministro degli
Esteri, Héctor Timerman, e altre
figure politiche vengono sottoposte a indagini preliminari. Fernández ha smentito ogni accusa.
Scontro
mortale
in
Messico
Obama durante il discorso all’università di Stanford (Reuters)
WASHINGTON, 14. Il presidente statunitense, Barack Obama, ha incontrato ieri all’Università di Stanford i
rappresentanti delle grandi aziende
di internet e dell’alta tecnologia per
smorzare le recenti tensioni e tentare
di riallacciare una proficua collaborazione su temi chiave come la lotta
al terrorismo e la sicurezza informatica. «Le tecnologie che ci rendono
forti possono anche essere usate
contro di noi, e infliggerci gravi
danni» ha detto il capo della Casa
Bianca. E tanti cyberattacchi «stanno colpendo aziende americane e
costando diversi posti di lavoro».
Per questo Obama ha firmato un
decreto che promuove la cybersicurezza e la privacy attraverso un
maggiore scambio di informazioni
tra Governo e aziende. All’incontro
di Stanford non erano tuttavia presenti gli amministratori delegati
delle aziende tra le più interessate:
Mark Zuckerberg di Facebook, Merissa Mayer di Yahoo e Larry Page
di Google, in aperta polemica con
l’Amministrazione. Tra i big della
tecnologia, solo Tim Cook di Apple, insieme ai leader di aziende finanziarie come Mastercard o Bank
of America.
CITTÀ DEL MESSICO, 14. Almeno
sedici persone sono morte e 22 ferite in uno scontro fra un bus e
un treno merci in Messico, nello
Stato settentrionale del Nuevo
León. L’incidente è avvenuto nella città di Anahuac, nei pressi del
confine con il Nuevo Laredo. Secondo una prima ricostruzione
dei fatti, l’autista del bus ha ignorato l’avvertimento luminoso del
passaggio del treno e ha cercato
di attraversare le rotaie. «Si è
trattato di un impatto molto forte» ha spiegato il capo della protezione civile del Nuevo León,
Jorge Camacho Rincon.
occhi: stiamo assistendo allo sprofondamento yemenita».
Il ribelli huthi hanno occupato
negli ultimi mesi edifici governativi
e palazzi presidenziali a San’a,
estendendo inoltre il proprio controllo su sette provincie yemenite. I
ribelli sciiti huthi, scesi l’estate scorsa dalle regioni del nord, hanno preso il controllo della capitale. A gennaio hanno quindi costretto agli arresti domiciliari il presidente Abed
Rabbo Mansur Hadi e i suoi ministri. Gli huthi hanno inoltre annunciato di recente la pubblicazione di
un decreto costituzionale, considerato dagli analisti un atto rivoluzionario a tutti gli effetti. Il documento
scioglie il Parlamento e lo sostituisce
con un Consiglio nazionale di transizione (Cnt) composto da 551 membri. Al Cnt spetterà il compito di
eleggere un Consiglio presidenziale
di cinque membri, il quale a sua
volta nominerà un Governo di transizione. Il decreto stabilisce che sia
il Consiglio di transizione sia il
Consiglio presidenziale siano sotto il
diretto controllo del Comitato supremo rivoluzionario.
KABUL, 14. L’impegno statunitense in Afghanistan è finito, stando
alla linea ufficiale della Casa
Bianca, ma la situazione sul terreno resta ancora complicata ed
esplosiva. Secondo le indicazioni
raccolte dal «New York Times»,
le forze americane sono ancora
impegnate in ruoli di combattimento nell’ambito dei sempre più
numerosi raid aerei lanciati sul
territorio afghano. Il motivo è costituito dagli scontri che continuano a mietere vittime, con cifre record di perdite tra i soldati afghani. Anche secondo il «Washington
Post», se per l’Iraq il ritiro delle
truppe statunitensi ha coinciso
con una certa riduzione della violenza, per l’Afghanistan non si
può dire lo stesso.
Intanto, oggi un commando di
miliziani pachistani ha ucciso nel
territorio tribale della Khyber
Agency (Pakistan nord-occidentale) l’autista di un veicolo utilizzato da un team di vaccinatori antipolio. L’agguato è avvenuto nella
sottodivisione di Landi Kotal e gli
sconosciuti hanno sparato sull’autista del veicolo riuscendo a dileguarsi prima dell’arrivo delle forze
di sicurezza. Il Pakistan è uno dei
tre Paesi al mondo che, insieme a
Nigeria e Afghanistan, non ha ancora debellato la poliomielite.
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L’OSSERVATORE ROMANO
domenica 15 febbraio 2015
domenica 15 febbraio 2015
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I cardinali creati da Papa Francesco
Pubblichiamo le biografie dei venti porporati creati da Papa Francesco durante il concistoro ordinario pubblico tenutosi sabato mattina, 14 febbraio, nella
basilica vaticana. L’ordine seguito è
quello dato dal Pontefice durante l’Angelus di domenica 4 gennaio.
Dominique Mamberti
prefetto
del Supremo Tribunale
della Segnatura Apostolica
Dopo otto anni ai vertici del servizio diplomatico della Santa Sede,
il cardinale Dominique Mamberti è
ora chiamato a vigilare sull’amministrazione della giustizia nei tribunali
ecclesiastici di tutto il mondo. Papa
Francesco lo ha infatti nominato nel
novembre scorso prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, incarico assunto a tempo pieno agli inizi di quest’anno.
Sessantadue anni, è nato a Marrakech, nell’arcidiocesi di Rabat, in
Marocco, il 7 marzo 1952, da genitori francesi trasferitisi in patria poco
tempo dopo la sua nascita. Compiuti gli studi secondari, si è iscritto alla
facoltà di giurisprudenza di Stra-
sburgo, quindi ha seguito i corsi di
post-grado presso l’università di Paris II, ottenendo i diplomi di studi
superiori di diritto pubblico e di
scienze politiche.
Entrato nel Pontificio seminario
francese a Roma, è stato ordinato sacerdote per la diocesi di Ajaccio
(Corsica) il 20 settembre 1981. Chiamato a seguire i corsi della Pontificia accademia Ecclesiastica, ha proseguito la formazione presso la Pontificia università Gregoriana — dove
era stato già studente delle facoltà di
filosofia e di teologia — e ha conseguito la laurea in diritto canonico
sotto la direzione del gesuita Ignacio
Gordon e di monsignor Bernard de
Lanversin.
Entrato nel servizio diplomatico
della Santa Sede il 1° marzo 1986, ha
prestato la sua opera nelle rappresentanze pontificie in Algeria (19861990), Cile (1990-1993), presso le Nazioni Unite a New York (1993-1996),
in Libano (1996-1999) e in Segreteria
di Stato, nella sezione per i Rapporti con gli Stati (1999-2002).
Il 18 maggio 2002 è stato eletto
da Giovanni Paolo II arcivescovo titolare di Sagona e nominato allo
stesso tempo nunzio apostolico in
Sudan e delegato apostolico in Somalia. Il successivo 3 luglio ha ricevuto l’ordinazione episcopale nella
basilica di San Pietro dal cardinale
Angelo Sodano, segretario di Stato.
Il 19 febbraio 2004 è stato nominato nunzio apostolico anche in Eritrea. Il 15 settembre 2006 è stato richiamato da Benedetto XVI in Segreteria di Stato per ricoprire l’incarico
di segretario per i Rapporti con gli
Stati, e in tale missione è stato confermato da Papa Francesco il 31 agosto 2013.
In questa veste ha guidato le delegazioni della Santa Sede a numerose
riunioni e conferenze internazionali,
in particolare all’assemblea generale
delle Nazioni Unite e ai consigli ministeriali dell’Organizzazione per la
sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce). Ha compiuto numerosi
viaggi d’ufficio e ha sottoscritto a
nome della Santa Sede vari accordi
multilaterali o bilaterali, ultimi dei
quali l’Accordo con la Repubblica di
Capo Verde sullo statuto giuridico
della Chiesa cattolica nel Paese africano (Praia, 10 giugno 2013) e l’Accordo con la Repubblica di Serbia
sulla collaborazione nell’insegnamento superiore (Belgrado, 27 giugno 2014).
L’8 novembre 2014 è stato nominato prefetto del Supremo Tribunale
della Segnatura Apostolica, assicurando tuttavia la continuità del servizio nella Sezione per i Rapporti
con gli Stati fino a metà gennaio
2015.
nica, ha firmato insieme con ortodossi, anglicani, presbiteriani, metodisti una dichiarazione di mutuo riconoscimento del sacramento del
battesimo. In ottobre ha partecipato
al Sinodo straordinario sulla famiglia svoltosi in Vaticano e in novembre al Congresso internazionale di
pastorale per le grandi città organizzato dal cardinale arcivescovo di
Barcelona. Nel gennaio 2015 ha
José Macário
do Nascimento Clemente
patriarca di Lisboa
(Portogallo)
Uno storico della Chiesa, esperto
di pastorale nei contesti urbani occidentali di antica tradizione cattolica
bisognosi di una nuova evangelizzazione: il cardinale portoghese Manuel José Macário do Nascimento
Clemente ha saputo unire lo studio
delle origini del cristianesimo lusitano a un ministero caratterizzato da
una presenza attiva nelle due maggiori città del Paese, Oporto e la capitale Lisbona.
Sessantaseienne, è nato a Torres
Vedras, nel patriarcato di Lisboa, il
16 luglio 1948. La vocazione sacerdotale è maturata nel 1973, dopo la laurea in storia generale conseguita
presso la facoltà di lettere dell’università di Lisbona. In quell’anno è
entrato nel seminario patriarcale Cristo Rei dos Olivais. Nel 1975 ha iniziato a insegnare storia della Chiesa
presso l’Università cattolica portoghese, dove ha ottenuto nel 1979 la
licenza in teologia e nel 1992 il dottorato con specializzazione in teologia storica, discutendo la tesi Nas
origens do apostolado contemporâneo
em Portugal. A Sociedade Católica
(1843-1853).
Ordinato sacerdote per il patriarcato di Lisboa dal cardinale António
Ribeiro il 29 giugno 1979, ha collaborato inizialmente come coadiutore
nelle parrocchie di Torres Vedras e
Runa. Nel 1980 è entrato tra i formatori del seminario maggiore, fino
a divenirne vicerettore nel 1989 —
anno in cui è stato annoverato tra i
canonici del capitolo della cattedrale
— e poi rettore nel 1997. Incarico
mantenuto anche dopo la nomina a
vescovo titolare di Pinhel e ausiliare
di Lisbona, giunta il 6 novembre
1999. Nel frattempo dal 1996 era divenuto coordinatore del consiglio
presbiterale del patriarcato.
Ha scelto come motto In lumine
tuo, ricevendo l’ordinazione episcopale il 22 gennaio 2000 dal predecessore José da Cruz Policarpo.
L’anno seguente ha iniziato a dirigere il Centro studi di storia religiosa
dell’ateneo cattolico portoghese. E
l’11 aprile 2002 è divenuto promotore
della pastorale della cultura nella
Conferenza episcopale nazionale, in
seno alla quale, dal 2005 al 2011, ha
presieduto la commissione per la
cultura, i beni culturali e le comunicazioni sociali.
Intanto, il 22 febbraio 2007 Benedetto XVI lo ha trasferito alla sede
residenziale di Porto, dove ha fatto
ingresso il successivo 25 marzo. Nel
2010 ha lanciato la missione speciale
per la nuova evangelizzazione della
diocesi, una realtà territoriale di oltre due milioni di persone estesa dalla costa atlantica del nord fino all’interno del Paese.
Eletto nel 2011 vice presidente della Conferenza episcopale portoghese
e nominato membro del Pontificio
consiglio delle comunicazioni sociali,
ha collaborato ai programmi «Ecclesia», della televisione pubblica Rtp2,
e «Dia do Senhor», di Rádio Renascença. Nell’ottobre 2012 ha partecipato al Sinodo per la nuova evangelizzazione, nel quale è stato membro
della commissione per l’informazione.
Il 18 maggio 2013 Papa Francesco
lo ha promosso diciassettesimo patriarca di Lisbona. E il 19 giugno è
stato eletto anche presidente della
Conferenza episcopale portoghese.
Dieci giorni dopo, nella solennità
dei santi Pietro e Paolo, ha ricevuto
il pallio nella basilica vaticana. Nella
cattedrale di Lisbona ha prestato
giuramento il 6 luglio e il giorno
successivo ha celebrato la messa solenne di ingresso nella chiesa di San
Girolamo.
Anche nella capitale ha riproposto
uno stile pastorale fatto di prossimità e di apertura. Nel gennaio 2014, a
conclusione della settimana ecume-
inaugurato l’iniziativa Escutar a cidade (“Ascoltare la città”) promossa
da ventisette fra comunità, movimenti, organizzazioni e gruppi cattolici portoghesi coinvolti nel sinodo
diocesano, che era stato lanciato nelle settimane precedenti e si concluderà nel novembre 2016 in coincidenza con il terzo centenario della
bolla pontificia In supremo apostolatus solio, con la quale Clemente XI, il
7 novembre 1716, elevò l’arcidiocesi
di Lisbona al rango di patriarcato.
Per il suo impegno civile in difesa
del dialogo e della tolleranza e contro l’esclusione sociale ha ricevuto
onorificenze e riconoscimenti, tra i
quali il premio Pessoa 2009 e la gran
croce dell’Ordine di Cristo (2010).
Gli sono state conferite anche la medaglia municipale d’onore della città
di Porto (2011) e la Gran croce pro
piis meritis melitensi del Sovrano
militare ordine di Malta (2012). È
gran priore per il Portogallo dell’ordine equestre del Santo Sepolcro di
Gerusalemme. Numerosi i libri, gli
studi e gli articoli pubblicati su temi
storici, teologici e pastorali.
Berhaneyesus Demerew
Souraphiel
riana, dove ha conseguito un dottorato in sociologia. Durante gli studi
romani ha anche ricoperto l’incarico
di delegato per l’assemblea generale
dei lazzaristi.
Ritornato in Addis Abeba nel
1983, per sette anni ha svolto il ministero presso la parrocchia Mary of
Zion e nel contempo ha diretto il
noviziato lazzarista (1985-1991), insegnando all’istituto filosofico e teologico Saint Francis della capitale. Nel
1991 è divenuto superiore della locale casa lazzarista e nel contempo è
stato nominato vicario episcopale di
monsignor Fikre-Mariam Ghemetchu, vicario apostolico di Nekemte.
Con l’erezione della prefettura
apostolica di Jimma-Bonga il 10 giugno 1994, ne è divenuto il primo
prefetto apostolico. Il 7 novembre
1997 è stato nominato da Giovanni
Paolo II vescovo titolare di Bita e
ausiliare di Addis Abeba. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 25 gennaio 1998 dalle mani del cardinale
Tzadua nella cattedrale della Natività della Beata Vergine Maria.
Il 16 giugno 1999, dopo le dimissioni dalla sede arcivescovile metropolitana di Addis Abeba presentate
dal cardinale Tzadua, è stato nominato amministratore «sede vacante»
della medesima arcieparchia e il successivo 7 luglio promosso arcivescovo metropolita di Addis Abeba. Nello stesso anno è stato eletto presidente della Conferenza episcopale di
Etiopia ed Eritrea, mentre dal 1998
presiede anche il Consiglio della
Chiesa etiopica. E dal 2000 è rappresentante ufficiale della Chiesa
cattolica presso il Governo e le organizzazioni internazionali in Etiopia.
Dal 2003 è membro della Congregazione per le Chiese orientali e dal
2005 cancelliere dell’Università cattolica etiope di Saint Thomas Aquinas. Dopo aver partecipato all’assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi sull’Eucaristia (2005),
alla seconda assise straordinaria dedicata all’Africa (2009) ha lanciato
un forte appello contro la tratta delle persone: «Spero che questo Sinodo — ha auspicato in quell’occasione
— studi le cause profonde del traffico di esseri umani, degli sfollati interni, dei lavoratori domestici abusati, dei profughi e dei migranti, specialmente quelli che fuggono sui
barconi. E affermi posizioni concrete
e proposte che dimostrino al mondo
che anche le vite africane sono sacre
e non a buon mercato, come a volte
pare siano presentate e guardate da
molti mass media».
arcivescovo di Addis Abeba
(Etiopia)
Ha sperimentato la persecuzione e
il carcere a motivo della fede il cardinale Berhaneyesus Demerew Souraphiel, arcivescovo di Addis Abeba.
È il secondo etiope a ricevere la porpora dopo Paulos Tzadua. Più volte
ha denunciato i drammi che affliggono il Corno d’Africa: dalle guerre
alle carestie provocate dalla siccità,
dal traffico di esseri umani alle migrazioni di massa.
È nato il 14 luglio 1948 a Tcheleleka, nel vicariato apostolico di Harar,
in una famiglia di otto figli. Ha ricevuto la prima formazione presso la
locale scuola della chiesa ortodossa
di Saint Michael e per un anno
presso la scuola governativa di Akaki. Dal 1958 ha iniziato a frequentare
istituti diretti da religiosi cattolici
(cappuccini e fratelli cristiani) a Dire
Dawa e nel 1963 è entrato nel seminario minore dei padri lazzaristi ad
Addis Abeba. Nel 1968 è passato al
Saint Kaleb major seminary, sempre
nella capitale, frequentando anche
l’università Haileselassie I. Dal 1970
al 1974 si è trasferito nel Regno Unito per studiare al Missionary institute di Londra e al King’s College
dell’University of London.
Ordinato sacerdote in Addis Abeba il 4 luglio 1976 per la Congregazione della missione (lazzaristi), è
partito volontariamente per la regione sud-occidentale del Paese, svolgendo il ministero a Dembidollo,
Wallega (1976-1977) e a Bonga, Kaffa
(1977-1979). Nel giugno 1979 è stato
imprigionato per sette mesi durante
la persecuzione militare a opera del
governo comunista del dittatore
Menghistu Hailé Mariàm. Dopo la
liberazione, nel 1980 ha deciso di
completare la formazione a Roma,
presso la Pontificia università Grego-
Nel 2012 è entrato nel comitato
pace e solidarietà dell’Association of
member episcopal Conferences in
Eastern Africa (Amecea), della quale
è stato eletto presidente durante l’ultima plenaria svoltasi nel luglio 2014
in Malawi.
In qualità di presidente dell’episcopato del suo Paese ha partecipato
anche alla terza assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi sulla famiglia dell’ottobre scorso.
John Atcherley Dew
arcivescovo di Wellington
(Nuova Zelanda)
È da dieci anni il pastore della capitale più a sud del mondo: il cardinale neozelandese John Atcherley
Dew, arcivescovo di Wellington, è
anche una delle voci più autorevoli
dell’episcopato dell’Oceania, che ha
guidato dal 2010 al 2014 in qualità
di presidente della Federazione delle
conferenze dei vescovi cattolici del
continente (Fcbco). È il quarto neozelandese nella storia del Paese a ricevere la porpora.
È nato il 5 maggio 1948 a Waipawa (allora in arcidiocesi di Wellington, attualmente nella diocesi di
Palmerston North), da Alfred George e da Joan Theresa McCarthy. Ha
frequentato la scuola primaria di
Waipukurau e il Saint Joseph’s College di Masterton, poi è entrato
nell’Holy Name seminary di Christchurch per gli studi filosofici e ha
compiuto quelli teologici all’Holy
Cross college di Mosgiel. Ha completato la formazione biblica all’Institute of Saint Anselm nel Kent,
Regno Unito.
Ordinato sacerdote il 9 maggio
1976 a Waipukurau dal cardinale Reginald John Delargey, ha svolto il
servizio pastorale nella parrocchia di
Saint Joseph a Upper Hutt fino al
1979, quindi è stato parroco missionario nella diocesi di Rarotonga,
nelle Isole Cook, dal 1980 al 1982.
Dopo essersi occupato di pastorale giovanile nell’arcidiocesi di origine e della comunità di immigrati a
Wellington dalle Isole Cook (19831987), ha diretto la formazione degli
alunni dell’Holy Cross college di
Mosgiel (1988-1991). Completati gli
studi di spiritualità pastorale nel
Kent (1991-1992), è divenuto parroco
di Saint Anne a Newtown (19931995).
Nominato da Giovanni Paolo II
vescovo titolare di Privata e ausiliare
di Wellington il 1° aprile 1995, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il
successivo 31 maggio. Ha partecipato
nel novembre 1998 all’assemblea speciale per l’Oceania del Sinodo dei
vescovi.
Promosso arcivescovo coadiutore
di Wellington il 29 aprile 2004, è
succeduto alla guida dell’arcidiocesi
al cardinale Thomas Stafford Williams il 21 marzo 2005. Il successivo
1° aprile è stato nominato anche ordinario militare per la Nuova Zelanda. E nell’ottobre dello stesso anno
ha partecipato al Sinodo dei vescovi
sull’Eucaristia, presieduto da Benedetto XVI. Il 14 ottobre 2006 in seno
alla segreteria generale dell’organismo sinodale, Papa Ratzinger lo ha
nominato membro del consiglio speciale per l’O ceania.
Il 30 ottobre 2009 è stato eletto
presidente della Conferenza episcopale neozelandese, un Paese con meno di 4 milioni e mezzo di abitanti —
dei quali solo il 15 per cento cattolici
— e appena sei diocesi. L’anno seguente è stato eletto anche presidente della Fcbco, guidandola fino al
2014. In tale duplice veste, nell’ottobre 2010 ha partecipato al Sinodo
dei vescovi per il Medio oriente e
nell’ottobre 2012 a quello sulla nuova
evangelizzazione, dove ha tenuto la
relazione continentale per l’O ceania.
Nel maggio 2014 ha ospitato per
la prima volta nella sua arcidiocesi i
lavori assembleari della Federazione
— che si tengono ogni quattro anni a
partire dal 1994 — e in ottobre ha
partecipato all’assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi sulla famiglia, dove è stato relatore del circolo minore inglese A.
Edoardo Menichelli
arcivescovo di Ancona-Osimo
(Italia)
Oltre vent’anni di ministero episcopale in due arcidiocesi dell’Italia
centrale, preceduti da un lungo ser-
vizio nella Curia romana: si può
riassumere così l’esperienza del cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona-Osimo.
Settantacinque anni, è nato a Serripola di San Severino Marche, in
provincia di Macerata, il 14 ottobre
1939. Un primo modello umano e
sacerdotale è stato per lui il parroco
del periodo dell’infanzia, ricordato
in particolare per aver promosso
l’accoglienza della famiglia del medico partigiano Mosè Di Segni, con
la moglie e i primi due figli, i piccoli
Elio e Frida (il terzogenito, l’attuale
rabbino capo di Roma, Riccardo,
non era ancora nato). Tra i bambini
del paese che giocavano con loro
c’era anche Edoardo Menichelli, che
proprio di recente ha ricordato quella circostanza riabbracciando i suoi
vecchi compagni di infanzia in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria di San Severino ai
fratelli Di Segni nel 2011.
Dopo aver frequentato gli studi
medi e ginnasiali nel seminario di
San Severino Marche (la diocesi di
origine che nel 1986 è stata unita
all’arcidiocesi di Camerino con la
denominazione di Camerino - San
Severino Marche) e quelli filosofici e
teologici nel Pontificio seminario regionale Pio XI di Fano, si è trasferito
a Roma, presso la Pontificia università Lateranense, dove ha conseguito
la licenza in teologia pastorale.
Ordinato sacerdote il 3 luglio
1965, per tre anni è stato vicario della parrocchia di San Giuseppe a San
Severino Marche e contemporaneamente ha insegnato religione nelle
scuole statali.
Nel 1968 è stato chiamato a Roma
dov’è rimasto per ventisei anni, lavorando fino al 1991 come officiale
presso il Supremo tribunale della
Segnatura Apostolica e in seguito
presso la Congregazione per le
Chiese Orientali come addetto di segreteria. Ha ricoperto anche l’incarico di segretario particolare del cardinale prefetto del dicastero Achille
Silvestrini.
Negli anni romani, a partire dal
1970 e fino alla nomina episcopale,
ha prestato la sua opera come cooperatore presso la parrocchia dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, al quartiere Trieste, seguendo soprattutto la
pastorale familiare. È stato inoltre
assistente spirituale nella clinica Villa
Mafalda per più di vent’anni e ha
anche collaborato con il consultorio
familiare della facoltà di medicina al
Policlinico Gemelli, dove per alcuni
anni ha insegnato etica professionale
nella scuola per infermieri. Ha infine
preso parte attiva al Sinodo della
diocesi di Roma, conclusosi nel 1993
dopo un cammino settennale.
Il 10 giugno 1994 Giovanni Paolo
II lo ha nominato arcivescovo di
Chieti-Vasto, successore di Antonio
Valentini, dimessosi per raggiunti limiti di età. Il successivo 9 luglio ha
ricevuto l’ordinazione episcopale a
Roma, dal cardinale Silvestrini. Ha
scelto come motto: Sub lumine
Matris.
Durante il suo ministero abruzzese ha lavorato soprattutto per rilanciare la vita pastorale, senza tralasciare un’attenzione particolare per
la riforma dell’organizzazione economico-amministrativa dell’arcidiocesi.
Dieci anni dopo, l’8 gennaio
2004, è stato trasferito alla sede metropolitana di Ancona-Osimo, successore di Franco Festorazzi. Vi ha
fatto ingresso il successivo 7 marzo,
portando anche nel capoluogo marchigiano il suo stile semplice e
diretto.
L’11 settembre 2011 ha accolto Benedetto XVI in visita pastorale ad
Ancona, dove nel cantiere navale ha
presieduto la messa conclusiva del
venticinquesimo Congresso eucaristico italiano. Per espressa volontà
dell’arcivescovo, la grande assise nazionale è stata connotata da una triplice scelta tematica — racchiusa in
tre “c”: celebrazioni, carità e cultura
— e da alcuni particolari incontri con
il Papa: uno riservato agli sposi e ai
sacerdoti insieme, per recuperare
un’identità vocazionale e riscoprire il
comune impegno educativo; e un altro con i fidanzati, per manifestare
loro la vicinanza della Chiesa. Ma la
visita viene ricordata anche per un
altro significativo momento: il pranzo condiviso dal Pontefice con una
rappresentanza di operai in cassa integrazione e alcuni poveri assistiti
dalla Caritas.
Vicepresidente della Conferenza
dei vescovi marchigiani, nella Conferenza episcopale italiana è membro
della commissione per l’educazione
cattolica, la scuola e l’università. È
inoltre assistente ecclesiastico nazio-
nale dell’Associazione medici cattolici italiani (Amci).
Un riconoscimento alla sua speciale attenzione pastorale alla famiglia è venuto dalla nomina pontificia
a membro della terza assemblea
straordinaria del Sinodo dei vescovi
sulla famiglia (ottobre 2014), di cui è
stato relatore del circolo minore italiano A.
verno pastorale della diocesi di Đà
Lat. Durante questo periodo in seno
alla Conferenza episcopale vietnamita (Cevn) ha presieduto la commissione per i laici (1992-1995) e dopo
aver partecipato al Sinodo dei vescovi per l’Asia (1998) — dove ha svolto
un intervento dedicato al tema
«Missione di amore e di servizio
presso i poveri» — è stato vicesegretario generale della Cevn dal 1998 al
2001. Nel 2007 ne è stato eletto presidente per due mandati (fino al
2013), distinguendosi per la sollecitudine pastorale dimostrata davanti
ai cambiamenti della società vietnamita provocati da una recessione
economica che ha spopolato le campagne, ammassando nelle periferie
urbane gli ex contadini, tra i quali
diversi cristiani. E quando alla fine
del 2007, dopo anni di relativi progressi, i rapporti tra autorità civili e
alcuni settori della Chiesa locale si
sono fatti tesi, ha scelto sempre la linea del dialogo.
Promosso coadiutore dell’arcivescovo di Hà Nôi il 22 aprile 2010,
pochi giorni dopo, il 13 maggio, è
succeduto a monsignor Joseph Ngô
Quang Kiêt, il quale ha rinunciato
al governo pastorale. E negli anni
trascorsi alla guida dell’arcidiocesi
della capitale ha continuato a impostare il suo ministero sulla ricerca del
dialogo attraverso la semina quotidiana del Vangelo, pur non mancando di denunciare ingiustizie e prevaricazioni ai danni delle comunità
cattoliche.
Pierre Nguyên Văn Nhon
Alberto Suárez Inda
arcivescovo di Hà Nôi
(Viêt Nam)
arcivescovo di Morelia
(Messico)
Pastore della capitale di uno dei
Paesi asiatici di più antica e consistente presenza cattolica, il vietnamita Pierre Nguyên Văn Nhon è stato
chiamato da Papa Francesco a far
parte del Collegio cardinalizio a settantasei anni, essendo nato il 1° aprile 1938 a Đà Lat.
Battezzato il successivo 12 aprile,
è cresciuto in una famiglia in cui —
ha ricordato — «si andava a messa
quasi tutti i giorni. Ci si comunicava. Si recitavano le preghiere della
sera, e quelle prima e dopo i pasti».
Entrato undicenne (1949-1958) nel
seminario minore Saint Joseph di
Saigon (oggi Than-Phô Hô Chí Minh, Hôchiminh Ville), ha poi frequentato il Pontificio collegio San
Pio X a Đà Lat per gli studi filosofici e teologici (1958-1968).
Ordinato sacerdote il 21 dicembre
1967, nella cattedrale di Đà Lat, dal
vescovo Simon-Hòa Nguyên-VănHiên, ha insegnato nel seminario
minore Simon-Hòa di Đà Lat per
quattro anni (1968-1972). Divenuto
rettore del seminario maggiore Minh-Hòa di Đà Lat (1972-1975), ha
svolto un lungo ministero come parroco della cattedrale (1975-1991). Nel
contempo ha anche ricoperto l’incarico di decano del decanato di Đà
Un pastore di frontiera chiamato
a operare in un contesto sociale segnato dal dilagare della criminalità
legata soprattutto al narcotraffico. Il
cardinale messicano Alberto Suárez
Inda è da vent’anni arcivescovo di
Morelia, capitale dello Stato di Michoacán, città spesso insanguinata
da una violenza che solo nel 2014 ha
provocato un migliaio di omicidi e
non ha risparmiato neppure la Chiesa: negli ultimi quindici anni ben
cinque sacerdoti sono stati uccisi.
Numerosi i suoi appelli alla pacificazione e i suoi inviti ad abbandonare
i desideri di vendetta e di morte
«che — ha ammonito in diverse circostanze — non producono nulla, solo la distruzione».
Nato a Celaya il 30 gennaio 1939,
è l’undicesimo e ultimo figlio di una
famiglia profondamente cristiana.
Ha frequentato la scuola elementare,
primaria e secondaria nel collegio
México retto dai religiosi lasalliani.
Nel gruppo degli scout cattolici è
nata la sua vocazione al sacerdozio.
Entrato nel seminario di Morelia, vi
ha compiuto gli studi umanistici.
Poi, negli anni tra il 1958 e il 1965, è
stato inviato a Roma come alunno
del Collegio pio latinoamericano.
Ordinato sacerdote l’8 agosto
1964 a Celaya dall’arcivescovo di
Morelia, Luis María Altamirano y
Bulnes, ha svolto il primo incarico
pastorale come vicario parrocchiale a
San José di Morelia e nella basilica
di Pátzcuaro. Gli è stato poi affidato
l’insegnamento di alcune materie nel
seminario arcivescovile: introduzione
alle Sacre scritture, liturgia e storia
della salvezza.
Qualche tempo dopo è giunta la
nomina a primo parroco della nuova
comunità dell’Assunzione di Maria,
nella sua città natale di Celaya. Con
la creazione dell’omonima diocesi,
nel 1974 è stato nominato rettore del
seminario minore, incarico mantenuto fino al 1985, quando il 5 novembre Giovanni Paolo II lo ha designato vescovo di Tacámbaro. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 20 dicembre successivo dall’arcivescovo
Girolamo Prigione, delegato apostolico in Messico, scegliendo come
motto: «Viviamo per il Signore». Il
20 gennaio 1995 è stato promosso arcivescovo di Morelia, dove ha fatto
ingresso il 23 febbraio successivo.
Nei venti anni di governo pastorale ha promosso la creazione della
nuova diocesi di Irapuato, formata
con territorio dismembrato dall’arcidiocesi di Morelia e da quella di
León, ha istituito più di 40 nuove
parrocchie e ha ordinato circa 300
sacerdoti e quattro vescovi. Inoltre
ha compiuto tre visite pastorali, presieduto otto assemblee diocesane e
Lat e poi di vicario generale della
diocesi dal 10 settembre 1975 al 23
marzo 1994. Intanto il 19 ottobre
1991 Giovanni Paolo II lo ha nominato vescovo coadiutore della diocesi. Come motto ha scelto: Illum
oportet crescere, tratto dal Vangelo di
Giovanni (3, 30).
Ordinato vescovo nella cattedrale
di Đà Lat il 3 dicembre 1991 dal vescovo Barthélémy Nguyên-Son-Lâm,
ha svolto il ministero di coadiutore
fino al 23 marzo 1994, quando è succeduto al suo predecessore nel go-
promosso tre piani diocesani di pastorale.
Nell’ambito della Conferenza episcopale messicana (Cem) ha svolto
vari compiti, tra i quali quello di responsabile del sostentamento sociale
del clero e presidente della commissione del clero, che ha istituito i responsabili diocesani per la formazione permanente dei sacerdoti. È stato
anche vice presidente della Cem per
due trienni e responsabile della commissione per la creazione di nuove
diocesi, tra le quali quelle di Cuautitlán-Izcalli e di Nogales. Attualmente è responsabile dell’organismo di
pastorale educativa. Ha presieduto
inoltre la commissione ad hoc per la
celebrazione del bicentenario dell’indipendenza messicana e ha curato la
redazione del documento dell’episcopato Educare per una nuova
società.
Nel Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) è stato membro
del dipartimento di vocazioni e ministeri e ha partecipato alla quarta
Conferenza dell’episcopato latinoamericano a Santo Domingo nel 1992.
Ha fatto parte anche della commissione preparatoria della quinta conferenza, svoltasi ad Aparecida nel
2007, e ha partecipato all’assemblea
speciale per l’America del Sinodo
dei vescovi celebrata a Roma nel
1997.
Su incarico della Santa Sede ha
compiuto la visita apostolica a vari
seminari del Messico e del centro
America. È stato promotore del XII
congresso nazionale missionario del
2001, del IV congresso eucaristico na-
zionale del 2008 e ha organizzato le
cinque giornate accademiche su «Bicentenario: Chiesa, indipendenza e
rivoluzione» svoltesi nel 2010 in diverse città del Messico.
Charles Maung Bo
arcivescovo di Yangon
(Myanmar)
Deciso sostenitore del dialogo fra
i popoli e le religioni, concretamente
impegnato nella promozione della
pace, della riconciliazione e della
giustizia in un Paese la cui storia anche recente è segnata dalla dittatura
e dagli scontri etnici, Charles
Maung Bo è il primo cardinale del
Myanmar, Paese che ha appena celebrato il quinto centenario dell’evangelizzazione e nel quale la Chiesa,
pur essendo una presenza numericamente esigua, ha dato sempre testimonianza di fede in mezzo alle persecuzioni.
È nato il 29 ottobre 1948 da una
famiglia di agricoltori a Monhla, un
piccolo villaggio del distretto di
Shwebo, in arcidiocesi di Mandalay,
nel cuore del Paese asiatico che si affaccia sul golfo del Bengala. È il più
piccolo dei figli di U John e Julian
Daw Aye Tin.
Rimasto orfano di padre all’età di
soli due anni, è stato affidato alla
cura dei salesiani di Mandalay e alla
luce del carisma di don Bosco ha
compiuto tutta la sua formazione, in
particolare gli studi svolti tra il 1962
e il 1976 nell’aspirantato salesiano
Nazaret di Anikasan a Pyin Oo
Lwin. Qui ha emesso la prima professione, il 24 maggio 1970, e quella
perpetua, il 10 marzo 1976.
Dopo essere stato ordinato sacerdote salesiano a Lashio il 9 aprile
1976, ha avuto il suo primo impegno
pastorale come parroco a Loihkam,
dove è rimasto fino al 1981, quando
è stato richiamato a Lashio per svolgere il ministero di parroco fino al
1983. Nei due anni successivi è stato
formatore nel seminario di Anisakan.
Dal 1985 gli è stata affidata — per
un anno come amministratore apostolico e poi fino al 1990 come prefetto apostolico — la prefettura di
Lashio, nel tormentato Stato di
Shan. E quando il 7 luglio 1990 è
stata elevata a diocesi, ne è diventato
il primo vescovo, ricevendo l’ordinazione episcopale il 16 dicembre successivo.
Dopo sei anni, il 13 marzo 1996, è
stato trasferito alla diocesi di Pathein e poi, nel 2002, nominato amministratore apostolico dell’arcidiocesi di Mandalay.
Il 15 maggio 2003 è stato promosso arcivescovo di Yangon, la più
grande città birmana e, all’epoca, capitale della nazione. L’ingresso nella
nuova sede è avvenuto il 7 giugno.
Impegnato a rinsaldare la fede di
una comunità segnata da continue
difficoltà e sofferenze, Charles
Maung Bo si è sempre impegnato
nel dialogo fra le religioni, persuaso
che l’impegno dei vari leader religiosi sia fondamentale per placare le
tensioni che tormentano il Paese:
«Se dimostreranno unità — ha detto
recentemente — favoriranno una
maggiore comprensione reciproca e
la violenza diminuirà».
Fautore della collaborazione con
le autorità governative, ha più volte
ricordato l’esigenza della riconciliazione nazionale: «Abbiamo bisogno
di giustizia per la riconciliazione — è
la sua convinzione — e senza riconciliazione non possiamo raggiungere
la pace. Una volta che avremo la pace, ci sarà anche lo sviluppo del
Paese».
Attualmente ricopre diversi incarichi a livello nazionale e continentale.
Segretario tesoriere della Conferenza
episcopale del Myanmar e responsabile per la Chiesa birmana del seminario maggiore e del dialogo tra le
religioni, è anche a capo dell’ufficio
per lo sviluppo umano della Federazione delle conferenze episcopali
dell’Asia, nell’ambito della quale è
membro della commissione per i religiosi. Per un periodo, inoltre, è stato membro del Pontificio Consiglio
della cultura.
Francis Xavier
Kriengsak Kovithavanij
arcivescovo di Bangkok
(Thailandia)
Promotore del dialogo con le religioni nel Sud est asiatico, in particolare con la maggioranza buddista del
suo Paese, il cardinale Francis Xavier
Kriengsak Kovithavanij, arcivescovo
di Bangkok, è il secondo thailandese
a ricevere la porpora nella storia di
questa comunità. Fermamente convinto del ruolo fondamentale dei
leader religiosi nella costruzione di
società pacifiche e armoniose, ha più
volte levato la voce contro la corruzione che spesso paralizza la vita e
l’economia della sua nazione. Crede
nell’importanza dell’istruzione e giudica indispensabile l’impegno della
Chiesa in questo ambito.
Nato il 27 giugno 1949 a Ban Rak,
nell’arcidiocesi di Bangkok, ha studiato nel seminario di San Giuseppe
a Sampran. Inviato a Roma, ha ricevuto la formazione filosofica e teologica presso la Pontificia università
Urbaniana (1970-1976), risiedendo
presso il Collegio Urbano.
Ordinato sacerdote l’11 luglio 1976
e incardinato nell’arcidiocesi di Bangkok, nello stesso anno è stato vica-
rio parrocchiale della Nativity of
Mary a Ban Pan; poi, dal 1977 al
1979, vicario parrocchiale dell’Epiphany a Koh Vai; quindi vice-rettore
del seminario minore San Giuseppe
a Sampran, dal 1979 al 1981.
Tornato a Roma dal 1982 al 1983
per la specializzazione in spiritualità
presso la Pontificia università Gregoriana, al rientro in patria è stato per
sei anni rettore del seminario intermedio Holy Family, a Nakhon Ratchasima; quindi, dal 1989 al 1993,
sotto-segretario della Conferenza
episcopale thailandese; e infine, dal
1992 al 2000, rettore del seminario
maggiore nazionale Lux Mundi a
Sampran.
Docente straordinario in quest’ultima struttura formativa dal 2001, è
stato parroco di Our Lady of Lourdes a Hua Take dal 2000 al 2003,
parroco della cattedrale e segretario
del consiglio presbiterale dell’arcidiocesi di Bangkok, dal 2003 al
2007, anno in cui il 7 marzo Benedetto XVI lo ha nominato vescovo di
Nakhon Sawan. Come motto ha
scelto Verbum crucis Dei virtus est,
tratto dalla prima lettera di san Paolo ai Corinzi. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 2 giugno successivo dal primo porporato thailandese, Michael Michai Kitbunchu, suo
predecessore a Bangkok dal 1973 al
2009.
E quando quest’ultimo ha rinunciato al governo pastorale, il 14 maggio 2009 Papa Ratzinger lo ha promosso arcivescovo della capitale. Il
16 agosto ha fatto ingresso nell’arcidiocesi e nello stesso anno è stato
eletto vicepresidente della Conferenza episcopale della Thailandia. In
tale veste ha partecipato al Sinodo
dei vescovi del 2012 — dove è stato
eletto nella commissione per l’informazione — intervenendo sul ruolo
delle comunità ecclesiali di base nel
dialogo con i buddisti. Nello stesso
anno è stato chiamato a succedere al
cardinale ceco Miloslav Vlk come
coordinatore dei vescovi amici del
movimento dei Focolari.
Ora si appresta a celebrare l’anno
santo proclamato in questo 2015 dalla Chiesa thailandese per commemorare il trecentocinquantesimo anniversario del primo Sinodo di Ayutthaya (antica capitale del regno del
Siam), che tenutosi nel 1664 gettò le
basi per la presenza stabile della
Chiesa nella nazione. Nella circostanza si tiene anche il primo Concilio plenario della Chiesa cattolica in
Thailandia, sul tema «I discepoli di
Cristo vivono la nuova evangelizzazione», in programma dal 20 al 25
aprile sotto la presidenza proprio
dell’arcivescovo di Bangkok.
Francesco Montenegro
arcivescovo di Agrigento
(Italia)
Sono i più bisognosi, soprattutto i
migranti, i destinatari privilegiati del
ministero pastorale del cardinale
Francesco Montenegro, arcivescovo
di Agrigento. Il porporato siciliano
è stato infatti per un quinquennio
presidente della Caritas nazionale e
dal 2013 presiede la commissione per
le migrazioni in seno alla Conferenza episcopale italiana e la fondazione Migrantes.
Nato a Messina il 22 maggio 1946,
ha compiuto gli studi ginnasiali, liceali e quelli filosofici e teologici nel
seminario arcivescovile San Pio X
della città, dove ha anche frequentato i corsi di teologia pastorale presso
l’Ignatianum.
Ordinato sacerdote l’8 agosto
1969, per due anni ha esercitato il
ministero al villaggio Unrra (United
Nations relief and rehabilitation administration), un rione periferico che
prende il nome dall’amministrazione
delle Nazioni Unite per l’assistenza
e la riabilitazione delle zone danneggiate dalla guerra.
Nel 1971, l’arcivescovo Francesco
Fasola — già vescovo coadiutore di
Agrigento al tempo dell’episcopato
di Giovan Battista Peruzzo — lo ha
voluto come suo segretario particolare, incarico che ha ricoperto fino al
1978 anche con il nuovo arcivescovo
messinese Ignazio Cannavò. Da
quell’anno fino al 1987 è stato parroco di San Clemente.
Nel 1988 è stato nominato direttore della Caritas diocesana, divenendo anche delegato della Caritas regionale e rappresentante della Caritas nazionale. Nel contempo ha insegnato religione, è stato assistente
diocesano del Centro sportivo italiano (Csi) e ha diretto, sempre a livello diocesano, l’Apostolato della pre-
ghiera, svolgendo anche gli incarichi
di mansionario del capitolo dell’archimandritato, di rettore della chiesa-santuario di Santa Rita e di padre
spirituale del seminario minore.
Membro del consiglio presbiterale, dal 1997 al 2000 è stato pro-vicario generale dell’arcidiocesi di Messina - Lipari - Santa Lucia del Mela e
dal 1998 canonico del capitolo protometropolitano della cattedrale.
Il 18 marzo 2000 Giovanni Paolo
II lo ha eletto alla Chiesa titolare di
Aurusuliana, nominandolo vescovo
ausiliare di Messina. Nel duomo cittadino ha ricevuto l’ordinazione episcopale dall’arcivescovo Giovanni
Marra il 29 aprile successivo. Ha
scelto come motto: Caritas sine
modo.
Dal 2003 al 2008 è stato chiamato
a presiedere la Caritas italiana. Il 23
febbraio 2008 Benedetto XVI lo ha
promosso arcivescovo metropolita di
Agrigento. A poco più di due mesi
di distanza dalla nomina, il 17 maggio ha dato inizio, nello stadio Esseneto, al servizio episcopale sulla cattedra che fu di san Libertino e san
Gerlando.
Nell’arcidiocesi ha portato il suo
stile semplice e diretto, unito
all’esperienza maturata alla guida
del più grande organismo caritativo
nazionale. Sin dall’inizio ha impostato la sua azione sulle idee forza
di comunione, missione e formazione, con un accento particolare sulle
situazioni di marginalità e di povertà.
La speciale attenzione al fenomeno migratorio — una delle priorità
pastorali in una diocesi che comprende nel suo territorio anche Lampedusa e Linosa, mete continue di
sbarchi di immigrati — gli è valsa il
24 maggio 2013 la nomina a presidente della commissione episcopale
per le migrazioni e presidente della
fondazione Migrantes.
In questi anni il suo impegno come pastore ha puntato a favorire
l’accoglienza e l’ospitalità, ma soprattutto a promuovere una cultura
dell’incontro e della condivisione.
L’8 luglio 2013 ha ricevuto Papa
Francesco a Lampedusa nel primo
viaggio del Pontificato. E lo scorso
anno, in occasione dell’anniversario
della visita papale, ha organizzato
una veglia di preghiera per ricordare
le donne, i bambini e gli uomini
morti per fuggire da guerre e carestie.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
domenica 15 febbraio 2015
I cardinali creati da Papa Francesco
Daniel Fernando
Sturla Berhouet
arcivescovo di Montevideo
(Uruguay)
L’apertura al dialogo e al confronto è la cifra dello stile pastorale del
cardinale uruguaiano Daniel Fernando Sturla Berhouet. Da un anno alla
guida dell’arcidiocesi di Montevideo
— capitale di un Paese che fin
dall’inizio del secolo scorso ha sancito la netta separazione tra Stato e
Chiesa adottando un calendario laico — il porporato salesiano è particolarmente attento al dibattito su
laicità e secolarizzazione, anche alla
luce della sua formazione storica e
teologica.
Nato il 4 luglio 1959, è il più giovane membro del collegio cardinalizio dopo il vescovo di Tonga, Soane
Patita Paini Mafi, e il secondo ecclesiastico nella storia dell’Uruguay a
ricevere la porpora, preceduto sulla
cattedra di Montevideo dal cappuccino Antonio Maria Barbieri, creato
cardinale da Giovanni XXIII nel
1958.
Ha frequentato la scuola primaria
e secondaria fino al quarto anno di
liceo nel collegio San Juan Bautista,
dei religiosi della Sacra famiglia,
conseguendo poi il baccalaureato in
diritto all’istituto Juan XXIII. Attratto
dal carisma di san Giovanni Bosco,
è entrato nel noviziato del salesiani
di Montevideo e ha emesso la professione religiosa il 31 gennaio 1980.
Quindi ha proseguito gli studi di
filosofia e scienze dell’educazione
nell’istituto Miguel Rúa, retto dai
salesiani della capitale. Dopo un periodo di tirocinio pratico svolto dal
1982 al 1983 nel laboratorio Talleres
Don Bosco, dal 1984 al 1987 ha perfezionato gli studi in teologia
nell’istituto
Monseñor
Mariano
Soler.
Il 21 novembre 1987 è stato ordinato sacerdote per la congregazione
salesiana e l’anno successivo nominato consigliere di studi del Talleres
Don Bosco, incarico mantenuto fino
al 1990. Nel 1991 i superiori lo han-
no scelto per un triennio come vicario della casa di noviziato e post-noviziato.
Dal 1994 al 1996 è stato direttore
dell’aspirantato salesiano e dal 1997
al 2002 direttore e maestro dei novizi. Inoltre, dal 2003 al 2008 ha svolto il compito di direttore dell’istituto
preuniversitario Juan XXIII. In quegli
anni ha proseguito gli studi in teologia e nel 2006 ha conseguito la licenza alla facoltà teologica dell’Uruguay Monseñor Mariano Soler.
È stato tra i partecipanti al venticinquesimo (2002) e al ventiseiesimo
(2008) capitolo generale della congregazione salesiana. Nel frattempo
ha iniziato a insegnare storia della
Chiesa in America e in Uruguay, curando studi e pubblicazioni soprattutto sulla questione del rapporto tra
istituzione religiosa e autorità statale. Nel 2008 è stato nominato ispettore
della
provincia
salesiana
dell’Uruguay, incarico mantenuto fino al 10 dicembre 2011, quando Benedetto XVI lo ha eletto vescovo titolare di Phelbes e, al contempo, ausiliare di Montevideo. Il 4 marzo 2012
ha ricevuto l’ordinazione episcopale,
scegliendo come motto: «Servire il
Signore con gioia». E l’11 febbraio
2014 Papa Francesco lo ha promosso
arcivescovo della capitale.
piti, facendo parte, tra l’altro, della
commissione per la dottrina della fede, dal 1988 al 1993, e della commissione liturgica, dal 1990 al 1993. È
stato poi presidente della commissione per la dottrina della fede dal 1993
al 2003 e della commissione delle relazioni interconfessionali dal 2002 al
Ricardo Blázquez Pérez
arcivescovo di Valladolid
(Spagna)
È una delle voci più rappresentative dell’episcopato spagnolo. Da dieci anni il cardinale Ricardo Blázquez
Pérez è ai vertici della Conferenza
episcopale nazionale, che attualmente presiede per la seconda volta dopo il primo mandato svolto dal 2005
al 2008 e dopo esserne stato vicepresidente per due trienni. Settantaduenne, figlio di umili agricoltori di
Villanueva del Campillo, nella provincia di Ávila, da quattro anni guida l’arcidiocesi di Valladolid.
Nato il 13 aprile 1942, all’età di
tredici anni è entrato nel seminario
minore di Ávila, proseguendo poi il
percorso di formazione nel seminario maggiore della stessa città, dove
il 18 febbraio 1967 è stato ordinato
sacerdote. Per perfezionare gli studi
è stato inviato a Roma presso la
Pontificia università Gregoriana,
conseguendovi tra gli anni 1967 e
1972 il dottorato in teologia con una
tesi su La risurrezione nella cristologia
di Wolfhart Pannenberg. Durante il
periodo di ricerca per la preparazione della dissertazione accademica ha
risieduto per lungo tempo a Monaco
di Baviera, dove viveva e insegnava
il professor Pannenberg.
Nel corso dei 21 anni di ministero
sacerdotale ha lavorato in particolare
nell’ambito accademico. Dal 1972 al
1974 è stato segretario dell’istituto
teologico di Ávila, quindi dal 1974 al
1988 professore e, dal 1978 al 1981,
decano della facoltà di teologia e
poi vicerettore della Pontificia università di Salamanca.
L’8 aprile 1988 Giovanni Paolo II
lo ha eletto vescovo titolare di Germa di Galazia e, al contempo, ausiliare di Santiago de Compostela. Il
29 maggio ha ricevuto l’ordinazione
episcopale nella cattedrale cittadina
dall’arcivescovo Antonio María Rouco Varela.
Il 26 maggio 1992 è stato nominato vescovo di Palencia e l’8 settembre 1995 trasferito alla sede residenziale di Bilbao. Tra il 2000 e il 2005
ha ricoperto anche l’incarico di gran
cancelliere della Pontificia università
di Salamanca.
All’interno della Conferenza episcopale spagnola ha svolto vari com-
2005, anno in cui è stato eletto presidente della stessa Conferenza episcopale. Terminato il mandato nel
2008, per due trienni ha occupato la
carica di vicepresidente, fino a quando, il 12 marzo 2014, ne è stato nuovamente eletto presidente per il
triennio 2014-2017. Intanto, il 13 marzo 2010, Benedetto XVI lo ha promosso alla sede arcivescovile di Valladolid, nella quale ha fatto ingresso
il 17 aprile seguente. E il 29 marzo
2014 Papa Francesco lo ha nominato
membro della Congregazione per gli
istituti di vita consacrata e le società
di vita apostolica.
Nel 2011 ha partecipato alla tredicesima assemblea generale ordinaria
del sinodo dei Vescovi sulla nuova
evangelizzazione e nell’ottobre scorso alla terza assemblea generale
straordinaria dedicata alla famiglia.
Oltre ad aver collaborato alla stesura
di alcuni documenti della Conferenza episcopale, ha curato varie pubblicazioni accademiche e pastorali.
José Luis
Lacunza Maestrojuán
vescovo di David
(Panamá)
È un agostiniano recolletto di origine spagnola il primo cardinale di
Panamá. José Luis Lacunza Maestrojuán guida dal 1999 la diocesi di
David, terza città del Paese, situata
al nord, vicino al confine con il Costa Rica. È anche il primo cardinale
nella storia plurisecolare del suo ordine religioso, la cui fondazione risale al 1588.
Nato a Pamplona, in Navarra, il
24 febbraio 1944, è entrato a 19 anni
nel noviziato degli agostiniani recolletti di Spagna. Nella città natale ha
emesso i voti semplici il 14 settembre
1964 e quelli solenni il 16 settembre
1967.
Nel seminario minore San José,
ad Artieda, ha seguito i corsi per il
baccalaureato, continuando gli studi
di filosofia nel seminario di Nuestra
Señora Valentuñana, a Sos del Rey
Titoli e diaconie dei porporati
Dominique Mamberti, diaconia di Santo Spirito in
Sassia.
Daniel Fernando Sturla Berhouet,
Santa Galla.
Manuel José Macário do Nascimento Clemente, titolo di Sant’Antonio in Campo Marzio.
Berhaneyesus Demerew Souraphiel, C.M., titolo di
San Romano Martire.
Ricardo Blázquez Pérez, titolo di Santa Maria in
Vallicella.
John Atcherley Dew, titolo di Sant’Ippolito.
José Luis Lacunza Maestrojuán,
Giuseppe da Copertino.
S.D.B.,
O.A.R.,
titolo di
titolo di San
Arlindo Gomes Furtado, titolo di San Timoteo.
Edoardo Menichelli, titolo dei Sacri Cuori di Gesù e
Maria a Tor Fiorenza.
Soane Patita Paini Mafi, titolo di Santa Paola Romana.
Pierre Nguyên Văn Nhon, titolo di San Tommaso
Apostolo.
José de Jesús Pimiento Rodríguez, titolo di San
Giovanni Crisostomo a Monte Sacro Alto.
Alberto Suárez Inda, titolo di San Policarpo.
Charles Maung Bo,
Centocelle.
S.D.B.,
titolo di Sant’Ireneo a
Católico, nella provincia di Zaragoza. Ha quindi frequentato i corsi di
teologia nel seminario maggiore di
Pamplona, dove il 13 luglio 1969 è
stato ordinato sacerdote per gli agostiniani recolletti.
Dopo aver insegnato latino e religione nel Collegio Nuestra Señora
del Buen Consejo di Madrid, è stato
inviato a Panamá, dove gli agostiniani recolletti hanno una forte presenza con otto comunità sparse in tutto
il Paese. Qui ha proseguito gli studi
conseguendo la licenza in filosofia e
in storia all’università nazionale di
Panamá, con una tesi sul Fondamento
spirituale dell’età moderna.
All’interno dell’ordine gli sono
stati affidati vari incarichi in ambito
accademico: in particolare ha insegnato religione, matematica, artistica, sociologia, latino e filosofia nel
Collegio San Agustín di Panamá, di
cui è stato rettore dal 1979 al 1985.
Nel 1976 è stato eletto consigliere
della provincia agostiniana recolletta
del Centroamerica e Panamá, incarico che ha mantenuto fino al 1982.
Negli stessi anni ha svolto anche il
compito di amministratore della stessa provincia religiosa e ha ricevuto la
nomina a presidente della Federazione degli educatori cattolici di Panamá.
Nel 1980 è divenuto membro della
giunta dei direttori dell’Università
cattolica Santa María la Antigua
(Usma) a Panamá, incarico mantenuto fino al 1985, quando ne è diventato rettore.
Nel 1984 è stato nominato membro del consiglio presbiterale dell’arcidiocesi panamense e rettore del seminario maggiore San José. In quegli anni gli sono stati affidati anche
gli incarichi di vicario generale e di
vicario episcopale per l’educazione e
per la capitale.
Il 30 dicembre 1985 Giovanni Paolo II lo ha eletto vescovo titolare di
Partenia e, al contempo, ausiliare di
Luigi De Magistris, diaconia dei Santissimi Nomi di
Gesù e Maria in Via Lata.
Karl-Josef Rauber, diaconia di Sant’Antonio di Padova a Circonvallazione Appia.
Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, titolo di
Santa Maria Addolorata.
Luis Héctor Villalba, Titolo di San Girolamo a Corviale.
Francesco Montenegro, titolo dei Santi Andrea e
Gregorio al Monte Celio.
Júlio Duarte Langa, titolo di San Gabriele dell’Addolorata.
Panamá. Il 18 gennaio 1986 ha ricevuto l’ordinazione episcopale dall’arcivescovo José Sebastián Laboa Gallego, nunzio apostolico a Panamá.
Nell’ambito della Conferenza episcopale nazionale è stato presidente,
delegato per la Usma e presidente
del dipartimento di educazione e
cultura. Ha ricoperto anche l’incarico di segretario generale del Segretariato episcopale dell’America centrale (Sedac) e di responsabile della sezione della pastorale per la cultura
del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam).
Il 29 ottobre 1994 Papa Wojtyła lo
ha nominato vescovo della diocesi di
Chitré e il 28 agosto 1999 lo ha trasferito a David, circoscrizione creata
da Pio XII il 6 marzo 1955, dove vive
quasi mezzo milione di abitanti, tra i
quali circa settantamila indigeni.
Arlindo Gomes Furtado
vescovo
di Santiago de Cabo Verde
(Arcipelago di Capo Verde)
Primo cardinale capoverdiano, Arlindo Gomes Furtado è da poco più
di un lustro vescovo di Santiago de
Cabo Verde, antica sede episcopale
risalente al 1533. Rappresenta nel
collegio cardinalizio i circa cinquecentomila abitanti dell’arcipelago
africano a maggioranza cattolica, ma
anche gli oltre settecentomila capoverdiani della diaspora che negli anni sono partiti per cercare fortuna in
America o in Europa.
È nato il 15 novembre 1949 in Figueira das Naus, a Santa Catarina,
in diocesi di Santiago de Cabo Ver-
de, quarto figlio di Ernesto Robalo e
Maria Furtado. Battezzato l’8 luglio
1950, ha compiuto gli studi primari
in Achada Lém, a Santa Catarina, e
il 1° ottobre 1963 è entrato nel seminario minore di São José per gli studi liceali. L’11 settembre 1971 è partito alla volta di Coimbra per continuare la preparazione nel seminario
maggiore della città portoghese. Perfezionata la formazione nell’istituto
superiore di studi teologici, nel 1976
è rientrato in patria.
Ordinato diacono dal vescovo
Paulino Livramento Évora il 9 maggio di quell’anno nel seminario di
São José, ha iniziato a collaborare
con la parrocchia di Nossa Senhora
da Graça, a Praia. Ordinato sacerdote il 18 luglio 1976 nella sua parrocchia di Santa Catarina sempre dal
vescovo Évora, è divenuto vicario
parrocchiale nella stessa comunità
della capitale in cui già lavorava
(1976-1978).
Dal 1978 al 1986 è stato rettore del
seminario minore di São José e nel
contempo cancelliere ed economo
diocesano (1978-1984) e cappellano
dei capoverdiani nei Paesi Bassi
(1985-1986). Nell’agosto 1986 si è
trasferito a Roma per studiare al
Pontificio istituto Biblicum, dove nel
1990 ha completato la formazione
con la licenza in sacra Scrittura.
Rientrato in patria, è tornato a vivere in seminario (1990-1996), svolgendo il ministero nelle zone di LémCachorro e Achada São Filipe e insegnando lingua inglese nel liceo
Domingos Ramos di Praia; dal 1991
al 1995 ha anche insegnato materie
bibliche all’istituto superiore di studi
teologici di Coimbra. Durante la
permanenza in Portogallo ha amministrato due parrocchie, Amial e Vila
Pouca. Ha collaborato alla traduzione della Nova Bíblia dos Capuchinhos, curando i libri Proverbi, Ecclesiaste e Siracide, e scrivendo le rispettive introduzioni. Ha pubblicato articoli e recensioni nella «Revista Bíblica» (serie scientifica) e nella rivista «Dabar» dell’associazione degli
studenti di teologia di Coimbra.
Nel 1995 è rientrato a Capo Verde,
divenendo parroco di Nossa Senhora da Graça a Praia. È stato inoltre
membro del Consiglio nazionale
dell’educazione e docente nella
scuola di polizia.
Fino alla fine del 2003 è stato poi
anche vicario generale della diocesi
di Santiago de Cabo Verde. E il 14
novembre di quell’anno Giovanni
Paolo II lo ha nominato primo vescovo della nuova diocesi di Mindelo. Il successivo 22 febbraio ha ricevuto l’ordinazione episcopale dal vescovo Évora, nella zona Quebra Canela di Praia, scegliendo come motto: «Gesù il buon pastore». Il 28
febbraio ha fatto l’ingresso in diocesi
alla presenza del nunzio apostolico
Giuseppe Pinto.
Il 22 luglio 2009 Benedetto XVI lo
ha trasferito all’antica sede di Santiago de Cabo Verde. E il successivo
15 agosto ha fatto ingresso in diocesi
durante le celebrazioni della patrona
di Praia, Nossa Senhora da Graça,
alla presenza del nunzio apostolico
Luís Mariano Montemayor.
Soane Patita Paini Mafi
vescovo di Tonga
(Isole di Tonga)
Con i suoi cinquantatré anni da
poco compiuti, il cardinale Soane
Patita Paini Mafi è il più giovane del
collegio e il primo tongano a ricevere la porpora. Presidente della Con-
ferenza episcopale del Pacifico, è anche il primo ecclesiastico nato negli
anni Sessanta — esattamente il 19 dicembre 1961 a Nuku’alofa — a ricevere la porpora. Rappresenta la Chiesa
in Oceania, il più vasto dei continenti per superficie, ma il più piccolo per abitanti. Una miriade di isole
che determina la dispersione degli
insediamenti umani, in una frammentazione che si riflette anche nelle
diverse espressioni culturali ed etniche: aborigena, melanesiana, polinesiana, micronesiana, alle quali si è
poi aggiunta quella occidentale. Tra
questi piccoli Stati insulari, spesso
definiti “paradiso del Pacifico”, Tonga è meglio nota come l’“isola
dell’amicizia”.
Dopo aver compiuto gli studi primari in una scuola cattolica locale e
quelli secondari all’Apifou’ou college, fondato nel 1886 dai padri maristi, ha ricevuto la formazione filosofica e teologica presso il seminario
regionale del Pacifico, a Suva, nelle
isole Fiji.
Ordinato sacerdote il 29 giugno
1991 dal vescovo di Tonga, Patelisio
Punou-Ki-Hihifo Finau, è stato parroco a Ha’apai tra il 1992 e il 1994,
poi vicario generale di Tonga e parroco a Nuku’alofa, dal 1995 al 1997.
Dal 1998 al 1999 ha completato la
formazione in psicologia (pastoral
counseling) al Loyola College di Baltimora, negli Stati Uniti d’America.
Rientrato in patria, è stato parroco a
Houma tra il 1999 e il 2000, quindi
professore e formatore al seminario
regionale del Pacifico a Fiji, divenendone dal 2001 vicerettore.
Il 28 giugno 2007 Benedetto XVI
lo ha nominato vescovo coadiutore
di Tonga. Ha ricevuto l’ordinazione
episcopale il 4 ottobre successivo dal
vescovo marista Soane Lilo Foliaki.
Il 18 aprile 2008 gli è succeduto nel
governo pastorale della diocesi. Nello stesso anno è stato eletto presidente della Caritas nazionale e del
Tonga national forum of Church leaders (incarico ricoperto fino al
2014).
Ha partecipato alla giornata mondiale della gioventù di Sydney sempre nel 2008 e l’anno successivo, ancora in Australia, è stato tra i protagonisti del meeting della Federazione dei vescovi cattolici dell’O ceania
(Fcbo), per poi essere eletto presidente della Conferenza episcopale
del Pacifico (Cepac) che riunisce i
presuli di arcipelaghi e isole sparse
nell’oceano.
Nel 2010 ha compiuto la visita pastorale a Niua Toputapu & Niua
Fo’ou, all’estremo nord dell’arcipela-
go tongano. L’anno seguente ha partecipato a Roma all’assemblea generale di Caritas internationalis. E nel
2012 ha compiuto la visita pastorale
ai connazionali residenti nelle
Hawaii e alla parrocchia di Niue.
Nello stesso anno ha celebrato anche
il centosettantesimo giubileo della
prima messa a Tonga e il centoventicinquesimo dell’educazione cattolica
nel Paese.
In ottobre ha partecipato in Vaticano al Sinodo sulla nuova evangelizzazione. Il suo contributo alla riflessione si è incentrato in particolare sulla necessità che i sacerdoti e i
vescovi esaminino costantemente la
propria vita personale alla luce di un
semplice «modo d’essere», ovvero
dell’essere «semplici»: la semplicità
infatti, ha sottolineato, esclude l’«autoinganno», l’indossare «maschere».
Nel 2013 ha visitato le piccole isole di Ha’apai e nell’ottobre 2014 è
intervenuto
anche
all’assemblea
straordinaria del Sinodo dei vescovi
sulla famiglia.
L’OSSERVATORE ROMANO
domenica 15 febbraio 2015
pagina 7
I cardinali creati da Papa Francesco
José de Jesús
Pimiento Rodríguez
arcivescovo emerito di Manizales
(Colombia)
Nominato vescovo sessant’anni fa
da Pio XII, il cardinale colombiano
José de Jesús Pimiento Rodríguez,
arcivescovo emerito di Manizales, è
uno dei pochi padri conciliari anco-
ra viventi. Fra qualche giorno compirà 96 anni, essendo nato il 18 febbraio 1919 a Zapatoca, nel dipartimento di Santander.
Figlio di Agustín Pimiento e di
Salomé Rodríguez, ha ricevuto una
solida educazione cristiana. Nonostante le ristrettezze economiche familiari, è riuscito a realizzare il desiderio di diventare sacerdote. Ha
compiuto gli studi ecclesiastici nei
seminari di San Gil e in quello maggiore di Bogotá, ed è stato ordinato
prete il 14 dicembre 1941 per la sua
diocesi di origine, Socorro y San
Gil, dall’arcivescovo di Bogotá,
Ismael Perdomo Borrero, del quale è
in corso la causa di beatificazione.
Trascorsi i primi anni di servizio
ministeriale come vicario coadiutore
nelle parrocchie di Mogotes e nella
cattedrale di San Gil e Vélez, ha ricoperto successivamente gli incarichi
di vicario sostituto a Zapatoca, quindi di prefetto e professore del seminario, cappellano dell’ospedale di
San Gil e coordinatore di Azione sociale e Azione cattolica diocesana.
Ad appena 36 anni, il 14 giugno
1955, è stato nominato da Papa Pacelli vescovo titolare di Apollonide
e, al contempo, ausiliare di Pasto.
Ha ricevuto l’ordinazione episcopale
nella cattedrale di Bogotá il 28 agosto successivo dal cardinale arcivescovo Crisanto Luque Sánchez.
Quattro anni dopo, il 30 dicembre
1959, Giovanni XXIII lo ha trasferito
alla diocesi residenziale di Monteria,
dove è rimasto fino al 29 febbraio
1964, quando è stato trasferito a
Garzón (Huila).
Dopo aver partecipato al concilio
Vaticano II, è stato delegato alle
conferenze generali dell’episcopato
latinoamericano celebrate a Medellín
nel 1968, a Puebla de los Ángeles, in
Messico, nel 1979, e a Santo Domingo nel 1992.
Nel luglio 1972 è stato eletto presidente della Conferenza episcopale
colombiana, incarico mantenuto per
due mandati fino al 1978. In precedenza era stato presidente della
commissione della fede e morale e
poi presidente del comitato per i
confini delle diocesi. In quel periodo ha partecipato anche a varie assemblee del Sinodo dei vescovi. Tra
il 1972 e il 1973 è stato inoltre consigliere del nunzio apostolico in Colombia per il dialogo previo con i
rappresentanti del Governo per la
revisione del concordato.
Il 22 maggio 1975 Paolo VI lo ha
promosso alla sede arcivescovile di
Manizales, che ha guidato per 21 anni, durante i quali ha dato grande
impulso all’applicazione dei decreti
del Vaticano II, curando in particolare la pastorale familiare, giovanile e
sociale, senza dimenticare il mondo
dell’istruzione e quello accademico.
Ha promosso il rinnovamento conciliare a livello parrocchiale e all’interno dell’organizzazione del seminario
maggiore arcidiocesano, ristrutturando inoltre il fondo di assistenza sociale del clero. Particolare attenzione
ha rivolto proprio all’aggiornamento
e alla formazione dei sacerdoti e alla
cura delle vocazioni.
A caratterizzare il suo episcopato
anche la realizzazione di varie opere
sociali, sia a livello locale sia a livel-
lo nazionale: tra queste, il centro di
evangelizzazione e catechesi dell’arcidiocesi di Manizales (Cecam), la
casa della gioventù, la casa di orientamento della giovane. Si è impegnato poi nell’opera di restauro delle
torri campanarie della cattedrale
danneggiate dal sisma del 1979, anno
in cui ha promosso la ristrutturazione del seminario minore, divenuto
poi seminario maggiore arcidiocesano. Significativo l’aiuto prestato alle
popolazioni colpite dall’eruzione del
vulcano Nevado del Ruiz nel 1985,
per le quali ha offerto un centinaio
di alloggi nel comune di Chinchiná,
nelle località di Papayal, Los Cuervos e La Guayana de Villamaría, e
nelle zone rurali di La Paz ed Encanto.
Nel 1995, compiuti 75 anni, ha
presentato le dimissioni da arcivescovo di Manizales, che Giovanni Paolo
II ha accettato il 15 ottobre dell’anno
successivo. Si è ritirato a Urabá, nella parrocchia di Turbo, per svolgere
servizio pastorale nella diocesi di
Apartadó, dove lui stesso, da arcivescovo di Manizales, aveva promosso
un’esperienza missionaria fraterna.
Nel 2005 ha celebrato il giubileo
d’oro episcopale. Per ventuno mesi è
stato anche amministratore apostolico di Socorro y San Gil, sua diocesi
natale. Risiede attualmente nel Foyer de Charité San Pablo, a Bucaramanga.
Luigi
De Magistris
pro-penitenziere maggiore emerito
Compirà 89 anni pochi giorni dopo aver ricevuto la porpora il cardinale sardo Luigi De Magistris, pro-
Ordinato sacerdote il 12 aprile
1952 dall’arcivescovo Paolo Botto, è
rimasto in seminario per un anno.
Quindi, tornato in Sardegna, ha lavorato presso il Tribunale ecclesiastico diocesano e presso quello regionale. Nel contempo ha svolto il ministero nella parrocchia della Beata
Vergine del Rimedio, San Lucifero,
affiancando il parroco monsignor
Mosè Farci.
Nel 1957, su invito di monsignor
Antonio Piolanti e con il benestare
dell’arcivescovo di Cagliari, è tornato a Roma per lavorare in un primo
tempo come segretario dell’ateneo
Lateranense. Poi, chiamato dal cardinale Alfredo Ottaviani, è passato
al Sant’Uffizio, come sostituto notaro prima e quindi sommista. Successivamente, nel febbraio 1969, è stato
trasferito come minutante al Consiglio per gli Affari pubblici della
Chiesa; e, da ultimo, presso la Penitenzieria apostolica. In queste mansioni ha potuto contare sulla collaborazione e l’amicizia di monsignor
Sebastiano Masala.
Reggente della Penitenzieria apostolica dalla primavera 1979, il 6
marzo 1996 è stato nominato da
Giovanni Paolo II vescovo titolare di
Nova. Il successivo 28 aprile ha ricevuto l’ordinazione episcopale nella
collegiata di Sant’Anna a Cagliari
dal cardinale Giovanni Canestri. Il
22 novembre 2001 è stato nominato
Pro-penitenziere maggiore e promosso arcivescovo.
Nel 2003 ha lasciato gli incarichi
istituzionali per raggiunti limiti di
età, ma ha continuato a lavorare nella cura d’anime presso le comunità
romane di San Francesco a Ripa e
soprattutto di San Salvatore in Lauro.
Nel 2010, per motivi di salute, è
rientrato definitivamente nella città
natale. Accolto dall’arcivescovo Giuseppe Mani e da monsignor Arrigo
Miglio (succeduto a monsignor Mani nel febbraio 2012), è ancora oggi
attivo e svolge il ministero di confessore nella cattedrale cagliaritana.
Karl-Joseph
Rauber
penitenziere maggiore emerito. Dopo essere stato per oltre vent’anni
reggente del primo dei tribunali della Santa Sede, ne è divenuto la più
alta autorità per un paio di anni,
prima di ritirarsi per raggiunti limiti
d’età.
Nato a Cagliari il 23 febbraio
1926, ultimogenito dei sei figli del
medico Edmondo e di sua moglie
Agnese Ballero, ha ricevuto un’educazione improntata alla pratica quotidiana della carità verso tutti e specialmente verso i più bisognosi: il
padre, “don Mundinu”, era chiamato dai cagliaritani il “medico dei poveri”.
Dopo aver frequentato l’asilo e i
primi due anni delle scuole elementari presso l’Istituto della Divina
provvidenza delle Figlie della carità
di San Vincenzo de’ Paoli, è passato
alla scuola elementare pubblica Santa Caterina e ha proseguito la formazione culturale presso gli istituti statali Siotto per il ginnasio e Dettori
per il liceo classico.
Benché la vocazione al sacerdozio
sia stata precoce, seguendo il consiglio del padre, prima di entrare in
seminario si è iscritto alla facoltà di
lettere dell’università di Cagliari, dove ha conseguito la laurea discutendo una tesi basata sul confronto tra
il De officiis di Cicerone e il De officiis ministrorum di Sant’Ambrogio.
Con l’approvazione dell’arcivescovo Ernesto Maria Piovella (di cui è
in corso il processo di beatificazione), si è quindi trasferito nell’urbe
per frequentare il Pontificio seminario Romano, a cui è sempre rimasto
affezionato, soprattutto per la devozione alla patrona, la Madonna della
Fiducia. Nella formazione filosofica
e teologica, tra i docenti ama ricordare in particolare i cardinali Pietro
Parente e Pietro Palazzini, insigne
moralista.
nella Curia romana egli ha infatti acquisito una grande esperienza ecclesiastica in stretta comunione con il
Papa.
Dal 1977, come consigliere di nunziatura, ha svolto il servizio nelle
rappresentanze pontificie in Belgio,
Lussemburgo e Grecia. Il 18 dicembre 1982 Giovanni Paolo II lo ha nominato pro nunzio apostolico in
Uganda, assegnadogli la sede titolare arcivescovile di Giubalziana. Il 6
gennaio 1983 ha ricevuto da Papa
Wojtyła l’ordinazione episcopale nella basilica di San Pietro.
Nel gennaio 1990 gli è stata affidata la presidenza della Pontificia
accademia Ecclesiastica. Tre anni dopo, è tornato al servizio diplomatico
attivo prima come rappresentante
pontificio in Svizzera e nel Liechtenstein (1993-1997), poi in Ungheria e
in Moldavia (1997-2003); infine in
Belgio e in Lussemburgo (20032009), terminando proprio dove aveva iniziato la carriera diplomatica.
Come nunzio apostolico ha dovuto
affrontare sfide difficili per la Chiesa: in Uganda, per esempio, ha svolto la sua opera negli anni in cui
scoppiava e si diffondeva l’aids, con
conseguenze devastanti sulla popolazione; in Svizzera ha collaborato ad
appianare le tensioni che coinvolgevano la diocesi di Chur e il vescovo
Wolfgang Haas; in Ungheria ha gestito la fase di ricucitura dei rapporti
tra Stato e Chiesa dopo l’epoca comunista; in Belgio ha lavorato in un
contesto sociale e politico non sempre facile; e quando a Bruxelles è
stata creata anche una rappresentanza pontificia presso l’Unione europea si è impegnato ad armonizzare e
suddividere con sensibilità il lavoro
delle due istituzioni diplomatiche in
terra belga.
Compiuti i 75 anni, nel 2009 si è
ritirato dal servizio e da allora svolge
il ministero spirituale e pastorale in
Germania, presso le casa delle suore
di Maria di Schönstatt a Ergenzingen, nella diocesi di RottenburgStuttgart, mantenendo sempre un
rapporto vivo con la diocesi di
Mainz.
nunzio apostolico
Luis Héctor Villalba
Chiamato ad affrontare situazioni
particolarmente delicate nel lungo
servizio diplomatico della Santa Sede, il cardinale tedesco Karl-Josef
Rauber per un triennio si è occupato anche della formazione dei futuri
rappresentanti pontifici.
È nato ottant’anni fa, l’11 aprile
1934, a Norimberga (Nürnberg), in
arcidiocesi di Bamberg. Dopo aver
sostenuto l’esame di maturità presso
il liceo benedettino di Metten, in
Baviera, nel 1950 ha iniziato a studiare teologia cattolica all’università
di Magonza. Il 28 febbraio 1959 ha
ricevuto dal vescovo Albert Stohr
l’ordinazione sacerdotale nel duomo
del capoluogo del Land della Renania-Palatinato. Per tre anni ha svolto
il ministero nella piccola comunità
cattolica di Nidda, nell’Alta Assia.
A partire dal 1962 si è trasferito a
Roma per la laurea in diritto canonico e ha frequentato la Pontificia accademia Ecclesiastica. Nel 1966 ha
iniziato la carriera diplomatica e fino
al 1977 è stato uno dei quattro segretari di Giovanni Benelli — poi divenuto cardinale arcivescovo di Firen-
arcivescovo emerito di Tucumán
(Argentina)
ze — nel periodo in cui egli ha ricoperto l’incarico di sostituto della Segreteria di Stato. Benelli e lo stesso
Paolo VI hanno inciso sulla vita e sul
ministero di Rauber in modo profondo: negli undici anni trascorsi
È stato per lunghi anni, e continua a esserlo tuttora, un vescovo di
periferia secondo lo stile caro a Papa
Francesco. Luis Héctor Villalba ha
guidato fino a pochi anni fa l’arcidiocesi argentina di Tucumán, ma
anche dopo la rinuncia presentata
nel 2011 per raggiunti limiti di età
non ha mai smesso di fare il pastore.
Oggi è rettore della chiesa di Santa
Cruz di San Miguel de Tucumán e
si dedica alla predicazione degli
esercizi spirituali al clero e alle suore.
Tra il 2006 e il 2011, come primo
vice presidente della Conferenza episcopale argentina, ha lavorato a
stretto contatto con Jorge Mario Begoglio, che ne era il presidente, condividendo con lui soprattutto l’attenzione ai poveri e agli ultimi. Una
sintonia evidente nei suoi appelli alla difesa dei diritti dei più bisognosi:
«Oggi gli esclusi non sono solo
sfruttati, ma sono diventati eccedenze, scarti. La persona umana non
può essere uno strumento di progetti
di natura economica, sociale o politica».
Nato a Buenos Aires, l’11 ottobre
1934, ha compiuto gli studi secondari presso la Escuela nacional de comercio. Fin da giovane si è iscritto
all’Azione cattolica e nel 1952 è entrato nel seminario metropolitano
della capitale argentina, dove ha
compiuto gli studi umanistici di filosofia e teologia.
È stato ordinato sacerdote il 24
settembre 1960. Subito dopo, il cardinale Antonio Caggiano, arcivescovo di Buenos Aires, lo ha inviato a
Roma per completare gli studi. Vi è
rimasto fino al 1963, quando ha conseguito la licenza in teologia e storia
della Chiesa alla Pontificia università
Gregoriana. Nel 1964, rientrato in
Argentina, è stato nominato vicario
della parrocchia di San Nicola di
Bari.
L’anno successivo è divenuto superiore del seminario maggiore di
Buenos Aires, incarico mantenuto fino al 1969. Dopo la creazione del
corso propedeutico, il primo nel
Paese, nel 1968 l’arcivescovo Juan
Carlos Aramburu lo ha incaricato di
dirigere la nuova casa di formazione.
Dal 1965 al 1975 si è dedicato anche all’insegnamento di storia della
Chiesa nella facoltà di teologia della
Universidad
Católica
Argentina
(Uca). Nel 1969 è stato eletto deca-
no della facoltà, ruolo ricoperto fino
al 1972.
Il 29 marzo di quell’anno è divenuto parroco della basilica di Santa
Rosa da Lima. Nello stesso tempo è
stato membro del consiglio presbiterale dell’arcidiocesi, assessore ecclesiastico del consiglio arcidiocesano
degli uomini di Azione cattolica,
membro del collegio dei consultori e
parroco consultore.
Il 20 ottobre 1984 Giovanni Paolo
II lo ha eletto vescovo titolare di
Ofena e, al contempo, ausiliare di
Buenos Aires. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 22 dicembre successivo dal cardinale Aramburu. Il
16 luglio 1991 il trasferimento alla sede residenziale di San Martín e l’8
luglio 1999 la promozione a quella
arcivescovile di Tucumán, dove ha
fatto ingresso il 17 settembre.
Il 10 giugno 2011 Benedetto XVI
ha accettato la sua rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi e lo ha
nominato amministratore apostolico
di Tucumán fino all’arrivo del suo
successore, il 17 settembre seguente.
Nell’ambito della Conferenza episcopale argentina ha ricoperto vari
incarichi: tra l’altro, è stato membro
della commissione di liturgia e di
apostolato laico, per due periodi ha
presieduto la commissione di catechesi e per due mandati anche la
commissione di apostolato laici.
Oltre alla vicepresidenza della
Conferenza episcopale argentina tra
il 2006 e il 2010, va ricordata la sua
attività come membro del dipartimento di catechesi del Consiglio
episcopale latinoamericano (Celam)
e la sua partecipazione alla quarta e
alla quinta conferenza dell’episcopato latinoamericano, svoltesi rispettivamente a Santo Domingo nel 1992
e ad Aparecida nel 2007.
do indelebile tra i sacerdoti. È il secondo mozambicano a ricevere la
porpora nella storia di questa Chiesa
africana.
Nato il 27 ottobre 1927 a Mangunze, nell’odierna diocesi di Xai-Xai,
ha frequentato dapprima il seminario di Magude, poi quello di Namaacha, allora nell’arcidiocesi di
Lourenço Marques, che dopo l’indipendenza del 1975 ha preso il nome
di Maputo. È stato ordinato sacerdote nella cattedrale della capitale
mozambicana il 9 giugno 1957.
Viceparroco e quindi parroco nella
missione di Malaisse, è stato successivamente nominato consultore diocesano, membro del consiglio presbiterale e infine vicario generale della
diocesi. Profondo conoscitore degli
idiomi locali, ha curato la traduzione dei testi del concilio Vaticano II
nelle principali lingue del Mozambico.
Il 31 maggio 1976 Paolo VI lo ha
nominato vescovo della diocesi di
João Belo, che dal 1° ottobre dello
stesso anno ha mutato il nome in
Xai-Xai. Ha ricevuto l’ordinazione
episcopale il successivo 24 ottobre
da Alexandre José Maria dos Santos, primo sacerdote, primo vescovo
e primo cardinale nativo dell’ex colonia portoghese dell’Africa sudorientale.
Ha retto la diocesi, che ha una
grande estensione territoriale, per
quasi trent’anni, caratterizzati dalla
lunga guerra civile che ha insanguinato il Mozambico dall’epoca
dell’indipendenza fino agli accordi
di pace firmati il 4 ottobre 1992 a
Roma.
Durante il suo ministero ha cercato di mantenere viva la pratica religiosa e di dare nuovo impulso alla
Chiesa, in un’area particolarmente
depressa, colpita anche da carestie,
epidemie e catastrofi naturali. Nello
stesso periodo, in seno alla Conferenza episcopale si è occupato del
clero diocesano. Ha rinunciato al
governo pastorale della diocesi il 24
giugno 2004.
Possesso
cardinalizio
Il cardinale Luigi De Magistris,
pro-penitenziere maggiore emerito, prenderà possesso della diaconia dei Santissimi Nomi di Gesù
e Maria in Via Lata nel pomeriggio di martedì 17 febbraio. Ne dà
notizia l’Ufficio delle Celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, specificando che il rito avverrà
alle 17, nella chiesa in via del Corso 45.
Júlio
Duarte Langa
Lutti nell’episcopato
vescovo emerito di Xai-Xai
(Mozambico)
Monsignor Magnus Mwalunyungu, vescovo emerito di TunduruMasasi, in Tanzania, è morto nella mattina di venerdì 13 febbraio
nella casa di riposo di Iringa. Nato il 25 agosto 1030 a Nsengilindete, nella diocesi di Iringa, aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 23 agosto 1959. Nominato
vescovo di Tunduru-Masasi il 30
marzo 1992, aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il 25 giugno
successivo. Quindi il 25 agosto
2005 aveva rinunciato al governo
pastorale della diocesi. Le esequie
saranno celebrate venerdì 20 febbraio nella cattedrale di Iringa.
È considerato come un padre da
molti preti mozambicani l’anziano
vescovo Júlio Duarte Langa, emerito
di Xai-Xai. Ottantasette anni, per
ventotto dei quali ha retto la diocesi
affidatagli nel sud del Paese, è stato
anche il presule responsabile per il
clero diocesano in seno alla Conferenza episcopale, lasciando un ricor-
Monsignor Thomas Bhalerao,
della Compagnia di Gesù, vescovo emerito di Nashik, in India, è
morto venerdì 13 febbraio. Nato il
1° febbraio 1933 a Sangamner, nella diocesi di Nashik, era divenuto
sacerdote il 27 marzo 1965. Nominato primo vescovo di Nashik il
15 maggio 1987, aveva ricevuto
l’ordinazione episcopale il 23 agosto successivo. Aveva rinunciato
al governo pastorale della diocesi
il 31 marzo 2007. Le esequie sono
state celebrare sabato 14 febbraio
nella chiesa parrocchiale di Santa
Maria a Sangamner.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
Durante il concistoro ordinario pubblico nella basilica vaticana Papa Francesco ha creato venti cardinali
Incardinati e docili
Durante il concistoro ordinario pubblico
per la nomina di venti cardinali,
svoltosi sabato mattina, 14 febbraio,
nella basilica di San Pietro, il Papa
ha pronunciato la seguente allocuzione.
Cari Fratelli Cardinali,
quella cardinalizia è certamente una
dignità, ma non è onorifica. Lo dice
già il nome — “cardinale” — che evoca il “cardine”; dunque non qualcosa
di accessorio, di decorativo, che faccia pensare a una onorificenza, ma
un perno, un punto di appoggio e
di movimento essenziale per la vita
della comunità. Voi siete “cardini” e
siete incardinati nella Chiesa di Roma, che «presiede alla comunione universale della carità» (Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. Lumen gentium, 13; cfr.
Ign. Ant., Ad Rom., Prologo).
Nella Chiesa ogni presidenza proviene dalla carità, deve esercitarsi
nella carità e ha come fine la carità.
Anche in questo la Chiesa che è in
Roma svolge un ruolo esemplare:
Il saluto del primo dei porporati
Fuori
da abitudini e comodità
Pubblichiamo l’indirizzo di saluto rivolto al Papa dal primo dei cardinali, Dominique Mamberti, prefetto del
Supremo tribunale della Segnatura
Apostolica.
Padre Santo,
insieme con i confratelli vescovi
che oggi entreranno a far parte del
Collegio cardinalizio, desidero porgerle un deferente saluto, insieme
ai nostri sentimenti di sincera gratitudine e di filiale devozione. Si
unisce a noi nella preghiera sua Eccellenza monsignor José de Jesús
Pimiento Rodríguez, il quale ha
chiesto di poter ricevere la berretta
in Colombia, non riuscendo a venire a Roma per l’avanzata età.
Con particolare affetto salutiamo
sua Santità Benedetto XVI che anche quest’anno, accogliendo il suo
invito, Padre Santo, ha voluto essere presente in questa significativa
circostanza per la vita della Chiesa.
Nella lettera che vostra Santità ci
ha indirizzato il giorno in cui ha
reso pubblica la decisione di aggregarci al Collegio cardinalizio, ella
ci ha anzitutto ricordato che siamo
chiamati a un nuovo servizio, che è
a un tempo «di aiuto, di sostegno
e di speciale vicinanza alla persona
del Papa e per il bene della Chiesa». Le siamo grati per averci scelti, da ogni parte del mondo, per
condividere in modo particolare il
suo ministero, ricordandoci che
ogni vocazione ecclesiale è anzitutto un servizio ai fratelli e alla Chiesa stessa.
Attraverso di lei, Padre Santo, il
Signore
ha
voluto
rinnovare
quell’elezione che un tempo fece di
ciascuno di noi, invitandoci a seguirlo e a donargli la nostra vita
nel sacerdozio ministeriale. La porpora stessa ci ricorda anzitutto che
il Signore ci chiede di condividere
il suo amore per tutti gli uomini:
un amore che, nell’obbedienza al
Padre, è offerta di sé usque ad mortem, mortem autem crucis (Filippesi,
2, 8). Se c’è, dunque, un onore di
cui siamo insigniti è quello di essere sollecitati a una più intima unione con Gesù, a una partecipazione
più viva e profonda alla sua oblazione, a essere con lui sulla Croce,
che è salvezza, vita e risurrezione
nostra, attraverso la quale siamo
salvati e liberati (cfr. Galati, 6, 14).
In questa immedesimazione profonda con Cristo sta l’origine della
responsabilità cui siamo chiamati e
del servizio che con umiltà, generosità, et usque ad effusionem sanguinis
desideriamo compiere per la salvezza delle anime e il bene del popolo
di Dio.
L’entrare a far parte del Collegio
cardinalizio ci inserisce in modo
particolare nella storia e nella vita
della Chiesa di Roma, che — secondo la bella espressione di
sant’Ignazio di Antiochia — presiede nella carità. Siamo perciò invitati a uscire da noi stessi, dalle nostre
abitudini e comodità, per servire la
missione di questa Chiesa, consapevoli che ciò implica avere un
orizzonte più ampio. E qui è davvero presente tutto il mondo, essendo i nuovi cardinali espressivi di
tutti i continenti. Appartenere alla
Chiesa di Roma significa, dunque,
servire la comunione della Chiesa
universale. Una comunione che è
continuamente nutrita e alimentata
dalla carità stessa di Cristo — che
ci spinge a vivere non più per noi
stessi, ma per lui che è morto e risorto per noi (cfr. 2 Corinzi, 5, 1415) — ed è fecondata dal sangue dei
molti martiri che qui hanno dato la
vita. Il loro esempio e la loro intercessione ci diano la forza e il coraggio necessari per essere testimoni del Signore risorto fino ai confini della terra (cfr. Atti degli Apostoli,
1, 6) e per chinarci sulle ferite e
sulle piaghe dell’uomo di oggi a
portare la Sua misericordia (cfr.
Francesco, omelia per la canonizzazione dei beati Giovanni XXIII e
Giovanni Paolo II, 27 aprile 2014).
«Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà» (Salmo, 39 [40]).
Il servizio alla comunione della
Chiesa esige che rinnoviamo il proposito di compiere la volontà del
Signore, ovvero che ci disponiamo
a seguirlo con fiducia e in umiltà,
come vostra Santità ci ha chiaramente indicato. Beato sarà, infatti,
quel servo che si sarà mostrato fedele nel poco (cfr. Matteo, 25, 21),
che non si è inorgoglito, né è andato in cerca di cose troppo grandi e
superiori alle sue forze (cfr. Salmo,
130 [131]).
Padre Santo,
nel rinnovarle ancora il nostro
grazie, desideriamo assicurarle la
nostra collaborazione leale e sincera e la certezza che ella ci troverà
vicini e pronti a sostenerla nella
missione che nostro Signore le ha
affidato, di guidare la Chiesa, confermando i fratelli nella fede (cfr.
Luca, 22, 32). Soprattutto, le promettiamo la nostra costante preghiera, affidando la sua persona e
il suo ministero alla materna protezione della Vergine Maria, all’aiuto
discreto di san Giuseppe, patrono
della Chiesa universale, e all’intercessione dei santi apostoli Pietro e
Paolo, celesti protettori di questa
nostra Chiesa di Roma.
come essa presiede nella carità, così
ogni Chiesa particolare è chiamata,
nel suo ambito, a presiedere nella
carità.
Perciò penso che l’“inno alla carità” della Prima Lettera di san Paolo
ai Corinzi possa essere la parola-guida per questa celebrazione e per il
vostro ministero, in particolare per
quelli tra voi che oggi entrano a far
parte del Collegio cardinalizio. E ci
farà bene lasciarci guidare, io per
primo e voi con me, dalle parole
ispirate dell’apostolo Paolo, in particolare là dove egli elenca le caratteristiche della carità. Ci aiuti in questo
ascolto la nostra Madre Maria. Lei
ha dato al mondo Colui che è «la
Via migliore di tutte» (cfr. 1 Cor 12,
31): Gesù, Carità incarnata; ci aiuti
ad accogliere questa Parola e a camminare sempre su questa Via. Ci aiuti col suo atteggiamento umile e tenero di madre, perché la carità, dono di Dio, cresce dove ci sono umiltà e tenerezza.
Anzitutto san Paolo ci dice che la
carità è «magnanima» e «benevola».
Quanto più si allarga la responsabilità nel servizio alla Chiesa, tanto
più deve allargarsi il cuore, dilatarsi
secondo la misura del cuore di Cristo. Magnanimità è, in un certo senso, sinonimo di cattolicità: è saper
amare senza confini, ma nello stesso
tempo fedeli alle situazioni particolari e con gesti concreti. Amare ciò
che è grande senza trascurare ciò
che è piccolo; amare le piccole cose
nell’orizzonte delle grandi, perché
«Non coerceri a maximo, contineri tamen a minimo divinum est»”. Saper
amare con gesti benevoli. Benevolenza è l’intenzione ferma e costante di
volere il bene sempre e per tutti, anche per quelli che non ci vogliono
bene.
L’apostolo dice poi che la carità
«non è invidiosa, non si vanta, non si
gonfia d’orgoglio». Questo è davvero
un miracolo della carità, perché noi
esseri umani — tutti, e in ogni età
della vita — siamo inclinati all’invidia e all’orgoglio dalla nostra natura
ferita dal peccato. E anche le dignità
ecclesiastiche non sono immuni da
questa tentazione. Ma proprio per
questo, cari Fratelli, può risaltare ancora di più in noi la forza divina
della carità, che trasforma il cuore,
così che non sei più tu che vivi, ma
Cristo vive in te. E Gesù è tutto
amore.
Inoltre, la carità «non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse».
Questi due tratti rivelano che chi vive nella carità è de-centrato da sé.
Chi è auto-centrato manca inevitabilmente di rispetto, e spesso non se
ne accorge, perché il “rispetto” è
domenica 15 febbraio 2015
proprio la capacità di tenere conto
dell’altro, di tenere conto della sua
dignità, della sua condizione, dei
suoi bisogni. Chi è auto-centrato
cerca inevitabilmente il proprio interesse, e gli sembra che questo sia
normale, quasi doveroso. Tale “interesse” può anche essere ammantato
di nobili rivestimenti, ma sotto sotto
è sempre il “proprio interesse”. Invece la carità ti de-centra e ti pone nel
vero centro che è solo Cristo. Allora
sì, puoi essere una persona rispettosa
e attenta al bene degli altri.
La carità, dice Paolo, «non si adira, non tiene conto del male ricevuto».
Al pastore che vive a contatto con la
gente non mancano le occasioni di
arrabbiarsi. E forse ancora di più rischiamo di adirarci nei rapporti tra
noi confratelli, perché in effetti noi
siamo meno scusabili. Anche in questo è la carità, e solo la carità, che ci
libera. Ci libera dal pericolo di reagire impulsivamente, di dire e fare
cose sbagliate; e soprattutto ci libera
dal rischio mortale dell’ira trattenuta, “covata” dentro, che ti porta a tenere conto dei mali che ricevi. No.
Questo non è accettabile nell’uomo
di Chiesa. Se pure si può scusare
un’arrabbiatura momentanea e subito sbollita, non altrettanto per il rancore. Dio ce ne scampi e liberi!
La carità — aggiunge l’Apostolo —
«non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità». Chi è chiamato nella Chiesa al servizio del governo deve avere un forte senso della giustizia, così che qualunque ingiustizia
gli risulti inaccettabile, anche quella
che potesse essere vantaggiosa per
Alla presenza di Benedetto
XVI
Un rito ricco di simboli
Quattro nuove sante
il prossimo 17 maggio
La seconda parte del concistoro tenuto da Papa Francesco nella basilica vaticana sabato
mattina, 14 febbraio, è stata dedicata al voto
sulle cause di canonizzazione di Giovanna
Emilia de Villeneuve, Maria di Gesù Crocifisso Baouardy e Maria Alfonsina Ghattas.
Il Pontefice ha stabilito che le proclamerà
sante domenica 17 maggio, insieme con la
beata Maria Cristina dell’Immacolata Concezione (al secolo Adelaide Brando, Napoli
1856 - Casoria 1906) fondatrice della congregazione delle suore vittime espiatrici di Gesù
Sacramentato, la cui canonizzazione era stata
già decisa nel concistoro del 20 ottobre 2014,
insieme a quella di Giuseppe Vaz, celebrata
poi durante il viaggio in Sri Lanka, lo scorso
14 gennaio. Le quattro nuove sante sono tutte
religiose: due sono della Terra santa, una è
italiana e una francese.
È toccata al cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, la perorazione delle cause di canonizzazione. Salito sull’altare ha presentato in breve le
biografie delle tre beate: Giovanna Emilia De
Villeneuve è nata a Toulouse, in Francia, il 9
marzo 1811, ed è morta di colera a Castres il 2
ottobre 1854. Fondatrice della congregazione
delle suore dell’Immacolata Concezione di
Castres, è stata beatificata il 5 luglio 2009 da
Benedetto XVI. Maria Alfonsina Danil Ghat-
lui o per la Chiesa. E nello stesso
tempo «si rallegra della verità»: che
bella questa espressione! L’uomo di
Dio è uno che è affascinato dalla verità e che la trova pienamente nella
Parola e nella Carne di Gesù Cristo.
Lui è la sorgente inesauribile della
nostra gioia. Che il popolo di Dio
possa sempre trovare in noi la ferma
denuncia dell’ingiustizia e il servizio
gioioso della verità.
Infine, la carità «tutto scusa, tutto
crede, tutto spera, tutto sopporta». Qui
c’è, in quattro parole, un programma
di vita spirituale e pastorale. L’amore di Cristo, riversato nei nostri cuori dallo Spirito Santo, ci permette di
vivere così, di essere così: persone
capaci di perdonare sempre; di dare
sempre fiducia, perché piene di fede
in Dio; capaci di infondere sempre
speranza, perché piene di speranza
in Dio; persone che sanno sopportare con pazienza ogni situazione e
ogni fratello e sorella, in unione con
Gesù, che ha sopportato con amore
il peso di tutti i nostri peccati.
Cari Fratelli, tutto questo non viene da noi, ma da Dio. Dio è amore e
compie tutto questo, se siamo docili
all’azione del suo Santo Spirito. Ecco allora come dobbiamo essere: incardinati e docili. Più veniamo incardinati nella Chiesa che è in Roma e
più dobbiamo diventare docili allo
Spirito, perché la carità possa dare
forma e senso a tutto ciò che siamo
e che facciamo. Incardinati nella
Chiesa che presiede nella carità, docili allo Spirito Santo che riversa nei
nostri cuori l’amore di Dio (cfr. Rm
5, 5). Così sia.
tas è nata a Gerusalemme il 4 ottobre 1843 ed
è morta ad Ain Karem il 25 marzo 1927. Fondatrice della congregazione delle suore del
Santissimo Rosario di Gerusalemme, è stata
beatificata il 22 novembre 2009 sempre da Papa Ratzinger. La carmelitana Maria di Gesù
Crocifisso (Mariam Baouardy) è nata a Nazaret, in Galilea, il 5 gennaio 1846 ed è morta a
Betlemme il 26 agosto 1878. È stata beatificata da Giovanni Paolo II il 13 novembre 1983.
Papa Francesco ha quindi espresso la Perpensio votorum de propositis Canonizationibus.
«Voi, venerati fratelli, già per iscritto — ha
detto in latino rivolgendosi ai cardinali e ai
vescovi presenti — avete manifestato singolarmente il vostro pensiero e dichiarati gli stessi
Beati come esempi di vita cristiana e di santità da proporre alla Chiesa intera, in considerazione soprattutto della situazione del nostro
tempo».
Al termine il Pontefice ha deciso di iscrivere all’albo dei santi i nomi delle tre beate, aggiungendovi quello di Maria Cristina dell’Immacolata Concezione e rendendo noto che la
data stabilita per la canonizzazione è domenica 17 maggio.
Infine il Papa ha impartito la benedizione
apostolica ai presenti, prima che l’assemblea
si sciogliesse al canto del «Salve, Regina».
Hanno giurato fedeltà e obbedienza al Papa e ai suoi
successori, poi uno a uno sono saliti all’altare della
Confessione e inginocchiatisi davanti a Francesco hanno ricevuto dalle sue mani le insegne cardinalizie: è
stato questo il momento più significativo del concistoro
ordinario pubblico per la creazione di venti cardinali,
svoltosi sabato mattina, 14 febbraio nella basilica vaticana. All’appello mancava il colombiano José de Jesús
Pimiento Rodríguez, arcivescovo emerito di Manizales,
che tra quattro giorni compirà 96 anni; riceverà la berretta nei prossimi giorni nella sua terra natale.
Ai piedi dell’altare, accanto ai porporati dell’ordine
dei vescovi, aveva preso posto Benedetto XVI. Una presenza significativa, come era già avvenuto nel concistoro del febbraio 2014, che è stata accolta da un prolungato applauso. E Papa Francesco, al termine della processione con cui ha fatto l’ingresso in basilica, si è avvicinato al predecessore e lo ha salutato, ripetendo il gesto al termine del rito.
All’inizio il prefetto del Supremo tribunale della Segnatura apostolica Dominique Mamberti — primo dei
nuovi cardinali — ha rivolto al Pontefice un saluto a
nome dei presenti. Quindi tutti insieme hanno rinnovato la professione di fede. Alla formula di giuramento è
seguita la consegna dell’anello e della bolla di assegnazione della diaconia o del titolo, a significare la partecipazione alla cura pastorale del vescovo di Roma per
la sua diocesi. Per i due cardinali diaconi ultraottantenni, Luigi De Magistris e Karl Joseph Rauber, Francesco si è alzato in piedi. L’universalità della Chiesa è
stata rappresentata dalle diverse aree geografiche da cui
provengono i nuovi cardinali: sette dall’Europa (tre dei
quali dall’Italia); cinque dalle Americhe; tre dall’Africa,
tre dall’Asia e due dall’Oceania. Il più giovane è il vescovo di Tonga, Soane Patita Piani Mafi, nato nel 1961.
Al rito erano presenti oltre un centinaio di porporati
che nei giorni precedenti hanno partecipato al concistoro straordinario. Tra loro il decano del Collegio cardinalizio Angelo Sodano e il segretario di Stato Pietro
Parolin. Con il corpo diplomatico accreditato presso la
Santa Sede erano gli arcivescovi Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, e Paul R. Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati; i monsignori Peter
Bryan Wells, assessore, Antoine Camilleri, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati, e José Avelino Bettencourt, capo del Protocollo. Moltissimi gli arcivescovi, i vescovi e i prelati della Curia romana. Tra questi,
l’arcivescovo Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia, e monsignor Leonardo Sapienza, reggente della
Prefettura.
Sette le delegazioni ufficiali presenti: quelle di Tonga, guidata dalla regina Nanasipau’u Tuku’aho; di Panamá, guidata dal presidente della Repubblica Juan
Carlos Varela Rodríguez; di Capo Verde, guidata dal
primo ministro José Maria Pereira Neves; di Spagna,
guidata dal vice presidente del Governo María Soraya
Sáenz de Santamaría Antón; del Portogallo, guidata
dal vice primo ministro Rui Machete; di Francia, guidata dal ministro per la Riforma territoriale André Vallini; e dell’Italia, guidata dal presidente della Camera
dei Deputati, Laura Boldrini, con il ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare Gianluca
Galletti.
Hanno animato il rito — diretto da monsignor Marini, maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie — i
canti della Cappella Sistina, diretta da monsignor Palombella. Al termine della celebrazione, Papa Francesco si è recato nella cappella della Pietà per ricevere il
saluto dei capi delle delegazioni ufficiali.