Riflessioni per la domenica La società italiana oggi è attraversata da molti problemi. La crisi è sotto gli occhi di tutti. Ma non si tratta solo di una crisi economica acuta, che ha messo sul lastrico milioni di lavoratori e ha chiuso le porte in faccia ai giovani, negando loro il diritto al futuro, ma è soprattutto una crisi di valori. Alcuni di questi problemi sono riconducibili a una profonda crisi di identità, che riguarda tanto istituzioni e simboli quanto gli uomini. Partiti politici, mondo della cultura e dell’istruzione, universo del lavoro, mondo scientifico, movimenti religiosi sembrano aver perso quelle certezze che in passato ne facevano punti di riferimento cui guardare nei momenti di difficoltà. L’uomo oggi ama oscillare fra estremi, e non ha tempo, né voglia, di soffermarsi sulle tappe intermedie di un ciclo o di un percorso. Il paradosso è che quanto più la società si rivela essere complessa e complicata, tanto più le soluzioni devono essere semplici e istintive. C’è quasi irritazione per tutto ciò che richiede riflessione e ponderatezza. È l’epoca del telecomando è vero, ma non tutto può essere risolto schiacciando un tasto e selezionando un canale. Ritornando al versante politico, la percezione che ho riportato dalla proposta di riforma elettorale di Renzi e Berlusconi è che i partiti e i movimenti politici piccoli sono visti con fastidio, perché rappresentano un ostacolo alla loro voglia di potere assoluto; e se sono un intralcio perché non azzerarli o eliminarli, quindi? Poco importa se la loro cancellazione significa cancellare la democrazia e la libertà. In questi anni l’implosione di alcuni partiti è venuta più dal di dentro che non dall’esterno o per colpa dei piccoli partiti. La verità è che quando un matrimonio è forzato presto o tardi sfocia nel divorzio, ed è quello che è accaduto puntualmente sia con la cosiddetta Prima Repubblica sia con la seconda. Il bipartitismo è un processo lungo e laborioso, che passa attraverso fasi di omogenizzazione culturale che una politica tutta concentrata sull’oggi e non sul futuro non consente. In questi ultimi 25 anni di storia italiana la crisi maggiore l’ha attraversata la sinistra, in particolare il vecchio PCI, anche se i fatti sembrerebbero dimostrare il contrario. Cos’era allora il PCI e cosa rappresentava, e cos’è ora il PD e cosa rappresenta? È la domanda che dobbiamo porci. Il PCI era una partito con una identità forte, con una linea politica definita e con valori fondanti, quali la solidarietà e l’internazionalismo, che lo differenziavano nettamente dalla destra. I vari lifting cui è stato sottoposto dalla Bolognina in avanti fino all’attuale PD ne hanno fatto un partito senza anima e senza identità, in balia della schizofrenia dei tanti piccoli leader che ricalcitrano per prenderne la guida, senza avere chiaro il percorso che un partito deve fare per esprimere strategie politiche di lungo respiro. Io credo che il pericolo che il PD stia correndo con la leadership di Renzi è quello di trovarsi eternamente in minoranza, perché il fiorentino non ha capito, o finge di non capirlo, quanto sia importante avere un alleato anziché adoperarsi per estinguerlo. Cataldo Russo
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