Ken Parker: 28

CAMBIO DI MENTALITA': idee per il Pd e per
Urbino
Manifesto per il Congresso straordinario del
Partito Democratico di Urbino
a sostegno della candidatura di Federico
Scaramucci
19 ottobre 2014
#pdurbinocambia: Decalogo per un nuovo PD Urbinate
1.
Nuovo pd, nuove persone. Non è un problema di anagrafe, ovviamente, ma per un nuovo Pd
servono persone nuove, con una mentalità diversa. Spazio perciò ad una nuova generazione nel gruppo
dirigente. Chi ha ricoperto incarichi per tanti anni può tornare a fare il militante, saprà essere di grande
aiuto.
2.
Prego, benvenuto. Apertura al dialogo ed alla comunicazione con i cittadini: tessera o non tessera. Il Pd promuove il tesseramento perché prima di tutto siamo un’organizzazione, ma nello stesso
tempo trova forme per coinvolgere nell’azione politica anche colori i quali non si sono iscritti.
3.
Circolare! il Pd di Urbino torna ad occuparsi dei circoli, a valorizzarli perché crede nella loro attività. Il circolo è la base dell'attività politica, sia in termini di elaborazione di contenuti che in termini di organizzazione di campagne elettorali.
4.
Non siamo indiani. Non saremo una riserva di caccia elettorale e di manovalanza dei signori
delle tessere pesaresi. Saremo coinvolti in ogni decisione di livello sovracomunale, e ad ogni elezione
regionale e politica Urbino esprimerà un proprio candidato. E lo eleggeremo.
5.
Impara l'arte e......Realizzeremo un nuovo progetto di formazione politica, lo chiameremo UrbinoLAB, da sviluppare insieme all'Università (ma non solo). Ci proporremo come centro nazionale di formazione per il Partito Democratico.
6.
Scendiamo dalla collina. Guardiamoci attorno. Pensare globale e agire locale: attenzione sui
temi della politica europea, nazionale, regionale e provinciale e azione quotidiana sui temi locali che ri guardano la vita di tutti i giorni. Per troppi anni abbiamo pensato di essere autoreferenziali e di poter fare
tutto da soli. Ora è il momento di essere più aperti. Solo così saremo il vero riferimento delle aree interne.
7.
Poche chiacchiere! il Pd di Urbino che torna a lavorare sulle proposte serie per la città, con l'o biettivo di elaborare un nuovo modello di sviluppo economico, che punti alla creazione di lavoro. Saremo
in stretto contatto con il gruppo Pd in consiglio comunale, confrontandoci senza pregiudiziali con l'Amministrazione comunale in carica e con tutti coloro i quali hanno a cuore l'interesse della città.
8.
E' qui la festa? Il Pd di Urbino torna ad organizzare feste ed appuntamenti in tutte le frazioni
con l'aiuto dei circoli.
9.
Un'azienda al mese. il Pd di Urbino sarà vicino alle imprese di Urbino e del territorio ed ogni
mese sceglieremo un’azienda da visitare e incontreremo i commercianti del centro storico e delle frazio ni.
10.
Basta debiti. Il nuovo Pd sarà completamente autonomo finanziariamente, grazie alle iniziative
sul territorio ed al nuovo sistema di crowdfunding (raccolta fondi)che sperimenteremo.
#organizzatori di comunità: attraverso un’azione quotidiana il Pd di Urbino diventerà una nuova realtà politica fatta di organizzatori di comunità. Persone disponibili non solo a parlare con la gente ma a parlare alla gente, e soprattutto ad
ascoltarla.
URBINO...il Pd che cambia mentalità, il Pd che aiuta Urbino a cambiare,
il Pd di Urbino che diventa riferimento delle aree interne
"La sinistra che non cambia diventa destra"
cit. Matteo Renzi
INDICE:
1. COSA E' SUCCESSO?
2. E NOI, COSA POSSIAMO FARE?
3. A COSA SERVE UN PARTITO?
4. COSA FAREMO?
5. IL RAPPORTO CON IL GRUPPO PD IN CONSIGLIO COMUNALE E FUTURE ALLEANZE
6. IL PARTITO-COMUNITA'
7. E ALLA DOMANDA: MA COME CI RIORGANIZZIAMO?
Questa non è la solita Mozione, in cui elenchiamo le cose da fare per Urbino, sulla sanità,
sull'Università, sul turismo, sui trasporti, etc. etc. ma è un manifesto per rendere più chiara
la strategia e più definito il metodo, per cambiare mentalità.
1. COSA E' SUCCESSO?
In questi pochi mesi dopo le amministrative ho visto Urbino e gli urbinati un po' straniti, ma
contenti, in fondo, di come stiano andando le cose. Sembra che il nostro tempo sia stato spazzato
via in una notte sola.
Addirittura in città si è sentito parlare di liberazione...; in ogni caso oggi, senza dubbio, possiamo
dire di essere stati travolti da uno tsunami.
Ma se dobbiamo analizzare bene le ragioni della sconfitta dobbiamo partire dalle caratteristiche di
Urbino. La nostra città ha sempre vissuto grazie ad un modello economico basato sul settore
pubblico e su tutto l'indotto, dopo molti anni questa economia sta entrando in crisi, sia perché non
è più in grado di assorbire la domanda di occupazione, sia perché a livello nazionale è in atto una
ormai non più rinviabile opera di dimagrimento della spesa pubblica. Sta inoltre cambiando il
mercato del lavoro, che giorno dopo giorno diventa più più ampio e più concorrenziale, e noi,
diciamo la verità, non ci siamo mai stati abituati.
Queste difficoltà si legano al fatto che il sistema pubblico è stato percepito tutt'uno con il sistema
politico, e le nostre famiglie, mentre in passato vedevano maggiori sbocchi occupazionali per i
propri figli, oggi si trovano a vedere tanti, tantissimi ragazzi costretti a cercare un'occupazione
lontano da Urbino, se va bene, o all'estero. Come successo per il nostro amico scomparso
prematuramente Federico Zolfi, l'esempio di un giovane urbinate che per motivi di lavoro era stato
costretto ad andarsene dalla sua amatissima Urbino.
In definitiva la gente della nostra città, preoccupata da una parte, e non più in grado di sostenere
questo inevitabile connubio tra politica e sistema pubblico, dall'altra, voleva cambiare sistema,
prima ancora che partito, ed a prescindere da chi ci fosse, l'ha fatto con il voto.
Ora, questa situazione ci pone davanti una necessità, ovvero lavorare per un cambiamento vero;
nessuno mette in discussione l'utilità di valorizzare le esperienze migliori di questo partito, ma la
sfida più urgente oggi è quella relativa alla capacità di costruire qualcosa di nuovo, adatto al tempo
in cui viviamo. E penso lo si debba fare anche per ridare dignità al nostro Partito, lo si debba fare
per rispetto di tutta la gente che si è sempre riconosciuta nel Pd di Urbino, nella sinistra urbinate,
che è ancora numerosa in città e che attende un segno di vita, e che qualcuno la possa guidare
versi nuovi obiettivi e verso la realizzazione di quei sogni che ognuno di noi ha nel cassetto. Penso
anche che lo si debba fare perché ci sono tante persone perbene, donne e uomini che negli anni
non hanno mai fatto mancare il loro impegno. E che, sono sicuro, a prescindere dai ruoli che
assumeranno, non continueranno a farlo mancare.
Ritornando alle elezioni amministrative il Pd ha avuto l'occasione di giocarsi un pezzo del proprio
futuro, e l'ha gettato alle ortiche, con un atteggiamento arrogante e privo di umiltà, da cui nessuno
si può sentire escluso, e che non andrà MAI più ripetuto.
Se andiamo ancora più a fondo in questi anni il centrosinistra alle Comunali ha perso molto del suo
consenso, guardiamo i dati: dal 43 % di Londei (PCI) nel 1990, al 51,47 % di Galuzzi (PDS) nel
1995, al 39,74% di Galuzzi (DS) con una coalizione che ha raggiunto il 71,6%; poi nel 2004
passiamo all'era Corbucci (DS) dove si arriva al 38% e con la coalizione al 68,6%; cinque anni fa
Corbucci si ricandida e come PD si raggiunge il 43,25% e la coalizione raggiunge il 54,5%; infine
l'ultimo sconcertante dato del 2014, con un PD al 32,1 % con la nostra candidata Muci che arriva
al primo turno al 37% con la coalizione, ma perde poi al ballottaggio con Gambini. Tutto ciò mentre
alle europee, sempre nella stessa domenica, 25 maggio, le stesse persone che entrano nella
cabina elettorale votano per il 53 % il Partito Democratico. Un dato sconvolgente: 1964 persone
che votano cose diverse nella scheda elettorale, ovvero ben 4889 persone scelgono PD alle
europee, mentre solo 2925 lo fanno alle comunali. Noi dobbiamo capire come consolidare la
nostra base e recuperare quelle 1964.
Ora, sembra che il nostro tempo sia lontano e che cambiare sia uno sforzo immane. Ma in realtà
non è così. Durante le primarie i sondaggi ci segnalavano che nella nostra città c'era una
percezione della qualità della vita mediamente più alta rispetto ad altre città della provincia e della
regione.
Ma ciò nonostante la gente era preoccupata: preoccupata per il futuro lavorativo dei propri figli che
sono stati costretti e lo sono ancora ad emigrare in altre città o altri paesi per realizzare le proprie
aspirazioni. Più volte ho citato l'esempio di un elenco che ho fatto di quasi 200 giovani urbinati
under 40 costretti negli ultimi 5 anni ad emigrare non certo per loro volontà.
Oggi vedo una città in attesa, in attesa di capire che cosa potrà fare questa nuova
Amministrazione, c'è una grande aspettativa, ma sono certo di una cosa: ci si innamora facilmente
delle cose nuove, e non è facile tornare a scaldare i cuori della gente, ma la stessa gente
altrettanto facilmente oggi torna indietro sulle proprie scelte, se si rende conto di poter avere
persone serie, nuove, come punti di riferimento.
2. E NOI, COSA POSSIAMO FARE?
La nostra città ha grandissime eccellenze, pensiamo solo al sistema della formazione,
dall'Università, con oltre 500 anni di storia, all'ISIA, all'Accademia di Belle Arti, all'Istituto d'arte
Scuola del libro, all'Istituto Tecnico, e tante altre realtà di valore che ci hanno contraddistinto per
anni e che possono essere un volano che porti valore e nuova occupazione solo se visti in
un'ottica nazionale ed internazionale, dove i nostri punti di riferimento non saranno più solo Pesaro
ed Ancona, ma soprattutto Roma e Bruxelles, dove i nostri obiettivi non dovranno essere solo
avere più studenti, ma far conoscere a più persone il nostro territorio, e quindi avere anche più
turisti. E dove avremo cura degli anziani, che in un'ottica di invecchiamento della popolazione ci
saranno sempre di più, e dico per fortuna, perchè significa che si vive bene, ma dove avremo cura
anche dei giovani che vogliono affermarsi qui, e per i quali dovremo impegnarci a creare loro delle
nuove opportunità.
Per questo dobbiamo dare una scossa. Ora non abbiamo più alibi. Chi come me crede nella
politica, crede nel valore e nella dignità della politica, sa che non è così, stando fermi, che si può
tornare a vincere, non può essere così. Ci meritiamo di più. E tocca a noi cambiare il PD.
Dobbiamo affrontare le cose con maggiore coraggio ed entusiasmo, smettere di vivere la
condizione di chi pensa che dopo questa sconfitta tutto sia perduto. La politica è veloce, ed
occorre ripartire subito con forza e coraggio.
Dobbiamo trasformare la rassegnazione in tenacia. E dobbiamo sapere che la crisi che stiamo
vivendo, crisi economica, occupazionale, certo, ma anche crisi di un modello di valori, è la più
grande opportunità che noi abbiamo per restituire il futuro ad Urbino. Questa crisi non va sprecata,
noi non vogliamo sprecarla. E una crisi destinata a cambiare il senso di parole come benessere,
lavoro, ideologia, appartenenza. La sinistra vince solo quando costruisce il futuro, quando discute
con gli altri e non quando si chiude su sè stessa, come ha fatto fino ad ora.
Inutile recriminare ormai. Inutile continuare a discutere tra di noi. Abbiamo fatto una lettura sincera
delle cause della sconfitta. Spero che tutti abbiano inquadrato dove abbiamo sbagliato, non per
attribuire giudizi o dare pagelle: più banalmente perché non succeda di nuovo.
Quando poi parliamo di cambiare non penso semplicemente a sostituire delle facce con altre, non
penso ad una semplice sostituzione di un gruppo dirigente che ha prodotto questa sconfitta, ma
anche e soprattutto ad un cambio di mentalità rispetto alle idee che non hanno funzionato, i metodi
che ci hanno impedito di parlare a tutti.
Per questo ho chiesto, abbiamo chiesto la disponibilità a persone con maggiore esperienza di
lasciare spazi ad una nuova generazione, senza voler mortificare l'esperienze di nessuno, ma con
la consapevolezza che una nuova generazione sia pronta a prendersi le responsabilità. Vogliamo
costruire un PD che sia in grado di portare proposte concrete per la città, nell'interesse della città e
dei cittadini. Un Pd che sia in grado di trovare nuove forme, più agili, di relazione con persone che
non hanno compiuto una scelta di vita non votando il Pd, ma hanno espresso una opzione magari
temporanea indice di scetticismo nei confronti di una sinistra che non è stata in grado di rinnovarsi.
Vanno trovate forme di relazione con la società che facciano anche emergere punti di divergenza.
Renderli trasparenti aiuta a far crescere un'organizzazione, a tenere unito un Partito che vogliamo
plurale.
Abbiamo un quadro politico molto frammentato: Forza Italia già in corsa per le regionali 2015 con il
centrodestra, i Verdi che correranno per le regionali probabilmente con il centrosinistra, e che con
Sgarbi per il momento non hanno esaltato (aveva promesso di far conoscere Urbino al mondo ma
non sa ancora da dove cominciare ed in questo periodo ha collezionato solo assenze e risultati
negativi come la questione del Palazzo Ducale fuori dai 20 musei nazionali). La lista Liberi per
cambiare di Gambini, ovvero un gruppo di persone legate da un progetto amministrativo tenuto
insieme con l'obiettivo di battere il Pd alle elezioni, e che non ha ancora declinato una vera vision
politica futura, ovvero cosa pensa che la città debba diventare. Il Movimento CinqueStelle, che
sembra rifiutare grandi collaborazioni: purtroppo o per fortuna, solo il PD può in questo momento
ripartire per costruire un nuovo progetto politico in grado di imporre un vero cambiamento futuro. Il
Congresso sarà un'occasione molto bella e stimolante per restituire fiducia ai nostri amici e
sostenitori.
Dobbiamo vivere questo momento facendoci ispirare anche dalla curiosità, non dalla nostalgia. E
abbiamo bisogno di discutere, di confrontarci, anche di litigare. Ma sulle idee, non sulle simpatie
personali. Sulle proposte, non sui pregiudizi. Per questo invitiamo a leggere questo documento. A
dialogare, a criticare, a proporre.
E, alla fine, a coinvolgere persone nuove in vista del congresso. Perché solo con uno strumento si
ritorna ad essere punto di riferimento: la partecipazione.
3. A COSA SERVE UN PARTITO?
Il Pd è in fondo l’erede dei partiti di massa della Prima Repubblica, Pci e Dc. Emerso
dall’esperienza dei soggetti politici post-comunisti e post-democristiani. Alleati nell’Ulivo e riuniti,
infine, nel Partito Democratico. Un soggetto politico con radici ideologiche e organizzative
profonde. Impiantate sul territorio e nella società. Anche per questo, estraneo ai modelli di
leadership. Ed invece per tradizione nel Pd si sono susseguite correnti e gruppi, a livello nazionale
e locale.
Noi dobbiamo andare oltre, dobbiamo fare nostra l'idea di "Partito modello di Comunità", che è una
cosa completamente diversa dal modello di partito tradizionale, ed ha a che fare molto con il modo
di stare insieme.
Finché la nostra sarà una democrazia sostanzialmente rappresentativa sarà necessario che le
comunità siano in collegamento diretto, dialettico e continuativo con la politica. Oggi emerge con
chiarezza il ruolo di facilitazione, attraverso nuove forme di aggregazione, che hanno i soggetti
"non politici". In questo scenario le questioni che si aprono sono molteplici e appassionanti, ma
due sono senza dubbio centrali.
La prima: quali comunità sono candidate ad aver voce? Penso che i Partiti, se vogliono ancora
avere voce, devono essere in grado di parlare un linguaggio nuovo, devono saper coinvolgere la
gente, devono riprendere a parlare con i giovani di questa nostra città e costruire un progetto
completamente nuovo, che non guarda a quale tessera hai in tasca per dirti: "hai una buona idea,
ti ascolto". E' chiaro che andranno valorizzati gli iscritti, i soci della nostra organizzazione, ma
dovrà essere un gruppo aperto alle contaminazioni, una cosa nuova, un luogo dove non siamo mai
stati, ma dove vorrei portare tutti voi, perché secondo me è il più bello di tutti i luoghi della politica.
Ed una nuova identità politica naturalmente non si costruisce venerando il passato, ma trovando
soluzioni ai problemi dell'oggi, permettendo che i cittadini ci identifichino come quelli che fanno ciò
che dicono. E in questo discorso sulle comunità che hanno voce in una città ed in un territorio
voglio chiarire bene il tema relativo alle associazioni culturali o movimenti, che, sempre più
frequentemente, popolano la scena politica. La cosa più importante credo debba essere la
chiarezza ed il rispetto tra esse ed i Partiti di riferimento, o il Partito di riferimento, che in questo
caso è il PD. Sono sempre stato favorevole all'attività associativa e culturale; in fondo io provengo
da lì, prima con le associazioni studentesche, poi con quelle culturale. E non cambierò idea oggi
solo perché mi candido a guidare un Partito. Sono favorevole al tipo di attività che possono
svolgere perché so quanto possono arricchire la base culturale di un territorio, coinvolgendo le
persone, promuovendo eventi e iniziative di approfondimento. Se nel tempo, tra la comunità del Pd
e la comunità delle associazioni politico-culturali che si affacciano sulla scena politica ci sarà
rispetto reciproco e se necessario, condivisione delle posizioni e delle scelte, penso che possa
esserci un arricchimento della vita politica urbinate. Se, al contrario, dovessero esserci obiettivi
nascosti, allora credo non sarebbe una facile convivenza. Ma sono fiducioso che non sarà così.
Patti chiari, e amicizia lunga.
La seconda questione: possibile che in un momento di rivoluzione sociale come l’attuale, la
preoccupazione dei partiti sia circoscritta alla sola sopravvivenza in seguito alla crisi del
tesseramento ed il finanziamento pubblico? Io penso che non possa essere solo questo. Anzi, la
priorità credo debba essere invece capire quale sarà il ruolo dei partiti. E solo attraverso le attività
e la vitalità dell'azione politica si potrà rispondere a questa domanda.
Un Partito è utile se non è autoreferenziale, se sa ascoltare e si fa trovare preparato nei momenti
importanti, diventando il punto di riferimento della città per costruire una valida alternativa per tutti i
prossimi appuntamenti, dalle regionali, alle politiche, alle amministrative.
4. COSA FAREMO?
Promuoveremo tre grandi macro progetti:
1) PARLIAMONE: riprenderemo il dialogo con la gente, per ascoltarla, molto; visiteremo le
aziende e gli esercizi commerciali e sentiremo quali sono le loro esigenze. Lavoreremo con i
commercianti del centro storico e delle frazioni per capire cosa va e cosa non va. Sappiamo che la
politica urbinate va riformata completamente: troppa è la distanza che la separa dalla quotidianità
della gente. Per questo vogliamo acquisire forza tornando a coinvolgere i cittadini investendo sulla
partecipazione, con un grande progetto per organizzatori di comunità.
2) FORMIAMOCI: costruiremo un progetto di formazione a tutti i livelli, dai circoli ai dirigenti
dell'Unione Comunale, al PD Nazionale; proporremo Urbino come centro nazionale di formazione
per il Partito Democratico.
3) SVILUPPIAMO IL FUTURO: dobbiamo ripensare al modello economico della città, perché
quello che c'è ora non regge, e torneremo ad essere credibili solo se possiamo offrire delle
proposte concrete su dove portare la città nei prossimi 20 anni. Lavoreremo per costituire dei
gruppi di lavoro (focus group) sul modello del Piano Strategico, in cui coinvolgere iscritti ma anche
curiosi ed opinion leader esterni al Pd per approfondire degli argomenti specifici, e
successivamente presenteremo pubblicamente i risultati.
Tra le prime iniziative su cui lavoreremo ci saranno gli “Stati generali delle Aree interne", in
collaborazione con la Segreteria provinciale del PD. Vogliamo promuoverli il più presto possibile,
entro il 2014, affinché ci sia un dibattito approfondito sul futuro del nostro territorio interno, che
rischia di essere schiacciato dall'eterna rivalità con la costa. Può essere l'occasione per un
confronto tra tutti gli attori istituzionali ed economico-sociali del territorio sulle specificità e le
prospettive di sviluppo delle Aree interne, anche in vista della nuova programmazione dei fondi
europei 2014-2020. Dovremo promuoverli immediatamente dopo le provinciali (che si terranno il 12
ottobre) ed in funzione della discussione sulle Unioni montane. Sarà un’occasione molto
importante anche per definire le priorità in vista delle prossime elezioni regionali 2015, per noi un
dibattito centrale. Urbino, con le sue caratteristiche, e con il rispetto dei ruoli, tornerà ad essere
presente, e ad ogni elezione regionale e politica Urbino esprimerà un proprio candidato. E ne
discuteremo, senza imposizioni, con tutto l'entroterra.
Altri progetti su cui lavoreremo:
a) Sviluppare la nuova Festa dell'Unità di Urbino, secondo un nuovo modello: dieci feste per 10
circoli, momenti di aggregazione ma anche di approfondimento su temi di attualità.
b) Organizzare Segreterie ed Assemblee itineranti nei nostri circoli e frazioni.
c) Ampliare e monitorare il tesseramento presentando report all’Assemblea Comunale ogni due
mesi.
5. IL RAPPORTO CON IL GRUPPO PD IN CONSIGLIO COMUNALE E FUTURE ALLEANZE
Sul rapporto con il Gruppo PD in Comune ci vuole estrema chiarezza: il rapporto sarà di grande
lealtà con il Gruppo, e di grande attenzione su ciò che sarà detto e fatto, perché occorre
recuperare la credibilità nei confronti dei cittadini e tenere una linea ben definita nei confronti
dell'Amministrazione. Devo ammettere che il Capogruppo Sestili ha orientato bene la linea del
Gruppo, condividendo ogni passaggio con i consiglieri. Non siamo mai stati all'opposizione, e ci
auguriamo di rimanere il meno possibile, ma ora ciò che conta è il nostro profilo. Credo sia
necessario tenere un profilo di collaborazione, non ideologico, affinché si facciano le cose
nell'interesse della città, come ha detto più volte il nostro Capogruppo. La nostra attenzione alle
azioni sarà però alta, e "l'affaire Paganelli" è stato un esempio simbolico per far capire che la
musica è cambiata, anche nel nostro Partito, per dimostrare che certe cose, a prescindere da chi
le faccia, non sono corrette. Ma se verranno fatte cose positive non c'è motivo percui
l'Amministrazione non deve avere il nostro appoggio, senza condizionamenti.
E' naturale che il nostro lavoro, se fatto bene, ci porterà inevitabilmente a ragionare su possibili
alleati di governo in futuro. C'è chi si chiede se un domani Gambini sarà con noi, o contro di noi, se
la Crespini e la sua lista potrà tornare ad essere alleata del Pd oppure no; chi dice che i Verdi, e
tutte le forze di sinistra che oggi sembrano scomparse, potranno tornare ad allearsi. Ed il
Movimento5Stelle? Mi sembra che oggi si stia affievolendo anche a livello nazionale e non hanno
mai dato prova di cercare una grande collaborazione, ma c'è chi pensa che potrebbe essere
un'idea provare anche con loro. Ci sono, quindi, nel nostro Partito, molte posizioni divergenti.
Beh, cari amici, io vorrei andare un pò oltre, e vorrei lavorare con un obiettivo: invece di pensare
se Gambini o la Crespini o i Verdi torneranno con noi io partirei da questo concetto: se 4889
persone scelgono PD alle europee mentre solo 2925 lo fanno alle comunali, noi dobbiamo capire
come consolidare la nostra base e recuperare quelle 1964, ovvero capire come recuperare quel
21% che ci distanzia dal 32% delle comunali al 53% delle europee. Capire come riconquistare le
persone, piuttosto se corteggiare i loro rappresentanti pro-tempore.
E sarà un lavoro su più fasi: la fase della riorganizzazione e la fase di costruzione di una nuova
piattaforma che possa riportare il Pd ad essere attrattivo per i cittadini, e quindi anche per
rappresentarli a livello politico. Ma prima di vedere se e con chi inizieremo un nuovo percorso
occorre capire cosa saremo.
Sarà molto utile la presenza di figure che si occupino in maniera specifica e costante delle
questioni dei vari settori, facendo in modo di non fare mai venire meno la presenza e le proposte
del Partito. Il Pd ad Urbino può arrivare ad essere un partito stabilmente al 40-45% partendo dal
32 % recente, ma il lavoro da fare sarà tanto.
6. IL PARTITO-COMUNITA'
Di fronte oggi al proliferare dei mezzi di comunicazione e alla fine del sistema partitico basato
sull'appartenenza ideologica, diviene sempre più importante per la politica saper dar forma ad un
racconto, uno storytelling capace di diffondere una visione politica prima ancora che
programmatica. Non conta più solo il programma elencato agli elettori, ma occorre realizzare un
percorso narrativo, unire i fatti in una storia avvincente dal preciso obiettivo finale, capace di
essere in linea con gli elettori. Ed è importante tornare ad essere comunità: le comunità sono gli
“acceleratori di fatto” del passaggio verso nuovi modelli di soggetti politici, e perciò sono al centro
dei programmi e dei dibattiti sullo sviluppo, dal livello iperlocale a quello nazionale.
Prima ci siamo chiesti: quali comunità sono candidate ad aver voce?L'identikit della comunità
vincente nei processi della dialettica politica è la comunità portatrice di soluzioni. Si dice
ultimamente che non c’è più spazio per produrre nuovi bisogni, ma solo per progettare nuove
soluzioni. A conferma di ciò, le Pubbliche Amministrazioni sembrano chiedere sempre con più
frequenza di incontrare i cittadini organizzati in forme profit e/o non profit in quanto portatori di
soluzioni. Ciò che rende le comunità, a ragione e loro merito, interlocutori interessanti per la
politica e la PA sembra essere la loro capacità di portare cambiamento e soluzioni, facendosi
interpreti di bisogni più o meno diffusi e urgenti nei territori o presso i target di riferimento e, di
fatto, reinventando una funzione che un tempo era dei partiti. Perché questo è il grande “omissis”
nel ragionamento e nelle pratiche con cui ci stiamo confrontando con intensità negli ultimi mesi: la
ragion d’essere dei partiti nella nuova e avvincente geografia socio-politica.
Dunque se la prima domanda è: chi e come rappresenta le comunità? La seconda è: ci servono i
partiti? E se si, con quale forma e funzione? Non si tratta di coniare definizioni nuove, ma di
iniziare a pensare secondo nuovi modelli di pubblica amministrazione.
Chi rappresenta le comunità? E’ evidente come interpreti e aggregatori di comunità stiano
emergendo a livello nazionale, e territoriale. Citando solo le esperienze più recenti e a noi più
vicine delle liste civiche abbiamo visto un fiorire di tavoli, laboratori e occasioni di confronto tra
comunità di innovatori. Oggi i soggetti del cambiamento non sono più gli individui ma le
comunità. Comunità tra loro anche differenti per visione, scopo e interessi, ma ovviamente con
aree e istanze di volta in volta aggregabili e pronte a confluire in proposte condivise.
La comunità che ci ha battuto alle elezioni amministrative è stata identificata in città come la
"comunità del cambiamento", dove tutti, chi più o chi meno, avevano preso atto di queste
dinamiche. Ora i soggetti che lavorano per l’emersione del cambiamento assumono sempre di più
la forma di comunità di comunità.
Evidentemente in questo ecosistema il "senso" della rappresentanza cambia: non si tratta di
parlare “in nome di” o di “agire per conto di” ma di facilitare, coordinare la messa in rete dei
soggetti attivi e l’emersione di istanze comuni.
Quindi dove sono e (soprattutto) ci servono i partiti? In questo contesto la domanda viene
spontanea. Spesso i rappresentanti delle comunità e delle reti del cambiamento a livello locale,
nazionale e internazionale dicono: "la nostra aspirazione non è fare politica”, per poi correggere il
tiro... “almeno non nel senso partitico del termine”. La politica a cui si guarda è “un nuovo modo di
far politica che pure affonda le sue radici nella polis greca” . Dunque nell'ecosistema che si va
formando troviamo: le comunità del cambiamento, la politica “istituzionale” affamata di soluzioni e i
soggetti facilitatori dell’incontro. Da tutt’altra parte, verrebbe da dire, troviamo i partiti, in caduta
libera negli indici di fiducia dei cittadini - quasi metà degli italiani pensa che la democrazia sia
possibile "anche senza i partiti” (Ricerca Demos per Repubblica, dicembre 2013).
Nel porci la domanda dobbiamo considerare che le comunità del cambiamento, emergenti in
questa fase di transizione, non necessariamente sono in grado o sono nella posizione di
rappresentare tutte le comunità, che sono portatrici di bisogni e non necessariamente di soluzioni.
Alcuni esperti sostengono che la crisi dei partiti tradizionali e delle forme di rappresentanza,
insieme alle dinamiche socio-economiche in corso, ha allargato la base delle persone e dei gruppi
senza diritti e ha aumentato le istanze dell’attivismo civico. Aggregazione, empowerment, ovvero
rafforzamento per pieno godimento dei diritti civili, politici e sociali e miglioramento delle condizioni
di vita delle diverse comunità sono le ragioni di essere dei partiti, che vanno evidentemente riprese
e rese attuali.
Come si cambia per non morire? Visti i fattori strutturali e contingenti sembra che il nuovo
fundraising politico rappresenterà la spinta di necessità per i partiti a riconfrontarsi e reinterpretare
la propria natura di organizzazioni non profit sui territori. Non a caso, dalla scorsa stagione in Italia
si sono avviate una serie di iniziative di approfondimento e formazione legate al tema del
finanziamento dei partiti, che portano, per forza di cose, al ripensamento della ragion d’essere dl
partito e delle sue funzioni nel mutato panorama.
E’ necessario un processo di trasformazione dei partiti che tenga conto della transizione culturale
appena cominciata in Italia e delle dinamiche ancora poco mature di aggregazione sociale attorno
alle issues (i temi) più che alle ideologie. E qui vengo al rapporto con l'Amministrazione attuale.
Non possiamo condurre un'opposizione ideologica ma dovremo sempre di più essere concentrati
sui temi, sulle proposte, sulle policies piuttosto che sulla politics. Non solo perchè la luna di miele è
ancora in corso, ma proprio perchè sta cambiando anche la funzione dei partiti e la gente,
soprattutto a livello locale, non ci capirebbe.
Arriveremo ad un “partito relazionale” (relational party)?Intanto iniziamo lavorando per aprire il
partito, riconnettendolo con le comunità locali, con la gente e le organizzazioni.
E ancora: "Rendere popolare ciò che non lo è" significa immaginare che ogni iniziativa legislativa,
ogni elaborazione teorica, ogni soluzione amministrativa si trasformi immediatamente in campagna
di informazione e di condivisione con i cittadini. Un partito che si muove per l’azione, perché
informare e coinvolgere sono le prime missioni del Pd, missioni possibili e necessarie.
Sulla stessa linea porteremo interessanti iniziative di formazione su scala locale, come UrbinoLab,
ovvero un percorso di innovazione e formazione politica dedicato a tutti attraverso le iniziative sul
territorio ed una sperimentazione di crowdfunding, ovvero raccolta fondi dal basso.
E vorrei ancora aggiungere che la forma partito ha continuato inesorabilmente a destrutturarsi.
Non abbiamo nessun partito in Italia che abbia una forma di “organizzazione territoriale”, cioè
un'organizzazione della relazione con la società civile e con i variegati gruppi di interesse. Questo
perché la classe politica stabilisce delle relazioni con la società direttamente dalla funzione di
governo, cioè nella figura di gestore di risorse pubbliche e di amministratore pubblico. La funzione
di intermediazione dei partiti è quasi completamente scomparsa.
Guardando il modo in cui funzionano oggi, possiamo dire che i partiti sono organizzazioni che
hanno perso l’attenzione all’innovazione organizzativa. Per i partiti non si tratta solo di trovare
forme e modelli di fundraising ma di individuare nuovi modelli che permettano di superare i
fenomeni di blocco organizzativo in cui versano. Il community organizing è un modello
particolarmente interessante nel contesto attuale: la società è molto più plurale e sono tanti e
diversi i punti di vista e gli interessi. E mentre prima era più facile riconoscere bisogni e identità
collettive, oggi è molto più complesso raccogliere il minimo comune denominatore dei bisogni
espressi da un territorio.
Per chiudere, una riflessione sulla genuinità dell’interazione con la/le comunità. Non si tratta (solo)
di essere su Facebook, per capirci. La formazione e la passione politica sono fondamentali.
Si tratta di ricostruire motivazione rispetto alla funzione del partito politico. Bisogna recuperare
l’anima politica, non in termini di schieramento ma per far capire alla gente quello per cui si sta
lavorando: ricomposizione e rafforzamento di comunità, costruzione e aggregazione di consenso
intorno a cause che non equivalgono alla vendita di un prodotto, ma riguardano la vita e al
benessere delle persone.
7. E ALLA DOMANDA: MA COME CI RIORGANIZZIAMO?
E' vero, abbiamo perso le elezioni. ed ora abbiamo bisogno soprattutto di riorganizzare il partito. E
lo dobbiamo fare attraverso il lavoro di organizzatori di comunità. L'idea è di aiutare le nostre
comunità locali a organizzarsi, a unire gli sforzi per una causa comune, a condividere le
competenze, a mettersi in rete per dare più forza alle loro idee.
Un pò sul modello del partito laburista in Gran Bretagna. Occorre riprendere a girare la città,
frazione per frazione, circolo per circolo, incontrare gli iscritti ma anche le persone non iscritte.
Organizzare incontri col mondo del volontariato, delle associazioni, le imprese, le cooperative, sia
individualmente che in gruppi. Anche chi non ha votato, anche chi non ha votato per noi.
Chiedendo cose semplici, parlando di loro, delle loro condizioni di vita, le loro aspirazioni, le loro
preoccupazioni. E in che modo la politica ha a che fare con la loro vita. Senza tirare in ballo la linea
del partito: si tratta solo di ascoltare. Ciò che abbiamo forse dimenticato. Questo ci servirà
soprattutto per aprire il partito e riconnetterlo con la nostra comunità locale, la società civile.
Legami che abbiamo perso col tempo: l’attività del partito sul territorio, anche nel porta a porta,
ormai si limitava alla semplice identificazione dei potenziali elettori e alla mobilitazione elettorale.
Ma in questo modo il numero di persone disposte a bussare a una porta si è assottigliato sempre
di più. E l’età media si è alzata. Meno attivisti, meno elettori: un gruppo sempre più ristretto di
persone, incaricato di tampinare un altro gruppo sempre più ristretto di persone.
Dobbiamo riprendere con il tempo a parlare con le persone, ascoltarle. Cercare di capire quali
sono le preoccupazioni. Ed ho in mente un grande progetto di formazione per gli organizzatori di
comunità. Inizieremo con la “mappatura” delle comunità, per capire chi sono gli opinion leader
naturali di ciascun gruppo in città, nelle varie frazioni, le persone che una comunità locale rispetta,
o a cui si rivolge. Ad esempio con chi deve parlare un consigliere comunale per organizzare una
campagna o una mobilitazione locale a Pieve di Cagna? Con chi posso sapere quali sono le
aziende in difficoltà a Canavaccio? Come faccio a capire i problemi della viabilità se non parlo con
determinate persone di Trasanni? Se voglio fare politica in centro storico da dove devo partire?e
così via...
Ormai in troppi casi non si ha nessuna conoscenza della comunità, del suo territorio. Per questo
dobbiamo iniziare a riprogrammare incontri per fare cose, per discutere delle priorità. So che
cambiare l’attitudine di una struttura così antica penso che richiederà parecchio tempo. Ma
dobbiamo iniziare. Cominciare sempre con piccoli gruppi, poi con incontri più grandi che possono
portare a campagne di portata locale. Scegliere dei temi forti e portarli avanti con le comunità
locali: Cà Lucio con i comitati, il Turismo con gli operatori e le guide, la Cultura con le associazioni,
le nuove opportunità di lavoro con i neolaureati, Santa Lucia ed il centro storico con i
commercianti, il giovedì sera con gli studenti, la viabilità e i trasporti con i dipendenti delle
partecipate etc. etc.
Con il PD proveremo a verificare la questione con delle aree di lavoro, dei focus group specifici, e
ogni volta cercheremo di capire le priorità dei partecipanti. Lanceremo alcune campagne locali,
coinvolgendo i sindacati, le associazioni del territorio. Dobbiamo far sentire la gente dei supporter
democratici, proprio a partire da proposte molto concrete: "Ehi - ci dovranno dire - ma allora fate
proposte che mi riguardano".
Non ci vuole molto a capire che se la vita di un partito a livello locale si riduce a una riunione al
mese, e in quella riunione il più giovane, con tutto il rispetto, ha settant’anni, allora il partito non ha
davanti a sé un futuro molto luminoso. Noi dovremo "aprire"il partito fin dalle sue strutture locali,
ovvero i circoli, che non dovranno limitarsi a fare segrete riunioni o cercare le persone solo per la
tessera annuale. Anche perchè così il numero degli iscritti negli ultimi anni è precipitato. La gente
non rinnova la tessera, non crede più nella funzione dei partiti. Anche tra gli ex militanti si sente
dire: tanto sono tutti uguali, rubano, mentono, come si fa a fidarsi? Il messaggio che dovremo
cercare di trasmettere negli incontri con la base sarà: smettiamola di parlarci solo tra di noi!
E quando parliamo con gli elettori, il punto non è “vendergli” il partito. Conquistare un voto. Ma
bisogna ascoltare quello che hanno da dire. Se busso a una porta e dico: “Ho la soluzione per i
tuoi problemi”, ormai non mi crede più nessuno. Invece occorre stare dove sta la gente, non solo
nelle riunioni di partito.
Penso che la chiave sia accettare di parlare con le persone, una per una. Gambini e la Crespini
non sono perfetti, possono fare errori, come tutti, ma sono tornati a parlare con le persone e ad
ascoltarei. E questo per la gente è importante. A sinistra siamo abituati a parlare alla gente,
non a parlare con la gente. Siamo pieni di quelli che hanno votato a destra: pensiamo che in
fondo non abbiano capito nulla, altrimenti voterebbero per noi. Pretendiamo di insegnargli cosa è
più giusto per loro. Invece abbiamo smesso di parlare con le persone, è tutto qui.
Ritorniamo a farlo. E torneremo a vincere, presto. Vi ripeto ancora: il Pd a Urbino può arrivare al
40-45%, ripartendo dal 32 %, ma il lavoro da fare sarà tanto.
Personalmente mi sento di mettermi a disposizione per il futuro di mio figlio Nicolò...(e rin grazio fin da ora mia moglie e la mia famiglia per la pazienza che hanno e che dovranno
avere) per rendere la nostra città un pochino migliore di come è oggi, e sono sicuro che
questa volontà non valga solo per me, anzi sono sicuro che sia possa essere in ognuno di
voi...altrimenti che senso ha impegnarsi in politica?
Fare queste cose è possibile. Dobbiamo solo cambiare mentalità!
Buon lavoro a tutti noi!
info: www.federicoscaramucci.it