22/04/2014 - Gruppo Banca Carige

INTERVISTA AL NUOVO AMMINISTRATORE DELEGATO: «I SOCI? MEGLIO LIGURI»
MONTANI: «CON L'AUMENTO
BANCA CARIGE CE LA FARÀ»
icurazioni, vendita entro fine anno: «C'è molto interesse»
FRANCESCO FERRARI » 7
AUMENTO DI CAPITALE, CESSIONI, INFRASTRUTTURE: PARLA L'AMMINISTRATORE DELEGATO DELLA BANCA
MONTANI
«Assicurazioni Carige,
vendiamo entrofineanno»
«Il piano da 800 milioni? Ambizioso, ma ce la faremo
Contiamo su nuovi
soci stabili: li preferiamo
liguri»
continuerà a esnon ne esistono, in questo momenL'INTERVISTA
FRANCESCO FERRARI
GENOVA. Sveglia all'alba e riunioni convocate alle 7 del mattino, con
una tolleranza che raramente sfora i trenta minuti. I primi ad essersi
accorti del cambiamento, in Banca
Carige, sono stati i dirigenti. «Io
come Renzi? No, guardi, nessun
plagio: questi sono i miei orari da
sempre. Vero, presidente?», e giù
un sorriso di pietra rivolto a Cesare
Castelbarco Albani, che dall'altra
parte dell'ufficio annuisce: «È vero, Piero è fatto proprio così».
Piero, all'anagrafe, è Piero Luigi
Montani, il manager tornato a Genova per mettere in sicurezza la
cassaforte della città: Banca Carige. Poltrona che scotta, la sua. E
non solo per essere appartenuta al
padre-padrone della vecchia Cassa
di risparmio, Giovanni Berneschi.
«Se sono ottimista? Compiti facili
to - dice al SecoloXIX- La crisi non
ha risparmiato nessuno, soprattutto in una regione debole come
questa. Eppure ottimista lo sono.
La banca ha una storia importante
e grandissime potenzialità,oltre a
un gruppo dirigente all'altezza.
Queste sono le migliori premesse
per rilanciare Carige. E cambiarla, dove necessario».
Prima della crisi il
modello di banca più
ambito era quello di
banca internaziona- /
le. Durante la crisi
anche i big, scottati
dagli errori fatti sui
mercati esteri, hanno
scoperto il modello
territoriale. Poi è arrivata la crisi delle banche
territoriali.
Montani che modello di banca ha in
mente?
«Carige è sempre stata una banca territoriale, e
serlo. La sua storia è lì a testimoniarlo. Per essere
ancora più diretti: il
processo di risanamento che abbiamo avviato non intende assolutamente snaturare il dna
dell'istituto. Non dobbiamo dimenticare che, pur avendo un peso
molto importante, rispetto ai cinque "big" del mercato siamo una
realtà di dimensioni medio-piccole. Siamo una banca regionale che
non vuole rinunciare a mantenere
un forte interesse in altre aree, come la Lombardia, il Piemonte e il
Veneto. L'80% della nostra attività si concentrerà, non a caso, k
nel Nord Italia».
Avete appena approvato un
piano ambizioso, che prevede
un aumento di capitale di 800
milioni da perfezionare entro
l'estate. Ce la farete?
«È un piano certamente ambizioso, basti pensare che parliamo
di una cifra superiore alla metà della nostra attuale capitalizzazione
di Borsa. Ma mi permetta di far notare che quegli 800 milioni, rispetto ad altri aumenti di capitale, sembrano davvero poca cosa. Io resto
convinto che Carige possa guardare con fiducia alla realizzazione del
piano, nei tempi stabiliti».
Moody's non è così ottimista.
L'agenzia di rating ha messo in
dubbio la capacità della banca
di arrivare preparata all'esame
della Bce, il prossimo autunno.
«Moody's ha fatto semplicemente il suo lavoro. Si sa come agiscono le agenzie di rating: esaminano il passato, non il presente, e
lanciano allarmi sul futuro. Il giudizio di Moody's, da questo punto
divista, non mi ha stupito. Spetta a
noi smentirlo, e il piano che abbia-
LA CLASS ACTION
«Umanamente
capisco i piccoli
azionisti.
Posso solo dire:
abbiate fiducia»
mo approvato è stata la prima risposta concreta agli scettici».
Carige sta cercando investitori internazionali.
«Cerchiamo chiunque sia intenzionato a investire nella nostra
banca».
Certo: ma il
road show che
avete organizzato all'estero significa che guardate anche al di
là dei confini nazionali. Avete riscontrato interesse?
«Fra Milano e
Londra abbiamo
avuto contatti con
una settantina di soggetti. L'unico
problema riscontrato è il size della
banca: come le dicevo, non siamo
un istituto di grandi dimensioni e
non tutti ci conoscono. Ma l'interesse, oggettivamente, c'è».
Anche fra gli italiani?
«Noi contiamo molto sugli investitori italiani, soprattutto sui liguri. Nella banca del futuro ci sarà bisogno di qualcuno che conosca meglio di altri il territorio, le sue specificità, le sue esigenze. Anche
perché una cosa è un investitore
"di transito", altra cosa è un socio
stabile».
Quando si parla di investitori
stabili spuntano sempre i nomi
di Bonomi e Malacalza.
«Come ho già detto, saremmo
ben lieti di averli fra i nostri soci».
Nella situazione che si è determinatac'è il rischio concreto
che Carige finisca sotto il controllo di un gruppo straniero?
«In astratto è un rischio, se vogliamo chiamarlo così, che corrono tutti. Anche Unicredit e Intesa».
Nel piano industriale si fa riferimento a tagli dei costi e miglior gestione del credito. Secondo alcuni analisti - di recente ne ha parlato Ernst & Young con l'avvicinarsi dell'esame Bce
le banche potrebbero intervenire negativamente sul credit
crunch. Carige come si comporterà con la sua clientela, dalle
aziende alle famiglie?
«Sinceramente non vedo questa
correlazione diretta fra i test della
Bce e l'accesso al credito. Il rafforzamento del capitale, per quanto ci
riguarda, servirà proprio a migliorare il rapporto trabanca e il tessuto produttivo del territorio. In Liguria la crisi si è fatta sentire più
che altrove: il nostro sostegno alla
piccola e media impresa non mancherà».
Il settore marittimo rappresenta ormai la prima industria
della regione. Carige come si sta
confrontando con i suoi operatori?
«Ho avuto modo di incontrarne
parecchi. Tutti mi dicono che i
traffici stanno aumentando, e che
il solo porto di Genova sarebbe in
grado di raddoppiarli se solo avesse delle infrastrutture decenti.
Purtroppo, da genovese trapiantato a Milano da anni, non posso che
confermare questo limite. Le ricadute positive di un'opera come l'alta capacità/velocità sarebbero immense».
Carige è pronta a fare la sua
parte?
«È la città che deve farlo, prima
dellabanca. Senza il Terzo valico le
potenzialità del porto rischiano di
essere annientate: questo è poco
ma sicuro».
A proposito di infrastrutture:
fino all'anno scorso Carige era
intenzionata a finanziare l'ac-
quisizione dell'aeroporto Cristoforo Colombo da parte della
Camera di commercio. Il dossier è ancora aperto?
«Da quando sono qui nessuno
me ne ha parlato».
La cessione delle assicurazioni, che assieme ad altri asset
valgono circa 90 punti base ai fini del Common Equity Tier 1 di
Basilea 3, si sta rivelando tutt'altro che semplice. Adesso che
si è conclusa l'ispezione Ivaas si
sta muovendo qualcosa?
«Cedere un'assicurazione non è
mai facile. È uno dei pochi casi in
cui esiste un'Autorità che deve vigilare sia sul venditore che sull'acquirente. Detto
questo, il fatto di
avere chiuso il bilancio e recepito le
indicazioni dell'Ivaas ci sta agevolando
parecchio. Diciamo che
dalle manifestazioni di interesse dovremmo passare presto a una o più proposte
concrete».
Tempi di chiusura?
«Probabilmente entro l'anno».
Capitolo esuberi. Lei ha garantito che «non ci sarà macelleria sociale».
«Infatti non ci sarà. Il piano non
prevede licenziamenti, ma uscite
incentivate, pensionamenti e ricollocazioni. Nulla di tragico. Certo: l'organizzazione della rete andrà radicalmente rivista. Rinunceremo a 80/90 sportelli e adotteremo il modello "hub and spoke", con
alcune filiali alleggerite della funzione di cassa, mentre 600 risorse
andranno a incrementare l'attività
di vendita».
Che cosa si sente di dire ai piccoli azionisti che hanno intrapreso una class action contro la
precedente gestione della banca?
«Posso dire che umanamente li
capisco, e che immagino la loro
rabbia e il loro nervosismo. Ma
l'andamento del titolo non dipende dalla banca. In questi anni le
azioni Carige sono state sostanzialmente in linea con quelle degli
altri istituti. Ai piccoli azionisti
chiedo solo tanta fiducia. Spero
che accettino il mio consiglio».
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IL FUTURO DELL'ISTITUTO
Finire in mani di gruppi
stranieri? È un rischio che
in astratto riguarda tutti,
anche Unicredit
e Intesa Sanpaolo
IL SOSTEGNO AL TERRITORIO E IL CREDIT CRUNCH
In Liguria la crisi si è fatta
sentire più che altrove:
noi non abbandoneremo
aziende e famiglie
PIERO LUIGI MONTANI
a.d. Banca Carige
La scheda
* Piero Luigi Montani, classe 1954,
-^ genovese, è stato nominato
amministratore delegato di
Banca Carige lo scorso 29
ottobre.
• Dopo avere iniziato la carriera
come impiegato, a 20 anni, nel
Credito Italiano, per poi diventarne top manager, Montani ha
ricoperto fra gli altri i ruoli di
direttore generale e amministratore delegato di Banca Popolare
di Novara e amministratore
delegato di Banca Antonveneta.
Nel 2011 è nominato a.d.
di NedioCredito Centrale
(gruppo Poste), un anno più
tardi diventa consigliere
delegato di Banca Popolare
di Milano.
• Dal 2002 è Cavaliere dell'Ordine
al merito della Repubblica.
Sposato, un figlio, vive tra Carate
Brianza e Genova