Vanuzzo, un papĂ  che non si ferma

SERIE A DI BASKET » IL PERSONAGGIO
Vanuzzo, un papà che non si ferma
Il week-end speciale del capitano della Dinamo: «Mi piace questa vita, quello dei 40 anni è stato un compleanno normale»
di Roberto Sanna
» SASSARI
Un week-end così sembrava
scritto da uno sceneggiatore di
Hollywood: prima la nascita di
Thiago, poi il compleanno numero 40. In mezzo c'è stata anche la partita persa dalla Dinamo conno Trento, ma ormai
Manuel Vanuzzo può permettersi di stabilire le priorità: «Ho
imparato a separale bene il
basket dalla vita privata, certamente in campo poteva andare meglio ma una sconfitta
non poteva certo rovinarmi la
gioia dell'arrivo del mio primo
figlio».
Comunque un fine settimana speciale.
«A dir la verità non ho badato tanto al compleanno. Non è
stato un appuntamento speciale, non mi interessava fare
una glande festa e sono stato
contento di essere impegnato
in altro. I quarant'anni per me
sono stati come i trentanove o
i trentasette».
Compierli in campo non capita a tutti.
«Sicuramente. Sono contento di esserci arrivato bene, fisicamente mi sento a posto,
Meo mi ha sempre gestito molto bene. Quest'anno che sto
giocando poco ma lo sapevo
dall'inizio, c'era l'Eurolega e
bisognava fare una squadra
lunga, con gente giovane. Fino
all'anno scorso potevo essere
il terzo o il quarto lungo,
quest'anno sono il quinto. Era
chiaro dall'inizio, sto bene così. L'importante è che continui
a piacermi questa vita, allenarmi ogni giorno, stare in gruppo con i compagni. Per questo
non faccio programmi».
Con un figlio la vita e le prospettive però cambiano.
«È così, anche se siamo appena all'inizio e dobbiamo imparale tante cose. Certamente
adesso è più difficile spostarsi,
a quaranta anni, con una compagna e un figlio piccolo, pensale a un trasferimento fuori
dalla Sardegna diventa molto
coumlicato. Di certo non vogliamo cambiare i ritmi, rinunciare alle nostre abitudini.
Quello che facevamo prima in
due, continueremo a farlo in
tre. Compatibilmente col fatto
che ora chi comanda è il bimbo».
Ha pensato a quanti di questi quaranta anni ha trascorso sui campi di basket?
«Tralasciando le giovanili,
ho cominciato a fare sul serio a
vent'anni. Diciamo la metà
della mia vita, niente male».
Le soddisfazioni più belle?
«Intanto le due promozioni
in Serie A. La prima a Montecatini, quando eravamo favoriti
ma vincere è stato bellissimo
egualmente. La seconda qui a
Sassari, quando certamente
non eravamo la squadra favorita e che ho vissuto da protagonista. E le tre coppe vinte qui a
Sassari. Anche se nelle ultime
due non ho giocato, ho comunque vissuto la quotidianità degli allenamenti coi compagni e mi sento parte del successo».
Manca solo lo scudetto.
«Quello è un sogno. E certo
non possiamo sognare giocando come abbiamo fatto contro
Trento, siamo una squadra
che se non gioca 35' al massimo può perdere con chiunque. Ora pensiamo ai match
contro Reggio Emilia e Venezia, l'idea di arrivare quarti
non ci piace».
Sono arrivati molti auguri
anche da Montecatini, una
tappa importante della sua
carriera.
«A Montecatini sono rimasto tre anni e sarei rimasto ancora a lungo, sono andato via
solo per colpa dei problemi
economici della società. Non
fosse stato per quello, probabilmente non sarei mai arrivato alla Dinamo».
Ha mai pensato alla sua vita lontano dal basket?
«Per ora no. Di sicuro è difficile irnmaginarmi lontano dalla Dinamo, non so se riuscirei
a stare in una società diversa e
in Sardegna non ci sono altte
realtà all'altezza».
LA NASCITA
DI TH IAGO
Non ho ancora
pensato al prossimo anno
ma adesso per me è
diventato ancora più
difficile pensare di andar
via da Sassari
Manuel Vanuzzo mostra con Jack Devecchi lo scalpo della retina della Coppa Italia a Desio