Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 24 marzo 2014 • N. 13 20 Ambiente e Benessere Si dice bruschetta in tutto il mondo Gastronomia Il famoso pane abbrustolito e condito di aglio, olio e pomodori è uno dei piatti più tradizionali italiani, Quando una preparazione gastronomica diventa vera parte integrante della tradizione, senza né dubbi né esitazioni? C’è una regola empirica per determinarlo: un piatto diventa tradizionale quando il resto del mondo non traduce nella sua lingua il termine usato per indicarlo, ma al contrario utilizza quello originale conferitogli da chi ha messo a punto la preparazione. Quindi roast beef – al di là di come viene scritto in un menù – è e sarà per sempre patrimonio inglese, ketchup e hamburger, statunitense mentre sushi è giapponese. Certo, nel viaggiare la denominazione si modifica, provocando alte grida di orrore nel Paese d’origine, ma resta in qualsiasi parte del mondo una preparazione «tipica» di quel Paese. La guarnizione dev’essere ricca, una dadolata di pomodoro e un filo d’olio non sono sufficienti a dare corpo L’Italia ha molti termini di «piatti» che non sono mai stati tradotti nelle lingue degli altri Paesi in cui vengono consumati. Penso ad esempio a pizza, lasagna e ossobuco. Ma il pensiero corre anche a un’altra, umilissima, grande preparazione: la bruschetta. La quale, neanche a dirlo, si chiama così dovunque. Certo, il «pane condito» esiste in tanti Paesi, ma nessuno ha mai provato a tradurre «bruschetta» nella propria lingua. È un termine antico, compare per la prima volta in un testo stampato nel 1560, La singolare dottrina di Domenico Romoli, che dimostra un tale amore per questa preparazione da essere definito, a partire da quell’anno, Panonto. Crediamo, con suo sommo piacere... Bruschetta deriva da bruscato, ovvero abbrustolito. È un termine di origine centro meridionale. In Toscana si chia- mava fett’unta, in Piemonte soma d’aj (anche se qui il pane non veniva per forza abbrustolito): ma oggi in Italia e nel mondo si chiama dovunque bruschetta. Che cos’è esattamente? È una fetta di pane tostato, in forno a legna, in forno, sulla griglia ma anche in un tostapane, e poi onto in vari modi, quindi arricchito da un grasso o comunque da una proteina, in genere abbondantemente arricchito: è più un primo piatto che non un antipasto. Al di là della bontà, che ovviamente dipende in primis dalla bontà del pane, è un piatto più intelligente di quanto sembri. Se, infatti, la guarnizione è abbastanza ricca di proteine diventa praticamente un piatto unico, cioè un piatto dove c’è un equilibrio ottimale fra amidi, il pane, e proteine (in questa definizione, le peraltro utilissime vitamine nulla c’entrano): non male per una umile fetta di pane. C’è un unico aspetto di questa preparazione – in genere amata da tutti – che divide: l’utilizzo dell’aglio. La tradizione, la dottrina, la più parte della critica di ieri e di oggi (si parva licet, anche chi sta scrivendo questo articolo) è perentoria: il pane, dopo essere stato tostato e prima di essere condito, va strofinato con uno spicchio di aglio, che deve essere tutto assorbito nel pane. La motivazione antropostorica è facile: l’aglio è sempre stato uno spietato killer dei batteri – e poi funziona anche contro i vampiri, non si sa mai. Quindi... strofinate il pane con l’aglio, abbondantemente. Se la bruschetta viene consumata d’estate, fatelo con aglio fresco, delicato, che non spaventa nessuno. Se è inverno, invece, scegliete aglio secco e privatelo del budellino verde, ovvero della parte che ha afrore. Quanto al condimento: via con la fantasia. Un consiglio: la guarnizione deve essere ricca, una dadolata di pomodoro (in stagione...) e un giro di olio non sono sufficienti a dare corpo a questa preparazione. Quindi preparate qualcosa cha assomigli a un ricco sugo asciutto da pasta o da risotto e usatelo per guarnire il pane tostato: così avrete una bruschetta coi fiocchi. CSF (come si fa) ampersandyslexia Allan Bay Michael Spencer tant’è vero che come pizza e lasagna non ha bisogno di traduzioni in altre lingue La rosticciata è un vecchio, tradizionale piatto della Brianza. Ne esiste più di una variante, ma in linea di massima è un piatto a base di tagli del maiale di veloce cottura: quindi lonza e salsiccia. Quello su cui vale la pena discutere è se sia un secondo o un primo piatto, o piuttosto un piatto unico. Di certo è da sempre accompagnata con polenta e, quindi, viene fatta abbastanza umida; di fatto, è perfetta per condire pasta o qualsiasi altro amido. Perciò… decide- te voi, ma accompagnate sempre con una base amida. Ecco come si fa. Come sempre, questa mia versione non è canonica. Rosticciata: ricetta per 4 persone. Mondate 1 cipolla, 1 carota e 1 gambo di sedano. Tagliateli a dadini, metteteli in una casseruola, bagnate con 1 mestolo di brodo vegetale e acqua e cuocete per 30’, mescolando. Spellate 400 g di salsiccia, tagliatela a pezzetti che farete stufare in una casseruola con mezzo bicchiere di vino bianco secco per 5’. Aggiungete 400 g di lonza di maiale tagliata a striscioline, alzate la fiamma e cuocete per altri 10’, mescolando. Infine unite il soffritto, lasciate insaporire per 5’ mescolando e unendo poca acqua se necessario. Alla fine, la preparazione dovrà essere abbastanza «umida». Regolate di sale, di pepe, di cannel- la in polvere e di chiodi di garofano pestati, quindi servite subito con la base amida prescelta. Variante rossa. Nel momento in cui unite il soffritto aggiungete anche più o meno 200 g di salsa di pomodoro densa e 1 cucchiaino di concentrato di pomodoro stemperato in poca acqua. Ovviamente non è canonica, ma tutti – almeno quei pochi che preparano ancora la rosticciata… – fanno così. Variante acida (che io amo molto). Fate la rosticciata senza pomodoro, alla fine, fuori dal fuoco, unite abbondante panna acida. E, al posto del pepe, utilizzate abbondante paprika dolce, omettendo cannella e chiodi di garofano. Variante orientale. Un minuto prima che sia pronta, unite abbondante garam masala o curry. Vanno meglio di quanto sembri. Manuela Vanni Le proposte odierne sono un involtino a base di una carne da tutti amata, il tacchino e un manzo cotto al vapore e laccato con una salsa speciale: la salsa d’ostriche. Manuela Vanni Ballando coi gusti Involtini di tacchino ai pistacchi Manzo laccato in salsa d’ostrica Ingredienti per 4 persone: 600 g di polpa di tacchino · 150 g di formaggio cremoso a piacere · formaggio grana · pistacchi · pangrattato · salvia · vino bianco secco · burro · sale e pepe. Ingredienti per 4 persone: 4 fette di biancostato da 400 g l’una · 200 g di salsa Dividete in 16 parti la polpa di tacchino e battete le parti col batticarne. Mescolate il formaggio cremoso con 4 cucchiai di granella di pistacchi e 4 cucchiai di grana grattugiato. Mettete su ogni fettina una cucchiaiata di composto, arrotolatele, fissatele con uno stecchino o legatele con filo da cucina. Quindi passatele in abbondante pangrattato mescolato a 80 g di granella di pistacchi. Disponete gli involtini in una pirofila coperta con carta da forno. Profumate con foglie di salvia, condite con 40 g di burro in fiocchetti e un bicchierino di vino. Infine regolate di sale e di pepe. Cuoceteli in forno a 180° per circa 20’, girandoli a metà cottura. d’ostrica · sale grosso. Ricoprite ogni biancostato con una presa di sale e disponeteli in un cestello per la cottura a vapore. Versate l’acqua nella pentola, inserite il cestello, chiudete con un coperchio e cuocete per 1 ora abbondante, ma anche di più, dipende dal biancostato. Scaldate la salsa d’ostriche in una padella o nel forno a microonde e spalmatela con un pennello su ogni biancostato, terminate solo quando saranno ben lucidi. Disponete la carne su una placca coperta con carta da forno e cuocetela in forno a 180° per 10’. Distribuite il biancostato sui piatti da portata e accompagnate, a piacere, con patate fritte.
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