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Strategia d'investimento
Novembre 2014
Commento sull'economia e sui mercati
Mark Burgess
Chief Investment Officer
La volatilità è tornata sui mercati azionari a ottobre sulla scia dei rinnovati timori degli investitori per la
crescita globale (soprattutto in Europa). Anche il contesto geopolitico, con il protrarsi delle tensioni in
Medio Oriente e in Ucraina e il persistere dell'epidemia di Ebola in alcune parti dell'Africa, ha inciso
negativamente sul sentiment. Anche nel mese di ottobre gli Stati Uniti hanno rappresentato una nota
positiva tra i paesi sviluppati, giacché i dati economici continuano a segnalare una ripresa modesta ma
regolare. In questo contesto, l'S&P 500 ha generato un rendimento totale in valuta locale pari al 2,4%.
Per contro, gran parte delle borse europee ha chiuso il mese in territorio negativo mentre il FTSE AllShare britannico ha evidenziato un andamento lievemente migliore con un rendimento totale in sterline
del -0,7%. I titoli giapponesi hanno invece beneficiato di un rally molto vigoroso nell'ultimo giorno del
mese, dopo che la Bank of Japan ha annunciato l'espansione del suo programma di acquisto di titoli.
Abbiamo accolto con favore la notizia poiché nel nostro modello di asset allocation continuiamo a favorire
le azioni nipponiche. Per quanto riguarda il reddito fisso, i rendimenti delle obbligazioni decennali di
riferimento sono scesi nei principali mercati come Stati Uniti, Germania, Francia e Regno Unito; alla data
di redazione del presente documento il rendimento dei titoli a dieci anni statunitensi si attesta al 2,36% a
fronte del 3,03% di inizio anno.
Con l'approssimarsi della fine del 2014, ravvisiamo tre principali problemi che a nostro avviso andrebbero
almeno parzialmente risolti prima che gli asset rischiosi riescano a evidenziare progressi significativi. Il
primo riguarda le prospettive sugli utili e la loro ragionevolezza in un contesto di rallentamento della
crescita globale. La seconda questione è di ordine politico e nello specifico occorre capire se le autorità
intendono o meno affrontare il problema della persistente debolezza economica che affligge regioni quali
l'area euro. Bisogna infine chiedersi se la contrazione dei prezzi del petrolio, che dall'inizio dell'estate
hanno perso circa il 25%, sia solo temporanea oppure sia destinata a proseguire.
Con riferimento agli utili societari, i recenti dati relativi agli Stati Uniti sono stati in gran parte positivi ma in
altre aree il quadro si presenta molto più contrastato. In Europa, l'ultima stagione dei risultati si è rivelata
mediocre e diverse società del continente continuano a risentire della decelerazione in atto nei mercati
emergenti. In Giappone, i mercati azionari hanno evidenziato performance robuste ultimamente giacché
le società beneficiano dell'indebolimento dello yen e dell'apprezzamento del dollaro. Ciononostante,
l'Abenomics sembra perdere slancio e la popolarità di Abe è recentemente calata a causa di diversi
scandali politici. In Cina, l'espansione economica continua a rallentare e l'economia sembra destinata a
registrare la sua peggior performance annua dal 1990.
Il deterioramento delle prospettive di crescita globale, unitamente al fatto che le autorità politiche sono
alquanto impotenti al riguardo, rappresenta una chiara fonte di preoccupazione: molte economie mondiali
continuano a perseguire politiche monetarie incentrate su tassi d'interesse nulli o prossimi allo zero e
persino paesi considerati modelli di "capitalismo sostenibile", come la Svezia, hanno dovuto azzerare i
tassi a causa della flessione dei prezzi. Le misure di stimolo fiscale dovrebbero di norma concedere un
po' di tregua ma la realtà è che gran parte dei governi è già gravata da debiti troppo elevati, per cui un
aumento della spesa volto a imprimere slancio alla crescita è un'opzione da escludere. Sul fronte della
politica monetaria, la decisione del Giappone di espandere gli acquisti di asset è accolta con favore,
soprattutto ora che la Fed sta ponendo fine al QE, anche se una delle economie che probabilmente
risentirà in misura maggiore dell'indebolimento dello yen è la Germania.
Per gli asset rischiosi il vantaggio principale è il sostegno ai consumi e all'industria nel mondo sviluppato
che dovrebbe derivare dall'indebolimento del prezzo del petrolio. Il rovescio della medaglia è ovviamente
rappresentato dalla maggiore pressione fiscale e dall'acuirsi della volatilità delle valute nei paesi
produttori di oro nero.
J21704 Pubblicato a novembre 2014 | Valido sino a fine febbraio 2015
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Riservato agli investitori professionali
Strategia d'investimento | Novembre 2014
Solo il tempo ci dirà se il ribasso del petrolio sia destinato a durare o se sia solo momentaneo, ma la
flessione dei prezzi energetici (e di conseguenza la debolezza dei dati sull'inflazione) dovrebbe
significare che le pressioni sulle banche centrali dei paesi sviluppati affinché le stesse prendano in
considerazione un aumento dei tassi d'interesse saranno contenute o nulle almeno fino al secondo
semestre del 2015.
Per quanto riguarda il nostro modello di asset allocation, continuiamo a prediligere le azioni rispetto alle
obbligazioni. Tuttavia, date le incertezze illustrate in precedenza sul fronte della crescita e a livello
politico, aspettiamo di osservare una maggiore chiarezza in fatto di utili e valutazioni più convenienti
prima di rafforzare la nostra esposizione. Gli attuali livelli dei rendimenti dei titoli di Stato dei paesi core
non ci sembrano adeguati ma le dinamiche di crescita e di inflazione suggeriscono che potrebbero
rimanere bassi ancora per qualche tempo.
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