Cosa bisognerebbe fare?

a cura di Paolo Pini
Urbino, 3 settembre 2014
Di cosa trattiamo ….
Declino della crescita di reddito e
produttività negli anni dell’euro
Produttività e salari … cosa è avvenuto
dopo il 1993?
Le flessibilità nel mercato del lavoro .. la via
sbagliata
La flessibilità innovativa nell’impresa, il vero
spread italiano in Europa
Che fare ? Obiettivi di produttività
programmata e ruolo della contrattazione
Che
fare
?
Un nuovo scenario …. ed i problemi aperti
1) Il cuneo fiscale: il «mantra» che ritorna (Lettaeconomics)
2) Un posto di lavoro «precario» per tutti (Renzieconomics)
3) Un taglio da fare? spending review e spesa pubblica
Rilanciare la contrattazione sul salario e sulla produttività
nel contratto nazionale
L’innovazione nei luoghi di lavoro e la contrattazione
aziendale
Il ruolo dell’intervento pubblico
Il contesto della politica macroeconomica: austerità
espansiva, precarietà espansiva, politica monetaria e
politica fiscale
Premessa di ieri l’altro: l’Italia
Anche Confindustria lo dice
………… che così non va …
Una immagine del declino:
produttività e reddito negli
anni dell’euro
G7, Eurozona…. e l’Italia
dal 2000
Cosa è successo dal 1990 a
salari e produttività ?
dal 1980
Tassi di crescita del salario reale annuale, 1990-2012,
medie annuali (Oecd Statistics, novembre 2013)
Tassi di crescita della produttività oraria, 1990-2012,
medie annuali (Oecd Statistics, novembre 2013)
Salari reali e produttività oraria,
1990-2012, tassi di crescita medi
annuali
110
100
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
Salari reali e produttività
1990=100
120
115
produttività
105
salari reali
95
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
Quota del reddito da lavoro sul PIL
1990-2012
0,79
0,77
0,75
0,73
0,71
0,69
0,67
0,65
Salari reali e produttività ?
un disallineamento annunciato
5
labour productivity
4
3
2
1
0
-5
-4
-3
-2
-1
-1
0
1
2
3
4
-2
-3
-4
-5
real compensation
5
Il modello del Protocollo 1993
Livello macro: inflazione
programmata
Livello micro: retribuzioni ed
innovazioni per far crescere
produttività/redditività secondo
modalità partecipative nelle imprese
Livello sistemico: intervento
pubblico per sostenere i due livelli,
micro e macro
Cosa è avvenuto …..
Livello macro: congelamento salariale e riduzione
dell’inflazione come programmato
Livello micro: la contrattazione decentrata non è
stata leva per l’innovazione nei luoghi di lavoro, non si
è diffusa, semmai sono stati introdotti premi di
risultato «fordisti» o premi «cosmetici», ma non premi
di «partecipazione» legati all’innovazione
Livello sistemico: l’intervento pubblico ha fallito,
non c’è stato oppure non è stato sistemico, le riforme
non sono state realizzate
Banca d’Italia, luglio 2014
Fonte: Francesco D’Amuri e Cristina Giorgiantonio, «Diffusione e prospettive della
contrattazione aziendale in Italia», Questioni di Economia e Finanza, n.221, BdI, luglio 2014
Inversione di rotta:
la via della flessibilità nel
mercato del lavoro
A fine anni ‘90 l’avvio delle riforme al margine e la
creazione del mercato del lavoro parallelo
…. e la produttività ristagna
Tutele del lavoro e produttività
del lavoro in italia
Indice di protezioni all’impiego
(Oecd)
Fonte: Pini, 2013
Tutele del lavoro e produttività
Fonte: Pini, 2013
Fonte: Pini, 2013
Fonte: Pini, 2013
Fonte: Travaglini, 2014
Fonte: Travaglini, 2014
Fonte: Travaglini, 2014
Fonte: Travaglini, 2014
La flessibilità interna ….
all’impresa: il vero spread
italiano
.. Uno sguardo alla organizzazione del lavoro, ai luoghi
di lavoro, dove si innova (e dove non si innova)
Cosa si fa in Europa ?
La flessibilità interna
Gli effetti della flessibilità interna
La nuova fase: dalla «Letta-economics» alla
«Renzi-economics»
1) Il cuneo fiscale: il «mantra» che ritorna
2) Un posto di lavoro «precario» per tutti
3) Un taglio da fare? spending review e
spesa pubblica
La nuova fase: dalla «Letta-economics» alla
«Renzi-economics»
1) Il cuneo fiscale: il «mantra» che
ritorna
La nuova fase: dalla «Letta-economics» alla
«Renzi-economics»
2) Un posto di lavoro «precario» per
tutti
Il lavoro flessibile (1)
Obiettivo: rilancio dell’occupazione tramite la via della
semplificazione contrattuale per le imprese
Contratti a termine ed a somministrazione
A) lavoro a termine per 3 anni senza «causale» invece che 1 anno
B) eliminazione della motivazione del rinnovo del contratto a termine:
«acausalità», dopo il primo contratto a tempo determinato
C) limite massimo al rinnovo: 8 contratti a termine consecutivi (durata
4 mesi primo contratto e 4 mesi per rinnovi), senza obbligo della pausa
D) contratti a termine non oltre il 20% dell’organico nelle imprese da 5
addetti; entro i 5 addetti, sempre possibile 1 e più contratti a termine; i
limiti non si applicano per gli over-55 e per avvio nuove attività;
E) la contrattazione collettiva può intervenire su tali limiti quantitativi
per ragioni di sostituzione e stagionalità (deroga dalla legislazione)
F) anche sui contratti di “somministrazione” di lavoro (ex lavoro
interinale), si prevede “acausalità” per contratti a tempo determinato di
durata sino a 3 anni.
Il lavoro flessibile (2)
Obiettivo: rilancio dell’occupazione tramite la via della
semplificazione contrattuale per le imprese
Contratti di apprendistato
A) non più necessario confermare il 30% di apprendisti con
contratto stabile
B) non più necessario il piano formativo individuale
sottoscritto tra lavoratore ed impresa
C) retribuzione del lavoratore per il tempo di attività di
formazione pari al 35% della retribuzione contrattuale
D) eliminazione dell’obbligo di integrare la formazione on
the job professionalizzate del datore di lavoro con quella
formativa pubblica
E) la contrattazione collettiva può intervenire su tali limiti
(deroga dalla legislazione)
Il lavoro flessibile:
i possibili effetti (1)
1) crescita della dispersione salariale e delle disuguaglianze
retributive: a parità di mansione e qualifiche: paghe
individuali differenziate
2) crescita della instabilità del rapporto di lavoro e delle
difficoltà a costruire un percorso lavorativo di lungo
periodo; crescita del rischio di passare da un lavoro ad un
altro, sempre precario
3) svalorizzazione del lavoro come realizzazione personale
ed accentuazione del rischio di «lavoro servile» senza
tutele e con discriminazioni sostanziali (di genere e di
censo)
Il lavoro flessibile:
i possibili effetti (2)
4) sostituzione del lavoro precario a lavoro stabile, senza
effetti significativi sul volume di occupazione
5) riduzione degli incentivi alla formazione dei lavoratori
interna all’impresa e stimolo alle relazioni di mercato: buy
verso make; non vi è differenza significativa tra contratti a
termine e apprendistato
6) riduzione degli incentivi alla innovazione nell’impresa
con sostituzione della flessibilità esterna alla flessibilità
interna: «trappola della bassa produttività»
Due visioni opposte sulla
flessibilità dei contratti
1 aprile 2014, Londra, Matteo Renzi
"I dati sulla disoccupazione lo dimostrano: nel 2011 l'Uk era
all'11% e l'Italia all'8,4%, ora loro sono al 7%" e noi al
12,3%: in questi anni abbiamo perso troppa strada, noi
abbiamo un sistema che manca di flessibilità. In Italia
abbiamo 2100 articoli nel codice del lavoro. Noi pensiamo di
scendere a 50-60 articoli, traducibili anche in inglese, che
assicurino tempi certi".
Due visioni opposte sulla
flessibilità dei contratti
1 aprile 2014, Atene, Ignazio Visco
"Sul fronte del lavoro abbiamo osservato una flessibilità non
utile, utilizzata da imprese che non hanno innovato, ora
stanno innovando, ma per lungo tempo hanno rinviato
riducendo il costo del lavoro sfruttando la flessibilità.
Bisogna perseguire una flessibilità diversa". Le imprese che
assumono, così come i lavoratori, hanno entrambi interesse a
creare dei rapporti di lavoro a lungo termine. Spiegando che
preferisce parlare "di rapporti, non di contratti", Visco ha
detto che "è più facile che entrambi, chi dà lavoro e chi lo
prende, accettino di investire se il rapporto è stabile".
La nuova fase: dalla «Letta-economics» alla
«Renzi-economics»
3) Un taglio da fare? spending review e
spesa pubblica
Spesa pubblica (1)
(Fonte: Perri - Realfonzo, 2014, Economia e Politica)
Spesa pubblica (2)
(Fonte: Perri - Realfonzo, 2014, Economia e Politica)
Spesa pubblica (3)
(Fonte: Perri - Realfonzo, 2014, Economia e Politica)
Spesa pubblica (4)
(Fonte: Perri - Realfonzo, 2014, Economia e Politica)
Spesa pubblica (5)
(Fonte: Perri - Realfonzo, 2014, Economia e Politica)
Spesa pubblica (6)
(Fonte: Perri - Realfonzo, 2014, Economia e Politica)
Spesa pubblica (7)
(Fonte: Perri - Realfonzo, 2014, Economia e Politica)
Spesa pubblica (8)
(Fonte: Perri - Realfonzo, 2014, Economia e Politica)
Spesa pubblica (9)
(Fonte: Perri - Realfonzo, 2014, Economia e Politica)
Spesa pubblica (10)
(Fonte: Perri - Realfonzo, 2014, Economia e Politica)
Che fare ?
.. un Patto tra lavoro e capitale ?
Un Patto tra produttori ?
Un Patto in difesa delle fabbriche ?
Nuovo modello contrattuale per
salari e innovazione che inneschi
maggiore produttività
Contrattare a livello nazionale quote di
salario di produttività in base ad obiettivi
da conseguire
Contrattare a livello decentrato
l’innovazione nei luoghi di lavoro e
realizzare li la quota rimanente di
crescita del salario di «innovazione»
Cosa evitare .. (1)
… che la crescita dei salari col contratto
nazionale si traduca in una «moria» di
imprese innescata da una competizione
schumpeteriana «perversa»
… che l’innovazione nei luoghi di lavoro
si traduca in una intensificazione dei
ritmi e delle prestazioni per recuperare
produttività contro (e non per) il lavoro
Cosa evitare .. (2)
… che la contrattazione lasci
scoperta una quota rilevante di
imprese dove le RSU non esistono, ed
allora deve intervenire la
contrattazione territoriale in
supplenza od un patto territoriale che
coinvolga le imprese
Cosa è necessario .. (1)
… che la crescita dei salari col contratto
nazionale sia governata a livello di
settore e di filiera soprattutto che tenga
conto della catena del valore delle
imprese
… che l’innovazione nei luoghi di lavoro
si realizzi con la contrattazione
decentrata che sviluppi anche nuovi
modelli partecipativi formali ed
informali
Cosa è necessario .. (2)
… che non si prosegua oltre con le
politiche di flessibilizzazione del
mercato di lavoro, che invece si
retroceda dalla «deriva del diritto del
lavoro» (proprio ciò che il governo
Letta non ha fatto, ed il governo
Renzi continua a non fare, anzi
accentua la flessibilità di mercato)
Cosa è necessario .. (3)
… che si cambi il modello del contratto
nazionale e si unifichino 250 e più contratti
nazionali, costruendo un contratto di tutele e
contratto di innovazione con salari negoziati
… che l’accordo «privatistico» tra Cgil, Cisl,
Uil, Confindustria (maggio 2013), su
rappresentanze-rappresentatività,
democrazia
sindacale, ed esigibilità dei contratti, la si
applichi anzitutto e si faccia una legge perché
quell’intesa divenga un «bene comune» per il
sistema produttivo (l’intesa applicativa attuale
2014 non è convincente, vedi: Alleva, il
Manifesto, 5.02.2014)
Cosa è necessario .. (4)
… che la crescita dei salari col contratto
nazionale sia coordinata a livello
europeo: occorre una regola salariale
condivisa tra paesi con avanzi
commerciali e paesi con deficit
commerciali
più salari reali per domanda interna nei
primi
più salari nominali per governare il
CLUP nei secondi
Coordinamento salariale europeo
Crescita dei salari nominali al tasso medio della
crescita della produttività in equilibrio
Recupero dell’inflazione target della BCE sul salario
nominale …
…. quindi «regola d’oro» e costanza delle quote
distributive
ma in disequilibrio, paesi in avanzo e paesi di deficit
negli scambi commerciali, nei primi salari nominali
devono crescere più della produttività, nei secondi
meno per lasciare spazio al necessario aggiustamento
della competitività (CLUP) ma con recupero della
produttività
Cosa è necessario .. ancora (5)
… che per l’innovazione nei luoghi
di lavoro si sviluppi la contrattazione
decentrata e quindi occorrono
strumenti nuovi:
Quali ? ….. Occorre una «magna carta
dell’innovazione», che sia condivisa dalle parti sociali
e dal Governo e che tracci le linee guida di cosa è
l’innovazione nei luoghi di lavoro, ed a questa «magna
carta» deve riferirsi la contrattazione nazionale e
l’impegno delle parti a fare contrattazione decentrata
Cosa è necessario .. ancora (6)
… che per sostenere la diffusione della
contrattazione decentrata l’intervento pubblico
metta a disposizione risorse economiche a livello
decentrato per l’innovazione organizzativa e
tecnologica…..
Potrebbe essere il modello di riferimento
dell’Emilia-Romagna, il modello PRRIITT ?
PRRIITT: finanziamenti pubblici pluriennali di co-partecipazione
Regione-impresa e reti di imprese a bando per progetti innovativi,
progetti di innovazione e trasferimento tecnologico ed organizzativo
I bandi PRRIITT sono stati monitorati e «non piove sul bagnato», le
imprese finanziate hanno innovato di più rispetto a quanto avrebbero
fatto (campione di controllo)
Ma l’intervento pubblico deve
fare anche altro … (1)
… defiscalizzazione degli
investimenti in innovazione
organizzativa e tecnologica
… riduzione del cuneo fiscale legata
agli investimenti in innovazione
organizzativa e tecnologica
Ma l’intervento pubblico deve
fare anche altro … (2)
… riforma fiscale verso maggiore progressività
… riforma fiscale per tassare meno lavoro ed
investimenti e tassare più consumi di alte fasce
di reddito e patrimoni finanziari e non finanziari
… riforma per contrastare l’evasione fiscale:
deducibilità generalizzata delle spese e soglia
massima di uso del contante (500 euro max)
… leggi rigide per anti-corruzione, anticoncussione, voto di scambio, conflitti di
interessi ad ogni livello, nel sistema finanziariobancario, fondazioni bancarie, nella governance
delle imprese, nella Pubblica Amministrazione
…. ma occorre un’altra
Europa, nel contesto attuale
non vi sono opportunità per la
crescita
I due pilastri della politica
europea da cambiare
Dalla austerità espansiva alla precarietà
espansiva
1. Consolidamento fiscale
2. Riforme strutturali
Riforme strutturali
Riforme del mercato del lavoro: flessibilità
contrattuale e retributiva come politica di svalutazione
interna
A. Deregolamentazione contrattuale e dell’alleggerimento
del carico fiscale sul lavoro
B. Flessibilità salariale, allineamento salari nominali alla
produttvità
C. Flessibilità contrattuale: decentramento negoziale
Cambiamenti quota distributiva
del lavoro
confronto
2000-2007 e 2008-2015
2000-2007
2008-2015
Perché dopo la crisi del 2008 si è
arrivati …a questo punto in
Europa?
risposta: ragioni ideologiche
1) i paesi creditori, i virtuosi, ritengono che siano i
paesi debitori, i periferici, a dover risolvere il loro
problema del debito
2) la moneta facile (quantitative easing american style)
potrebbe creare inflazione e non risolvere i problemi
degli stati debitori
3) se i paesi debitori vengono aiutati, «non fanno i
compiti a casa», per cui regole ferree
Critiche (1)
1) i flussi commerciali sono per l’80% tra paesi europei:
i deficit dell’uno sono i surplus dell’altro, esiste il
virtuoso perché c’è il periferico
2) a surplus commerciali corrispondono flussi
finanziari dai paesi in surplus ai paesi in deficit
(eccesso di risparmio), e con surplus strutturali i tassi
di interesse per i debitori crescono
3) «dogma della competitività»: i paesi crescono se
sono competitivi ed esportano, ma se questa è la
ricetta per tutti, chi dovrebbe importare ? Ecco allora
che il dogma diventa pernicioso: «frega il tuo vicino»
fai svalutazioni competitive interne ed esporta il tuo
eccesso di risparmio così da ridurre la disoccupazione
a scapito del vicino
Critiche (2)
4) in una situazione di quasi deflazione, la moneta
non crea inflazione, anzi riduce i rischi di deflazione
5) gli stati non devono essere aiutati ma il sistema
finanziario sì: 1.000 miliardi di euro nella crisi alle
banche senza alcuna condizione (le regole di
funzionamento dei mercati finanziari non sono
cambiate), mentre la BCE non può acquistare titoli di
stato e gli aiuti economici son dati a condizioni di
politiche recessive che accrescono la crisi
6) non vi sono ragioni economiche che suggeriscono
quei vincoli di non intervento della BCE e neppure che
indichino i vincoli del 60% debito/Pil e del 3%
deficit/Pil (o dello 0,5%).
Cosa bisognerebbe fare?
Quali politiche adottare ?
Contrastare il rischio deflazione
BCE contrastare la deflazione (inflazione 0,5% annuo eurozona,
Italia 0,3%, Germania solo 0,9%) (riguarda già vari paesi europei:
Spagna -0,2%, Grecia -0,4%) dati vecchi, ora son peggiori, Italia
è allo -0,1%
BCE ha annunciato che farà interventi prossimi per 1.000
miliardi di euro, ma..
…………….… la BCE da tempo dice «farà… », tuttavia non agisce
quando e quanto dovrebbe
……………….. la politica monetaria non basta per uscire dalla
deflazione provocata dalle politiche di austerità, se tali politiche
proseguono più o meno incessanti
Cosa bisognerebbe fare?
Quali politiche adottare ?
Consolidamento fiscale e crescita
Fiscal compact da rinegoziare: rientro entro il 2035 non
praticabile, pareggio strutturale di bilancio da eliminare
La riduzione del debito avviene solo con le politiche di
crescita e non con misure di austerità
La crescita implica aggiustamenti nei paesi in surplus
commerciale e non solo in quelli periferici
Rilancio della domanda interna e riduzione dell’eccesso di
risparmio interno nei paesi in surplus, via consumi e
investimenti interni
Investimenti pubblici nei paesi in deficit non conteggiati
nei deficit pubblici per il rispetto del vincolo 3%
Cosa bisognerebbe fare?
Quali politiche adottare ?
Crescita per la piena occupazione
La piena occupazione deve essere posta al centro
dell’agenda europea
Piano di investimenti pubblici europei per rafforzare la
produttività, il livello tecnologico, con l’obiettivo della
economia della conoscenza
Finanziamento mediante Eurobond for growth con un
ruolo attivo della BCE
Bilancio europeo: da sotto l’1% del Pil comunitario deve
essere innalzato al 3-5% con fondi degli Stati membri e
risorse proprie della Unione
Politica dei redditi a favore del lavoro per contrastare la
diminuzione decennale della quota da lavoro sul reddito
Cosa bisognerebbe fare?
Quali politiche adottare ?
Crescita della domanda interna europea
Due modelli si contrappongo
1) export led mercantilista: crescita delle
esportazioni nei mercati internazionali via maggiore
competitività soprattutto di costo (compressione
salariale e delle tutele del lavoro)
2) wage and public led keynesiano: crescita del
mercato interno via investimenti in tecnologie verdi,
conoscenza, welfare per accrescere la competitività
interna dell’Europa e la sua dimensione sociale
Cosa bisognerebbe fare?
Quali politiche adottare ?
I pilastri della crescita della domanda interna europea
Economia della conoscenza e dell’industria:
innovazione, istruzione, formazione per accrescere le
opportunità e competere sui mercati
Economia sociale: welfare pubblico, salari minimi e
reddito di inclusione, politiche di contrasto alle
diseguaglianze, tassazione progressiva sulle ricchezze
Economia sostenibile: risparmi energetici e tecnologie
verdi
Cosa bisognerebbe fare?
Quali politiche adottare ?
Le risorse
Eurobond e ristrutturazione del debito (vari progetti
esistenti ad iniziare da quello della CE 2011)
Banca Centrale Europea come prestatore di ultima
istanza (Fed americana verso Bce europea)
Tassazione delle transazioni finanziarie
Cosa bisognerebbe fare?
Quali politiche adottare ?
I rischi del non fare
Mezzogiornificazione della periferia: crescita delle
divergenze economiche e sociali tra paesi continentali e
periferici
Implosione dell’Eurozona …….. deflagrazione non
controllata dagli effetti imprevedibili
Due zone euro: periferia e centro, svalutazione
competitiva tra aree
Uscita unilaterale dall’Eurozona: soluzione impossibile
Grazie !