CARITAS DIOCESANA DI VITERBO Laboratorio Caritas Parrocchiali Scheda n. 4 RELAZIONI A MISURA DI DIO Dal Vangelo secondo Matteo 22,35-40 «Un dottore della Legge, interrogò Gesù per metterlo alla prova: “Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti”». Meditazione L’uomo è per sua intima natura un essere relazionale, non può fare a meno della relazione, perché creato «a immagine e somiglianza» di Dio (Gen 1,26) che «è amore» (1Gv 4,8), è chiamato alla relazione, cioè ad amare: solo così realizza la verità di se stesso. 1 Gesù ci consegna due “comandamenti d’amore”, che sono come le due facce di una stessa medaglia: l’amore di Dio e l’amore del prossimo che sono tra loro indissociabili. Non si può separare l’amore di Dio dall’amore del prossimo: nel volto dell’altro c’è l’immagine di Dio. Afferma l’apostolo Giovanni: «Se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello» (1Gv 4,20-21). Nella società attuale è difficile instaurare relazioni improntate sull’amore, relazioni “a misura di Dio”. Purtroppo è frequente sperimentare anche nei nostri contesti ecclesiali rapporti interpersonali fondati sulla soddisfazione egoistica dei propri bisogni e sulla ricerca del proprio comodo, segno di un rapporto individualistico con Dio: la religiosità a quel punto diventa “rifugio”, “fuga” da tutto e da tutti. Alla relazione immediata si preferisce la relazione “mediata”, la comunicazione mediata dallo schermo del pc, del tablet, dello smartphone; si preferisce la comunità virtuale (chat, social network…) alla comunità reale, perché l’incontro diretto e autentico con l’altro è scomodo e richiede un esodo da se stessi. L’amare Dio non può convivere con la chiusura verso gli altri, con la paura dell’altro, con la sfiducia in chi mi cammina accanto. La relazione vera, quella nella quale si scopre «Gesù nel volto degli altri, nella loro voce, nelle loro richieste» (EG 91), innanzitutto si qualifica come accoglienza e apertura nei confronti del fratello: è impossibile instaurare una relazione se prima non si accoglie come dono di Dio il “tu” che si incontra nella propria vita. In questo contesto coloro 2 che sono impegnati nella pastorale non potranno non avere un’accoglienza premurosa verso quelle categorie di persone più bisognose di aiuto e sostegno: i poveri e i deboli. Si può accogliere ed amare l’altro solo se quest’amore si nutre dell’incontro con Cristo, un incontro che deve essere vissuto come comunità, come Chiesa: «Proprio in quest’epoca, e anche là dove sono un “piccolo gregge” (Lc 12,32), i discepoli del Signore sono chiamati a vivere come comunità che sia sale della terra e luce del mondo (cfr Mt 5,13-16)» (EG 92). Revisione di vita - Il mio amore per Dio mi apre all’amore per gli altri, oppure vivo la fede chiuso in me stesso? - Sono capace di vedere nell’altro il volto di Dio? - Nel mio impegno pastorale instauro delle relazioni autentiche con gli altri, sforzandomi di uscire dal mio egoismo, oppure metto sempre al centro il mio “io”? - Accoglienza e misericordia verso tutti: questi atteggiamenti fanno parte della mia vita? - Vivo la comunità (ecclesiale, parrocchiale…) come lo spazio privilegiato della relazione con Dio e con i fratelli? Impegno Mi sforzo di accogliere tutti quelli che incontro, manifestando cordialità, non restando indifferente ai loro problemi e cercando di offrire ascolto e comprensione. Preghiera conclusiva Signore, aiutami ad essere per tutti un amico, che attende senza stancarsi, che accoglie con bontà, che dà con amore, che ascolta senza fatica, che ringrazia con gioia. Un amico che si è sempre certi di trovare quando se ne ha bisogno. Aiutami ad essere una presenza sicura, a cui ci si può rivolgere quando lo si desidera, ad offrire un’amicizia riposante, ad irradiare una pace gioiosa, la tua pace, o Signore. Fa’ che sia disponibile e accogliente soprattutto verso i più deboli e indifesi. Così senza compiere opere straordinarie, io potrò aiutare gli altri a sentirti più vicino, Signore della tenerezza. (Preghiera dell’accoglienza) (a cura di don Fabrizio Pacelli) 3 4
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