10 ottobre 2014 In breve I mercati appaiono nervosi e

10 ottobre 2014
In breve
I mercati appaiono nervosi e demoralizzati.
La Federal Reserve e il Fondo Monetario Internazionale non sono stati certo d’aiuto la scorsa
settimana, quando hanno rivisto al ribasso le prospettive di crescita economica. Inoltre, non
mancano le preoccupazioni per il virus Ebola e i conflitti in corso in varie parti del mondo, in un
momento in cui nessuna asset class è a buon mercato.
I rendimenti delle obbligazioni core sono scesi ancora e il calo del prezzo del petrolio si aggiunge ai
numerosi rischi deflazionistici. Questa situazione potrebbe continuare, soprattutto se le banche
centrali non interverranno ulteriormente per fronteggiare il calo delle aspettative inflazionistiche.
Oppure, potrebbe benissimo verificarsi un ulteriore cambio di umore, con gli investitori che
guardano ai mercati azionari e al segmento high yield per incrementare le performance prima della
fine dell'anno.
Siamo praticamente tornati sui valori dell'estate per quanto riguarda l’indice S&P500 e su valori
persino più bassi per quanto concerne le obbligazioni ad alto rendimento (high yield) negli Stati
Uniti. Tuttavia, vista la solidità dell’economia americana sono più incline a credere in una ripresa
degli indici che in un loro ulteriore e prolungato calo.
Di cattivo umore?
La fiducia continua a scarseggiare nell’economia globale. Come ho spiegato la scorsa settimana, c’è una
maggiore incertezza sui possibili sviluppi economici nei prossimi due anni poiché inizierà il processo di
normalizzazione della politica monetaria, con un possibile impatto sul sentiment degli investitori.
Durante l'ultima settimana l’umore dei mercati non è certo migliorato con la pubblicazione delle previsioni
dell’FMI e del verbale dell'ultimo incontro dell'FOMC. Nel World Economic Outlook, il Fondo Monetario
Internazionale ha rivisto al ribasso le stime di crescita del Pil globale al 3,3% per quest'anno (dal 3,7%
stimato ad Aprile), rivedendo anche le stime del 2015 al 3,8%.
L'FMI ha citato la debolezza della crescita nel primo semestre dell'anno e la situazione difficile in molte
economie emergenti. È stato pubblicato il verbale dell’incontro del FOMC del 17 settembre che fa riferimento
ai timori della Federal Reserve per la debolezza della crescita nell’Area Euro e in altre principali economie, in
abbinamento al rafforzamento del Dollaro che rappresenta un rischio di ribasso per l’economia americana. Il
rapporto contiene anche una revisione al ribasso delle stime di crescita e inflazione della Fed.
Nonostante qualche disaccordo tra i membri dell’FOMC, il verbale sottolinea che il mercato del lavoro negli
Stati Uniti mostra forti segnali di sottoutilizzo. Se questo è il messaggio che proviene dalle principali autorità
e istituzioni finanziarie internazionali, non ci sorprende che i mercati siano agitati. Basti considerare
l’andamento dei prezzi del Dow Jones questa settimana, -272 punti martedì, +275 punti mercoledì e di
nuovo -335 punti giovedì.
L’indice VIX è sui livelli massimi dallo scorso Dicembre e i rendimenti dei Treasury sono sui minimi dallo
scorso Giugno, con un conseguente appiattimento della curva dei rendimenti dei titoli del Tesoro americano.
Indubbiamente più ricchi
Ci sono altri fattori preoccupanti. Il prezzo del petrolio è sceso nelle ultime settimane, come i prezzi delle
materie prime. Anche le aspettative inflazionistiche sono scese, con il forward 5y-5y sulle aspettative
inflazionistiche della BCE in forte calo al di sotto del 2,0%. Inoltre, le ultime notizie non sono certamente
confortanti.
Disordini in Iraq e Siria, Ebola, il conflitto in corso in Ucraina dell’est e gli appelli per la democrazia a Hong
Kong in gran parte ignorati: il morale è a terra.
Ma tranquillizziamoci!
I tassi sono bassissimi e normalmente il calo dei prezzi dell’energia su scala globale (soprattutto in questo
momento dell'anno) viene considerato un fattore positivo poiché incrementa il reddito reale.
È difficile prevedere una recessione dal nulla, a meno che la fase attuale di pessimismo non porti alla
svendita degli strumenti rischiosi e alla distruzione della ricchezza finanziaria. Secondo il rapporto della Fed
“Financial Accounts of the United States”, il patrimonio netto delle famiglie è salito di 1.400 miliardi di dollari
solamente nel 2° trimestre grazie all’aumento dei prezzi dei titoli e degli immobili, mentre il patrimonio netto a
metà anno era del 10,4% più alto rispetto all’anno prima e del 40% più alto rispetto all'inizio della fase di
ripresa nel 2009. Le famiglie dovrebbero quindi essere piuttosto fiduciose sulla loro ricchezza, almeno negli
Stati Uniti. Prendiamo anche i dati sull'occupazione.
Il tasso di disoccupazione è sceso al di sotto del 6% a settembre e nei 12 mesi precedenti sono stati creati
2,64 milioni di nuovi posti di lavoro (escluso il settore agricolo), con un tasso di crescita dell’occupazione di
poco inferiore al 2,0%. Le richieste di disoccupazione settimanali sono inferiori a 300.000 e persino la
crescita del salario medio orario è in aumento.
In questo momento è difficile delineare uno scenario economico poco positivo per gli Stati Uniti.
Senza convinzione
Non voglio sottostimare i rischi per la crescita. Non mancano fattori di debolezza, soprattutto su scala
globale. La Federal Reserve è ancora riluttante a formulare una forward guidance più concreta poiché è
chiaramente preoccupata per il resto del mondo, oltre alle possibili conseguenze sulla spesa locale di
un’eventuale stretta monetaria.
Il mercato obbligazionario ha apparentemente preso atto della stretta monetaria, anche se il verbale
dell’FOMC segnala con sorpresa che il mercato dei tassi di interesse a termine sconta una stretta meno
consistente di quanto scontato dal mercato.
Il future sui tassi di interesse in Eurodollari a settembre 2015 è salito dall’inizio del mese, a conferma del
calo di fiducia in merito a un rialzo dei tassi il prossimo anno. Gli operatori del mercato obbligazionario non
sono molto convinti in effetti, e non lo sono da mesi.
I tentativi precedenti di scommettere su un rialzo dei tassi attraverso strategie di short duration sono falliti,
mentre le posizioni al rialzo sull’high yield hanno risentito dell’aumento di volatilità in questo segmento del
mercato. Ma dopo un Settembre poco brillante sul fronte dei rendimenti, Ottobre è favorito da un calo dei
tassi.
Le idee sono confuse, ma la tendenza nel più lungo termine indica un rialzo dei rendimenti obbligazionari.
Nel breve termine, in assenza di notizie positive sulla crescita al di fuori degli Stati Uniti, le previsioni tornano
ai “rischi di ribasso e quindi parte breve più a lungo”.
Chi preferisce le azioni punterà sui titoli High Yield
Penso che a breve ci saranno buone occasioni d’acquisto di asset rischiosi. Chi ha accesso ai dati
Bloomberg dovrebbe confrontare l’indice S&P con l’indice high yield total return negli Stati Uniti. La
correlazione è alta e gli indici reagiscono agli stessi fattori nello stesso momento.
La Fed si sta impegnando per impedire uno shock sui tassi di interesse (è evidente in base ai verbali
dell’FOMC), ma non è chiaro per quale motivo dovrebbe esserci uno shock sul fronte della crescita. L’indice
Citibank Economic Surprise per l’Europa è sui livelli minimi in oltre un anno, un indicatore che il sentiment è
particolarmente debole. I dati effettivi potrebbero essere ancora più deboli delle aspettative, ma è difficile che
ci siano sorprese rilevanti in merito a un ribasso della crescita economica. Lo stesso indice per gli Stati Uniti
è esattamente a metà della banda di oscillazione, sui minimi per Cina e Giappone.
Il fatto è che le aspettative non sono particolarmente ottimiste, come sappiamo, pertanto è possibile che si
verifichi un rimbalzo del sentiment, con l’acquisto di azioni e high yield. Gli strumenti privi di rischio sono
diventati molto costosi rispetto alle attività rischiose, probabilmente più di quanto giustificato dal ciclo dei
tassi nel breve termine.
L’accumulo delle riserve rallenta, la frenata degli scambi mondiali è un sintomo del ribilanciamento?
Infine qualche parola sulle valute.
Non credo che ci troviamo neppure lontanamente vicino all'attivismo valutario del passato. La Fed ha fatto
qualche accenno alla forza del dollaro nel verbale dell'FOMC, ma tra il dire e il fare c’è molta differenza.
Lo stesso vale per la BCE che ha accennato alla forza dell’Euro all’inizio di quest’anno. In passato quando le
autorità politiche volevano indebolire la valuta intervenivano con discrezione, ovvero adottavano politiche
iperprotezionistiche a scapito degli altri Paesi.
Questi meccanismi comprendevano l’acquisto di valuta estera e la vendita di valuta locale in modo da fare
incrementare nel tempo le riserve in valuta estera. In altri termini, il rapido aumento delle posizioni in valuta
estera in genere era il sintomo di politiche commerciali mercantilistiche e valute sottovalutate nel Paese in
questione.
È interessante notare che il ritmo con cui si accumulano le riserve estere ha rallentato negli ultimi anni,
implicando una riduzione degli squilibri globali e della volontà e necessità di intervenire sui mercati dei
cambi.
Il deficit delle partite correnti negli Stati Uniti si è ridotto, come surplus in Giappone e Cina. Inoltre, le
politiche reflazionistiche si sono concentrate sul Quantitative Easing e sulla creazione di credito locale,
anziché cercare di stimolare la crescita delle esportazioni e l’inflazione importata.
Ciò non significa che non assisteremo a una volatilità nel mercato valutario, né che la manipolazione del
mercato non verrà presa in considerazione da qualche politico, tuttavia oggi non ne abbiamo prove evidenti.
Il Dollaro quest’anno si è rafforzato rispetto alla maggior parte delle principali valute, ma la Fed difficilmente
se ne preoccuperà. Quel che potrebbe essere più preoccupante è che il deleveraging globale non porti a
una crescita delle riserve estere e una diminuzione degli scambi commerciali.
Non riesco a concepire un mondo dove la riduzione della leva globale porti a una riduzione dei deficit o dei
surplus commerciali né a diminuire la necessità di accumulare riserve monetarie. Alcuni Paesi devono
crescere più rapidamente degli altri per offrire opportunità ad altri produttori e investitori. Importanti squilibri
economici non sono certo un bene, ma una crescita anemica degli scambi commerciali è ancora meno
desiderabile. Con un deficit delle partite correnti pari al 4,0% del PIL, il Regno Unito sta facendo del suo
meglio. Ora manca solo che la Germania riduca il suo avanzo commerciale.
I ragazzi stanno bene
Non posso concludere il mio intervento senza menzionare il Manchester United che è tornato tra i primi
quattro in classifica nella Premier League, davanti all'Arsenal e al Liverpool (il fuoco di paglia dello scorso
anno). I Galacticos si stanno acclimatando e Di Maria ha fatto un altro goal domenica scorsa. Sarà difficile
recuperare il Chelsea o il City, ma avremo tra poco gli scontri diretti. Spero solo che Alan Hansen concordi
sul fatto che “non puoi difenderti contro calciatori del calibro di Aguero o Da Costa con dei ragazzini”!
Chris
Chris IGGO
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