Legge europea: licenziamenti collettivi anche per i

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Legge europea: licenziamenti collettivi
anche per i dirigenti
Angelo Zambelli Avvocato in Milano, Partner di Grimaldi Studio legale
Approvata e in attesa di pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale la legge europea 2013­bis
che apporta rilevanti modifiche alla disciplina dei
licenziamenti collettivi ove sia coinvolto il personale
dirigente
La vicenda legislativa in questione prende le mosse
dalla sentenza della Corte di giustizia 13.2.2014 (in
Guida al Lavoro n. 9/2014, pag. 10) che ha ritenuto
il nostro Paese inadempiente agli obblighi previsti
dalla direttiva n. 98/59/Ce, per aver escluso la cate­
goria dei dirigenti dalla procedura di informazione e
consultazione sindacale nell’ambito delle operazioni
di riduzione collettiva del personale. Prima della no­
vella, infatti, i licenziamenti collettivi erano discipli­
nati dalla legge n. 223/1991 che, all’art. 4, comma
9, riferisce la facoltà dell’imprenditore di licenziare
«gli impiegati, gli operai e i quadri eccedenti», senza
menzionare la categoria dei dirigenti. Tali disposizio­
ni sono state ritenute in contrasto con la direttiva
europea che, come risulta dalle motivazioni della
sentenza della Corte di giustizia, utilizza la nozione
«comunitaria» di lavoratore, ovvero quella di perso­
na che «fornisca per un certo periodo di tempo, a
favore di un altro soggetto e sotto la direzione di que­
st’ultimo, prestazioni in contropartita delle quali perce­
pisce una retribuzione», con la conseguenza che la
norma comunitaria non autorizza l’esclusione della
categoria dei dirigenti dall’applicazione della legge in
materia di licenziamenti collettivi.
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La procedura
Intervenendo nel modificare l’art. 24, il legislatore
ha precisato che anche i dirigenti devono essere
computati nell’organico aziendale ai fini della soglia
dei quindici dipendenti, soglia il cui superamento
determina l’obbligo di espletare la procedura di esa­
me congiunto, laddove il datore intenda effettuare
«almeno cinque licenziamenti, nell’arco di centoventi
giorni, in ciascuna unità produttiva, o in più unità
produttive nell’ambito della stessa provincia», quale
conseguenza di una riduzione o trasformazione di
attività o di lavoro. Una volta integrata la fattispecie
di cui sopra, laddove l’imprenditore intenda proce­
dere al licenziamento di uno o più dirigenti, trovano
applicazione le disposizioni di cui all’art. 4, dal com­
ma 2 al comma 15­bis, ad eccezione del versamento
del contributo di mobilità. Sì che ove nel numero dei
lavoratori che si ritengono in esubero vi siano anche
posizioni dirigenziali, queste vanno computate unita­
mente alle altre categorie di lavoratori coinvolti ai
fini di determinare la soglia dei 5 licenziamenti da
effettuarsi nell’arco dei centoventi giorni di cui sopra.
È fuor di dubbio che, alla luce della nuova fattispecie
legale, laddove il progetto di riduzione dovesse coin­
volgere ­ per ipotesi ­ esclusivamente personale diri­
genziale, il datore sarà tenuto ad osservare le norme
procedurali della legge 223/91. Ne consegue che la
comunicazione di avvio della procedura deve essere
trasmessa anche alle associazioni di categoria dei
dirigenti che avranno diritto di partecipare al tavolo
negoziale, seppur «in appositi incontri»: sarà quindi
possibile effettuare incontri separati rispetto al resto
della compagine sindacale costituita dai rappresen­
tanti delle altre categorie di lavoratori. La scelta del
legislatore è del tutto condivisibile se si considerano i
differenti interessi sottesi alla negoziazione che, per
quanto riguarda gli impiegati, i quadri e gli operai,
potrebbe sfociare nel ricorso agli ammortizzatori so­
ciali, strumenti di gestione dell’esubero non fruibili
dal personale dirigenziale. Inoltre, l’associazione di
categoria dei dirigenti coinvolti nel processo di ridu­
zione dovrà essere destinataria della comunicazione
di cui all’art. 4, c. 9, relativa alla puntuale indicazio­
ne delle modalità con le quali sono stati applicati i
criteri di scelta di cui all’art. 5 ai dirigenti licenziati
collettivamente da parte del datore.
I criteri di scelta
La legge europea 2013­bis introduce un’ulteriore
modifica all’art. 24, stabilendo che l’individuazione
dei dirigenti da licenziare dovrà avvenire nel rispet­
to dei criteri di scelta di legge o di quelli convenuti al
tavolo negoziale. In assenza di accordo, pertanto, la
selezione dovrà avvenire, in relazione alle esigenze
tecnico­produttive ed organizzative del complesso
aziendale, nel rispetto dei criteri di tali esigenze,
dell’anzianità e dei carichi di famiglia in concorso tra
loro. Il che, tradotto nel tessuto industriale italiano,
composto per lo più da medie e piccole imprese,
non pare destare particolari difficoltà: di norma,
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l’esistenza di un dirigente responsabile per ogni fun­
zione potrebbe giustificarne la relativa selezione in
ragione dell’oggettiva infungibilità delle mansioni
svolte. Il quadro cambia, invece, se si pensa a struttu­
re più complesse e, in particolare, alle multinaziona­
li, ove l’organizzazione del personale dirigenziale
può essere più articolata e prevedere posizioni non
così nettamente distinguibili in termini di infungibili­
tà professionale, con la conseguenza che, in tale
caso, la scelta dei licenziandi potrebbe essere più
problematica.
utilizza il termine «indennità supplementare» ma so­
lo «indennità».
In altre parole, sembrerebbe che il legislatore abbia
introdotto una sanzione ad hoc per i licenziamenti
collettivi dei dirigenti, diversa e autonoma rispetto a
quella prevista per il licenziamento individuale in­
giustificato. Con la conseguenza che, se i contratti
collettivi non stabiliscono o non stabiliranno alcun­
ché in merito alle conseguenze sanzionatorie in ma­
teria di licenziamenti collettivi, troverà applicazione
quanto previsto dalla nuova legge ed il dirigente non
potrà pretendere l’indennità supplementare. Né, pe­
raltro, si ritiene che il dirigente possa pretendere, in
aggiunta a quanto previsto dalla legge, anche l’in­
dennità supplementare di cui alla contrattazione col­
lettiva: anche in questo caso il dato letterale non
sembra deporre per tale interpretazione poiché il
legislatore fa salve solo le diverse previsioni «sulla
misura dell’indennità», e non le ulteriori garanzie pre­
viste dal Ccnl per il licenziamento ingiustificato. Il
rimando esplicito alla contrattazione collettiva per la
determinazione della misura dell’indennità, che po­
trà anche essere «diversa» da quella prevista dalla
legge, porta a ritenere che i contratti collettivi possa­
no stabilire indennità anche inferiori.
L’aspetto in questione induce, poi, alcune riflessioni
in merito all’accordo interconfederale del 27 aprile
1995 stipulato da Confindustria e relativo all’inden­
nità supplementare in ipotesi di licenziamento dei
dirigenti in presenza di processi di riorganizzazione,
ristrutturazione, riconversione o crisi aziendale. Tale
accordo prescrive che nelle ipotesi sopra indicate
l’azienda del settore industriale che intende risolvere
il rapporto di lavoro con il dirigente erogherà al
medesimo un’indennità supplementare pari al pre­
avviso (incrementabile in ragione dell’età anagrafica
del dirigente), la cui accettazione comporta la rinun­
cia del dirigente a ricorrere al Collegio arbitrale per
l’accertamento dell’ingiustificatezza del licenziamen­
to. Se si aderisce alla tesi secondo cui la legge in
commento fa salva comunque la diversa indennità
supplementare prevista dai contratti collettivi, allora
ne dovrebbe conseguire che il dirigente licenziato
collettivamente avrebbe diritto soltanto a quanto
previsto dall’accordo interconfederale citato.
Diversamente, tesi ritenuta preferibile, se si ritiene
che la legge europea abbia introdotto un’indennità
ad hoc per il licenziamento collettivo del dirigente,
allora quest’ultimo non potrà pretendere l’applica­
zione di quanto disposto dall’accordo interconfede­
rale ­ se non in caso di licenziamento individuale ­
mentre avrà diritto a quanto stabilito dalla legge solo
se il licenziamento sia giudicato illegittimo (e non
ingiustificato), perché in violazione delle disposizioni
sui licenziamenti collettivi.
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Le sanzioni
È prevista un’unica sanzione per l’ipotesi di violazio­
ne delle procedure ex art. 4, comma 12, ovvero dei
criteri di scelta, consistente nel pagamento di un’in­
dennità «in misura compresa tra dodici e ventiquattro
mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto
riguardo alla natura e alla gravità della violazione …».
Viene, pertanto, esclusa l’applicazione dell’art. 18, St.
lav. per tali violazioni, fatto salvo il regime sanziona­
torio della reintegrazione di cui al primo comma
della norma statutaria per il licenziamento del diri­
gente intimato senza l’osservanza della forma scritta.
Le conseguenze sanzionatorie per il licenziamento
collettivo dei dirigenti sono dunque diverse rispetto
a quelle previste per le altre categorie di lavoratori,
per i quali la legge n. 92/2012 stabilisce due diffe­
renti tipi di sanzione e cioè: la reintegrazione e il
pagamento dell’indennità risarcitoria massima di 12
mensilità della retribuzione in caso di violazione dei
criteri di scelta mentre, per la violazione delle proce­
dure, il pagamento di un’indennità risarcitoria omni­
comprensiva determinata tra un minimo di 12 e un
massimo di 24 mensilità. Sennonché, dopo aver pre­
visto l’indennità nella misura tra 12 e 24 mensilità
della retribuzione, la modifica introdotta dalla legge
europea fa espressamente salve «le diverse previsioni
sulla misura dell’indennità contenute nei contratti e
negli accordi collettivi applicati al rapporto di lavoro».
Sul punto, la norma potrebbe prestarsi a differenti
ipotesi interpretative. Si potrebbe ritenere ­ da un
lato ­ che, ove sia applicato un contratto collettivo,
trovino applicazione le disposizioni previste per il
licenziamento ingiustificato che attribuiscono al diri­
gente il diritto all’indennità supplementare, il cui am­
montare varia in funzione dell’anzianità di servizio e
dell’età anagrafica. In tal senso, la violazione delle
procedure e la violazione dei criteri di scelta potreb­
bero farsi rientrare nel concetto di ingiustificatezza
del licenziamento, ovvero il licenziamento del tutto
arbitrario e pretestuoso attuato al mero fine di libe­
rarsi della persona del dirigente. Dall’altro lato, il
dato letterale della disposizione legislativa deporreb­
be per una differente e maggiormente condivisibile
interpretazione, se si considera che la norma non
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