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Verso il successo
Sentenza della Corte di Giustizia Europea del 13 febbraio 2014
Informativa
Edizione: 27 Febbraio 2013 · www.roedl.com/it
Sommario:
Sentenza della Corte di Giustizia
Europea del 13 febbraio 2014
> Gli effetti della sentenza della Corte di Giustizia
Sentenza della Corte di
Giustizia Europea del 13
febbraio 2014
di Rita Santaniello e Jessica Middlemas, Rödl & Partner
Milano
Cari amici,
con sentenza del 13 febbraio 2014, la Corte di Giustizia
Europea ha dichiarato l’illegittimità della normativa italiana in materia di licenziamenti collettivi contenuta nella
Legge n. 223 del 23 luglio 1991.
In particolare, ad avviso della Corte, avendo escluso la
categoria dei “dirigenti” dall’ambito di applicazione della
procedura prevista in caso di licenziamento collettivo, la
normativa italiana è in contrasto con la Direttiva 98/59/CE
concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri in materia di licenziamenti collettivi.
Infatti, la predetta Direttiva prevede all’art. 1 che la disciplina sui licenziamenti collettivi si applichi a tutti i lavoratori, con la sola eccezione dei dipendenti delle pubbliche
amministrazione, degli equipaggi di navi marittime e dei
lavoratori assunti a tempo determinato, senza la possibilità
di escludere dal suo ambito di applicazione alcuna altra
categoria di lavoratori.
La Repubblica Italiana si è difesa osservando come la normativa e i contratti collettivi italiani garantiscano ai dirigenti una tutela di carattere economico in caso di licenziamento che costituisce una condizione di miglior favore
per tale categoria e quindi non sussisterebbe alcun contrasto con la normativa europea.
Sul punto la Corte ha osservato che la Direttiva 98/59
stabilisce l’obbligo per il datore di lavoro di procedere in
tempo utile a consultazioni con i rappresentanti dei lavoratori qualora preveda di effettuare licenziamenti collettivi,
al fine di valutare la possibilità di evitare o ridurre gli esuberi di personale.
Quindi, la Direttiva sarebbe parzialmente privata della sua
utilità in caso di mancata attuazione della procedura di
consultazione nei confronti di una determinata categoria
di lavoratori (quali i dirigenti), a prescindere dalle misure
sociali previste a favore di tali lavoratori per attenuare le
conseguenze in caso di licenziamento.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte ha dichiarato che
lo Stato italiano è venuto meno ai suoi obblighi derivanti
dalla Direttiva 98/59.
Gli effetti della sentenza della Corte di Giustizia
La sentenza con cui la Corte di Giustizia accerta
l’inadempimento di uno Stato membro rispetto agli obblighi discendenti dal diritto comunitario devono trovare
immediata applicazione non solo da parte del giudice
nazionale nell’esercizio delle sue funzioni, ma anche da
parte delle amministrazioni nazionali. In altre parole, le
norme comunitarie, così come interpretate dalla Corte
nella sentenza di inadempimento, sono dotate di immediata efficacia nei confronti degli organi dello Stato membro.
Quindi, l’accertato inadempimento dello Stato Italiano
impone l’obbligo innanzitutto per il legislatore italiano di
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Sentenza della Corte di Giustizia Europea del 13 febbraio 2014
un intervento al fine di rendere la normativa italiana conforme alla Direttiva 98/59.
Inoltre, vi è l’obbligo per i giudici italiani di non applicare
la norma nazionale dichiarata incompatibile con il diritto
comunitario, bensì direttamente la norma comunitaria.
Pertanto, d’ora in poi tutti i licenziamenti intimati ai dirigenti nell’ambito di una riduzione collettiva di personale
dovranno avvenire nel rispetto della normativa in materia
di licenziamenti collettivi di cui alla Legge 223/1991 con il
conseguente obbligo di includere anche tale categoria di
lavoratori nella platea degli esuberi. Sul piano giudiziale,
quindi, ci si può aspettare una serie di nuovi contenziosi
promossi da dirigenti, qualora essi ritengano che i loro
diritti siano stati lesi nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo.
Tuttavia, si pongono alcuni dubbi riguardo ai licenziamenti
già intimati ai dirigenti contestualmente ad una riduzione
collettiva di personale e in relazione ai quali non sono già
decorsi i termini di decadenza per la loro impugnazione.
Data l’immediata efficacia della sentenza della Corte (con
conseguente obbligo per il giudice nazionale di applicare
direttamente la norma comunitaria), potrebbe essere
teoricamente possibile per un dirigente adire il giudice
nazionale sostenendo l’illegittimità del licenziamento allo
stesso comminato per la sua esclusione dalla procedura
espletata. Sul punto si auspica un chiarimento legislativo
oppure in giurisprudenza.
Sul piano sanzionatorio l’eventuale accertamento
dell’ingiustificatezza/illegittimità del licenziamento comminato al dirigente nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo non comporterà in realtà alcuna modifica rispetto alla disciplina vigente.
Infatti, come noto, i dirigenti sono generalmente esclusi
dall’ambito di applicazione delle norme di legge che tutelano i lavoratori in caso di licenziamento illegittimo (ad
eccezione dell’ipotesi di licenziamento nullo per ritorsione,
discriminazione, ecc.).
La tutela offerta alla categoria dei dirigenti in caso di licenziamento illegittimo deriva unicamente dalla contrattazione collettiva. La contrattazione collettiva prevede, in
caso di licenziamento ingiustificato del dirigente, il pagamento a carico del datore di lavoro della c.d. indennità
supplementare.
Pertanto, nell’ipotesi in cui il Giudice del lavoro dovesse
accertare la violazione della procedura di informazione e
consultazione con le associazioni sindacali oppure dei
criteri di scelta utilizzati per individuare il lavoratore da
licenziare, al dirigente non sarà applicabile la tutela prevista a favore della generalità dei lavoratori di cui all’art. 18
della Legge 300/1970 (ad eccezione di ipotesi quali la
discriminazione del dirigente), ma unicamente la tutela
prevista dalla contrattazione collettiva di settore che consiste, come visto sopra, nel pagamento di un’indennità.
A titolo esemplificativo, il CCNL Dirigenti Commercio
prevede che tale indennità sia compresa fra un minimo
pari alle mensilità di preavviso dovute al lavoratore fino a
un massimo di 18 mensilità.
Il CCNL Dirigenti Industria, invece, prevede che tale indennità sia compresa fra un minimo pari al numero di
mensilità di preavviso dovute oltre a ulteriori due mensilità
fino a un massimo di 20 mensilità.
L’indennità supplementare viene automaticamente incrementata in relazione all’età del dirigente licenziato (se
compresa fra un’età tipicamente tra i 50 e i 64 anni, a
seconda del CCNL applicato).
A livello procedurale, la fase di informazione e consultazione condotta tra la parte datoriale e le associazioni sindacali dei lavoratori in esubero dovrà necessariamente
coinvolgere d’ora in poi anche le associazioni di rappresentanza dei dirigenti (Federmanager, Manageritalia, ecc.),
alle quali dovrà essere inviata la comunicazione di avvio
della procedura di licenziamento collettivo.
Un ulteriore profilo, che pone alcune perplessità, riguarda
l’indennità di mobilità. Come noto, attualmente i dirigenti
sono esclusi da tale trattamento e hanno diritto, in caso di
licenziamento, solo al normale sussidio di disoccupazione,
sostituito in seguito alla Legge Fornero dall'assicurazione
sociale per l'impiego (c.d. ASpI).
La Direttiva 98/59 non disciplina gli ammortizzatori sociali
e le misure sociali di accompagnamento previste per i
lavoratori licenziati. Quindi, teoricamente, la disciplina
dell’indennità di mobilità di cui all’art. 7 della Legge
223/1991 non dovrebbe estendersi anche ai dirigenti. Ne
consegue che le aziende non dovranno versare alcuna
contribuzione all’INPS al fine di finanziare la mobilità per il
proprio personale dirigenziale (al contrario di quanto avviene per la generalità dei lavoratori qualora essi abbiano
diritto all’indennità di mobilità, a seconda del settore di
attività e delle dimensioni aziendali).
Ciò determinerà, tuttavia, che la trattativa condotta con le
associazioni sindacali nell’ambito della procedura di informazione e consultazione sarà diversa a seconda che si
discuta dell’incentivazione economica da riconoscere ai
dirigenti oppure alle altre categorie di lavoratori, in quanto
spesso l’importo delle incentivazioni economiche concordato fra le parti sociali sono stabilite tenendo conto anche
della possibilità per i lavoratori di poter percepire o meno
l’indennità di mobilità.
In ogni caso, dal 1 gennaio 2017, con l’abrogazione definitiva dell'indennità di mobilità, il problema sarà definitivamente superato. Da tale data, infatti, tutti i lavoratori
disoccupati, indipendentemente dalla modalità del licen-
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Edizione: 27 Febbraio 2013
ziamento, potranno godere, soddisfatti i requisiti, dell'indennità di disoccupazione nell'ambito dell’ASpI.
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Rimaniamo a Vostra disposizione per ogni chiarimento
fosse necessario.
Cordiali saluti
Contatto per ulteriori informazioni
Rita Santaniello
Avvocato
Tel.:
+ 39 02.6328841
E-Mail: [email protected]
Jessica Middlemas
Avvocato
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Verso il successo
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