9 marzo 2015 quaresima: chiamati alla corresponsabilita

QUARESIMA: CHIAMATI ALLA CORRESPONSABILITÀ
di Don Salvatore Rinaldi
articolo pubblicato su “Primo Piano” di Lunedì 9 Marzo 2015
“I cristiani, come tutti gli uomini, sono chiamati ad accogliere la diversità, ad assumere la complessità e
l’altro non è l’inferno, ma la sola salvezza che abbiamo e la nostra unica occasione di comunione. Proprio
nella comunione con gli altri il cristiano vive il rischio della scelta come atto di libertà, cammino del senso,
ricerca continua e rinnovata giorno per giorno in singoli gesti di responsabilità. È questa la “buona novella”,
la sola risposta che offre direzione, finalità e significato al vivere umano. Oggi la nostra incapacità nel render
conto di “chi siamo”, in una stagione in cui siamo chiamati al confronto diretto e al dialogo con altre identità
religiose e morali, deriva da una patologia della nostra fede e della nostra carità, non da un’incapacità di
linguaggio su Dio e su Cristo. Pertanto il cristianesimo è un modo di vivere nella storia e nel mondo, ed è un
tentativo di spiegazione dell’esistenza e un’offerta di senso, ed è l’ unico annuncio di una speranza e di una
salvezza per tutti. Per i cristiani questo significa aver ricevuto compiti chiari e netti: è nella solidarietà con gli
uomini, con il mondo, che i cristiani si santificano, ed è nella loro vita, nel loro corpo e nella loro prassi
quotidiana che compiono il sacrificio autentico abolendo ogni separazione tra culto e vita. Questo è l’esito
della croce vista come culto e San Paolo ci ricorda:«Vi esorto ad offrire i vostri corpi in sacrificio vivente,
santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale» (Rm 12, 1). Si tratta di fare la volontà di Dio
praticando la solidarietà con gli uomini, vivendo la condizione umana fino in fondo, non una divisione dagli
uomini. «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10), è in questa
prospettiva della vita che si comprende lo spirito del cristianesimo. Esso prepara la coscienza di ogni
credente a scoprire che anche lui, come tutti gli altri uomini, è in grado di diventare figlio di Dio Padre
mediante la fede nel Figlio Suo. Un tale evento, una tale trasformazione dell’essere, non può non avere
conseguenze sul piano sociale, vale a dire negli atteggiamenti che il battezzato assume nella vita quotidiana,
dal momento che egli vede in ogni uomo il proprio fratello, chiamato come lui alla stessa grazia. Il
cristianesimo è chiamato alla corresponsabilità e tale corresponsabilità è radicata nella consacrazione
battesimale per concretizzarsi nella missione evangelizzatrice. La corresponsabilità non è un aiuto ai pastori,
ma un’espressione della vita cristiana, che trova lungo e forma principalmente non nella cooperazione ai
compiti pastorali intra-ecclesiali, ma in forza piuttosto della loro concreta vita cristiana, secondo la
vocazione e lo stato di ognuno. È la cosiddetta “indole secolare”. È all’interno di questo orizzonte che si
giustifica quella responsabilità condivisa per il Vangelo che può implicare anche il coinvolgimento attivo
nella vita della comunità (dal diritto di parola alla presenza negli organismi ecclesiali). L’indole secolare
esprime la forma con cui la costitutiva dimensione secolare della Chiesa si realizza nella vita della maggior
parte dei fedeli: «cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e orientandole secondo Dio». La
corresponsabilità va vissuta nella testimonianza attiva senza necessitare di mandati speciali. I fedeli laici non
possono affatto abdicare alla partecipazione alla “politica”, ossia alla molteplice e varia azione economica,
sociale, legislativa, amministrativa e culturale destinata a promuovere organicamente ed istituzionalmente il
bene comune, che comprende la promozione e la difesa dei beni, quali l’ordine pubblico e la pace, la libertà e
l’uguaglianza, il rispetto della vita umana e dell’ambiente, la giustizia e la solidarietà. Quando l’azione
politica viene a confrontarsi con i principi morali che non ammettono deroghe, eccezioni o compromesso
alcuno, allora l’impegno dei cattolici si fa più evidente a carico di responsabilità. Dinanzi a queste esigenze
etiche fondamentali e irrinunciabili, infatti, i credenti devono sapere che è in gioco l’essenza dell’ordine
morale, che riguarda il bene integrale della persona. È questo il caso delle leggi civili in materia di aborto e
di eutanasia, che devono tutelare il diritto primario alla vita a partire dal suo concepimento fino al suo temine
naturale. Ancora, e continuamente, risuonano nelle orecchie le parole di allora: «Non abbiate paura, aprite
anzi spalancate le porte a Cristo!» Il Papa parlava ai forti, ai potenti del mondo, i quali avevano paura che
Cristo potesse portar via qualcosa del loro potere, se lo avessero lasciato entrare e concesso la libertà alla
fede. Sì, egli avrebbe certamente portato via loro qualcosa: il dominio della corruzione, dello stravolgimento
del diritto, dell’arbitrio. Tu uomo in virtù del battesimo sei consacrato Re, Sacerdote e Profeta per il “già e
non ancora”.