ATTUALITÀ 13 Cinque milioni gli italiani con vescica iperattiva. Ma anche la sanità fa acqua Corte di giustizia popolare per il diritto alla salute: scende in campo Federanziani L’Italia unico Paese europeo a non rimborsare i farmaci più utili rispetto ai presidi sanitari passivi Parla il presidente Roberto Messina: «il diritto alla salute è inalienabile, soprattutto per gli anziani» In Italia sono oltre cinque milioni i pazienti che soffrono di vescica iperattiva, cioè di urgenza minzionale scarsamente controllabile: il 60 per cento donne e il 40 per cento uomini. Una vasta parte del Paese che vive una condizione patologica invalidante, oltre che molto umiliante, ma troppo spesso misconosciuta e sottovalutata anche dal Servizio Sanitario Nazionale che, salvo che in casi limitati, non prevede percorsi terapeutici e riabilitativi ben definiti né la rimborsabilità dei farmaci per le cure. Inoltre, nell’ambito delle singole regioni e delle singole ASL, si verificano notevoli differenze nella qualità del servizio e dei trattamenti, che creano significative discriminazioni in termini di livelli assistenziali e di accesso alle terapie. La realtà italiana e le pesanti conseguenze di questa diffusa patologia sono state illustrate nel corso di una conferenza stampa promossa dalla rivista di politica ed economia sanitaria Italian Health Policy Brief e dall’Associazione d’Iniziativa Parlamentare e Legislativa per la salute e la prevenzione tenutosi nei giorni scorsi al Senato, che ha visto la partecipazione di parlamentari di diversa appartenenza politica, di clinici e di rappresentanti delle associazioni di pazienti. Un quadro, quello emerso, che evidenzia il forte disorientamento del cittadino colpito da questa patologia, ad alto rischio di essere sottoposto a trattamenti talvolta inadeguati e con il conseguente ritardato accesso alle cure che spesso è la causa principale del suo aggravamento e del Si è appena concluso a Rimini il II Con- difficoltà all’accesso alle cure e ai farmaci: gresso della Corte di Giustizia Popolare per il sempre più spesso dovute alla disparità di deDiritto alla Salute, organo di FederAnziani, che cisione da parte delle Regioni, cosa che abbiaha visto partecipare 6000 anziani, 4000 medici mo di recente fatto presente al Segretario di e oltre 1000 ospiti, con l’obiettivo di far emer- Stato Donato Marra durante un incontro tenutosi al Quirinale nei giorni gere le criticità del Servizio scorsi – spiega Roberto Sanitario Nazionale, conciMessina Presidente Fedeliando diritto alla salute e sorAnziani – Abbiamo bisostenibilità. Nella ‘tre giorni’ gno di avere una normativa si sono avvicendati medici unanime in tutto il territoda tutta Italia, esponenti delle rio nazionale, e per questo principali società medicoci battiamo e continueremo scientifiche, del mondo delle a farlo, a maggior ragione università e della ricerca, maa seguito del risultato stragistrati, avvocati ed econoordinario che abbiamo avumisti sanitari. Definita la prito a Rimini, dove i nostri ma ‘Società medico-scienti6000 delegati erano una fica del popolo’, la Corte di piccola minoranza rappregiustizia è nata con lo scopo sentativa degli oltre 3midi tutelare, attraverso un aclioni di aderenti su tutto il curato lavoro multidiscipliRoberto Messina territorio italiano. Il diritto nare condotto insieme alle Istituzioni, il diritto alla salute sancito dalla alla salute è un diritto inalienabile: questo è il Costituzione, che è un diritto inalienabile. Al nostro cavallo di battaglia e dal quale partiamo Congresso della Corte di Giustizia Popolare per difendere i nostri anziani. Le ‘battaglie’ reper il Diritto alla Salute hanno aderito 30 par- gionali che abbiamo già vinto, come ad esemtner scientifici e si è visto il confronto in aula pio è accaduto in Veneto, dove la Regione lidei 21 Dipartimenti divisi per aree tematiche, mitava l’accesso ad alcuni farmaci antitumorali ognuna delle quali ha elaborato proposte per per il cancro alla mammella alle donne over65, migliorare il Servizio Sanitario Nazionale. ‘Le e grazie al nostro intervento siamo riusciti a problematiche che noi anziani ci troviamo a far ritirare l’emendamento, sono l’esempio di combattere quotidianamente sono tra tutte le quanto FederAnziani sia in grado di fare’. frequente fenomeno della co-morbilità: infezioni urinarie, dermatiti, ecc. A questo si aggiunga il fatto che l’Italia è l’unico Paese nel quale, contrariamente alla maggior parte dei Paesi europei, non è previsto il rimborso totale o parziale dei più moderni farmaci per il trattamento della vescica iperattiva. Un vuoto assistenziale preoccupante, anche perché dalla ricerca potranno venire presto risposte farmacologiche sempre più efficaci e di più facile impiego, cosi da facilitare l’aderenza alla terapia: è il caso, per esempio, della tossina botulinica A, capace di modulare selettivamente la trasmissione neuromuscolare, controllando la contrazione vescicale. Coliche infantili, probiotici sì o no? La colica infantile colpisce circa il 20% dei lattanti di età inferiore ai tre mesi, è sicuramente dannosa per la salute mentale materna e riduce la qualità di vita dell’intera famiglia. Frequenti e prolungate coliche possono inoltre dar luogo nel tempo ad iperattività e a disturbi del sonno del bambino. Recenti studi hanno dimostrato come il Lactobacillus Reuteri sia, tra i probiotici, l’unico ad avere una efficacia provata nella cura delle coliche dei neonati allattati al seno. Come tutti i probiotici, L. reuteri è anch’esso un batterio amico non patogeno. Ciò significa che esercita solo ed esclusivamente funzioni benefiche nell’organismo umano: colonizza l’intestino, inibisce l’adesione batterica e sopprime l’infiammazione, ristabilendo un giusto equilibrio nella microflora intestinale. Ricerche dettagliate in merito sono state portate avanti da Francesco Savino, dirigente medico di pediatria, Presidio Ospedale Infantile Regina Margherita, Città della Salute e della Scienza di Torino: “I lattanti che soffrono di coliche presentano una flora diversa che potrebbe essere coinvolta nell’aumento del meteorismo che si riscontra tipicamente nei piccoli. Analizzando la flora intestinale dei gruppi di lattanti trattati, abbiamo potuto appurare che la somministrazione del lactobacillo favorisce un aumento delle specie batteriche benefiche (Lactobacilli) a scapito di microrganismi patogeni. Inoltre si ipotizza un possibile ruolo del L.reuteri sia nella regolazione dei movimenti della peristalsi intestinale che nella percezione del dolore”. Il Lactobacillus reuteri rappresenta quindi un valido aiuto nei primi mesi di vita di ogni bambino e a buon diritto si candida come miglior amico di tutte le neo-mamme preoccupate e reduci da notti insonni. (L. L.) Il misterioso legame tra udito e cervello Udito e cervello, sordità e demenza. È un connubio che fa paura quello messo in evidenza dal Consensus Paper “Sentire bene per allenare la mente”, promosso da Amplifon e presentato nei giorni scorsi a Milano: oltre 7 milioni di italiani e 590 milioni di persone nel mondo convivono con un deficit dell’udito e vanno incontro a un rischio maggiore di sviluppare forme di demenza. Il pericolo di decadimento cognitivo è direttamente proporzionale al livello di ipoacusia: può aumentare fino a 5 volte nei casi più gravi di sordità e per ogni peggioramento dell’udito di 10 decibel si registra una crescita del rischio di demenza di circa 3 volte. Un legame forte. Tra ipoacusia e demenza intercorre un legame misterioso e reciproco. Si stima, infatti, che in 1 caso su 3 la demenza – che oggi colpisce 36 milioni di persone nel mondo – possa essere causata da ipoacusia, ma anche il decadimento co- gnitivo può essere responsabile di una progressiva perdita uditiva. Nei prossimi 30 anni la percentuale di anziani raddoppierà e nel 2050 gli ultrasessantenni saranno quasi 2 miliardi di persone (il 21% della popolazione mondiale). Nello stesso periodo, anche le persone affette da sordità raddoppieranno e supereranno il miliardo, mentre gli individui con una forma di demenza triplicheranno e saranno ben più di 100 milioni. “L’allungamento della vita media - commenta il professor Roberto Bernabei, Direttore Dipartimento per l'Assistenza Sanitaria di Geriatria, Neuroscienze e Ortopedia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma - Presidente di Italia Longeva - è un dato di fatto: chiunque viva oggi continua a guadagnare 3-4 mesi di aspettativa di vita ogni anno che passa ed è molto probabile che i nuovi nati arrivino a festeggiare i 100 anni. (M. M.) Smettere di fumare è un’impresa difficile di MARIANNA MASCIANDARO Spegnere l’ultima sigaretta. Ci si prova in tutti i modi; ora anche con le sigarette elettroniche. Ma funzionano veramente? Uno studio pubblicato su Lancet dà risposte contrastanti. Si tratta del primo studio in assoluto ad aver confrontato i risultati di un cerotto alla nicotina, con l’uso di una sigaretta elettronica contenente nicotina (16 mg) e con una sigaretta elettronica placebo (cioè senza nicotina). Le strategie anti-fumo venivano fatte proseguire per 13 settimane, poi a sei mesi si andava a fare la conta degli ‘astinenti’ e di chi invece aveva continuato a fumare le bionde vere. Lo studio, coordinato da Chris Bullen, Direttore del National Institute for Health Innovation presso l’Università di Auckland (Nuova Zelanda), ha arruolato 657 fumatori, mediante annunci sui quotidiani locali. 300 di loro hanno ricevuto una fornitura per 13 settimane di sigarette elettroniche alla nicotina (16 mg), più o meno lo stesso numero una fornitura di patch alla nicotina per lo stesso periodo e una settantina di partecipanti infine la sigaretta elettronica placebo. Alla fine dei 6 mesi di durata dello studio, solo un partecipante su venti (il 5,7% del totale in media, con il 7,3% nel gruppo e-sigaretta, contro il 5,8% del gruppo cerotto alla nicotina) era rimasto completamente ‘non fumatore’. Per dovere di cronaca va detto che anche nel gruppo placebo si è registrato un 4% di astinenti a 6 mesi. Un dato incoraggiante viene dal fatto che una percentuale importante (57%) di quanti continuavano a fumare nel gruppo delle sigarette elettroniche alla nicotina, ha dichiarato di aver almeno dimezzato il consumo di sigarette ‘vere’ e in proporzione molto superiore al gruppo cerotto alla nicotina (solo il 41% di questo gruppo aveva ridotto il numero di sigarette fumate).
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