N. 00034/2015 REG.PROV.COLL. N. 01175/2010 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA FATTO e DIRITTO Il ricorrente impugna, chiedendone l’annullamento, il provvedimento di revoca dell’incarico di assessore all’Urbanistica del Comune di Canosa di Puglia, meglio indicato in epigrafe, asserendone l’illegittimità per violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 7 e 8 della L. 241/90, nonché per eccesso di potere per carenza di istruttoria e per violazione del principio del legittimo contraddittorio. Secondo la prospettazione difensiva del ricorrente, infatti, il provvedimento di revoca assessorile sarebbe illegittimo in quanto non supportato dall’indicazione di specifici fatti e circostanze tali da giustificare e concretizzare l’asserito affievolimento del rapporto di fiducia con il capo dell’Amministrazione locale. Lamenta, inoltre, la violazione del principio del contraddittorio, per non essergli stato comunicato l’avvio del procedimento di revoca, al fine di poter replicare, sia pure con controdeduzioni scritte. Rimarca, infine, la violazione dell’art. 14 dello Statuto comunale vigente e dei principi di buon amministrazione, per mancata sottoposizione all’esame del Consiglio comunale della predetta decisione sindacale. L’Amministrazione intimata non si è costituita in giudizio. Con ordinanza cautelare n. 604/2010 è stata respinta l’istanza di misure cautelari. All’udienza del 3 dicembre 2014, la causa è stata riservata per la decisione. Il Collegio, esaminati gli atti, ritiene che gli argomenti già spesi nel respingere l'istanza cautelare del ricorrente meritino piena conferma e che, pertanto, il ricorso debba essere rigettato in quanto infondato nel merito. Il censurato provvedimento, diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, appare adeguatamente motivato circa i presupposti di legge che ne legittimavano l’adozione, con riferimento alle circostanze in esso menzionate: venir meno del rapporto fiduciario, per aver riscontrato la mancanza di un costante impulso, nel Settore delegato al Sinesi, nell’impartire direttive politiche utili alla efficace operatività amministrativa degli uffici; l’incontestata e ingiustificata assenza dall’ultima seduta consiliare, ove si affrontavano importanti questioni urbanistiche; la necessità di evitare i consequenziali riflessi negativi sull’attività politico - amministrativa complessiva; motivazioni certamente idonee a supportare il giudizio sfavorevole ivi espresso dal Capo dell’Amministrazione locale in ordine alla permanenza delle condizioni per il mantenimento dell’incarico fiduciario. A supporto di tale convincimento, si richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, che sulla questione relativa ai principi che devono presiedere al relativo procedimento, non tipico sanzionatorio bensì di revoca di incarico fiduciario, ha precisato che, rientrando la revoca assessorile, così come l'affidamento dell'incarico in questione, tra gli atti di alta amministrazione, come tale ampiamente discrezionale, non si richiede che esso sfoci in un atto dotato di una particolare e dettagliata motivazione, venendo in rilievo valutazioni di opportunità politico-amministrativa rimesse in via esclusiva al vertice politico. Dette valutazioni, in quanto afferenti alla rilevanza di fattori non normativamente predeterminati (quali i rapporti con l'opposizione ovvero i rapporti interni alla maggioranza consiliare; esigenze di maggiore operosità ed efficienza in relazione allo specifico settore dell'Amministrazione delegato; l'affievolirsi del rapporto fiduciario tra il singolo assessore e il capo dell'Amministrazione, in forza di fattori più disparati), non devono necessariamente emergere dalla specifica esplicazione dello svolgimento di puntuali situazioni di fatto, addebitabili all’interessato, come invece pure sostenuto dal ricorrente, purché emerga la ragionevolezza delle generali valutazioni di opportunità politica cui si fa rinvio e poste alla base della scelta. Infatti, va rimarcato come la scelta dei singoli assessori sia rimessa dal complesso impianto normativo al solo rappresentante dell’Amministrazione comunale, prevedendo il comma 4 dell’art. 46 D.lgs. 267/2000, che il Sindaco può revocare uno o più assessori, dandone motivata comunicazione al Consiglio Comunale; ciò in ragione della sua diretta responsabilità politica nei confronti dell’assemblea rappresentativa degli interessi della comunità locale, in merito all’individuazione della compagine di cui avvalersi per l'amministrazione dell'ente, in attuazione di uno specifico programma politico-amministrativo. Proprio in ragione dell'ampia discrezionalità spettante al capo dell'Amministrazione locale, la sindacabilità di tale atto in sede di legittimità è limitata ai profili formali e di manifesta illogicità o irragionevolezza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 23 febbraio 2012 n. 1053; 5 dicembre 2012 n. 6228; 3 aprile 2004, n. 1042; TAR Lazio, Roma, 17 giugno 2009 n. 5732). Quanto all'ulteriore censura con la quale viene denunciata la mancata comunicazione dell'avvio del procedimento di revoca, il Collegio ritiene utile richiamare il condiviso e peraltro consolidato orientamento giurisprudenziale (Consiglio di Stato, Sez. V, 23 febbraio 2012 n. 1053; 5 dicembre 2012 n. 6228; 23 gennaio 2007 n. 209), che sul punto ha evidenziato come, “in un contesto normativo nel quale la valutazione degli interessi coinvolti è rimessa in modo esclusivo al vertice dell'Amministrazione, con sottoposizione del merito del relativo operato unicamente alla valutazione dell'organo consiliare, non c'è spazio logico, prima ancora che normativo, per dare ingresso all'applicazione dell'istituto partecipativo di cui al citato art. 7, il cui scopo è quello di consentire l'apporto procedimentale da parte del destinatario dell'atto finale al fine di condizionarne il relativo contenuto. Ed invero, le prerogative della partecipazione possono essere invocate quando l'ordinamento prende in qualche modo in considerazione gli interessi privati in quanto ritenuti idonei ad incidere sull'esito finale per il migliore perseguimento dell'interesse pubblico, mentre tale partecipazione diventa indifferente in un contesto normativo nel quale la valutazione degli interessi coinvolti è rimessa in modo esclusivo al vertice dell'Amministrazione” (cfr. Tar Lazio - Roma, Sez. II, 5 maggio 2014, n. 4637). Va poi ulteriormente rilevato che, essendo risultate le censure lamentate da parte ricorrente prive di fondamento, alla luce delle motivazioni esposte, l'apporto dell'interessato non avrebbe comunque potuto modificare la gravata decisione, tenuto altresì conto del suo carattere ampiamente discrezionale. Né infine sussisteva alcun obbligo in capo al Sindaco di rimettere la decisione di revoca al preventivo esame ed alla votazione del Consiglio Comunale, sussistendo solo un onere di comunicazione successiva, in forza del richiamato art. 46 T.U.E.L., all'organo consiliare di controllo, il quale potrebbe opporsi, soltanto tramite una mozione di sfiducia, all'atto di revoca. In conclusione, alla luce delle considerazioni svolte il ricorso in esame deve essere rigettato. In considerazione della natura, della peculiarità e dell’esito della presente controversia, il Collegio ritiene sussistere gravi ed eccezionali motivi per compensare le spese di lite tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
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