Si ha revoca della casa coniugale in seguito alla declaratoria di

Si ha revoca della casa coniugale in seguito alla declaratoria di cessazione degli effetti civili del
matrimonio, qualora il coniuge al quale sia stata precedentemente affidata la casa familiare decida
volontariamente di trasferirsi in altra località mutando quindi l'abitazione familiare.
Cass. civ. sez. I, 10 febbraio 2014, n. 2952
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Messina, in parziale riforma della sentenza di
primo grado, in sede di giudizio relativo alle statuizioni consequenziali alla declaratoria di cessazione
degli effetti civili del matrimonio contratto da B.M. V. e T.G., aveva aumentato l'assegno divorzile a
1000 Euro, confermando invece la revoca dell'assegnazione dell'immobile adibito a casa coniugale.
A sostegno della decisione, per quel che ancora interessa, la Corte d'Appello aveva affermato:
- alla luce delle complessive emergenze istruttorie, era emerso che la revoca dell'assegnazione della
casa familiare era stata determinata dall'avvenuto trasferimento della B. unitamente ai figli presso un
immobile sito in località (OMISSIS) vicino al mare, di proprietà della sorella del T.. La casa
familiare, sita in città, veniva utilizzata solo saltuariamente qualche fine settimana per consentire al
figlio minore una maggiore libertà di movimento nel week end o per fare incontrare i due fratelli. In
particolare dalla testimonianza del figlio R. era emerso che entrambi i fratelli avevano tutte le loro
cose presso la casa di (OMISSIS) e che la madre vi si era trasferita perchè la preferiva a quella di
città. Successivamente al rilascio dell'immobile di proprietà della sorella del T. la B. si era trasferita
sempre nella stessa località di mare in un appartamento più piccolo di cui era comproprietaria
unitamente al figlio maggiore mentre l'altro figlio si era trasferito definitivamente presso il padre.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la B., affidato a due motivi.
Nel primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970,
art. 6, comma 6, e successive modificazioni e dell'art. 155 quater c.p.c., per avere la Corte d'Appello
erroneamente disposto la revoca della assegnazione della casa coniugale nei confronti della ricorrente
convivente con il figlio A., maggiorenne ma non autosufficiente ed affetto da un'accertata patologia
invalidante. Il giudice di merito ha assunto tale statuizione in palese violazione delle norme che
regolano l'assegnazione della casa familiare,ed in particolare dei criteri introdotti dalla L. n. 46 del
2006, ritenendo del tutto erroneamente che essa fosse stata abbandonata dalla ricorrente in favore di
un altro immobile. Così operando si sono invertiti i ruoli dei due immobili mediante l'attribuzione
della funzione di casa coniugale a quello destinato alle vacanze e ai week end. La situazione effettiva
è, invece, caratterizzata dalla conservazione, senza soluzione di continuità, dell'habitat domestico e
del centro di aggregazione della vita familiare presso l'appartamento cittadino di viale (OMISSIS).
La conservazione della disponibilità dell'appartamento "principale" è giustificata, in particolare,
dall'interesse prioritario del figlio A., il quale subirebbe gravi conseguenze dallo sradicamento da tale
habitat, senza considerare le frequenti necessità dell'intervento di terze persone per fronteggiare la
patologia dello stesso. Soltanto il venire meno dell'esigenza primaria di tutelare gli interessi dei figli
a carico e conviventi con il genitore assegnatario può fondare la richiesta dell'altro coniuge, titolare
del diritto di proprietà, di revocare l'assegnazione della casa familiare. Le altre ipotesi disciplinate
dall'art. 155 quater c.c., richiedono un'attenta valutazione degli interessi in gioco. E un accertamento
molto rigoroso, nella specie non correttamente operato.
La ricorrente, prima con entrambi i figli e successivamente con il solo A. ha conservato le medesime
abitudini che caratterizzavano la vita coniugale, tra le quali c'era quella di trascorrere
occasionalmente brevi periodi di vacanze nella casa di villeggiatura.
Nel secondo motivo di ricorso viene dedotto il vizio di motivazione in ordine alla scarna e non
giustificata affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale "in sintesi non vi è
oggi alcun immobile che possieda le caratteristiche della casa familiare".
Inoltre sono state censurate le argomentazioni e i riferimenti contenuti nella sentenza di primo grado.
I motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, in quanto logicamente connessi, devono essere
respinti.
Con il primo mediante una censura formalmente prospettata come vizio di violazione di legge si
tende a richiedere alla Corte un non consentito riesame valutativo delle prove, in particolare orali,
sulla base delle quali la Corte d'Appello è pervenuta alla conferma della revoca dell'assegnazione
della casa familiare. L'esame comparativo delle risultanze istruttorie è rimesso al giudice del merito
ed in sede di legittimità ne è consentito lo scrutinio, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, ratione temporis
applicabile, esclusivamente sotto il profilo dell'omessa, insufficiente od illogica motivazione della
valutazione (ex multis Cass. 15156 del 2011). Nella specie, oltre a non essere stato dedotto il vizio ex
art. 360 c.p.c., n. 5, la Corte ha adeguatamente giustificato la propria ricostruzione probatoria e la
finale conclusione centrata sulla volontarietà della scelta del mutamento di abitazione familiare da
parte della ricorrente.
Per quanto riguarda il secondo motivo, se ne deve rilevare l'inammissibilità dal momento che difetta
radicalmente il momento di sintesi, richiesto a pena d'inammissibilità del ricorso (S.U. 16528 del
2008) dall'art. 366 bis c.p.c., ultima parte, ratione temporis applicabile (la sentenza impugnata risulta
depositata il 14 aprile 2009, prima dell'entrata in vigore, il 4/7/2009 della L. n. 69 del 2009, art. 47,
comma 1, lett. d)).
Nulla sulle spese.
Diritto
PQM
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 novembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2014