Nascita pretermine e attaccamento

Rassegne e discussioni teoriche/ Reviews and theoretical discussions
Nascita pretermine e attaccamento:
Stili di interazione e profili psicologici
Rita B. Ardito *, Benedetta Vicino*, Mauro Adenzato *
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la nascita pretermine è la seconda
causa di tutte le morti sotto i cinque anni di età e comporta rischi a breve, medio e
lungo termine legati allo sviluppo neurologico e psicologico del bambino. La nascita
pretermine rappresenta spesso per i genitori un evento altamente stressante che può
configurarsi come una vera e propria esperienza traumatica. In questo lavoro discutiamo i principali risultati presenti in letteratura sul distress psicologico che può accompagnare nella madre la nascita di un bambino pretermine, sugli outcomes cognitivo-comportamentali che possono manifestarsi nel bambino e sulla qualità dell’attaccamento e degli stili di interazione tra madre e bambino pretermine. Nell’insieme,
emergono come variabili principali nella spiegazione dei fenomeni psicologici che
accompagnano una nascita pretermine – nonché nella possibilità di organizzare interventi di prevenzione e trattamento – la sensibilità materna, lo stato della mente rispetto
all’attaccamento della madre, le condizioni socioeconomiche e di supporto sociale.
Parole chiave: attaccamento, distress psicologico, nascita pretermine, sensibilità materna, Unità di Terapia Intensiva Neonatale.
Preterm birth and attachment: Styles of interaction and psychological profiles
According to the World Health Organization, preterm birth is the second leading cause
of all deaths under five years of age, involving short-, medium-, and long-term neurological and psychological risks to the child development. For parents, the preterm
birth is often a highly stressful event that may constitute a traumatic experience. In this
paper we discuss the main literature concerning the maternal psychological distress
that may accompany the birth of a preterm child, the cognitive and behavioral outcomes that can occur in the child, and the quality of the attachment and of the styles
of interaction characterizing the mother-preterm child relationship. Overall, maternal
sensitivity, mother’s state of mind with respect to attachment, socio-economic conditions, and perceived social support emerge as key variables explaining the psychological phenomena that accompany a preterm birth. To take into account these variables
is crucial in order to organize appropriate interventions for prevention and treatment.
Keywords: attachment, psychological distress, preterm birth, maternal sensitivity,
Neonatal Intensive Care Unit.
1.
La nascita pretermine
Ogni anno circa 15 milioni di bambini nascono pretermine. L’Organizzazione
Mondiale della Sanità ha stimato essere questa la principale causa di morte nel periodo
* Centro di Scienza Cognitiva, Dipartimento di Psicologia, Università di Torino, Italy.
Indirizzare le richieste a:
Rita B. Ardito, Centro di Scienza Cognitiva, Dipartimento di Psicologia, Università di Torino.
Via Po, 14 - 10123 Torino, Italy.
[email protected]
Attaccamento e Sistemi Complessi (Attachment and Complex Systems), Vol. 1, n. 2, luglio 2014, pp. 43-56
ISSN 2283-8279 - © 2014 Scione Editore Roma
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neonatale e la seconda causa di tutte le morti sotto i cinque anni di età, seconda solo
alla polmonite (World Health Organization, 2012). In Europa circa il 6% dei parti è
pretermine, ma la prevalenza supera il 12% nelle nazioni in via di sviluppo (Beck et
al., 2010). L’eziologia del parto pretermine non è del tutto chiara e si ritiene siano implicate cause di diversa natura. Tra i principali fattori di rischio materni identificati vi
è un basso status socioeconomico, un basso livello di istruzione, un basso indice di
massa corporea, alti livelli di stress, infezioni intra o extra-uterine e la presenza di patologie mediche, quali ad esempio disturbi tiroidei, diabete e asma (Goldenberg, Culhane, Iams, & Romero, 2008). Il ricorso alla riproduzione assistita, l’aumento delle
gravidanze multiple e il crescente numero di donne che partoriscono in età avanzata
sono fattori che hanno contribuito a far crescere negli anni la prevalenza dei parti pretermine (Felberbaum, 2007; Beck et al., 2010).
La nascita pretermine viene definita seguendo il principale criterio proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: l’età gestazionale (e.g.), calcolata come il numero di settimane trascorse tra l’ultima mestruazione e il parto. Una nascita tra la 37a
e la 42a settimana è considerata a termine. Il neonato si dice quasi a termine se nasce
con una e.g. di 35-36 settimane, lievemente pretermine se nasce con una e.g. di 32-34
settimane, molto pretermine se nasce con una e.g. di 28-31 settimane e infine estremamente pretermine se la nascita avviene prima delle 28 settimane. I bambini nati estremamente pretermine sono particolarmente a rischio: in uno studio condotto su questa
popolazione da Marlow, Wolke, Bracewell e Samara (2005), il 12% è risultato affetto
da paralisi cerebrale infantile (alterazione persistente ma non progressiva delle funzioni
motorie dovuta a lesione cerebrale precoce). Attualmente in Italia il 95% dei neonati
con età gestazionale superiore alle 31 settimane sopravvive. Le percentuali di sopravvivenza dei nati a 23-24 settimane oscillano invece tra l’8 ed il 25%; tra i sopravvissuti
nati in questa età gestazionale, la disabilità grave interessa il 25% dei bambini, quella
media un altro 25% e quella lieve il 30-35% (dati del Policlinico Universitario Gemelli
di Roma reperibili al sito www.genitin.it).
La nascita pretermine si configura generalmente come un evento che interrompe
in modo brusco e inaspettato l’attività preparatoria dei futuri genitori, sia a livello pratico sia psicologico. Comporta inoltre una serie di rischi a breve, medio e lungo termine
legati allo sviluppo neurologico e psicologico del bambino. Questi rischi risultano
spesso in stretta correlazione con le condizioni del bambino alla nascita: quanto più
sono bassi l’età gestazionale e il peso, tanto maggiore è il rischio di sequele neurologiche gravi come ritardo mentale e disturbi motori o percettivi, quali sordità e cecità
(Aylward, 2005; Zepeda-Romero et al., 2011; Limburg, Gilbert, Hon Do, Dung, &
Hoang, 2012; Laptook, 2013). Il neonato pretermine è quindi un neonato a rischio e la
sua nascita rappresenta spesso per i genitori un evento altamente stressante che può
configurarsi come una vera e propria esperienza traumatica. Alle ovvie preoccupazioni
riguardanti la salute del bambino si aggiungono le difficoltà pratiche legate alla sua
permanenza all’interno dell’Unità di Terapia Intensiva Neonatale (UTIN).
L’ambiente in cui si svolge il primo periodo di vita del neonato pretermine è estremamente diverso da quello dei reparti di neonatologia tradizionali: per entrare in una
UTIN è necessario indossare camici sterili, calzari e mascherine. Il bambino pretermine
è solitamente in incubatrice, collegato ad apparecchiature mediche, talvolta intubato o
alimentato per via parenterale. I primi contatti bambino-genitore avvengono quindi in
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condizioni non ideali, condizioni nelle quali il contatto fisico e l’intimità risultano
notevolmente ridotti. L’importanza che il contatto fisico riveste per lo sviluppo di ogni
essere umano sta nel suo essere veicolo diretto e immediato della relazione con un altro
significativo, nonché un importante elemento ai fini dello sviluppo di un attaccamento
sicuro (Duhn, 2010). È noto che il contatto fisico tra madre e figlio nelle prime ore
dopo il parto è fondamentale nel regolare il tono affettivo, diminuire i livelli di stress
e creare le condizioni necessarie allo sviluppo di un legame di attaccamento (Klaus
et al., 1972; Christensson et al., 1992; Christensson, Cabrera, Christensson, UvnasMoberg, & Winberg, 1995; Uvnas-Moberg, 1994; Aagaard & Hall, 2008). Recentemente, Mehler e colleghi (2011) hanno dimostrato che nei bambini nati pretermine se
la madre ha la possibilità di vedere il proprio figlio entro le prime tre ore dopo la nascita
la probabilità che si sviluppi un attaccamento sicuro nel bambino aumentano significativamente. Negli ultimi decenni l’organizzazione delle UTIN ha subito un’evoluzione
che è andata incontro alle esigenze di vicinanza e contatto tra neonato e genitore: lo
spazio e il tempo concesso alla madre e al padre, inizialmente considerati prevalentemente come potenziale veicolo di infezioni, è cresciuto gradualmente (Davis, Mohay,
& Edwards, 2003). È inoltre andato diffondendosi un modello di assistenza individualizzata caratterizzato da maggiore attenzione al coinvolgimento della famiglia
nelle cure del bambino e al supporto dei genitori durante le fasi critiche che sono chiamati ad affrontare.
2.
Distress psicologico nella madre del bambino pretermine
La qualità della vita soggettivamente percepita dalle donne con parto pretermine
nelle settimane successive alla nascita del proprio figlio è spesso di livello significativamente inferiore a quello delle donne con parto a termine (Hill & Aldag, 2007).
Nel periodo immediatamente successivo a una nascita pretermine fino al 40% delle
madri manifesta i sintomi di una depressione post-partum, contro il 10-15% delle madri
con parto a termine (Vigod, Villegas, Dennis, & Ross, 2010). I sintomi depressivi sembrano essere predittivi della successiva percezione del proprio bambino come vulnerabile e fragile (Teti, Hess, & O’Connell, 2005). È interessante notare come la depressione
materna insorga prevalentemente nei primi tre mesi di vita del bambino, coincidendo
con una fase dello sviluppo molto importante, chiamata da Trevarthen (1979, 2011)
periodo della “intersoggettività primaria” in cui i neonati sono straordinariamente sensibili alle risposte del partner durante le interazioni faccia-a-faccia e in cui la condizione
di depressione della madre può incidere negativamente sulle sue capacità di stabilire
un contatto adeguato e contingente ai segnali del bambino. Anche i sintomi del disturbo
da stress post-traumatico sono piuttosto frequenti nelle madri di neonati pretermine ad
alto rischio dal punto di vista medico. In questa popolazione si arriva a percentuali di
incidenza del 23-35% nel periodo immediatamente successivo al parto (Holditch-Davis,
Bartlett, Blickman, & Miles, 2003; Lefkowitz, Baxt, & Evans, 2010; Feeley et al.,
2011), a fronte di percentuali del 2-9% nelle madri con parto a termine (Beck, Gable,
Sakala, & Declercq, 2011). A conferma di questo quadro, Shaw e colleghi (2014) hanno
recentemente condotto uno screening su un’ampia popolazione di madri pretermine
dal quale emerge che circa il 78% di esse presenta almeno un sintomo da distress
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psicologico riconducibile all’ambito depressivo, ansioso o traumatico, con una percentuale del 51% che presenta sintomi riconducibili a due o tutte e tre queste condizioni cliniche.
In uno studio longitudinale oramai classico condotto da Singer e colleghi (1999)
sono stati analizzati in 122 donne i sintomi psicologici e lo stress legati alla nascita
di un neonato estremamente pretermine, e l’evoluzione di questi sintomi nel corso dei
primi tre anni di vita del bambino. I risultati suggeriscono che il benessere psicologico
della madre possa dipendere dal grado di rischio medico presentato dal bambino nel
periodo post-natale (valutato, tra le altre cose, sulla base del numero di giorni in cui è
stato necessario fornire ossigeno aggiuntivo e della presenza/assenza di displasia broncopolmonare). Come evidenziano questi autori, a 2 anni dal parto le madri di bambini
estremamente pretermine ad alto rischio presentano maggiori sintomi depressivi e più
severo distress psicologico globale rispetto a quelle di bambini estremamente pretermine a minor rischio. Tuttavia, a tre anni dalla nascita del figlio, il benessere psicologico di queste donne può raggiungere i livelli delle madri dei bambini nati a termine,
suggerendo una sorta di adattamento psicologico.
3.
Outcomes a medio e lungo termine nel bambino nato pretermine
Gli outcomes cognitivo-comportamentali durante il periodo scolare sono stati sintetizzati in un’ampia meta-analisi condotta su 31 studi riguardanti 1.556 bambini tra i
6 e i 14 anni nati pretermine (Bhutta, Cleves, Casey, Cradock, & Anand, 2002): rispetto
ai bambini di controllo nati a termine (N = 1.720), i bambini pretermine tendono ad
avere prestazioni peggiori in molti test cognitivi e mostrano maggiore incidenza del
Disturbo da Deficit Attentivo con Iperattività (ADHD, acronimo per l’inglese Attention
Deficit Hyperactivity Disorder). Nell’81% degli studi selezionati in questa meta-analisi
si riscontra inoltre un’incidenza maggiore di comportamenti internalizzanti (quali ansia
e depressione) ed esternalizzanti (quali iperattività e impulsività) nei bambini pretermine rispetto a quelli a termine. Cosa interessante, i punteggi dei test cognitivi sono
direttamente proporzionali al peso alla nascita e all’età gestazionale. Studi successivi
(Marlow et al., 2005) confermano questi risultati: il 21% dei bambini estremamente
pretermine presentano deficit cognitivi (definiti in ragione di punteggi di due deviazioni
standard sotto la media) all’età di 6 anni. Il dato sale a 41% se le prestazioni vengono
confrontate con un gruppo di controllo piuttosto che con i valori di riferimento della
standardizzazione. Van de Weijer-Bergsma, Wijnroks e Jongmans (2008) hanno proposto che il principale meccanismo alla base dei deficit cognitivi e comportamentali
frequentemente riscontrati nel bambini nati pretermine sia un deficit di natura attentiva.
Questi ricercatori hanno in effetti evidenziato, sulla base di un’ampia rassegna della
letteratura, come i bambini pretermine siano spesso caratterizzati da alterazioni nel funzionamento dei processi attentivi, che diventano maggiormente evidenti nel corso dei
primi anni di vita. Tali alterazioni si manifestano sotto forma di minore efficienza nello
shifting attentivo e soprattutto nella difficoltà di inibire potenziali distrattori durante
lo svolgimento di compiti complessi.
In relazione ai possibili sviluppi psichiatrici conseguenti a una nascita pretermine
merita di essere citato lo studio longitudinale condotto da Johnson e colleghi (2010) su
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219 bambini di 11 anni nati estremamente pretermine. In questa popolazione sono state
riscontrate probabilità triple di avere un disturbo psichiatrico rispetto ai coetanei nati a
termine, con rischi particolarmente superiori per l’ADHD, l’ansia e i disturbi della sfera
emotiva. Di particolare rilievo è anche il recente studio condotto da Burnett e colleghi
(2014) su una coorte di giovani adulti nati pretermine tra il 1991 e il 1992. A differenza
di quanto rilevato da altri studiosi (ad esempio, Nosarti et al., 2012; Treyvaud et al.,
2013) questi ricercatori non hanno riscontrato differenze statisticamente significative
per quanto concerne l’incidenza di disturbi ansiosi o depressivi, ma hanno confermato
un’incidenza più che doppia di ADHD nel gruppo nato pretermine rispetto a quello
nato a termine.
È stato suggerito (ad esempio, Perlman, 2001) che i fattori di tipo clinico (in particolare le molteplici complicanze mediche legate alla nascita pretermine) e quelli di
tipo ambientale (come le condizioni stressanti che caratterizzano i reparti di Terapia
Intensiva Neonatale) possano agire in combinazione nel modulare negativamente lo
sviluppo cerebrale del bambino pretermine e spiegare, almeno in parte, alcuni degli
outcomes neurocomportamentali che si riscontrano in particolare nei bambini estremamente pretermine. Diversi ricercatori (ad esempio, Miceli et al., 2000; Bonifacio et al.,
2010) hanno ragionevolmente sostenuto che la relazione tra nascita pretermine e sviluppo neurocognitivo non sia diretta ma mediata dalla severità delle condizioni mediche
del bambino dopo la nascita: il rischio deriverebbe non tanto dalla nascita pretermine
in sé quanto dalle complicanze mediche che a essa si accompagnano. Altri studi mettono
in luce ulteriori fattori che possono influire sullo sviluppo del bambino, mediando gli
effetti della nascita pretermine: tra questi l’entità dello stress sperimentato dal genitore
(Pierrehumbert, Nicole, Muller-Nix, Forcada-Guex, & Ansermet, 2003), la sua sensibilità (Cusson, 2002) e le condizioni socio-economiche della famiglia (Wille, 1991).
In quest’ottica, la nascita pretermine non sembra essere, di per sé, l’aspetto determinante, quanto piuttosto uno dei fattori, benché certamente uno dei principali, implicati
nei successivi outcomes cognitivi e comportamentali. Solo quando associata ad altri
fattori di rischio di tipo medico, sociale o relazionale, la nascita pretermine sembra
aumentare la vulnerabilità del bambino e il rischio di uno sviluppo sfavorevole.
4.
Qualità dell’attaccamento e stili di interazione tra madre e bambino
pretermine
I lavori che hanno cercato di comprendere quali stili caratterizzano l’interazione
tra la madre e il proprio bambino nato pretermine hanno storicamente mostrato risultati
contrastanti. Da un lato alcuni studiosi (ad esempio, DiVitto & Goldberg, 1979; Malatesta, Grigoryev, Lamb, Albin, & Culver, 1986; Macey, Harmon, & Easterbrooks, 1987;
Gorrie, McKinney, & Murray, 1994) hanno suggerito che nel complesso, durante i primi
mesi di vita, le interazioni delle madri con i bambini nati pretermine si differenziano
da quelle delle madri con bambini nati a termine per il fatto di essere vissute affettivamente come meno piacevoli, per avere un più basso coinvolgimento emotivo e per
avere un livello elevato di iperprotezione e intrusività, comportamenti questi ultimi che
la madre esercita nel tentativo di coinvolgere un bambino spesso poco responsivo e
meno incline all’esplorazione di quanto non siano i bambini nati a termine. Dall’altro
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lato, al contrario, altri studiosi (ad esempio, Greenberg & Crnic, 1988; Singer et al.,
2003) hanno riscontrato nelle madri dei bambini nati pretermine elevati livelli di coinvolgimento emotivo e notevoli capacità di compensare con il proprio stile interattivo
le difficoltà cognitive e affettive dei propri figli.
A cosa sono dovuti questi dati apparentemente contraddittori? È possibile ipotizzare l’esistenza di variabili psicologiche che possano spiegare la natura dei diversi stili
interattivi osservati in letteratura? Un gruppo di ricercatori italiani (Coppola, Cassibba,
& Costantini, 2007) ha proposto un elegante risposta a queste domande. Secondo questi
ricercatori un ruolo cruciale nel determinare la qualità della relazione tra la madre e il
bambino pretermine è giocato dallo stato della mente della madre rispetto al tema dell’attaccamento. Per testare questa ipotesi i ricercatori hanno valutato con l’Adult Attachment Interview, strumento di elezione in materia, il ruolo di questa variabile sulla
sensibilità materna (misurata con l’Emotional Availability Scales) mostrata in un campione di 40 diadi madre/bambino (20 con parto pretermine e 20 di controllo con parto
a termine) durante 10 minuti di interazione con il figlio di 3 mesi. I risultati evidenziano,
coerentemente con la letteratura in materia, un effetto principale della sicurezza/insicurezza dell’attaccamento sulla sensibilità: le madri sicure sono significativamente più
sensibili rispetto a quelle insicure, indipendentemente dal fatto di aver o meno un figlio
nato pretermine. Ma il dato particolarmente interessante è che a fronte di un figlio nato
pretermine la sensibilità delle madri sicure aumenta ulteriormente, mentre la sensibilità
delle madri insicure diminuisce ancor di più. Questo dato suggerisce che le madri sicure
sono in grado di incrementare la loro sensibilità per fronteggiare i problemi posti da
un neonato pretermine mentre quelle insicure, nella medesima situazione di distress
psicologico, diventano ancora meno sensibili. L’implicazione evidente di questo risultato è che una più corretta interpretazione dei dati apparentemente contraddittori presenti in letteratura e una più articolata spiegazione degli stili di interazione tra madre e
bambino pretermine non può prescindere dallo studio dell’organizzazione dell’attaccamento materno, che agisce come cruciale variabile interveniente.
Interessanti risultati provengono anche dagli studi condotti dai ricercatori dell’ospedale universitario di Losanna (ad esempio, Pierrehumbert et al., 2003; MullerNix et al., 2004; Forcada-Guex, Pierrehumbert, Borghini, Moessinger, & Muller-Nix,
2006; Forcada-Guex, Borghini, Pierrehumbert, Ansermet, & Muller-Nix, 2011; Habersaat et al., 2013). Pierrehumbert et al. (2003) hanno esaminato gli effetti che le reazioni
post-traumatiche dei genitori alla nascita pretermine possono avere sul successivo sviluppo del bambino. A tal fine 50 coppie madre/padre sono state intervistate al compimento dei 18 mesi del proprio figlio nato pretermine. Da questo studio emerge che la
gravità dei rischi perinatali è solo in parte un predittore affidabile dei disturbi del bambino a un anno e mezzo dal parto, essendo invece l’intensità delle reazioni post-traumatiche dei genitori l’indice che meglio predice i successivi problemi comportamentali
del bambino. In altri termini, le risposte dei genitori alla nascita pretermine sembrano
mediare in modo significativo il rischio di sviluppare outcomes avversi, oltre a influire
sulla qualità stessa dell’interazione (Poehlmann & Fiese, 2001; Muller-Nix et al., 2004).
Nello studio di Forcada-Guex e colleghi (2006) sono stati individuati due pattern prevalenti di interazione tra madre e bambino nato pretermine all’età di 6 mesi: uno caratterizzato da madre sensibile e bambino cooperativo-responsivo e uno caratterizzato da
madre controllante e bambino passivo-compulsivo. Di rilievo è l’osservazione che gli
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outcomes comportamentali e affettivi dei bambini differiscono in base al tipo di diade
a cui appartengono. I bambini del pattern cooperativo a 18 mesi hanno outcomes paragonabili a quelli dei bambini nati a termine, mentre quelli del pattern controllante hanno
un maggior numero di sintomi comportamentali, specialmente nella sfera dei disturbi
dell’alimentazione. Questi autori suggeriscono che il pattern cooperativo possa esercitare un ruolo protettivo nel caso di nascita pretermine, laddove quello controllante
sembra essere un ulteriore fattore di rischio per lo sviluppo del bambino (Forcada-Guex
et al., 2011), soprattutto per quanto riguarda la capacità di regolare le proprie emozioni (Habersaat et al., 2013).
Considerate le difficoltà che la nascita pretermine può porre alla qualità delle interazioni sociali tra genitore e bambino, è possibile considerare questo evento come un
fattore di rischio per lo sviluppo di un attaccamento insicuro? Anche in questo caso la
letteratura sull’argomento presenta risultati contrastanti. Per quanto riguarda l’attaccamento tra la madre e il bambino pretermine, diversi lavori hanno rilevato una situazione
generalmente paragonabile a quella dei bambini nati a termine con una frequenza di
attaccamento insicuro comparabile con quella dei gruppi di controllo (ad esempio, Frodi
& Thompson, 1985; van IJzendoorn, Goldberg, Kroonenberg, & Frenkel, 1992; Brisch
et al., 2005; Korja et al., 2010; Peyvandi, Ahadi, Mazaheri, Jomehri, & Kiamanesh,
2014). Tuttavia in alcune ricerche, confrontando bambini nati molto pretermine con
bambini nati a termine, sono emerse alcune sottili differenze nei pattern di attaccamento. Per esempio, Goldberg, Perrotta, Minde e Corter (1986), usando la Strange
Situation, hanno riscontrato una percentuale di bambini classificati come B1 e B4
maggiore di quella attesa basandosi sui dati normativi. Questo gruppo viene definito
“marginalmente sicuro” poiché il loro comportamento di attaccamento si avvicina per
certi aspetti a quello dei bambini insicuri, rispettivamente del pattern evitante e di quello
ambivalente. Macey e colleghi (1987) evidenziarono differenze significative solo per
quanto concerne alcuni comportamenti di attaccamento osservati durante una procedura
di osservazione che include gli elementi essenziali della Strange Situation. In questo
studio le differenze furono riscontrate nel tipo di emozioni espresse durante gli episodi
di riunione (maggiormente positive nei nati a termine) e nell’atteggiamento del bambino
nei confronti dello sconosciuto (i bambini pretermine si dimostrano meno inclini a interagire con questa figura). Mangelsdorf e colleghi (1996) hanno ipotizzato che l’assenza di differenze riscontrata in molti lavori tra i pattern di attaccamento dei bambini
nati pretermine e quelli dei bambini nati a termine possa dipendere dal tipo di bambini
pretermine presi in considerazione. Secondo questi autori una variabile importante perché differenze nei pattern possano emergere sono l’età gestazionale e il peso alla nascita. Coerentemente con la loro ipotesi, questi autori hanno sottoposto alla Strange
Situation un campione di bambini nati pretermine con età gestazionale media di 27.9
settimane e peso medio alla nascita inferiore a 1000 grammi, riscontrando all’età di
19 mesi un rischio maggiore di attaccamento insicuro nei bambini nati estremamente
pretermine rispetto a quelli nati a termine. A conferma che la nascita estremamente
pretermine può essere un fattore di rischio per lo sviluppo di un attaccamento insicuro,
recentemente Hallin, Bengtsson, Frostell e Stjernqvist (2012) hanno somministrato
l’Adult Attachment Interview a un campione di 39 adolescenti (età media di 18.4 anni)
nati estremamente pretermine osservando una più bassa proporzione di stato della
mente sicuro rispetto a un campione di controllo nato a termine.
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Così come per gli outcomes cognitivo-comportamentali, anche per l’attaccamento
insicuro è stato suggerito (Brisch, Bechinger, Betzler, & Heinemann, 2003; Tenuta,
2007) che la nascita pretermine, a meno che non sia estremamente pretermine, potrebbe
non essere di per sé il fattore di rischio determinante ma fa aumentare la vulnerabilità
del bambino se presente in associazione ad altri fattori che possono essere più o meno
strettamente connessi alla nascita pretermine. Alcuni studi hanno ipotizzato che la gravità dei problemi di salute del bambino pretermine costituisca un elemento importante
che può influire negativamente sulla qualità dell’attaccamento. Plunkett, Meisel, Stiefel,
Pasick e Roloff (1986), confrontando bambini pretermine sani con altri con condizioni
mediche perinatali complicate da problemi respiratori, hanno riscontrato solo in quest’ultimo gruppo un’incidenza maggiore di quella attesa per il pattern ansioso-resistente.
Dati più recenti proposti da Udry-Jørgensen e colleghi (2011) supportano l’osservazione
che nei neonati pretermine con problemi medici rilevanti ci sia una maggiore frequenza
di attaccamento di tipo insicuro. Anche il livello socioeconomico del nucleo familiare
è risultato essere un aspetto importante in alcuni studi: ad esempio, Wille (1991) ha
riscontrato attaccamenti maggiormente insicuri nei bambini nati pretermine in condizioni socioeconomiche più disagiate.
Il supporto sociale percepito, in particolar modo il fatto di poter contare su un sostegno adeguato alle necessità di un bambino nato pretermine, sembra un altro aspetto
molto importante per lo sviluppo di un attaccamento sicuro, soprattutto per quelle madri
che devono occuparsi di un bambino irritabile (Crockenberg, 1981). Un temperamento
irritabile, infatti, risulta associato all’attaccamento ansioso solo in madri con basso supporto sociale. E il supporto sociale è in effetti risultato una variabile significativa in diversi studi: Crnic, Greenberg, Ragoniz, Robinson e Basham (1983), ad esempio, hanno
dimostrato che il supporto sociale può avere un ruolo nel moderare gli effetti negativi
dello stress sulla soddisfazione materna e sulla sensibilità nei confronti dei segnali del
bambino. Secondo Feeley, Gottlieb e Zelkowitz (2005) le madri che sentono di ricevere
un supporto sociale soddisfacente tendono ad essere più sensibili e responsive quando
devono insegnare un compito al loro bambino.
In un recente studio (Candelaria, Teti, & Black, 2011) è stato esaminato l’impatto
dei rischi cumulativi di tipo medico, sociodemografico e psicosociale sulla sicurezza
dell’attaccamento in un campione di famiglie a basso reddito. I fattori di rischio sociodemografici (povertà, bassa educazione materna e la presenza di genitore-single) e
psicosociali (autoefficacia materna bassa, sintomi depressivi e stress parentale) sono
risultati associati negativamente alla sicurezza dell’attaccamento. Come visto in precedenza (Coppola et al., 2007), anche in questo caso la sensibilità materna media gli
effetti di questa relazione.
5.
Conclusioni
Nell’insieme, la letteratura presa in considerazione mostra la complessità della relazione che intercorre tra nascita pretermine e qualità dell’attaccamento: per cogliere
la natura di questo legame non è possibile basarsi su modelli lineari semplici, ma è necessario considerare contemporaneamente molteplici aspetti. Tra questi paiono di particolare rilievo la nascita estremamente pretermine, la sensibilità materna, lo stato della
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mente rispetto all’attaccamento della madre, nonché le condizioni socioeconomiche e
di supporto sociale percepito. Nonostante i progressi nelle cure neonatologiche, la nascita pretermine continua a rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo del bambino e un evento potenzialmente traumatico per i genitori. Questo rende necessario
valutare con sempre maggiore precisione gli esiti a lungo termine di questo evento in
modo che sia possibile mettere a punto interventi di prevenzione e trattamento in grado
di rispondere efficacemente alle esigenze psicologiche della diade madre-bambino, e
più in generale dell’intero nucleo familiare.
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Versione finale pervenuta Giugno 2014
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LONG ABSTRACT
Preterm birth and attachment:
Styles of interaction and psychological profiles
Rita B. Ardito*, Benedetta Vicino*, Mauro Adenzato*
Every year, about 15 million babies are born prematurely (i.e., born alive before 37 weeks
of pregnancy are completed). According to the World Health Organization, preterm birth is the
second leading cause of all deaths under five years of age, involving short-, medium-, and longterm neurological and psychological risks to the child development. These risks are often in
close correlation with the child’s condition at birth: the lower the gestational age and the weight,
the greater the risk of serious neurological sequelae such as mental retardation and motor or
perceptual disorders. For parents, the preterm birth is often a highly stressful event that may
constitute a traumatic experience. In this paper we discuss the main literature concerning the
maternal psychological distress that may accompany the birth of a preterm child, the cognitive
and behavioral outcomes that can occur in the child, and the quality of the attachment and of
the styles of interaction characterizing the mother/preterm child relationship. The quality of
life subjectively perceived by women with preterm birth in the weeks following the birth of
her child is often significantly lower than that of women with birth at term. In the period immediately following a preterm birth up to 40% of mothers experience symptoms of postpartum
depression. Even the symptoms of post-traumatic stress disorder are common in mothers of
preterm infants at high risk from the medical standpoint. It has been suggested that clinical
factors (in particular the multiple medical complications related to preterm birth) and environmental factors (such as stressful conditions that characterize the Neonatal Intensive Care Unit)
may act in combination to modulate negatively the brain development of the preterm child and
explain, at least in part, some of the neurobehavioral outcomes that are found in particular in
extremely preterm children. With regard to the quality of attachment, following a preterm birth,
secure mothers tend to increase their sensitivity to cope with the problems posed by a preterm
child while insecure mothers, in the same situation of psychological distress, become even less
sensitive. Overall, the literature taking into account shows the complexity of the relationship
between preterm birth and quality of attachment: to grasp the nature of this relationship simple
linear models are not sufficient, but it is necessary to simultaneously consider multiple aspects.
Of particular significance seem to be the extremely preterm birth, the maternal sensitivity, the
state of mind with respect to attachment of the mother, as well as the socio-economic conditions
and the perceived social support. Despite advances in neonatology care, preterm birth continues
to be a risk factor for the development of the child and a potentially traumatic event for parents.
This makes it necessary to assess with greater precision the long-term outcomes of this event
so that it is possible to develop interventions for prevention and treatment that can effectively
respond to the psychological needs of the mother-child dyad and of the whole family.
* Cognitive Science Center, Department of Psychology, Turin University, Italy.
Corresponding author:
Rita B. Ardito, Centro di Scienza Cognitiva, Dipartimento di Psicologia, Università di Torino.
Via Po, 14 - 10123 Torino, Italy.
[email protected]
Attaccamento e Sistemi Complessi (Attachment and Complex Systems), Vol. 1, n. 2, luglio 2014, pp. 43-56