remastered - Università degli Studi di Messina

Memorie Scientifiche di Giovanni Crupi
CONSIDERAZIONI SUL TEOREMA DI CLEBSCH
E SUL LEMMA DI FINZI
G IOVANNI C RUPI
S UNTO . Nell’ambito della distinzione tra tensori e pseudo tensori si conduce un’analisi degli enti che sono implicati nel teorema di Clebsch sui campi vettoriali dello spazio
ordinario e nella sua estensione ai tensori emisimmetrici dello spazio–tempo, stabilita in
un lemma di Finzi. Dopo aver precisato la natura di tali enti, si dimostra che il teorema
di Clebsch ed il lemma di Finzi si possono formulare senza l’esplicito uso degli pseudo
tensori.
1. – Per la descrizione matematica di leggi generali, geometriche e fisiche, si introducono vari enti tra cui i tensori e gli pseudo tensori.
Questi due tipi di enti si diversificano per la legge di trasformazione relativa al passaggio
da un sistema di coordinate ad un altro. Pi`u precisamente, nelle trasformazioni di coordinate a determinante jacobiano positivo le componenti di uno pseudo tensore si mutano
come le componenti di un tensore, mentre nelle trasformazioni di coordinate a jacobiano
negativo la legge di trasformazione degli pseudo tensori differisce per il segno da quella
dei tensori [1, §22, pp. 55–56; §37, pp. 115-117].
Segue, perci`o, che un tensore non potr`a essere decomposto in una somma del tipo
tensore = tensore + pseudo tensore,
essendo i due enti caratterizzati da leggi, in generale, diverse.
Muovendo da tale osservazione, nella presente Nota si procede ad un’analisi degli enti
che intervengono nel teorema di Clebsch e viene precisata la loro natura.
Si perviene, poi, ad una formulazione del teorema che evita l’esplicito intervento degli
pseudo tensori.
Si ha, inoltre, occasione di precisare anche la natura degli enti che figurano nel lemma,
stabilito da Finzi [2], che estende il teorema di Clebsch al caso dei tensori emisimmetrici
nello spazio–tempo.
2. – Un noto teorema di Clebsch [3, p. 43] sui campi vettoriali nello spazio ordinario
insegna che un generico campo vettoriale e` suscettibile di essere concepito come sovrapposizione di due campi uno solenoidale e l’altro irrotazionale. Cio`e, se V(P ) indica un
vettore che descrive un campo, e` possibile porre
V = grad ϕ + rot w,
(1)
dove ϕ e` una funzione scalare, soluzione dell’equazione di Poisson
∆ ϕ = div V,
(2)
e rot w e` l’integrale generale dell’equazione
div(V − grad ϕ) = 0.
(3)
Ci proponiamo, ora, di precisare la natura di w.
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G. C RUPI
Per i limiti imposti al problema, conveniamo di trattarlo nello spazio ordinario tridimensionale riferito a coordinate generali, e siano x1 , x2 , x3 le coordinate del generico punto.
Indichiamo con Vi (i = 1, 2, 3) le componenti covarianti del vettore V(P ) del campo.
Nelle coordinate generali introdotte, la generica componente covariante della (1) e` data
da
∂ϕ
+ Eipl wl/p ,
(4)
Vi =
∂xi
dove
√
Eipl = gεipl
(se g > 0),
√
(5)
Eipl = −gεipl
(se g < 0),
essendo g = |ghk | il discriminante della metrica
ds2 = ghk dxh dxk ,
(6)
ed εipl il cosiddetto “simbolo di Levi–Civita”, i cui valori sono ±1 a seconda che (i, p, l)
e` una permutazione di classe pari o dispari rispetto a quella fondamentale (1, 2, 3), mentre
sono uguali a zero se almeno due indici sono uguali tra loro.
Analizziamo, adesso, i vari enti che figurano nella (4).
Nel primo membro abbiamo, per ipotesi, un vettore covariante, cio`e un ente che nel
passaggio dalle coordinate xi ad un altro sistema di coordinate x0k si trasforma secondo la
legge
∂xi
(7)
Vk0 = Vi 0k .
∂x
Le ipotesi che si fanno riguardo al legame tra le nuove e le antiche coordinate sono che
esista una relazione funzionale
xi = xi (x0k ),
(8)
i
0k
dove le funzioni x (x ) siano finite, continue assieme alle loro derivate parziali fino
all’ordine che occorre considerare e che il determinante jacobiano
i
∂x D = 0k (9)
∂x
sia diverso da zero.
∂ϕ
Nel secondo membro della (4) abbiamo due addendi: uno, cio`e
, e` un ente che
∂xi
si trasforma con la stessa legge di Vi , e perci`o e` anch’esso un vettore covariante, mentre il secondo addendo, che e` quello su cui vogliamo fermare l’attenzione, risulta dalla
composizione di Eipl con wl/p .
D’altra parte e` noto che [1, §22, pp. 55–56; §37, pp. 115-117] le componenti Eipl ,
completamente emisimmetriche, nel passaggio da un sistema di coordinate xi ad un altro
x0k si trasformano con la legge
∂xk ∂xh ∂xr
0
Eipl
= (sign D)Ekhr 0i 0p 0l ,
(10)
∂x ∂x ∂x
avendo indicato con sign D il segno del determinante jacobiano del cambiamento di coordinate. La legge di trasformazione (10), che differisce da quella dei tensori per il fattore sign D, e` caratteristica per definire enti matematici che, seguendo ad es. il Fock,
chiameremo pseudo tensori.
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E allora, se wl , in virt`u della sua legge di trasformazione, si considera come un vettore
controvariante, segue che le tre quantit`a
Eipl wl/p
(11)
rappresenteranno, a causa della loro legge di trasformazione, uno pseudo vettore, perch´e
il prodotto di un tensore per uno pseudo tensore conduce ad uno pseudo tensore [1, §22,
pp. 55–56; §37, pp. 115-117].
Perci`o, se wl si riguarda come un vettore controvariante, la (4) risulta una relazione del
tipo:
vettore = vettore + pseudo vettore,
la quale si presenta, evidentemente, in forma tensoriale incoerente, perch´e nel secondo
membro figurano come addendi enti che si trasformano con leggi diverse.
L’incoerenza tensoriale della relazione (4) e` nata per aver supposto le wl come componenti controvarianti di un vettore (tensore di rango uno), ma essa pu`o essere subito sanata
a patto di interpretare l’ente associato alle tre quantit`a wl come uno pseudo vettore.
Infatti, se wl si riguarda come uno pseudo vettore, allora le tre quantit`a (11), in virt`u
della loro legge di trasformazione, individueranno un vettore covariante, perch`e il prodotto
di due pseudo tensori e` un tensore [1, §22, pp. 55–56; §37, pp. 115-117]. In tal caso la (4)
si presenta in forma tensoriale coerente:
vettore = vettore + vettore.
(12)
l
Dopo avere precisato che le quantit`a w vanno interpretato come componenti controvarianti di uno pseudo vettore, ci proponiamo, ora, di dimostrare che il teorema di Clebsch, espresso dalla (4), pu`o facilmente essere posto in una forma tale che in esso non
intervengano esplicitamente gli pseudo tensori Eipl e wl .
A tale scopo ricordiamo che uno pseudo vettore nello spazio tridimensionale e` suscettibile di essere rappresentato come il duale di un tensore emisimmetrico di rango due [1, §22,
pp. 55–56; §37, pp. 115-117]. E cos`ı, lo pseudo vettore wl pu`o essere espresso, mediante
la formula
1
(13)
wl = E lhq Ahq ,
2
come il duale di un opportuno tensore emisimmetrico Ahq = −Aqh .
Tenendo conto della (13), le tre quantit`a date da (11) conducono a
1
/p
Eipl wl/p = Eipl E lhq Ahq ,
(14)
2
essendo E lhq/p ≡ 0.
D’altra parte [3, p. 100]
Eipl E lhq = Elip E lhq = gih gpq − gph giq ,
e perci`o la (14) si specializza, dopo semplici calcoli, nella
/p
Eipl wl/p = Aip .
(15)
Infine, sostituendo la (15) nel secondo membro della (4), si ottiene, nello spazio ordinario, riferito a coordinate generali, la seguente forma per il teorema di Clebsch
∂ϕ
/p
Vi =
+ Aip ,
(16)
∂xi
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in cui non figurano pi`u esplicitamente, come nella forma usuale (4), gli pseudo tensori Eipl
e wl .
La (16) ci permette di enunciare il teorema di Clebsch nel seguente modo: nello spazio
ordinario, riferito a coordinate generali, un generico campo vettoriale si pu`o decomporre
nella somma di un campo irrotazionale e di uno solenoidale, espresso come divergenza di
un tensore emisimmetrico.
2. – Ci proponiamo, ora di estendere le precedenti considerazioni ai tensori doppi emisimmetrici di uno spazio quadridimensionale. L’esposizione sar`a fatta in coordinate generali, introdotte in un riferimento inerziale, cio`e sar`a considerato nullo il tensore di curvatura
di Riemann–Christoffel: Rµ%,αβ = 0.
L’idea feconda di estendere il teorema di Clebsch agli spazi quadridimensionali e` stata
concepita da Finzi [3, pp. 414–418], il quale nel 1952 stabil`ı nello spazio–tempo pseudo
euclideo il seguente lemma: ogni tensore doppio emisimmetrico nello spazio–tempo pu`o
riguardarsi come somma di un tensore irrotazionale e di uno solenoidale. E cio`e, se Fαβ e`
un tensore doppio emisimmetrico esso e` suscettibile di essere espresso nella forma
Fαβ = Jαβ + Sαβ
(α, β = 0, 1, 2, 3),
(17)
dove
Jαβ = ϕβ/α − ϕα/β ,
(18)
Sαβ = Eαβγδ χγ/δ ,
con(
/β
ϕβ = 0,
(19)
(20)
χγ/γ = 0.
Le tre componenti indipendenti di ϕβ e di χγ , assegnato Fαβ , si possono ottenere
rispettivamente dalle equazioni
/β
Fαβ = − ϕα ,
δγαβ
(21)
δ
E
Fαβ/γ = 2 χ .
(22)
Delle quattro equazioni che si ottengono dalla (21) per α = 0, 1, 2, 3 solo tre sono indipendenti. Infatti, calcolando la divergenza di ambo i membri, si e` condotti ad un’identit`a.
Per lo stesso motivo anche le (22) danno solo tre equazioni indipendenti.
Omettiamo altri commenti relativi alle equazioni (17)–(22), rinviando per ogni ulteriore approfondimento al lavoro originale di Finzi [3, pp. 414–418], e passiamo senz’altro all’oggetto della nostra analisi, cio`e all’interpretazione degli enti che figurano nella
formulazione del lemma (17).
Le quantit`a Fαβ , a primo membro, individuano per ipotesi un tensore covariante di
rango due, cio`e un ente che nel passaggio da un sistema di coordinate xµ ad un altro x0µ si
trasforma secondo la legge
∂xµ ∂xν
0
Fαβ
= Fµν 0α 0β .
∂x ∂x
Nel secondo membro della (17) abbiamo due addendi. Il primo, cio`e Jαβ , individua
un tensore di rango due se ϕβ e` un vettore (tensore di rango uno), perch´e l’operatore di
derivazione covariante fa passare da un tensore di rango n ad uno di rango n + 1. Mentre
il secondo addendo, cio`e Sαβ , risulta dalla composizione Eαβγδ con χγ/δ .
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Analogamente a ci`o che abbiamo gi`a detto nello spazio tridimensionale, le quantit`a
Eαβγδ sono definite da
√
(se g > 0),
Eαβγδ = gεαβγ
√
(23)
Eαβγδ = −gεαβγ
(se g < 0),
essendo g = |gαβ | il discriminante della metrica
ds2 = gαβ dxα dxβ ,
(24)
ed εαβγδ il noto simbolo di Levi–Civita, i cui valori sono ±1 a seconda che (α, β, γ, δ)
indichi una permutazione di classe pari o dispari rispetto a quella fondamentale (0, 1, 2, 3),
mentre sono nulli con almeno una coppia di indici uguali tra loro. Com’`e noto [1, §22,
pp. 55–56; §37, pp. 115-117], le quantit`a Eαβγδ nel passaggio da un sistema di coordinate
xµ ad un altro x0ν , si trasformano in conformit`a alla legge
∂xα ∂xβ ∂xγ ∂xδ
0
(25)
Eµν%σ
= (sign D)Eαβγδ 0µ 0ν 0% 0σ ,
∂x ∂x ∂x ∂x
con evidente significato dei simboli, e quindi esse rappresentano uno pseudo tensore di
quarto rango.
Pertanto, se le quattro quantit`a χγ si riguardano come componenti di un vettore, allora
le Sαβ , introdotte con la (19), rappresenteranno, in conformit`a alla loro legge di trasformazione, uno pseudo tensore di rango due, perch´e il prodotto di uno pseudo tensore per
un tensore e` uno pseudo tensore [1, §22, pp. 55–56; §37, pp. 115-117]. Si perviene cos`ı al
risultato che se χγ si interpreta come un vettore controvariante il lemma (17) esprime una
relazione del tipo
tensore = tensore + pseudo tensore,
(26)
la quale, evidentemente, si presenta in forma incoerente, perch`e nel secondo membro
figurano come addendi enti che si trasformano con leggi diverse.
Per rimuovere l’incoerenza della (26) basta interpretare le quantit`a χγ come uno pseudo
vettore, cio`e come un ente le cui componenti eontrovarianti nel passaggio dalle coordinate
xµ alle x0ν si trasformano secondo la legge
∂x0%
χ0% = (sign D) γ χγ .
(27)
∂x
Infatti, in tal caso le quantit`a Sαβ individueranno un tensore, perch´e il prodotto di due
pseudo tensori e` un tensore. Quindi, possiamo concludere che per rendere coerente la (17),
nel senso che essa risulti una relazione del tipo
tensore = tensore + tensore,
bisogna interpretare l’ente definito da χγ come uno pseudo tensore.
Adesso, analogamente a ci`o che abbiamo gi`a fatto per la formulazione del teorema di
Clebsch negli spazi tridimensionali, ci proponiamo di mostrare che il lemma di Finzi si pu`o
facilmente ricondurre ad una forma in cui non figurano esplicitamente gli pseudo tensori
Eαβγδ e χγ .
A tale scopo, ricordiamo che uno pseudo vettore χγ pu`o sempre essere espresso come il
duale di un tensore emisiminetrico, rispetto a tutte le coppie di indici, Aσ%µ di terzo rango,
mediante la formula [1, §22, pp. 55–56; §37, pp. 115-117]
1
χγ = E γ%σν A%σν .
(28)
3!
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E quindi, sostituendo la (28) nel secondo membro della (19), si ha
1
Sαβ = Eαβγδ E γ%σν A/δ
%σν ,
3!
essendo E γ%σν/δ = 0. Successivamente, applicando la nota formula
%
gα gασ gαν %
Eγαβδ E γ%σν = gβ gβσ gβν ,
g% gσ gν δ
δ
δ
la (29), dopo facili passaggi, si specializza nella
/δ
Sαβ = Aαβδ .
(29)
(30)
(31)
Si pu`o notare subito che il tensore Sαβ , dato da (31), e` solenoidale. Ci`o segue immediatamente dal fatto che il tensore Aαβδ a e` antisimmetrico rispetto a tutte le coppie di
indici e dal fatto che l’ordine di derivazione e` invertibile negli spazi a tensore di curvatura
di Riemann-Christoffel nullo. Perci`o, da (31) si trae

 S /β = 0,
αβ
(32)
 S /α = 0.
αβ
Infine, riassumendo le precedenti considerazioni, tenendo conto della (18) e della (31),
il lemma di Finzi formulato con la (17) pu`o essere posto nella forma
/δ
Fαβ = (ϕβ/α − ϕα/β ) + Aαβδ ,
(33)
nella quale non appaiono pi`u esplicitamente gli pseudo tensori Eαβγδ e χγ .
La (33) ci permette di formulare il lemma di Finzi, in uno spazio quadridimensionale a
tensore di curvatura nullo, nel seguente modo: un generico tensore emisimmetrico pu`o essere decomposto nella somma di un tensore irrotazionale e di uno solenoidaie, esprimibile
come divergenza di un tensore emisimmetrico di terzo rango.
Volgiamo ora, l’attenzione alle condizioni a cui soddisfano gli enti che intervengono nel
secondo membro del lemma, espresso nella forma (33).
Per il vettore ϕβ e lo pseudo vettore χγ , che figurano nella (17), sappiamo che valgono
le condizioni di Lorentz (20) e le equazioni (21) e (22). Allora, se il lemma si porr`a nella
forma (33), data nel presente lavoro, resteranno inalterate la condizione (20) e le equazioni
(21) per il vettore ϕβ , mentre vanno scritte in termini del tensore Aαβγ , la condizione (20)2
e le equazioni (22), implicanti lo pseudo tensore χγ .
E` di questo che, adesso, vogliamo occuparci.
Sostituendo la (28) nella (20)2 , otteniamo subito la condizione di Lorentz per le quattro
componenti essenziali del tensore Aαβγ , cio`e
E γ%σν A%σν/γ = 0.
(34)
Per ottenere le equazioni a cui soddisfano le componenti di Aαβγ in connessione ad
un assegnato campo emisimmetrico Fαβ , possiamo partire direttamente dalla (33), oppure
eliminare χδ dalla (22), in virt`u della (28).
Poich´e il tensore Jαβ = ϕβ/α − ϕα/β e` irrotazionale, applicando ad ambo i membri
della (33) l’operatore rotore, otteniamo
/δ
E σναβ Fαβ/γ − Aαβδ/γ = 0.
(35)
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Per σ = 0, 1, 2, 3, la (35) fornisce quattro equazioni a cui soddisfano le quattro componenti essenziali del tensore completamente emisimmetrico Aαβδ , per`o di queste quattro
equazioni solo tre sono indipendenti. Infatti, applicando l’operatore divergenza ad ambo i membri della (35) si trae un’identit`a. Alle tre equazioni indipendenti va associata la
condizione di Lorentz (34), come quarta equazione.
Al fine di ottenere un indiretto controllo, ci proponiamo di far vedere che alla (35) si
pu`o anche pervenire, sostituendo la (28) nella (22). Osserviamo che, in virt`u della (20)2 ,
la (22) e` suscettibile di essere scritta nella forma
µ/δ
E δγαβ Fαβ/γ = 2 χδ/σ
− χ/µ ,
(36)
σ
oppure
%/σ
E δγαβ Fαβ/γ = 2 g%δ gσµ − gσδ g%µ χ/µ .
(37)
Quindi, tenendo presente la nota formula
2 g%δ gσµ − gσδ g%µ = E αβδµ Eαβ%σ ,
(38)
la (37) si trasforma nella
%/σ
E δγαβ Fαβ/γ = E αβδµ Eαβ%σ χ/µ ,
(39)
e da questa, chiamando γ l’indice di sommazione µ, a secondo membro, e notando che
E δγαβ = E αβδγ , si ha:
%/σ
E δγαβ Fαβ/γ − Eαβ%σ χ/γ = 0.
(40)
Adesso, utilizzando la (28), la (40) si muta nella
1
/σ
E δγαβ Fαβ/γ − Eαβ%σ E %µνε Aµνε/γ = 0,
3!
da cui, tenendo conto della formula (30) e che Eαβ%σ = E%αβσ , si ottiene
µ


gα gαν gαε 1
µ
/σ
E δγαβ Fαβ/γ − gβ gβν gβε Aµνε/γ  = 0.
3! µ
ε ν
gσ gσ gσ
Quest’ultima, infine, conduce alla seguente equazione
/σ
E δγαβ Fαβ/γ − Aαβσ/γ = 0,
(41)
che, come era da prevedere, coincide, a meno del nome di qualche indice, con la (35).
3. – In questo numero ci proponiamo di applicare in un problema concreto il lemma
nella forma (33).
Dopo avere stabilito il lemma (17), il Finzi ha istituito, servendosi di esso, un metodo
che permette, tra l’altro, di dedurre da un unico principio di azione stazionaria tutte le
equazioni dei campi elettromagnetici, mentre con i metodi classicamente usati un gruppo
di equazioni si deduce dal principio di azione stazionaria e le altre si introducono per altra
via.
Adesso, allo scopo di fare un’applicazione del lemma nella forma (33), esente dalla
presenza degli pseudo tensori, ci proponiamo di riesaminare il problema della deduzione da
un unico principio di azione stazionaria delle equazioni dei campi elettromagnetici neutri.
Indichiamo con τ un dominio dello spazio–tempo e con Σ il suo contorno.
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L’integrale quadruplo
Z
1
S=
F αβ Fαβ dτ,
4 τ
(42)
qualora F αβ Fαβ rappresenti 1’invariante quadratico del campo elettromagnetico neutro,
d`a l’azione di puro campo.
Tenendo conto che
F αβ = g α% g βσ F%σ ,
dove le g µν sono le componenti controvarianti del tensore metrico, si ottiene facilmente
che
Z
1
F αβ δ Fαβ dτ,
(43)
δS =
2 τ
con evidente significato dei simboli.
Ma per il lemma di Finzi, posto nella forma (33), il tensore Fαβ , che e` antisimmetrico,
pu`o essere decomposto secondo la formula
/%
Fαβ = ϕβ/α − ϕα/β + Aαβ% ,
e, quindi, la (43) si specializza nella
Z
Z
1
1
/%
δS =
F αβ (δ ϕβ/α − δ ϕα/β )dτ +
F αβ δ Aαβ% dτ.
2 τ
2 τ
(44)
Conveniamo, adesso, di calcolare la variazione δ S che subisce l’azione S in corrispondenza ad incrementi infinitesimi arbitrari attribuiti al vettore ϕα . ed al tensore Aαβ% , sotto
le ipotesi che al contorno Σ di τ
(δ ϕα )Σ = 0,
(δ Aαβ% )Σ = 0.
(45)
Il primo integrale a secondo membro della (44), com’`e noto [3, pp. 414–418], tenendo conto che il tensore Fαβ e` emisimmetrico e che α e β sono indici di somma, si pu`o
trasformare nel seguente modo
Z
Z
1
F αβ δ ϕβ/α − δ ϕα/β dτ = − F αβ δ ϕα/β dτ =
2 τ
τ
Z
Z
(46)
αβ
αβ
= F/β δ ϕα dτ − (F δ ϕα )/β dτ.
τ
τ
Quindi, applicando il teorema della divergenza e tenendo conto della prima delle (45),
la (46) si particolarizza nella:
Z
Z
1
αβ
F αβ (δ ϕβ/α − δ ϕα/β )dτ = F/β
δ ϕα dτ.
(47)
2 τ
τ
Trasformiamo, ora, il secondo integrale a secondo membro della (44).
Si ha:
Z
Z
Z
1
1
1
/%
F αβ δ Aαβ% dτ =
(F αβ δ Aαβ% )/% dτ −
F αβ/% δ Aαβ% dτ =
2 τ
2 τ
2 τ
Z
Z
(48)
1
1
(F αβ δ Aαβ% )n% dΣ −
F αβ/% δ Aαβ% dτ,
=
2 Σ
2 τ
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161
dove con n% abbiamo indicato le componenti controvarianti del versore normale esterno
nel generico punto del contorno Σ di τ . Tenendo, poi, conto della seconda delle (45), la
(48) si particolarizza nella:
Z
Z
1
1
/%
αβ
F δ Aαβ% dτ = −
F αβ/% δ Aαβ% dτ.
(49)
2 τ
2 τ
In virt`u delle (47) e (49), la (44) e` suscettibile della forma
Z
Z
1
αβ
δ S = F/β
δ ϕα dτ −
F αβ/% δ Aαβ% dτ,
(50)
2
τ
τ
dove il secondo integrale presenta una struttura caratteristica legata all’uso del lemma di
Finzi nella formulazione (33), data nel precedente numero del presente lavoro.
Esplicitando la somma tripla sotto segno del secondo integrale, la (50) pu`o essere scritta
pi`u esplicitamente nella forma:
Z
αβ
δ S = F/β
δϕα dτ
τ
Z −
F 01/2 + F 20/1 + F 12/0 δ A012 dτ
Zτ −
F 01/3 + F 30/1 + F 13/0 δ A013 dτ
(51)
τ
Z F 02/3 + F 30/2 + F 23/0 δ A023 dτ
−
Zτ −
F 12/3 + F 31/2 + F 23/1 δ A123 dτ.
τ
Se il tensore F αβ soddisfa alle equazioni
αβ
F/β
= 0,
αβ/%
(52)
%α/β
β%/α
F
+F
+F
= 0,
(53)
allora da (51) si deduce
δ S = 0,
(54)
e questa equazione esprime la stazionariet`a dell’azione di puro campo nel dominio τ . Viceversa, imponendo che l’azione sia stazionaria in τ e tenendo presente le arbitrariet`a di
δ ϕα e δ Aαβ% , dalla (51) si traggono le equazioni (52) e (53) dei campi elettromagnetici
neutri.
E` facile notare che dalla (53) si deducono solo quattro equazioni significative in corrispondenza alle quattro combinazioni semplici (α, β, %) di classe tre che si possono formare
con i numeri distinti 0, 1, 2, 3.
Le equazioni (52) e (53) sono state dedotte applicando il lemma nella forma (33), mentre
se lo si utilizza nella formulazione originaria (17), come risulta dai lavori fondamentali di
Finzi [3, pp. 414–418], si perviene alle equazioni
αβ
F/β
= 0,
(55)
αβ/%
Eγ%αβ F
= 0,
dove la (55) e` identica alla (52) e la (56), essendo
√
Eγ%αβ = ±gεγ%αβ ,
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(56)
162
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pu`o subito essere ricondotta alla (53).
Possiamo cos`ı concludere che, nel problema qui riesaminato, riguardante le equazioni
di puro campo, l’uso del lemma di Finzi nella forma (33), o nella forma (17), conduce,
come era da prevedere, sostanzialmente agli stessi risultati. La sola diversit`a che si coglie
e` che le equazioni (52) e (53) sono entrambe del tipo tensore = zero, mentre le (55) e (56)
sono una del tipo tensore = zero e l’altra del tipo pseudo tensore = zero.
Riferimenti bibliografici
[1] V. Fock. The Theory of Space Time and Gravitation. Pergamon Press, 1959.
[2] B. Finzi. Sul principio della minima azione e sulle equazioni che se ne deducono. Nota I, Rend. Acc. Lincei,
(8) 12, 378–382, 1952.
[3] B. Finzi, M. Pastori. Calcolo tensoriale e applicazioni. Bologna, Zanichelli, 1961.
Giovanni Crupi. Considerazioni sul teorema di Clebsch e sul lemma di Finzi. Istituto Lombardo – Accademia
di Scienze e Lettere, Rendiconti, Classe di Scienze (A), 100, 951–964, 1966. Presentata dal m. e. Bruno Finzi,
Adunanza del 10 novembre 1966.
Universit`a degli Studi di Messina
Istituto di Matematica
Memorie Scientifiche di Giovanni Crupi