Sommario - Digital Dental Academy

La restaurativa
dei settori posteriori
con metodiche
chairside
I vantaggi
della luce polarizzata
nell’interpretazione
del colore dentale
R. Spreafico
J. Manauta, A. Salat,
A. Putignano, W. Devoto
192
197
Un caso
di amelogenesi
imperfetta risolto
con tecniche
indirette
S. Porro, F. Brenna
202
Speciale Digitale
Sommario
Speciale digitale
Presentazione
Inizia con questo inserto una nuova fase della rivista
Dental Cadmos che, in vari periodi dell’anno, cercherà di svolgere in modo compiuto alcune tematiche di attualità nell’ambito odontostomatologico.
Un mezzo per fornire contributi esaustivi, ma anche uno strumento per suscitare curiosità e volontà di approfondimento da
parte dei lettori.
Le profonde modificazioni cui la professione è stata sottoposta nel corso degli ultimi anni sono solo un aspetto che l’evoluzione digitale di molto procedure cliniche sta ulteriormente
trasformando in modo radicale.
Non siamo di fronte a un cambiamento epocale, ma certamente siamo davanti a un processo inevitabile che muterà il
modo di concepire le soluzioni terapeutiche nell’ambito della
restaurativa (sia su denti naturali sia su impianti), della protesi complessa e dell’estetica.
Esaminando gli aspetti legati alla diagnostica radiologica, essendo già da tempo il digitale in senso lato uno standard in
questo settore, l’avvento della TC cone beam ha permesso di
approfondire la diagnostica endodontica e la progettazione
implantare, nei casi semplici come nei casi complessi.
Il digitale ha cambiato da tempo l’ergonomia dello studio, la
gestione delle cartelle cliniche, la comunicazione tra studio e
laboratorio odontotecnico, la comunicazione con il paziente:
un elenco infinito di opportunità e di opzioni cui solo la fantasia può porre limiti.
L’obiettivo di questo inserto non è certo quello di fornire un
catalogo dettagliato di tutte le soluzioni possibili riguardo le
più disparate tematiche ma stimolare nei lettori lo spirito di
approfondimento, base essenziale per l’accrescimento culturale di ciascuno di noi.
Prof. Massimo Gagliani
Professore associato di Malattie Odontostomatologiche
presso l’Università degli Studi di Milano
Dipartimento di Scienze della Salute
Clinica Odontoiatrica
DENTAL CADMOS
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Speciale digitale
La restaurativa dei settori posteriori
con metodiche chairside
Roberto Spreafico
Socio attivo dell’Accademia Italiana di Conservativa; presidente Digital Dental Academy; libero professionista in Busto Arsizio (VA)
INTRODUZIONE
Sebbene fosse nota già alla fine degli anni Ottanta [1], la tecnica di acquisizione dell’impronta con metodiche digitali e la
realizzazione di manufatti protesici per mezzo di sistemi a controllo numerico hanno conosciuto un nuovo impulso negli anni
2000 [2,3]. I fattori che vi hanno contribuito sono stati essenzialmente l’evoluzione dei software di progettazione protesica
e il miglioramento dei materiali a disposizione [4]. Entrambi
hanno consentito la fabbricazione di restauri complessi indiretti in composito o in ceramica attraverso procedure di fresatura con macchine di ridotte dimensioni, alloggiabili nello studio
odontoiatrico, oppure con sistematiche, le cosiddette tecniche
CAD/CAM da laboratorio, di cui oggi si fa un gran parlare.
Tra queste sistematiche, quelle che prevedono l’impiego di
una telecamera intraorale, di un software di manipolazione
dell’immagine implementato su personal computer e la progettazione del manufatto protesico, parziale o totale, direttamente all’interno dello studio odontoiatrico sono dette “chairside” (alla poltrona dell’ambulatorio).
Unitamente a questi strumenti, per completare il sistema,
un’unità di fresaggio e un forno di cottura divengono gli strumenti essenziali per chiudere il cerchio produttivo.
Fig. 1
I due restauri in
amalgama devono
essere rimossi per
frattura (molare)
e per infiltrazione
cervicale (premolare).
Saranno rimpiazzati
da due intarsi in
composito con la
tecnica CAD-CAM
chairside
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Con tale apparecchiatura è quindi possibile preparare una cavità o un moncone protesico, rilevare un’impronta di precisione digitale, progettare sull’immagine della stessa un manufatto, fresare il manufatto nei materiali a disposizione, rifinirlo
e cementarlo nella bocca del paziente in un arco di tempo
variabile da un’ora e mezza a due ore a seconda della difficoltà del caso e dell’abilità dell’operatore. Non sono escluse
al riguardo le procedure che portano al confezionamento del
manufatto protesico, provvisorio o definitivo.
Numerosi sono gli studi di letteratura che conferiscono dignità
qualitativa a questi materiali; Wrbas et al. [5], in uno studio
longitudinale condotto in un lasso di tempo di circa due anni
su ricostruzioni parziali eseguite addirittura da studenti, hanno osservato una sopravvivenza dei restauri pari al 93,3%.
Otto et al. [6], in uno studio longitudinale durato 17 anni,
quindi iniziato con macchinari ben diversi da quelli attualmente a disposizione, hanno verificato una quota di fallimenti
pari all’11%, utilizzando ricostruzioni in ceramica feldspatica. Tali riscontri sono di gran lunga inferiori a quelli riportati
da Zimmer et al. [7] che, eseguendo intarsi in materiale ceramico in un gruppo di 95 pazienti, osservarono il 94,7% di
successi a 5 anni e l’85,7% di successi a 10 anni.
Fig. 2
Dopo la rimozione
dei precedenti
restauri e
l’asportazione
della carie, data la
relativa instabilità
della diga in
gomma, si eseguirà
la rilevazione dei
margini
Speciale digitale
Fig. 3Avviate le procedure adesive,
con l’ausilio di automatrici viene
eseguita l’ibridizzazione della
dentina
Fig. 4Una seconda fase della protezione
adesiva della dentina cavitaria
Fig. 5Le cavità sono ripreparate e
pronte per l’impronta
con scansione intraorale
Fig. 6I quadranti superiore e inferiore
vengono correlati
Fig. 7La rilevazione dei margini
permette un’ottimale evidenza
dei margini da tracciare
Fig. 8La proposta elaborata dal
software viene ritenuta idonea
Fig. 10
I restauri
vengono rifiniti
e lucidati
Fig. 9
I restauri
vengono visionati
Fig. 11
I restauri
vengono cementati
adesivamente
uno alla volta
Fig. 12
I due restauri
a distanza di tempo
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Speciale digitale
Sigillo marginale in restauri diretti e indiretti nelle cavità di Classe II eseguiti
da operatori esperti e non esperti*
In uno studio condotto su operatori esperti e meno esperti,
simulando condizioni cliniche come quelle descritte, sono
stati realizzati intarsi in composito e otturazioni dirette in
composito. Selezionando 24 molari inferiori si sono create
cavità di Classe II con margine cervicale in cemento e
sono state eseguite otturazioni in composito con tecniche
adesive sia da operatori esperti sia da operatori inesperti.
Analogamente, in un egual numero di elementi dentali
sono state rilevate impronte delle cavità, colati modelli
in gesso e sono stati realizzati intarsi in composito
che, successivamente, sono stati cementati con tecniche
adesive. Tutti i restauri sono stati termociclati e sottoposti
a microinfiltrazione con colorante. Senza scendere nei
dettagli del protocollo, i risultati sono illustrati nella
figura 1 ed espressi graficamente nelle figure 2 e 3.
Appare evidente come siano emerse differenze
statisticamente significative sia per quanto riguarda gli
operatori esperti sia nel caso, soprattutto, degli operatori
inesperti. In entrambi i casi la metodica indiretta ha
mostrato risultati largamente superiori rispetto alla diretta.
*Roberto Armenise. Studio in vitro sul sigillo marginale delle ricostruzioni dirette e indirette in cavità
di seconda classe su molari. Tesi di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria, Università degli Studi di
Milano. Correlatore dr. Marco Lombardi.
Fig. 1
Fig. 2
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Fig. 3
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RICOSTRUTTIVA DI ELEMENTI POSTERIORI
CONTIGUI
La ricostruttiva dei settori posteriori – specie nelle situazioni
più complesse, ovvero in quelle in cui più creste marginali,
magari anche contigue, devono essere ripristinate – è più affidabile e meno operatore-dipendente se si impiegano restauri
di tipo indiretto (si veda il box).
ILLUSTRAZIONE DELL’ESPERIENZA CLINICA
CON METODICHE CAD/CAM CHAIRSIDE
I più recenti riscontri di letteratura su alcuni materiali ceramici quali, per esempio, il disilicato di litio [8] e i crescenti
apporti in favore di tali metodiche, sia con studi clinici longitudinali [9] sia con presentazione di casistiche ragguardevoli [10,11], hanno definitivamente fugato i dubbi sui possibili
effetti negativi che queste proposte ricostruttive celavano
non appena furono presentate sul mercato odontostomatologico.
Il parere illuminato di Christensen [12], voce di riferimento
nel panorama dentale d’oltreoceano, ha fatto capire quanto diverso poteva essere l’approccio alle problematiche ricostruttive alla luce delle acquisizioni tecnico-scientifiche
raggiungibili con l’associazione di questi materiali con le
tecniche indirette in senso lato e con le tecniche chairside in
senso più stretto. Proprio con il disilicato di litio, materiale
di cui vengono esaltate le qualità meccaniche ed estetiche,
Chu [13] ha proposto interessanti soluzioni cliniche; più recentemente Gehrt et al. [14] hanno presentato una casistica
a 8 anni con il 94,8% di successi per le corone integrali,
mentre Guess et al. [15], in uno studio split-mouth tra overlay realizzati con metodica tradizionale e CAD/CAM, hanno
riscontrato un successo pari rispettivamente al 100% e al
97% nelle sistematiche citate. Risultati simili, con corone
totali, sono stati recentemente comprovati anche da Reich
et al. [16].
Una peculiarità dei sistemi chairside è anche quella di offrire
al clinico numerosi materiali per la realizzazione di restauri
indiretti, tra questi i compositi, i compositi rinforzati con inse-
rimento di ceramiche e le ceramiche addizionate con zirconia.
In proposito è interessante notare come dalla letteratura si
possano desumere peculiari riscontri; per esempio, in uno
studio condotto su elementi dentali trattati endodonticamente [17] un gruppo spagnolo ha notato come “endocrowns”
fabbricate in composito si comportassero meglio rispetto alle
medesime ricostruzioni in ceramica. In definitiva, come sostenuto da Fasbinder [18], la varietà dei materiali proposti
e la versatilità delle tecniche di preparazione sono da considerare strumenti differenti per risolvere le situazioni cliniche
più disparate. Attraverso la breve panoramica offerta nelle
figure 1-12 si evidenziano alcune delle peculiarità che il sistema CAD/CAM chairside presenta nel trattamento in un’unica
seduta.
Speciale digitale
Si noti che questi riscontri sono soggetti a ulteriore verifica
poiché i materiali e lo strumentario presenti all’epoca degli
studi citati sono qualitativamente molto inferiori a quelli fruibili attualmente, ma certificano la validità di una tecnologia
che, in virtù delle tecniche adesive, ha assunto un ruolo sempre più autorevole nell’ambito della restaurativa indiretta.
CONCLUSIONI
La sintetica casistica clinica presentata permette di intuire le
opportunità che la sistematica chairside offre nella restaurativa indiretta, metodologia idonea per ricostruire al meglio gli
elementi dentali dei settori posteriori.
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DENTAL CADMOS
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Speciale digitale
I vantaggi della luce polarizzata
nell’interpretazione del colore dentale
Jordi Manautaa, Anna Salatb, Angelo Putignanoc, Walter Devotod
Professore a contratto Università degli Studi di Siena; membro di Style Italiano
Già docente presso l’Università di Barcellona
c
Professore ordinario di Malattie Odontostomatologiche, Dipartimento di Scienze Cliniche Specialistiche ed Odontostomatologiche,
Università Politecnica delle Marche; membro fondatore di Style Italiano
d
Professore a contratto presso le Università di Barcellona, Siena e Marsiglia; membro fondatore di Style Italiano
a
b
INTRODUZIONE
La percezione della luce da parte dell’occhio umano è molto variabile ma, forse per un meccanismo cerebrale difensivo,
non particolarmente specifica. Questo significa che determinate condizioni di luce possono influenzare in varia misura
la percezione dei colori; da qui la necessità di codificare, mediante apposite scale, le cosiddette “temperature di colore”,
misurate in gradi Kelvin (K).
Sulla base di questo criterio le luci sono quindi distribuite in
un range compreso tra 1.700 K, colore “caldo” simile a quel1a
1b
2a
2b
lo percepibile al lume di candela, e i 6.500 K della “fredda”
luce generata da lampade tipo xenon. La luce brillante del
giorno si attesta intorno ai 5.000-5.500 K.
USI DELLA LUCE POLARIZZATA
Si parla di luce polarizzata nel caso in cui la luce visibile, attraversando un filtro, viene depurata di alcune delle lunghezze
d’onda che compongono il fascio luminoso.
Nel caso della luce visibile, il filtro polarizzatore dovrebbe
bloccare le onde luminose tra i 310 nm (nanometri) sino ai
Fig. 1a,bVisione di un caso semplice
in luce normale (a)
e polarizzata (b)
Fig. 2a,bVisione di un caso intermedio
in luce normale (a)
e polarizzata (b)
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Speciale digitale
3a
3b
4a
Fig. 4a-d
4b
Fig. 3a,bVisione di un caso complesso
in luce normale (a)
e polarizzata (b)
4c
4d
Caso visionato con luce normale (a), polarizzata (b), con il metodo della sottoesposizione (c) successivamente polarizzato (d)
5a
5b
5c
5d
Fig. 5a-dPosizionamento della diga e trattamento della superficie smaltea
6a
Fig. 6a-d
6b
6c
6d
7c
7d
Fase di ricostruzione del margine incisale
7a
7b
Fig. 7a-dCompletamento del margine incisale che definisce al meglio la morfologia dell’elemento da ricostruire (a,b).
Alcune sequenze della stratificazione e della rifinitura, anch’esse controllate con l’ausilio della luce polarizzata (c,d)
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8a
8b
È evidente che una semplice visione, influenzata da questa
miriade di riflessi, è molto fuorviante nel processo di analisi
cromatica condotto per valutare forma e colore di un elemento dentale.
Nella sequenza delle figure 1a,b, 2a,b e 3a,b si può osservare
chiaramente quale sia la differenza tra un’immagine scattata con polarizzatore (a sinistra) e una eseguita senza questo
filtro.
8c
8d
9c
9d
10c
10d
Speciale digitale
2.000 nm, al fine di ottenere una valida estinzione degli effetti indesiderati generati dai riflessi provenienti dal corpo illuminato. Tali riflessi sono particolarmente evidenti quando la
luce “colpisce” i denti.
Nelle strutture dure dentali esistono due componenti: un riflesso generato dalla superficie, per così dire “diretto”, e uno
proveniente dalle parti profonde dello smalto e della dentina,
meglio definito come “riflesso retrodiffuso”.
Fig. 8a-dLucidatura e restauro ultimato
9a
9b
Fig. 9a,dLesione smalto-dentinale e relativa ricostruzione
10a
10b
Fig. 10a,dLesione smalto-dentinale e relativa ricostruzione visionate attraverso il sistema della sottoesposizione che evidenzia al meglio
le morfologie di superficie degli elementi
Fig. 11Lampada LED provvista di filtro polarizzatore utilizzabile su smartphone
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Speciale digitale
12a
12b
Fig. 12a,bUn’applicazione clinica del
sistema con luce normale (a)
e con luce polarizzata (b)
13a
13b
Fig. 13a,bUna fase dell’impiego clinico
14a
14b
15a
15b
Fig. 14a,bRilevazione del colore
sia con luce normale (a)
sia con luce polarizzata (b)
Fig. 15a,bRilevazione della forma
grossolana e particolareggiata
attraverso la tecnica della
sottoesposizione, anche qui
sia con luce normale (a)
sia con luce polarizzata (b)
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APPLICAZIONE DI UNA SISTEMATICA
CON SMARTHPHONE
L’impiego di una sorgente luminosa denominata Smile Lite,
avente temperatura di colore pari a 5.500 K e associata a un
filtro polarizzatore, permette al clinico di impiegare un qualsiasi smartphone per scattare fotogrammi intraorali senza dover necessariamente ricorrere a complicati sistemi comprendenti flash, macchine fotografiche sofisticate e programmi di
fotoritocco.
I due sistemi sono facilmente interfacciabili poiché la slitta che sorregge la luce è collegabile al telefono. Sebbene i
software per la gestione delle immagini tengano in considerazione solo schemi di fotografia tradizionali come il ritratto,
la figura completa o il paesaggio, la versatilità del sistema
preso in esame ha consentito di eseguire immagini e filmati
con straordinaria efficacia.
L’ulteriore vantaggio della sistematica, per la quale è già allo
studio un software ancora più mirato alle esigenze dentali, sarebbe proprio quello di poter manipolare, inviare e archiviare
le immagini con un unico elemento hardware senza dover trasferire su computer le immagini provenienti dalla macchina
fotografica.
Nelle illustrazioni fornite si possono osservare alcune esemplificazioni e un dettaglio della lampada LED da inserire
nello smartphone, provvista anche di filtro polarizzatore
(fig. 11).
Il sistema consente risultati paragonabili a quelli ottenuti con
macchine fotografiche ben più sofisticate (fig. 12a,b).
L’operatore (fig. 13a,b) può agire con estrema semplicità e
verificare – con le stesse metodologie messe in atto con i sistemi tradizionali – il colore e la forma degli elementi dentali
nelle due modalità luce normale e polarizzata (figg. 14 e 15).
CONCLUSIONI
L’impiego della luce polarizzata appare fondamentale per l’analisi della forma e del colore degli elementi dentali. Sebbene
i sistemi fotografici tradizionali garantiscano livelli di assoluta eccellenza, i nuovi ausili utilizzabili con smartphone appaiono di grande attualità. I risultati clinici e tecnici conseguibili
sembrano interessanti e meritevoli di attenzione da parte di
tutti i professionisti.
Speciale digitale
Con l’insieme delle immagini ottenibili è anche possibile osservare nel dettaglio le componenti morfologiche che costituiscono un elemento dentale.
Le figure 4-10 illustrano la ricostruzione di un incisivo centrale superiore, che aveva subito una lesione smalto-dentinale,
in cui si mettono in pratica i concetti fin qui sviluppati.
LETTURE CONSIGLIATE
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Speciale digitale
Un caso di amelogenesi imperfetta
risolto con tecniche indirette
Sergio Porroa, Franco Brennab
a
b
Tutor Master di II livello Odontoiatria Digitale, Università degli Studi dell’Insubria
Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentale, Università degli Studi dell’Insubria; socio fondatore Digital Dental Academy
DEFINIZIONE DI AMELOGENESI
IMPERFETTA
Con il termine di amelogenesi imperfetta (AI) si contraddistingue una patologia di origine ereditaria determinata dalla
mutazione di cinque geni, ben descritta nella review di Gadhia
et al. [1].
Essa è caratterizzata da una mancata o poco coerente formazione dello smalto dentale [2]. Tale situazione rende gli
elementi dentali malformati più suscettibili alla carie, meno
resistenti all’abrasione e all’usura determinata dalla masticazione.
Sebbene sia abbastanza nota la patogenesi [3], alcuni aspetti
risultano oscuri e il renderli chiari [4] potrebbe essere utile per orientarsi anche in altre patologie similari che spesso
vengono associate all’AI ma nella realtà non lo sono [5-7]
(figg. 1-3).
SOLUZIONI RICOSTRUTTIVE DURATURE
Numerosi studi sono stati eseguiti per giungere alla codificazione di un piano di trattamento congruo [8] in pazienti
affetti da questa patologia; non va dimenticato che, non di
Fig. 1Il caso di amelogenesi imperfetta
nella visione frontale
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rado, essa è associata ad altri quadri di disordini sistemici ben
più complessi che, per brevità, in questa sede non potranno
essere trattati.
Non esistono dati sufficienti per stabilire un comportamento
clinico univoco, tuttavia è certo che un recupero conservativo
degli elementi dentali debba essere preferito [9,10].
Giunti alla maggiore età, per ovvie ragioni associate alla durata temporale dei restauri e per il completamento dell’articolato dentale, i soggetti affetti da AI possono essere riabilitati
con ricostruzioni che ridefiniscano morfologicamente gli elementi dentali interessati dalla patologia. Data l’esiguità delle
casistiche, però, è molto difficile rinvenire paradigmi di comportamento assimilabili a seconda della gravità dell’estrinsecazione clinica [11].
Qualora più di uno sia coinvolto – e tale coinvolgimento sia
bilaterale o interessante elementi antagonisti – l’impiego di
tecniche indirette sembra essere quello più adatto [12,13].
Tuttavia, bisogna tenere conto che la struttura dentale è particolarmente friabile e, in presenza di soggetti giovani, da rispettare [14], unitamente al complesso pulpodentinale. Attualmente l’impiego di tecniche adesive indirette, con restauri
Fig. 2Il caso di amelogenesi imperfetta
nella visione occlusale superiore
Fig. 3Il caso di amelogenesi imperfetta
nella visione occlusale inferiore
Speciale digitale
Fig. 4La tipologia di preparazione
minimamente invasiva prescelta
Fig. 5I manufatti protesici prima della
cementazione
Fig. 6La progettazione a computer
delle morfologie dentali
Fig. 7Manufatti protesici in prova
prima della cementazione adesiva
Fig. 8Una fase della cementazione
adesiva
Fig. 9La prospettiva occlusale inferiore
Fig. 10Il sorriso della paziente
Fig. 11Il quadro occlusale superiore
del caso ultimato
Fig. 12La paziente soddisfatta
del restauro protesico
parziali, eseguibili all’interno dello studio odontoiatrico in
un’unica seduta, elimina spiacevoli effetti collaterali spesso
dovuti a una pur breve provvisorizzazione (fig. 4).
Tra i materiali che maggiormente si sono impiegati nelle
ricostruzioni indirette adesive a copertura cuspidale, il disilicato di litio pare essere quello maggiormente affidabile
[15,16] (figg. 5 e 6). Non mancano peraltro riscontri che
certificano la validità di questo materiale per la risoluzione
di casi normali.
Occorre infine specificare che dovendo ricorrere a trattamenti
adesivi, il substrato dentinale, sebbene presenti alcune peculiarità – come dimostrato nello studio di Yaman et al. [17]
– offre in ogni caso garanzie per un legame saldo e duraturo
nel tempo.
Senza scendere nei dettagli si può facilmente comprendere
come una tecnica minimamente invasiva, additiva e adesiva
possa soddisfare i requisiti funzionali ed estetici anche in pazienti giovani, la cui lunga prospettiva di vita impone tutte le
DENTAL CADMOS
| 2014;82(3):189-204 |
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Speciale digitale
attenzioni per la salvaguardia dei tessuti duri dentali e della
polpa dentale (figg. 7-12).
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