IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N°127/2014 LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER IL VENETO Composta dai Sigg. ri Magistrati Angelo Buscema Presidente Natale Longo Giudice estensore Gennaro Di Cecilia Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA Nel giudizio di responsabilità, iscritto al n. 29510 del registro di Segreteria, promosso dal Procuratore Regionale presso questa Sezione nei confronti di Carlo Rapicavoli e Carlo Giovanni Moretto, difesi e rappresentati dagli avvocati Alberto Borella (C.F.: BRLLRT41C30L407L – fax 0422.433020, posta elettronica certificata: [email protected]) Gussoni (C.F.: elettronica STVFNC49L27L736Z; certificata: fax e Franco Stivanello 041.5221326, posta [email protected]), elettivamente domiciliati presso lo studio del secondo in Venezia, Dorsoduro 3593; Visto l’atto introduttivo del giudizio, le memorie di costituzione, gli altri atti e documenti tutti di causa; Uditi nella pubblica udienza del 14 maggio, con l’assistenza del segretario dott.ssa Niero Nicoletta, il Giudice relatore, dott. Natale 1 Longo, il vice Procuratore Generale, dott. Giancarlo Di Maio e gli avvocati Alberto Borella e Stefania Piovesan (quest’ultima su delega dell’avv. Franco Stivanello Gussoni), in rappresentanza di Carlo Rapicavoli e Carlo Giovanni Moretto. Svolgimento del processo Con atto di citazione del 12 aprile 2013, depositato in pari data e ritualmente notificato con il pedissequo decreto di fissazione dell’udienza, la Procura Regionale della Corte dei conti per il Veneto conveniva, dinanzi questa Sezione Giurisdizionale, i signori Carlo Rapicavoli e Carlo Giovanni Moretto, per sentirli condannare al pagamento, in favore della provincia di Treviso, della somma rispettivamente di rivalutazione, 1.942.278,00 interessi e spese e di € 1.045.842,00 (oltre di giudizio), nonché, in via subordinata, rispettivamente di € 1.165.366,00 ed € 627.505,00 a titolo di danno per perdita di chances (oltre rivalutazione, interessi e spese di giudizio), Quanto alla ricostruzione fattuale, la vicenda riguarda essenzialmente la gestione di due discariche, quella per rifiuti speciali della ex cava “Tiretta” sita in Comune di Paese, via mons. Farina, e quella per rifiuti inerti, sita in via Vecelli, sempre nel Comune di Paese. A) Discarica “Tiretta” Con Decreto n. 310 del 31/5/1989 del Dirigente della Segreteria Regionale per il Territorio della Regione Veneto veniva approvato in linea tecnica il progetto generale, presentato dal Comune di Paese 2 per la realizzazione di una discarica del tipo 2B, per lo smaltimento di rifiuti speciali. Con i Decreti del Presidente della Giunta Regionale Veneto n. 1430/92; 1419/93; 272/94; 65/95, sono stati approvati il progetto esecutivo, i termini di inizio e fine lavori, una variante al progetto, un aumento della volumetria e le tipologie di rifiuti speciali. Con convenzione stipulata il 27 aprile 1993, il Comune di Paese, titolare dell’autorizzazione per la discarica, ha affidato alla società Finadria (poi SEV) la realizzazione e la gestione della discarica medesima. Con D.P.P. n. 1649/S del 2/10/1995 la ditta Finadria SRL è stata autorizzata all’esercizio della discarica in questione fino al 7/11/1997. Con D.P.P. n. 1748 del 28/2/1996, veniva vietato l’ulteriore conferimento di rifiuti e ordinato di provvedere alla ricomposizione finale della discarica. Con D.G.R. n. 3119 del 15/07/1996, la Regione Veneto ha approvato il progetto di variante alla ricomposizione finale della discarica, prevedendo un aumento del volume utile globale di rifiuti conferibili da 230.000 mc a 275.000 mc. Con nota datata 8.8.1996, la ditta ha comunicato alla Provincia la ripresa dell’attività di discarica. Con Decreto del Presidente della Provincia n. 1839 del 19/9/96 e n. 1897 del 2/12/96, la ditta Finadria s.r.l. veniva autorizzata, dopo una sospensione, all’esercizio della discarica fino al 30/9/97 e veniva 3 altresì richiamata ad ottemperare agli inviti sull’adeguamento delle polizze fideiussorie. Con D.D.P. n. 1926 del 20/2/97, si impartivano alla Finadria alcune prescrizioni, tra le quali il ripristino del corretto funzionamento di un impianto, l’asporto periodico del percolato, la modifica delle polizze fideiussorie. Con D.D.P. n. 1953 del 6/3/97, si vietava lo smaltimento dei rifiuti presso la discarica e con D.D.P. n. 2034 dell’8/10/97 si ordinava il completamento della copertura della discarica e si impartivano ulteriori prescrizioni gestionali. Con D.D.P. n. 2071 del 19/1/98, veniva imposto alla Finadria di provvedere alla realizzazione di quattro nuovi pozzi e alla presentazione di una relazione di verifica sulla permanenza delle condizioni di sicurezza della discarica con riferimento anche all’impermeabilizzazione della discarica, all’efficienza della rete di raccolta del liquido di sottotelo, all’analisi dei campioni d’acqua sui pozzi esistenti e su quelli nuovi. In data 19/3/98, la Finadria trasmetteva un programma per l’esecuzione dei lavori previsti dal D.D.P. 2071/98. Con D.D.P. n. 2102 dell’8/4/98, veniva imposto alla ditta di adempiere alle prescrizioni di cui al DD.P. 2071/98 e di inserire, nella relazione di verifica delle condizioni di sicurezza, anche i dati relativi all’estensione dell’inquinamento a valle della discarica. 4 Con nota del 28/5/98, la Finadria trasmetteva la relazione sulla verifica delle condizioni idrogeologiche della discarica. In data 31/3/99 e 20/5/99, l’Arpav trasmetteva alla Provincia l’esito delle analisi dei piezometri di controllo della discarica, rilevando lo stato di inquinamento della falda, per cui emergeva l’esigenza della realizzazione di opportuni interventi di messa in sicurezza della falda idrica. Risultava altresì che, nonostante il completamento della copertura della discarica, era comunque in atto un fenomeno di inquinamento attribuibile alla presenza della discarica stessa. Con D.D.P. n. 428 del 16/6/99, veniva prescritto l’adeguamento delle garanzie finanziarie alla DGRV 4718/98. Con D.D.P. n. 496 del 14/7/99, si dettavano ulteriori prescrizioni gestionali fra cui l’esecuzione di indagini per una più accurata definizione dell’estensione dell’inquinamento e per l’ubicazione e dimensionamento di possibili opere di bonifica. Con ordinanza n. 1994 del 19/9/2000, il Comune di Paese, competente per l’evenienza, ordinava alla Finadria i necessari interventi di messa in sicurezza di emergenza, di bonifica e ripristino ambientale, ai sensi del D.M. 471/99, sulla discarica Tiretta. Con nota del 25/1/2002, la ditta SEV s.p.a. chiedeva di volturare a proprio favore i decreti intestati alla Finadria, essendo stata, quest’ultima, incorporata con atto di fusione registrato in data 3/8/2001. 5 Con determinazione delle Conferenze di servizi del 3/10/2003 e 10/10/2003, tenutesi in Comune di Paese, si sospendeva la prescrizione di cui all’art. 5 del D.D.P. 496/99 con riferimento alle opere di emungimento della falda, da riconsiderare, eventualmente, alla luce del progetto di bonifica che la ditta SEV si era impegnata a presentare. Con atto in data 9/3/2000, veniva prestata fidejussione n. 30744/EP/99F dalla società Centro Italia Compagnia di Cauzioni e Fidejussioni s.p.a., per un importo di €. 774.685,35, con validità dal 31/5/2002 al 31/12/2005, a garanzia della corretta gestione ad avvenuto esaurimento e di eventuali danni causati all’ambiente, ai sensi dell’art. 18 della legge 349 dell’8/7/86, in caso di risarcimento riconosciuto con sentenza passata in giudicato. Con decreto n. 266 del 12/3/2004, il Dirigente del Settore Gestione del Territorio della Provincia di Treviso, premesso: ● che nelle more dell’approvazione del piano di adeguamento al D.Lgs. 36/2003 le garanzie finanziarie dovevano essere prestate secondo quanto previsto dalla DGRV 2528/99 e che, pertanto, la durata della fidejussione n. 30744/EP/99F della Centro Italia Compagnia di Cauzioni e Fidejussioni s.p.a., o di altra polizza, doveva essere protratta sino al 30/9/2009; ● che, con nota del 25/1/2002, la ditta SEV s.p.a. chiedeva di volturare a proprio favore i decreti intestati alla Finadria; disponeva, fra l’altro, 6 - che la ditta SEV s.p.a. Servizi Ecologici Veneti era tenuta alla gestione della discarica di seconda categoria tipo B “Tiretta” secondo le prescrizioni riportate nell’emanando decreto, ponendo in essere tutte le buone pratiche gestionali atte ad evitare un aggravamento della situazione di inquinamento in atto della falda idrica; - che la ditta avrebbe dovuto produrre nel termine di 90 giorni la dichiarazione di fine lavori ed il collaudo funzionale delle opere di ricopertura e ricomposizione; - che la ditta avrebbe dovuto provvedere all’asporto del percolato dal corpo discarica in modo da mantenere entro 1 metro il livello del battente idraulico nei pozzi di captazione, effettuando quotidianamente la rilevazione del livello del battente; - che doveva avviarsi rapidamente lo smaltimento del percolato presente nei serbatoi di raccolta, in modo da consentire lo svuotamento dei pozzi, e dovevano essere realizzati tutti gli interventi manutentivi necessari al mantenimento della funzionalità del sistema di captazione, adduzione e combustione del biogas in modo da evitarne la dispersione nell’atmosfera; - che la ditta doveva eseguire semestralmente il rilevo della concentrazione di metano sulla superficie della discarica e l’analisi del percolato, nonchè provvedere al monitoraggio delle acque di falda, inviando i referti analitici all’Amministrazione; - che la ditta doveva aggiornare l’intestazione della fideiussione n. 3074/EP/99F della società Centro Italia Compagnia di Cauzioni e 7 Fideiussioni, nonchè prorogarne la durata sino al 30/9/2009, o, in alternativa, produrre garanzia finanziaria (polizza fideiussoria ecc ) almeno alle medesime condizioni di quella in essere; - che, quanto alla polizza RC inquinamento, la ditta doveva dare seguito a quanto richiesto con nota del 4/2/2004. Con decreto n. 668 del 12/8/2004, Il Dirigente del Settore Gestione del Territorio, premesso: ● che con DD.P. 266/04 erano state impartite alla SEV prescrizioni gestionali per la discarica Tiretta di seconda categoria tipo B; ● che era stato trasmesso atto del notaio attestante la trasformazione della SEV s.p.a. in SEV s.r.l.; ● che l’art. 8 del D.D.P. 266/04 prescriveva l’aggiornamento nella polizza fidejussoria per la corretta gestione post-chiusura nonchè della polizza RC Inquinamento; ● che in data 12/05/2004 alla ditta era stato prescritto di ottemperare a quanto previsto dall’art. 8 del DD.P 266/04 e che alcunchè era pervenuto in ottemperanza a tale prescrizione; ● che l’art. 2 del DD.P. 266/04 prescriveva la produzione da parte della SEV della dichiarazione di fine lavori e del collaudo delle opere di ricopertura e di ricomposizione e che nulla era giunto all’Amministrazione in proposito; decretava fra l’altro: ● che il DD.P. 266/04 era volturato a favore della ditta SEV, la quale doveva provvedere entro 30 giorni a produrre la dichiarazione di fine 8 lavori ed il collaudo funzionale delle opere di ricopertura e ricomposizione; ● che la ditta doveva aggiornare l’intestazione della fidejussione n. 30744/EP/99F della società Centro Italia Compagnia di Cauzioni e Fidejussioni, nonchè prolungarne la durata sino al 30/9/2009, o in alternativa produrre garanzia fidejussoria (polizza fidejussoria ecc..) almeno alle medesime condizioni a quelle in essere; ● che in merito alla polizza RC Inquinamento la SEV doveva dare seguito a quanto richiesto con nota del 4/2/2004. In data 12/11/2004, perveniva alla Provincia atto di fidejussione n. 605231/EP dell’1/9/2004 tra la San Remo spa e SEV srl, riferito all’autorizzazione alla gestione post chiusura della discarica di II cat. Tipo B di via Tiretta di cui al DDP 266/04. In detta polizza, con validità dall’1/9/2004 al 30/9/2009, ed un massimale di € 774.685,34, si premetteva che la contraente si rendeva disponibile a prestare cauzione ai sensi della DGRV n. 2528 del 14/7/1999, a garanzia dell’adempimento degli obblighi verso l’ente garantito, derivanti da leggi regolamenti e prescrizioni autorizzative, eventuali convenzioni ed ulteriori provvedimenti di enti ed organi pubblici. Ciò posto, si accordava fideiussione a garanzia “della corretta gestione ad avvenuto esaurimento ed eventuali danni causati all’ambiente ai sensi dell’art. 18 della legge 349 del 8/7/1986, in caso di risarcimento riconosciuto con sentenza in giudicato”. 9 In data 28.6.2006 veniva dichiarato il fallimento della SEV, e, in data 2.7.2007, il fallimento della San Remo spa. Quanto al danno, l’Organo requirente ha evidenziato che Provincia ha sostenuto costi per la rimozione del percolato, affidata alla ditta Sita FD, per un importo di € 19.512,58. Ulteriori interventi venivano eseguiti dal Comune di Paese, attraverso le convenzioni in data 27/12/2007 e 9/6/2008 con la Provincia, che assegnava anche un contributo (€ 60.000) all’ente locale. Inoltre, negli anni 2008 -2011 il Comune di Paese sosteneva per spese di asporto del percolato e di manutenzione la somma di € 352.990,96. Pertanto, relativamente a questa discarica, il danno all’erario ammonta, secondo l’organo requirente, a € 372.503,54. B) Discarica Vecelli Secondo la ricostruzione attorea, le fasi che ne hanno caratterizzato la gestione possono riassumersi come segue. Con D.D.P. n. 1721/SP del 22.01.1996, veniva autorizzata la ditta Business & Service s.r.l. all’esercizio della discarica di II ctg. Tipo A per rifiuti inerti, sita in comune di Paese, via Vecelli, e con D.D.P. n. 1939/S1 dell’01.04.1997 veniva autorizzato lo smaltimento in discarica dei materiali in matrice cementizia o resinoide contenenti amianto. Con D.D.P. n. 2019/S del 18.12.1997 la ditta Finadria s.r.l. veniva autorizzata all’esercizio della discarica, fino al 31.01.1999, in 10 subentro della ditta Business & Service s.r.l., autorizzazione poi prorogata fino al 31.12.2002. Con D.D.P. n. 608 del 14.09.1999, si sospendeva l’autorizzazione all’esercizio della discarica, subordinando la revoca della sospensione alla presentazione delle garanzie finanziarie e alla trasmissione delle analisi delle acque di falda, quindi, con D.D.P. n. 100 del 16.02.2000, si rinnovava l’autorizzazione all’esercizio fino al 31.12.2002. Con D.D.P. n. 252 del 09.04.2001, si sospendeva l’autorizzazione all’esercizio della discarica, per un periodo di giorni 90, per difformità gestionali dei rifiuti a matrice resinoide e cementizia contenenti amianto; sospensione revocata con DDP n. 423 del 29.06.2001. Con D.D.P. n. 542 del 30.04.2002, veniva sospesa l’autorizzazione all’esercizio della discarica per un periodo di 120 giorni, a causa del conferimento di rifiuti non conformi al quadro normativo vigente e al D.D.P. n. 100/2000. Con nota del 25.01.2002, la ditta S.E.V. Spa chiedeva la voltura a proprio nome dell’autorizzazione in capo alla Finadria, essendo stata quest’ultima incorporata con atto di fusione del 03.08.2001. Con D.D.P. n. 871 del 23.07.2002, la SEV veniva autorizzata all’esercizio della discarica e invitata a provvedere, entro il termine di 30 giorni, a trasmettere idonee garanzie finanziarie, intestate a proprio nome, per un importo di euro 220.010,64, con scadenza 31.12.2005, conformemente al disposto del punto 3 della DGRV n. 2528 del 14.07.1999. 11 Con D.D.P. n. 1041 del 02.09.2002, si disponeva la sospensione dell’autorizzazione all’esercizio della discarica fino ad avvenuta esecuzione della caratterizzazione qualitativa dell’intero ammasso di rifiuti e alla rimozione di quelli non conformi alla normativa ed ai provvedimenti di autorizzazione. Con D.D.P. n. 1403 del 15.11.2002 e D.D.P. n. 96 del 14.01.2003, veniva approvato, in due stralci, il piano della caratterizzazione dell’ammasso di rifiuti stoccati in discarica e, con D.D.P. n. 545 del 24.03.2003, si disponeva quanto segue: - la rimozione del rifiuto classificato come “speciale tossico e nocivo” di cui al referto di analisi prelevato nello scavo denominato 3/5L; - la messa in sicurezza dei rifiuti i cui campioni, sottoposti ad apposito test, avevano evidenziato il superamento dei limiti previsti dalla tabella Acque sotterranee allegato 1 del DM 471/1999, prelevati negli scavi denominati 1/3L, 1/5L, 2/5L, 3/5L, 2/6L, 3/6L, 3/7L, 1/8L, 2/8L e 3 /8L; - il parziale rilascio della autorizzazione all’esercizio della discarica fino al 31.12.2003, nei settori di scavo denominati 1/7L, 2/1L, 3/1L, 1/1L e 2/7L. Con nota in data 16.06.2003, la ditta gerente trasmetteva la relazione riguardante la rimozione del rifiuto classificato come “speciale tossico e nocivo” e dalle analisi eseguite emergeva che i campioni di rifiuto, prelevati lungo il fronte di scavo ovest e il fronte di scavo nord, erano risultati del tipo “rifiuto speciale tossico e 12 nocivo” ed inoltre emergeva il superamento dei limiti previsti per le Acque sotterranee dell’Allegato 1 del DM 471/1999. Con D.D.P. n. 858 dell’1.07.2003 veniva ritenuto: - che le operazioni di rimozione del rifiuto classificato come “speciale tossico e nocivo” non erano state esaustive e si doveva escludere dall’autorizzazione all’esercizio parte del settore di scavo denominato 3/5L; - che l’area di scavo predetta poteva favorire infiltrazioni nel sottosuolo di sostanze contaminanti e, pertanto, doveva essere messa in sicurezza ed emergenza e doveva esser dato luogo alla rimozione di ulteriori quantitativi di rifiuto; - che la ditta aveva eseguito operazioni di rimozione e messa in sicurezza di emergenza del rifiuto superficiale, ai sensi dell’art. 3 del D.D.P. 545/2003, e che si dovevano attendere gli esiti analitici riguardanti la caratterizzazione prevista dal Piano di cui al D.D.P. 96/2003; - che, essendo stati eseguiti gli interventi prescritti dal D.D.P. 545/2003, era dell’autorizzazione possibile all’esercizio concedere della il parziale discarica, ripristino limitatamente ai settori non interessati dalla caratterizzazione dell’ammasso dei rifiuti di cui al D.D.P. 96/2003 e che, pertanto, si poteva accogliere la richiesta della ditta di conferire rifiuti contenenti amianto e si poteva procedere al rinnovo dell’autorizzazione all’esercizio della discarica, 13 limitatamente al settore individuato nella planimetria allegata, per un periodo di anni uno; - che la fideiussione doveva essere aggiornata, ai sensi della DGRV 2528/1999, con estensione della validità al terzo anno successivo alla scadenza dell’autorizzazione, per cui la ditta era tenuta ad aggiornare la scadenza della polizza fideiussoria in essere al 30.06.2007. Tutto ciò ritenuto, con il predetto decreto il dirigente del settore autorizzava la ditta S.E.V. all’esercizio della discarica di rifiuti inerti e di rifiuti contenenti amianto nel settore identificato nella planimetria allegata, fino al 30.06.2004, area corrispondente ai settori di scavo denominati 1/8l, 2/8L, 3/8L, 3/7L, 1/3L, 2/3L, 1/6L, 2/6L, 3/6L, 1/5L, 2/5L, e a parte del settore denominato 3/5L. Sempre con il medesimo decreto si prescriveva che l’area di scavo risultante dalle operazioni di rimozione del rifiuto speciale tossico e nocivo doveva essere messa in sicurezza di emergenza o, in alternativa, doveva essere dato luogo ad ulteriore rimozione di rifiuti non conformi, e si prescriveva, inoltre, che, entro il 27.09.2003, doveva essere presentato un Piano di adeguamento della discarica ai sensi e per gli effetti dell’art. 17 del D.Lgs. 36/2003. In data 07.08.2003, veniva sottoscritto atto di fideiussione n. 604123 tra la S.E.V. spa e la società San Remo Spa avente ad oggetto la garanzia per l’esercizio della discarica di via Vecelli, II^ ctg. di tipo A; a detto atto faceva seguito una seconda sottoscrizione, in data 13.10.2003, apportante delle correzioni. La garanzia in questione, 14 per un importo di euro 220.010,60, richiamato il D.D.P. 858/2003, indicava quale oggetto “la corretta gestione della discarica ad avvenuto esaurimento e per eventuali danni causati all’ambiente ai sensi dell’art. 18 della legge 349/1986, qualora il risarcimento sia stato stabilito con sentenza passata in giudicato, nonché per la ricomposizione finale”. In data 26.9.2003, la società gerente trasmetteva alla Provincia la proposta di piano di adeguamento al D.Lgs 36/2003. Con nota del 15.10.2003, la S.E.V. chiedeva l’autorizzazione a smaltire rifiuti all’interno del settore B individuato dal punto di prelievo 3/5L interessato da rimozione di rifiuto tossico e nocivo e da ulteriore scarifica, come prescritto dall’art. 3 del D.D.P. 858/2003, e presentava una proposta di messa in sicurezza di emergenza del rifiuto non conforme nel settore nord-ovest della discarica. In data 30.10.2003, la società trasmetteva un piano di messa in sicurezza provvisoria dei rifiuti non conformi presenti in discarica. Con D.D.P. n. 1379 del 26.11.2003, la S.E.V. veniva autorizzata all’esercizio della discarica di rifiuti inerti e di rifiuti contenenti amianto nell’area corrispondente alla parte non inclusa nella planimetria allegata al D.D.P. 858/2003 del settore di scavo denominato 3/5L, identificato come settore B, in cui era stato eseguito lo scavo per la rimozione del rifiuto tossico e nocivo. In data 26.1.2004 e 30.1.2004, la SEV integrava la documentazione in precedenza inviata. 15 Nella seduta del 3.2.2004, il CTPA esprimeva parere negativo all’accoglimento delle istanze della SEV, ritenendo: » che la doppia movimentazione del rifiuto non conforme fosse irragionevole e che la rimozione doveva avvenire in via definitiva e in un’unica soluzione; » che non fossero sufficienti gli accertamenti tecnici e le metodologie proposte per la verifica di stabilità della vasca di contenimento del rifiuto non conforme posta sopra il rifiuto contenente amianto; » che non appariva fattibile il rimodellamento delle scarpate con aumento di pendenza lungo i lati nord e ovest della discarica; » che l’autorizzazione all’esercizio della discarica per i rimanenti settori dovesse essere subordinato all’esecuzione della rimozione definitiva del rifiuto non conforme, alla verifica analitica dell’esito della rimozione e al ristabilimento delle condizioni ambientali originarie, con particolare riferimento ai parametri idrochimici delle acque di falda, verificando i valori di norma entro un congruo lasso temporale. Nella stessa seduta del 3.2.2004, la CTPA dettava alla SEV le seguenti prescrizioni: - la messa in sicurezza provvisoria, nel termine di 30 giorni, dei settore sud e ovest della discarica, nei quali era stata riscontrata la presenza di rifiuti non conformi, con risistemazione morfologica del sito e la collocazione di teli impermeabili ad impedire l’infiltrazione delle acque meteoriche; 16 - la rimozione, entro 180 giorni, dei rifiuti non conformi nei settori sud e ovest della discarica, fino alla profondità del terreno di copertura del rifiuto contenente amianto, per una volumetria stimata dalla ditta in circa 21.000, 24.000 mc; - la presentazione di un progetto di adeguamento al D. Lgs 36/2003 che tenesse conto del nuovo assetto morfologico della discarica a rimozione avvenuta, con accorgimenti e monitoraggi delle matrici ambientali e considerando la già osservata alterazione dei parametri idrochimici delle acque di falda. Con nota del 3.3.2004, la SEV comunicava di aver esaurito la volumetria autorizzata, disponibile per il conferimento. Con D.D.P n. 220 del 3.3.2004, venivano ribadite le prescrizioni dettate alla SEV, dal CTPA, nella seduta del 3.2.2004, con l’aggiunta di ulteriori vincoli, fra cui l’invio di una dettagliata relazione, al termine della rimozione, indicante il quantitativo di rifiuto rimosso e la destinazione precedenza, finale, nonché se differente documentazione da quella individuata in fotografica attestante le operazioni di rimozione. Con il medesimo provvedimento si decretava la sospensione di ogni conferimento di rifiuto presso la discarica, fino ad una eventuale nuova autorizzazione, comunque subordinata alla rimozione dei rifiuti, alla verifica idrochimica delle acque sotterranee e all’approvazione del piano di adeguamento al D.Lgs 36/2003, da presentarsi non oltre il 31.12.2004. 17 Con D.D.P n. 621 del 23.7.2004, si richiedeva alla SEV di volturare alla SEV srl la polizza fideiussoria n.604123/EP della società San Remo spa di euro 220.010,60, o di produrre nuova polizza alle stesse condizioni di quella in essere. Con D.D.P n. 757 del 2.9.2004, tenuto conto che la ditta aveva comunicato che le operazioni di rimozione del rifiuto non conforme erano iniziate il 3.8.2004 e aveva chiesto una proroga di giorni 90 del termine di rimozione, veniva concessa, per tale rimozione, una proroga di 90 giorni, ovvero fino al 6.12.2004. In data 8.11.2004, la SEV e la San Remo spa sottoscrivevano atto di fidejussione n. 605273/EP, per il periodo 18.11.2004 – 30.6.2005, con un massimale garantito di € 2.616.120, a garanzia “dell’adempimento delle obbligazioni a carico del Contraente ed a favore del beneficiario inerente l’asporto del materiale della discarica di 2° categoria tipo A di via Vecelli a Paese”. Nel coevo atto integrativo, quale oggetto della garanzia veniva indicato “l’adempimento delle prescrizioni imposte alla ditta con Decreto del Dirigente del Settore Gestione del Territorio della Provincia di Treviso n. 220/2004 del 3.3.2004 avente per oggetto”… “ed eventuali successive modifiche ed integrazioni inerenti il medesimo oggetto”. Con atto, in data 26.4.2005, il termine di vigenza della garanzia veniva prorogato al 31.10.2005. Con nota pervenuta alla Provincia l’8.11.2004, la SEV chiedeva la riapertura parziale della discarica oggetto di rimozione del rifiuto non 18 conforme e della verifica della stessa, tanto al fine di reperire nuove risorse economiche e proseguire le operazioni di rimozione nella restante area garantite con la polizza stipulata in data 18.11.2004 per un importo di € 2.616.120. La CTPA, nella seduta del 7.12.2004, esprimeva parere favorevole alla richiesta della SEV, con prescrizioni, quali: il rilascio di un’autorizzazione riferita all’area identificata nella tavola 2 allegata alla nota della ditta del 4.11.2004, e proroga della rimozione dei rifiuti non conformi al 31.3.2005; nuova proposta di adeguamento al D.Lgs 36/2003 al termine delle operazioni di rimozione; rimozione del cumulo di rifiuto non conforme denominato 4 stoccato provvisoriamente e avvio a smaltimento in idoneo impianto. Con D.D.P n. 936 del 14.12.2004, si autorizzava la SEV all’esercizio della discarica, precisando che l’area autorizzata corrispondeva a quella di discarica identificata nella tavola 2 allegata (parziale settore 1 e 2), che doveva essere mantenuta fisicamente separata dalla restante area di discarica (parziale settore 1 e 2 e settore 3), ancora non assoggettata alle operazioni di rimozione del rifiuto non conforme. Sempre con il medesimo decreto, si ribadivano le prescrizioni date dalla CTPA, la trasmissione semestrale delle analisi delle acque di falda, e si prorogava al 31.3.2005 il termine per la rimozione dei rifiuti non conformi di cui al D.D.P n.757/2004, e al 30.4.2005 quello di presentazione della proposta di adeguamento al D.Lgs 36/2003. 19 Con nota del 25.3.2005, la società chiedeva una proroga di 180 giorni del termine per la rimozione dei rifiuti non conformi e una proroga di 180 giorni per il conferimento di rifiuti in discarica. Con D.D.P n. 367 dell’1.4.2005, si sospendeva ogni conferimento di rifiuto presso la discarica. Ciò considerato anche che, dalla documentazione trasmessa, non era dato evincere il quantitativo conferito di rifiuto smaltito, e che non si produceva stima della volumetria residua disponibile. Quindi, sempre con detto decreto, veniva prorogato al 30.9.2005 il termine per la rimozione dei rifiuti non conformi ancora in discarica, con invito ad un’integrazione della polizza fideiussoria 605273/EP con scadenza al 31.10.2005, con esplicito riferimento al provvedimento di proroga presente. Con provvedimento in data 18.7.2005, il Dirigente del Settore Gestione del Territorio, considerato fra l’altro che le operazioni di rimozione del rifiuto non conforme si erano fermate al 12.3.2005 e che dalla documentazione prodotta dalla SEV non emergeva l’intento di proseguirle, comunicava alla società l’avvio del procedimento sostitutivo e il preventivo avviso di escussione della polizza fideiussoria 605273/EP. La SEV proponeva ricorso al TAR del Veneto avverso il parere negativo della CTPA della Provincia di Treviso, con istanza cautelare di sospensione, che veniva accolta parzialmente, con decreto del Presidente 669/2005, in attesa dell’udienza camerale. Gli effetti di detto decreto venivano poi dichiarati cessati con ordinanza del TAR 20 del 6.9.2005, a seguito di rinuncia della ricorrente alla domanda cautelare. Con nota in data 30.9.2005, la SEV chiedeva la proroga di un anno del termine per la rimozione del rifiuto non conforme, riservandosi di produrre il corrispondente atto di proroga della polizza fideiussoria 605273/EP; polizza la cui vigenza, con atto in data 27.10.2005, veniva prorogata al 30.4.2006. In data 7.4.2006, il Dirigente del Settore Gestione del Territorio, considerata la mancata rimozione del rifiuto non conforme, comunicava nuovamente l’avvio del procedimento per l’intervento sostitutivo con rivalsa sulle garanzie finanziarie. L’intimazione di pagamento dell’importo garantito di € 2.616.120, rivolto alla San Remo con nota del Dirigente in data 28.4.2006, non sortiva alcun effetto, e la San Remo veniva dichiarata fallita il 2.7.2007. Quanto ai danni per l’erario, l’Organo requirente ha evidenziato che l’Amministrazione non ha riscosso alcunché dalle polizze presentate dalla società, ed ha dovuto accollarsi i costi per gli interventi sostitutivi, con un pregiudizio economico quantificabile nella misura di €. 2.616.120 (costo stimato di detti interventi). ##### L’Organo requirente, ricostruita la vicenda nei termini testè esposti, ha notificato invito a dedurre, datato 21/6/2012, ai signori Carlo Rapicavoli, Carlo Giovanni Moretto, rispettivamente Dirigente del 21 Settore gestione del territorio e funzionario responsabile dei procedimenti in questione, nonché alla dottoressa Tornielli Veronica, che, a partire dal 2003 e per buona parte del 2005, è stata coinvolta nell’attività istruttoria e al dott. Tagliapietra Alberto che, almeno a partire dal 2003, è risultato essersi occupato della vicenda ed essere responsabile dell’istruttoria al cui esito sono stati assunti i DD.DP 266/2004 e 668/2004. Con un unico atto di controdeduzioni, i soggetti invitati hanno eccepito molteplici argomentazioni, di seguito sintetizzate. A) con riguardo alla discarica “Tiretta”: - La spesa di €. 372.503,54, sostenuta per rimuovere il percolato, non costituirebbe danno erariale in quanto onere previsto e accettato dal Comune di Paese allorchè chiese di costruire la discarica cosiddetta “Tiretta”, per come emergente dalla convenzione del 27/4/1993 (antecedente il D.Lgs 22/1997), sottoscritta tra il Comune di Paese e la società Finadria. In particolare, l’art. 16 della convenzione obbligava la società a smaltire il percolato per la durata di tre anni dopo la cessazione del conferimento dei rifiuti, mentre successivamente, secondo la prospettazione attorea, avrebbe dovuto gravare sul Comune (percettore di un corrispettivo per la gestione della discarica di lire 6.000 per ogni tonnellata o metro cubo di rifiuti stoccati); - infatti, dopo il fallimento della SEV il curatore, sentito il parere di un legale, ha concluso che l’onere per l’eliminazione del percolato non 22 poteva più gravare sul fallimento, conclusioni condivise anche dal Giudice Delegato; - non vi sarebbe negligenza dei funzionari nella gestione della vicenda (innumerevoli verbali di sopralluoghi), compresa l’escussione della polizza; - anche l’accettazione di polizza non bancaria né assicurativa ma rilasciata da intermediario finanziario sarebbe legittima in quanto vi sarebbe pro tempore una piena equiparazione ai sensi degli artt. 106 e 107 TUB, come peraltro confermato anche dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 5845 dell’11/3/2011. Peraltro, la delibera della Giunta Regionale n. 2528 del 14/7/1999 non conteneva alcun divieto di accettare polizze fideiussorie emesse da intermediari finanziari, tant’è che si trattava di polizze accettate in tutto il Veneto, almeno a partire dal 1993. Solo con la delibera di Giunta n. 2229 del 20/12/2011 la Regione ha escluso la possibilità di accettare fideiussioni rilasciate da intermediari finanziari. Una delibera adottata dalla Regione dopo che il dott. Rapicavoli, con una nota in data 10/12/2007, aveva segnalato l’opportunità di una revisione della DGR 2528/1999, dato che in assenza di disposizioni chiare si era fatto riferimento alle disposizioni in materia di lavori pubblici e che vi era grande difficoltà nell’attivare le procedure di escussione nei confronti di intermediari finanziari. B) Con riferimento alla gestione della discarica di via Vecelli: 23 - Non vi sarebbe danno erariale, non avendo l’Amministrazione sostenuto alcun esborso. L’unico intervento, finalizzato alla messa in sicurezza della discarica, ha comportato una spesa di €. 4.920, rimborsata dal fallimento SEV; - La condotta degli esponenti nella gestione dei problemi posti dalla discarica di via Vecelli non sarebbe gravemente colposa, ma anzi improntata alla massima attenzione e vigilanza (numerosi provvedimenti adottati); - Il rilievo mosso dalla Procura di aver chiesto, con il decreto 871/2002, una garanzia finanziaria modesta, senza tenere conto delle irregolarità nello smaltimento dei rifiuti, non sarebbe condivisibile, dal momento che il provvedimento è una semplice voltura e, pertanto, nel calcolare l’importo delle garanzie, rispetta le prescrizioni della DGRV 2528/1999. La Provincia, peraltro, chiese, in aggiunta, un’altra autonoma garanzia dell’importo di €. 2.616.120; - Non avrebbe pregio la tesi che sussistessero fin dal luglio 2003 le condizioni per escutere la polizza fideiussoria, in quanto i sopralluoghi eseguiti attestano che, fino all’11/3/2005, non vi erano le condizioni per procedere ad una legittima escussione delle polizze in quanto la SEV stava procedendo alla rimozione dei rifiuti e a tutti gli altri incombenti (campionamenti, analisi, ecc). Quando, dopo il marzo 2005, emerse che la ditta non stava più provvedendo alla rimozione dei rifiuti, la Provincia avviò immediatamente il procedimento di escussione; 24 - In ordine all’accettazione di polizze rilasciate da intermediari finanziari, i soggetti invitati hanno ribadito le argomentazioni già riferite in ordine all’altra discarica. Con istanza in data 3/12/2012, la Procura regionale ha motivatamente richiesto alla Sezione Giurisdizionale Veneto, ai sensi dell’art. 5, DL 453/1993, conv. in L. 19/1994 una proroga di 90 giorni del termine di 120 giorni fissato per il deposito dell’atto di citazione, accordata da questa Sezione con ordinanza datata 13/12/2012. Analizzate le argomentazioni rese dai soggetti invitati, la Procura contabile presso questa Sezione ha citato in giudizio i signori Carlo Rapicavoli e Carlo Giovanni Moretto, ritenendo per contro infondata e da archiviare la posizione, già comunque configurata come marginale, della dottoressa Tornielli Veronica e del dott. Tagliapietra, per sentirli condannare al risarcimento dei danni all’erario conseguenti alla descritta gestione delle due discariche. 1) Discarica “Tiretta”. Quanto alla discarica “Tiretta”, secondo parte attrice emergerebbe la fondatezza di due fondamentali censure, ovvero la mancata tempestiva escussione delle polizze e prima ancora l’accettazione di garanzie non conformi a quanto normativamente prescritto. In particolare, l’Organo requirente ha sottolineato i ripetuti e gravi inadempimenti dei gestori della discarica, protrattisi per anni, e il rinvio dell’escussione delle polizze nonostante dette inadempienze. 25 In definitiva, l’Ufficio requirente evidenzia gravi problematiche, rimaste irrisolte, relative alla gestione della discarica, quali: l’infiltrazione del percolato, il livello eccessivo del medesimo e il suo insufficiente asporto; l’inquinamento prodotto per il difetto di impermeabilizzazione; la mancata realizzazione di un idoneo sistema di messa in sicurezza della discarica e di un intervento di bonifica. Quanto alla valutazione di illiceità/illegittimità, si tratta, secondo la prospettazione attorea, di una gestione in contrasto, in primo luogo, con l’art. 2 del D.Lgs 22/1997 che prevede che lo smaltimento dei rifiuti debba avvenire senza pericoli per la salute e pregiudizio per l’ambiente, come pure con la disciplina sulla garanzia che devono assicurare gli impianti al fine del regolare deflusso dei liquami e di evitare infiltrazioni nel terreno e inquinamento delle acque (art. 22 LR 3/2000), nonchè inosservante dei criteri di cui alle disposizioni del D.lgs 36/2003 (in particolare art. 13 e allegato 1, punto 2.3 sul “controllo delle acque e gestione del percolato”), e ancora inottemperante alle prescrizioni date con tutti gli atti amministrativi susseguitisi, e infine in difformità con le disposizioni della DGRV 2528/1999 che imponevano la sottoscrizione di una polizza RC contro l’inquinamento, una polizza scaduta il 7/3/2003 e mai più ripresentata. Quanto al danno, l’Organo requirente afferma che dalla vicenda della discarica in questione e dalla mancata attivazione delle garanzie sarebbe scaturito un detrimento pari all’entità degli esborsi sostenuti 26 per l’asporto del percolato e la manutenzione della discarica dopo il fallimento della SEV. In dettaglio, tali esborsi sono costituiti dalla somma di € 19.512, 58, pagata dalla Provincia di Treviso alla ditta Sita FD e dalla somma di €. 352.990,60 erogata dal Comune di Paese (con un contributo di €. 60.000 della Provincia di Treviso): in totale €. 372.504,00. Inoltre, in via subordinata e sotto diverso profilo, l’Organo requirente ha ritenuto di dover richiedere il risarcimento, comunque, del c.d. danno da perdita di chances, ovvero dell’occasione di conseguire (in tali termini Sez. Veneto 957 del 27/7/2004) una buona parte (il 60%, salvo diverso avviso della Sezione) delle somme garantite. La responsabilità per siffatto pregiudizio sarebbe da ascrivere primariamente al dr Rapicavoli Carlo, Dirigente del Settore gestione del Territorio fin dal mese giugno 1999, che ha adottato i provvedimenti e gli atti che hanno contrassegnato la gestione della discarica Tiretta. La condotta gravemente colposa del dirigente consisterebbe nel non aver tempestivamente proceduto, pur a fronte delle descritte dinamiche gestorie della discarica, ad escutere le garanzie. Infatti, alle numerose diffide e ad una serie di comunicazioni di reato (si veda elenco nella relazione istruttoria del funzionario della Provincia dr Tagliapietra del 24/4/2004), non è seguita la richiesta di escussione delle polizze, se non il 26/9/2006, tre mesi dopo la dichiarazione di fallimento della SEV. 27 Eppure era emerso che la società non era in grado di porre rimedio allo stato delle l’inquinamento cose, né la non aveva certificazione prodotto sulla la polizza ricomposizione contro della discarica, per un impianto che già dal maggio 1997 era a conferimenti zero e, quindi, privo di ritorno economico per l’impresa. Ciò nonostante, cessata la polizza RC il 7/3/2003 senza alcuna richiesta di pagamento, non veniva escussa per lungo tempo l’unica fideiussione rimasta. Per giunta, si ritardava il procedimento di escussione pure a seguito del fallimento della SEV; essendo stato avviato solo tre mesi dopo (nonostante lo stato di inoperatività dell’impresa fosse verosimilmente percepibile anche prima). Nè dopo l’intimazione a pagare entro 15 giorni rivolta alla San Remo, fino al fallimento di quest’ultima, il 2/7/2007, risultano azioni esecutive nei confronti del fideiussore. In tal maniera, si è preclusa ulteriormente la possibilità di recupero delle somme, con conseguente ricaduta dei costi sulla Pubblica Amministrazione. Infine, come già descritto, l’Organo requirente ha evidenziato come un’ulteriore condotta contraria ai doveri di servizio sia stata rappresentata dalle determinazioni in ordine alle garanzie finanziarie ammissibili, nella specie non bancarie né assicurative. Secondo la prospettazione attorea, un contributo causale gravemente colposo sarebbe altresì ascrivibile al dott. Moretto Carlo Giovanni, funzionario che, in ragione dell’attribuzioni del suo ufficio e di 28 Responsabile del procedimento, ha avuto modo di occuparsi della gestione della discarica “Tiretta”. Il dott. Moretto, in buona sostanza, considerate le riferite problematiche inerenti la discarica, avrebbe tempestivamente dovuto proporre al Dirigente del Settore Gestione del Territorio di avviare il procedimento per l’escussione delle garanzie finanziarie. Prima ancora, il dott. Moretto avrebbe dovuto segnalare l’inammissibilità delle polizze presentate dalla SEV. Il concorso causale sarebbe da ascrivere per il 65% al dott. Rapicavoli e per il 35% al dott. Moretto, rispettivamente €. 241.800, ed €. 130.200. L’organo requirente ha invece archiviato la posizione del dott. Tagliapietra Alberto, in quanto geologo con mansioni tecniche, che nella specie si è sostanzialmente limitato, per funzione istituzionale, ad effettuare rilevazioni ed analisi di carattere tecnico. 2) Discarica di via Vecelli. Si tratta, come già accennato, di una discarica classificata di tipo 2°, destinata allo smaltimento di materiale di matrice cementizio o resinoide contenenti amianto In particolare, la Procura regionale ha sottolineato i ripetuti, gravi, inadempimenti dei gestori della discarica, protrattisi per anni, e il rinvio dell’escussione delle polizze nonostante dette inadempienze. In particolare, la gestione della discarica di via Vecelli ha inizio nel 1993, e avrebbe dovuto concludersi il 31/3/96. Tuttavia, con un 29 primo provvedimento, l’esercizio veniva prorogato al 31/1/99, quindi, con il D.D.P 52/99, il termine finale veniva fissato al 31/12/2002. Durante tale periodo, l’autorizzazione veniva sospesa, una prima volta (D.D.P 608/99), per il mancato adeguamento della fideiussione e per l’omesso invio delle analisi delle acque di falda. Una seconda volta (D.D.P 252/2001), per riscontrate difformità gestionali dei rifiuti a matrice resinoide e cementizia contenenti amianto, rispetto a quanto prescritto dalle norme e dai provvedimenti. Ma soprattutto, assume particolare rilievo una terza sospensione (D.D.P 542/2002), effettuata a seguito di un sopralluogo Arpav effettuato in data 12/4/2002, nonchè di un accertamento del Corpo Forestale dello Stato del 30/8/2002 (D.D.P 1041/2002), che hanno accertato il conferimento in discarica di rifiuti tossici e nocivi, non conformi a quanto autorizzato. Da tale rinvenimento, e fino al fallimento del 28/6/2006, la SEV è rimasta sostanzialmente inadempiente rispetto all’obbligo principale di rimozione del rifiuto non conforme e messa in sicurezza del sito. Dopo i provvedimenti finalizzati alla presentazione del progetto di caratterizzazione qualitativa dell’ammasso dei rifiuti, volto ad accertarne entità e distribuzione spaziale, si prescriveva alla ditta di rimuovere, entro 10 giorni, il rifiuto classificato come “speciale tossico e nocivo” prelevato dallo scavo denominato 3/5L. Veniva inoltre richiesta una relazione, da inviare entro 15 giorni, che indicasse, fra l’altro, il quantitativo del rifiuto rimosso (D.D.P 30 545/2003). La rimozione eseguita non veniva considerata esaustiva, e dalle analisi effettuate risultava che i campioni prelevati lungo il fronte di scavo nord e il fronte ovest erano da classificare come “rifiuto speciale tossico e nocivo” (D.D.P 858/2003, con il quale si concedeva altresì una parziale autorizzazione al conferimento di rifiuti). Sebbene si desse atto della rimozione di un ulteriore quantitativo di rifiuti (concedendo un aumento dell’area di conferimento parzialmente autorizzata D.D.P 1379/2003), il CTPA ha rilasciato un parere negativo sul piano della ditta della messa in sicurezza provvisoria dei rifiuti non conformi. Conseguentemente, la Provincia ha intimato alla SEV di mettere in sicurezza provvisoria, entro 30 giorni, i settori sud e ovest della discarica, e di rimuovere, dai medesimi settori, entro 180 giorni, i rifiuti non conformi, precisando che rimaneva sospeso ogni conferimento fino alla rimozione, alla verifica delle acque sotterranee, alla valutazione e approvazione del piano di adeguamento al D.Lgs 36/2003 (DDP 220/2004). Il termine di 180 giorni non veniva rispettato, e la SEV, comunicato che le operazioni di rimozione erano iniziate il 3/8/2004, chiedeva alla Provincia una proroga di 90 giorni; proroga concessa dando termine fino al 6/12/2004 (D.D.P 757/2004). Con nota del 4/11/2004, la società chiedeva la riapertura parziale della discarica, accordata fino al 31/3/2005, con la concessione di altra proroga, al 31/3/2005, del termine per la rimozione dei rifiuti non conformi, con 31 invito a presentare entro 30 giorni dal completamento delle operazioni di rimozione, e comunque non oltre il 30/4/2005, la proposta di adeguamento al D.Lgs 36/2003 (D.D.P 936/2004). Seguiva ancora una proroga del termine per la rimozione, questa volta al 30/9/2005, e si sospendeva ogni conferimento di rifiuti (D.D.P 367/2005). Dalla verifica del registro di carico e scarico è risultata un’ultima registrazione in uscita l’11/3/2005, attestante una rimozione ferma da quattro mesi (CTPA del 28/6/2005; sopralluogo dei funzionari della Provincia dell’11/8/2005). Pertanto, secondo la ricostruzione dell’Organo requirente, è emerso indubitabilmente che l’impianto di via Vecelli è stato condotto in palese violazione di norme e prescrizioni. Infatti, sono stati conferiti rifiuti tossici e nocivi non ammessi, con la piena consapevolezza da parte della ditta, considerato che, come messo in evidenza dall’accertamento dell’Arpav, esso è derivato dal prelievo di materiale presso un’impresa che produceva rifiuti che non erano quelli per i quali era autorizzato il conferimento in discarica. Secondo l’organo requirente, dovrebbe altresì assumersi che la società gerente non riportava in maniera veritiera, nel registro di carico e scarico, le informazioni sui rifiuti smaltiti, contravvenendo alle prescrizioni di cui al D.D.P 2019/97. Dalla scoperta dell’illegale immissione in discarica, fatta dall’Arpav nel gennaio 2002, fino alla cessazione della ditta, sono decorsi più di 32 quattro anni, nel corso dei quali è stata asportata solo una minima parte (4.675 tonnellate) del rifiuto non conforme, lasciandone giacenti 29.600, con conseguente accollo all’Amministrazione di tutti i restanti oneri di copertura, manutenzione e messa in sicurezza della discarica. Infine, non è stato presentato il piano di adeguamento al D.Lgs. 22/97, nonostante i ripetuti solleciti. Quanto alla responsabilità gravemente colposa dei dirigenti dell’Amministrazione Provinciale, essi, a fronte di detto grave comportamento del gestore, hanno assunto condotte sostanzialmente e ingiustificatamente dilatorie; dall’aprile 2002, allorchè si è preso atto del conferimento vietato (D.D.P 542/2002) al marzo 2003 decorre quasi un anno per una prima intimazione all’asporto (D.D.P 545/2003). Si arriverà al luglio 2005, attraverso quattro proroghe, per poi constatare che, negli oltre tre anni decorsi dalla scoperta, la SEV aveva asportato ben poco. Al contrario, sarebbero stati necessari provvedimenti tempestivi e risolutivi, ovvero: - una volta quantificati i costi necessari alla rimozione dei rifiuti e sistemazione del sito, pretendere (per un elementare criterio di diligenza, stante il loro importo, nonché in base all’art. 26 c. 9 della legge regionale 21/1/2000 n. 8 e agli articoli 10 n.3, 14 e 17 comma 3 del D.Lgs 13/1/2003 n. 36) dalla ditta l’immediata produzione di una fideiussione, bancaria o assicurativa, commisurata agli oneri da 33 sostenere, condizionando alla sua produzione ogni rilascio di autorizzazione alla riapertura dell’impianto; - andava rivolto invito a provvedere all’asporto dei rifiuti non conformi in maniera definitiva, secondo un piano con termini adeguati, ma finali, per gli accertamenti e la rimozione. Quindi, in mancanza di adempimento, e comunque senza attendere il decorso di mesi e anni, si sarebbe dovuto procedere senza indugio con la richiesta al fideiussore, senza escludere azioni cautelative e risarcitorie nei confronti della stessa società gerente. Per converso, dalla scoperta dei rifiuti non conformi, aprile 2002, alla stipula della fideiussione per la loro rimozione, nel novembre 2004, passano oltre due anni e mezzo, senza la relativa garanzia finanziaria, e tuttavia, nel frattempo si autorizza di nuovo la discarica, mentre il piano di adeguamento D.Lgs 36/2003, nonostante i ripetuti solleciti, non verrà presentato. Ulteriore negligenza si è poi verificata, secondo parte attrice, anche successivamente. Infatti, nella nota del dott.Tagliapietra del 15/2/2007, risulta che una prima (effettiva) rimozione si è avuta nel 2004, ma limitatamente ad un quantitativo proprorzionalmente esiguo di rifiuti illegittimamente conferiti, ovvero 4.675 tonnellate, a fronte di 29.600 lasciate giacenti. Dopo la richiesta alla San Remo del 30/9/2005, veniva rivolto un nuovo invito alla stessa San Remo il 7/4/2006, ovvero più di sei mesi 34 dopo, senza nel frattempo intraprendere alcuna azione nei confronti della medesima. Quindi, dopo una nuova intimazione del 28/4/2006, seguivano altre richieste il 4/8/2006, 8/9/2006, 12/10/2006, ma per l’ingiunzione si dovrà attendere il 4/12/2006. Anche relativamente a quest’altra fase della vicenda, dunque, si riscontra, secondo la prospettazione attorea, l’omissione di ogni azione concreta e risolutiva nei confronti della San Remo, per lungo tempo. I comportamenti tenuti appaiono ascrivibili, così come per l’altra discarica, alla responsabilità, gravemente colposa, innanzitutto del dott.Rapicavoli, dirigente del competente servizio, e anche del dott.Moretto Carlo Giovanni, in ragione dell’attribuzioni del suo ufficio, ha svolto funzioni di responsabile del procedimento volto alla rimozione dei rifiuti (D.D.P 542/2002) e di responsabile del procedimento finalizzato all’avvio dell’intervento sostitutivo e di escussione delle garanzie (nota del 18/7/1995). La Procura contabile presso questa Sezione non ha invece ritenuto di convenire in giudizio la dott.ssa Tornielli Veronica, in quanto funzionario con mere funzioni tecniche (rilevazioni e analisi). Quanto al danno per l’erario, pur in assenza di esborsi di denaro per l’ente pubblico, il danno, secondo parte attrice, sarebbe dato dal mancato incameramento delle somme garantite, mentre l’importo può essere quantificato nella misura di €. 2.616.120, corrispondente 35 ai costi per gli interventi sostitutivi necessari da affrontare, stimati nella nota del 15/2/2007 del dott.Tagliapietra. Anche per tale fattispecie l’Organo requirente ha richiesto, in via subordinata, il danno cosiddetto da perdita di chances, indicando, fatto salvo diverso avviso della Sezione, una percentuale dell’importo pari al 60%. Pare infine necessario puntualizzare che, anche con riguardo al danno conseguente alla gestione di questa discarica, secondo la parte pubblica il concorso causale è da ascrivere per il 65% al dott.Rapicavoli, per il 35% al dott.Moretto (dunque rispettivamente, €. 1.700.478 ed €. 915.642). Si sono costituiti i soggetti convenuti in giudizio, con unica memoria in atti al 24 aprile 2014, rappresentati e difesi dagli avvocati Alberto Borella e Franco Stivanello Gussoni, contestando la fondatezza del credito risarcitorio erariale, con riferimento ad entrambi le discariche. A) Discarica Tiretta. Le parti convenute in giudizio hanno evidenziato come, secondo l’articolo 8 della già menzionata convenzione tra la ditta e il comune di Paese, l’ente locale si era riservato un potere di controllo sulla gestione e funzionamento della discarica, che non risulta esser stato esercitato, dato che nel 1997 fu accertato il supermento del quantitativo massimo di rifiuti conferibili in discarica. Soltanto con ordinanza n. 1994 del 19 settembre 2000, il comune ordinò a 36 Finadria di compiere "i necessari interventi di messa in sicurezza di emergenza, bonifica e ripristino ambientale”. Il predetto Comune, dunque, secondo parte resistente, non ha agito come garante dell'uso del territorio - come pretenderebbe l'attore ma come titolare dell'autorizzazione regionale e proprietario della discarica in base alla citata convenzione nei confronti del privato concessionario. Diverso sarebbe invece il ruolo della Provincia che ebbe a richiedere nel 2004 (al gestore e non al Comune) di provvedere allo smaltimento, secondo parte resistente, “per la semplice ragione che la Provincia venne a conoscenza dell'esatta portata dei rapporti tra il Comune e Finadria-SEV soltanto dopo il fallimento di questa, quando il curatore, con l'avallo del Tribunale fallimentare, escluse ogni obbligo della fallita di farsi carico degli oneri di smaltimento che gravavano invece sul Comune medesimo”. Pertanto, conclude parte resistente, quello sopportato dal Comune non potrebbe essere considerato "danno erariale addebitabile a terzi, ma soltanto la conseguenza di una specifica clausola contrattuale stipulata con il gestore e non già di un comportamento negligente della Provincia”. I convenuti contestano altresì la sussistenza del grave inadempimento degli obblighi di servizio e della stessa colpa grave, in quanto “quantomeno fino al 2006 SEV si è sempre adeguata alle 37 prescrizioni di volta in volta impartite dalla Provincia, al fine di porre rimedio alle denunciate infrazioni”. Parte resistente ritiene poi infondata la censura fondata sul ritardo nell'escussione della fideiussione, in quanto “il fideiussore non avrebbe mancato di eccepire l’inesistenza dell'obbligazione in capo al gestore in base alle medesime argomentazioni della curatela fallimentare (e confermate alcuni anni dopo dalla giurisprudenza amministrativa; Cds, sez. V, sent. n. 48/2007). Per giunta, parte resistente contesta la sussistenza della gravità della colpa per l’avvenuta stipula della fideiussione non bancaria né assicurativa, considerato che il comportamento deve esser valutato secondo normativa e giurisprudenza al tempo vigenti (per la soluzione estensiva, Tar Puglia, Sez. I 20 aprile 2009, n.920; Tar Piemonte, sentenza successivamente 9 annullata febbraio dal 2011, Consiglio di n. 149, stato n. peraltro 412 del 27/01/2012; Trib. Napoli, ordinanza 11 marzo 1999), tanto più che il dott. Moretto è laureato in chimica e il dott. Rapicavoli, pur laureato in giurisprudenza, non è certo un esperto di diritto bancario (e comunque aveva segnalato l’opportunità di procedere ad una revisione della DGR n. 2529 del 1999, escludendo espressamente le fideiussioni rilasciate da società di intermediazione finanziaria). Quanto al danno contestato, parte resistente evidenzia che nella documentazione depositata si riscontra soltanto un esborso delle casse del Comune di Paese, a favore della ditta incaricata, di euro 38 19.512,58, mentre “da dove derivi l'ulteriore cifra non è dato sapere”. Inoltre, i convenuti eccepiscono la necessita di compensare l’ipotetico danno con i “cospicui finanziamenti da Regione e società private che hanno consentito l'installazione sulla ex discarica di un impianto fotovoltaico”. Infine, parte resistente contesta l’esistenza del danno da perdita di chances, in ragione della sua stessa natura (perdita di occasione favorevole) e tenuto conto del fatto che “il gestore (e di conseguenza il fideiussore) non era tenuto a rimborsare al Comune le spese di asporto del percolato”. B) Discarica di via Vecelli Quanto alla discarica di via Vecelli, i convenuti hanno innanzitutto chiesto che venga dichiarata l’inammissibilità della domanda ex art. 100 c.p.c., per assenza di un danno certo, concreto ed attuale, non avendo la Provincia subito alcun detrimento. Inoltre, secondo parte resistente, la condotta assunta sarebbe improntata alla massima attenzione e vigilanza, come testimoniano i numerosi provvedimenti adottati e gli svariati sopralluoghi eseguiti. Né esistevano fin dal 2003, secondo le parti resistenti, le condizioni per escutere la polizza fideiussoria, in quanto i sopralluoghi eseguiti sulla discarica attestano che fino all'11 marzo 2005 la ditta SEV stava procedendo alla rimozione dei rifiuti e a tutti gli altri incombenti accessori (campionamenti, analisi ecc.). 39 Né si può ritenere che la Provincia abbia tollerato tempi troppo lunghi per la rimozione dei materiali difformi, laddove si consideri che ogni rimozione doveva essere preceduta da campionamento e caratterizzazione del corpo rifiuti a garanzia del corretto smaltimento dei medesimi. Quando poi - dopo il marzo 2005 - emerse che la ditta non stava più provvedendo alla rimozione dei rifiuti, la Provincia avviò immediatamente il procedimento per escutere la polizza fideiussoria. Le parti convenute hanno quindi concluso per la dichiarazione di inammissibilità della domanda, nonché, per l’ipotesi “assolutamente non creduta” di condanna, l’applicazione del potere riduttivo, tenuto conto che “i convenuti sono integerrimi funzionari… che hanno operato con scrupolo e diligenza in una fattispecie particolarmente complessa caratterizzata dal fallimento del gestore della discarica e del fideiussore”. Alla pubblica udienza del 14 maggio 2014 il magistrato requirente richiamava l’atto introduttivo del giudizio, illustrando ulteriormente le argomentazioni a sostegno della domanda e insistendo nelle conclusioni ivi rassegnate. Le parti convenute, a loro volta, richiamate le argomentazioni svolte nella memoria di costituzione, insistevano su tesi e richieste ivi compendiate. DIRITTO 40 [1] Coerentemente con l’impostazione seguita sia dall’organo requirente che dalle parti private convenuto, si ritiene opportuno procedere all’analisi della fattispecie concreta sub iudice partitamente per le due diverse discariche. [1.1] Quanto alla discarica per rifiuti speciali-inerti di tipo 2B situata nella ex cava “Tiretta”, deve innanzitutto rilevarsi come l’ipotesi di responsabilità amministrativa azionata dall’Organo requirente riguardi essenzialmente danni cagionati nell’ambito del rapporto autorizzatorio all’esercizio dell’impianto, derivante da provvedimento dell’ente Provincia (a partire dai D.D.P. n. 1649 del 2/10/1995, D.D.P. n. 1748 del 28/2/1996, D.D.P. n. 1839 del 19 settembre 1996 e D.D.P. n. 1897 del 2 dicembre 1996 e successive modificazioni secondo la puntuale ricostruzione documentale in atti), rilasciato ai sensi dell’articolo 5 della legge regionale del Veneto n. 33 del 1985. Diversa natura e funzione assume invece il rapporto giuridico tra il Comune di Paese e Finadria SRL, derivante da una convenzione stipulata il 27 aprile 1993, con la quale l’ente pubblico, beneficiario dell’autorizzazione regionale di cui ai decreti della Giunta regionale n. 310/EC del 31 maggio 1989 e n. 1430 del 20 luglio 1992, aveva concesso alla Finadria srl, “interessata a realizzare e gestire la discarica”, “l’uso della discarica” (punto n. 1), fermo rimanendo che “l’allestimento e la gestione della discarica concessa in uso saranno effettuati a cura e spese della società FINADRIA srl, che s’impegna 41 ad ottemperare scrupolosamente agli obblighi prescritti dalle competenti Autorità” (punto n. 2). Il Collegio ritiene dunque di non poter condividere la tesi avanzata dalle parti resistenti, secondo cui graverebbero sul Comune di Paese, in base ad alcune clausole della suddetta convenzione (nn. 16 e 17), le spese di smaltimento del percolato “a partire dal 6 marzo 2000”, ovvero scaduti tre anni dalla cessazione del conferimento dei rifiuti. Si tratta infatti, anche al di la della menzionata clausola convenzionale, di obblighi direttamente derivanti dall’attuazione di un rapporto pubblicistico di natura autorizzatoria tra l’ente Provincia e l’impresa autorizzata, i quali, in disparte la diversità anche oggettiva e soggettiva rispetto al rapporto convenzionale (non sottoscritto dalla Provincia), risultano ex lege (statale e regionale; cfr. in particolare artt. 5, 46 e 49 della l.r. n. 33/1985) sottratti all’autonomia convenzionale del Comune di Paese e della Finadria srl. Pertanto, dette clausole convenzionali evidentemente non appaiono utilmente invocabili al fine di configurare una sorta di esonero da responsabilità, riconducibili alla legge e al rapporto autorizzatorio, a beneficio sia della ditta autorizzata che dei dirigenti cui la normativa attribuisce in materia competenze di amministrazione attiva e di controllo di natura pubblicistica. Peraltro, come puntualmente evidenziato da parte attrice, la concreta operatività della clausola convenzionale (in tesi) esonerativa da (o allocativa di) responsabilità non avrebbe comunque potuto 42 prescindere dal perfezionamento “fisiologico” della vicenda gestionale, che invece ha avuto evidentemente un epilogo tutt’altro che commendevole; non si riscontrano infatti la certificazione di fine lavori di ricomposizione con il conseguente collaudo, così come la constatazione “di corretto uso agricolo” di cui al punto n. 16 della convenzione. [1.2] Quanto all’elemento oggettivo dell’illecito, l’analitico esame dei fatti posto a base dell’atto di citazione evidenzia l’esistenza di gravi problematiche gestionali rimaste a lungo irrisolte, quali l’infiltrazione del percolato, il livello eccessivo del medesimo e il suo insufficiente asporto, l’inquinamento prodotto per il difetto di impermeabilizzazione; la mancata realizzazione di un idoneo sistema di messa in sicurezza della discarica e di un intervento di bonifica. Dette lacune e omissioni, gravi e numerose, risultano immediatamente deducibili da verbali di sopralluoghi e conferenze, nonché dalle corrispondenze intrattenute e versate in atti. In particolare, l’esercizio dell’impianto, autorizzato nell’ottobre 1995, veniva sospeso già nell’ottobre 1996, fino al ripristino delle condizioni di corretta gestione (sospensione revocata nel dicembre 1996, a seguito dell’eliminazione delle cause che l’avevano motivata). Viene accertato un conferimento di rifiuti superiore a quello di progetto (D.D.P. 2071/1998). 43 Fra le numerose inadempienze, alcune, gravi, manifestatesi ben presto, si protrarranno fino alla cessazione di ogni attività da parte della SEV. In particolare, quanto al trattamento del percolato, fin dagli inizi emergono problemi di infiltrazione di tale liquido nonché livelli del battente (che costituisce il sistema di misurazione) fuori norma, ovvero 5-6 metri in luogo dei 50 cm prescritti (DDP 2034/1997). Analisi dell’Ulss 9 rilevavano valori in eccesso di alcuni elementi e sostanze anomale, alterazioni normalmente della falda, nell’impermeabilizzazione presenti nei ipotizzando della discarica percolati, una (D.D.P. con perdita 2071/1998 e 2102/1998, verbale di riunione del 9/6/99). Conferme delle analisi dell’Ulss, dell’inquinamento della falda, e dell’ipotesi della mancata tenuta dell’impermeabilizzazione, sono date dall’Arpav (nota del 31/3/99 e 20/5/99). Ritardi nell’asporto del percolato ed accumulo del medesimo nei serbatoi di stoccaggio sono rilevati nel corso del sopralluogo del 9/7/99 dei dirigenti della Provincia (D.D.P. 496/1999). Viene riscontrato il problema, evidentemente permanente, del livello del battente anche in sede di sopralluogo dei tecnici della Provincia del 28/2/2002, cosicché, in data 14/3/2002, il Dirigente della Provincia diffidava la ditta ad adempiere alle prescrizione di mantenere entro 1 metro il livello. Anche i successivi sopralluoghi (29/3/2002 e 24/5/2002), ribadivano la sussistenza del problema. 44 Infatti, mentre sul quaderno di registrazione, compilato dalla società, risultano rari episodi con battente superiore ad un metro, la misurazione effettuata nel corso del sopralluogo (29/3/2002) dà in realtà un esito ben diverso, per il pozzo 1 un battente di 4,68 metri, per il pozzo 2 un battente di 1,48 metri. Emergono inoltre ritardi nell’asporto e la rottura di una pompa per l’aspirazione del percolato. Da qui, un nuovo invito alla ditta a mantenere il livello del battente entro 1 metro (nota del 22/4/2002). La situazione si ripete nel sopralluogo successivo (24/5/2002): dati sul quaderno che riferiscono rari casi di eccesso di livello del battente, e prova diretta degli accertatori che pone in luce, per il pozzo 1, un battente di 4,36 metri, e per il pozzo 2 un battente di 1,29 metri; così che la relazione di visita conclude ravvisando gli estremi di reato ex art. 51, comma 4 D.lgs 22/97. Nel successivo sopralluogo (17/4/2003), seppure da una verifica diretta si rinviene per un solo pozzo un valore eccedente (1,20 metri), si registrano documentazione relativa tuttavia alla altre gestione anomalie, nel dedotte periodo dalla 30/9/2002- 17/4/2003, inviata dalla SEV alla Provincia successivamente al sopralluogo. In dettaglio, si evince innanzitutto che dal 30/9/2002 al 17/4/2003 è stato effettuato un solo asporto, in data 17/4/2003. Emergono misure del battente superiore ad 1 metro (fino a 3,3 metri); 45 mancano annotazioni per 6 giorni, mentre per 18 giorni mancano le relative pagine del quaderno. Le inadempienze in ordine alla gestione del percolato sono poste in evidenza nelle Conferenze di servizi (22/5/2003; 10/10/2003). Nella Conferenza del 10/10/2003 si sottolinea che nel pozzo lotto 1 il livello non è ancora nei limiti prescritti, con conseguente ulteriore invito (D.D.P. n.266/2004) a provvedere all’asporto del percolato, in modo da mantenerlo entro 1 metro. Solo negli ultimi cinque sopralluoghi, quelli dal 29/10/2003 al 27/7/2005, si rileva un contenimento del battente entro un metro, anche se, nel terzo e nell’ultimo degli accertamenti, il pozzo n. 2 fa registrare valori superiori: metri 1,30 e metri 1,25. In realtà, dopo il sopralluogo del 13/7/2005, non risultano altre verifiche, come si evince anche dalle stesse deduzioni (pag. 7) in cui si afferma che il percolato fino al 13/7/2005 è stato asportato a cura e spese della ditta. Dopodiché, desume l’Organo requirente, non vi sono stati altri asporti, in una situazione nella quale il livello del liquido richiedeva di essere controllato ogni giorno (D.D.P. 496/1999; D.D.P. 266/2004). Ed infatti, nel 2006, si registra una misura del battente dei pozzi di metri 3,40 e 1,60 (Delibera di Giunta del Comune di Paese del 25/9/2006). Quanto all’asporto del liquame, nei sopralluoghi in questione se ne segnala l’esecuzione relativamente a cinque giornate. 46 Altra omissione riguarda la dichiarazione del direttore dei lavori e il collaudo attestanti l’avvenuta ricomposizione della discarica come da progetto. Nonostante si affermi che la copertura dell’impianto fosse stata eseguita (verbale del sopralluogo dell’1/6/99), tuttavia la documentazione predetta non risulta più essere stata trasmessa (D.D.P.266/2004; D.D.P.668/2004). Quel che si evince, peraltro, è che la ricopertura, realizzata oltre il termine stabilito del 30/9/97 (D.D.P.2034/1997), dell’inquinamento era inidonea, attribuibile alla persistendo discarica il fenomeno (D.D.P.496/1999; D.D.P.266/2004). Ulteriori gravi omissioni sono quelle che attengono al problema dell’inquinamento, accertato già nel novembre 1997 (D.D.P.2071/1998), con conseguente richiesta, nei confronti della società, di accertarne la portata e proporre interventi risolutivi, in un termine di 60 giorni, e di realizzare le opere di bonifica entro 90 giorni (D.D.P. 496/1999). La ditta provvedeva a qualche accorgimento senza però risolvere il problema, la proposta di intervento per la messa in sicurezza della discarica non veniva approvata, in quanto non conforme al DM 471/99, e veniva richiesta la presentazione di un progetto preliminare di bonifica (determina del Responsabile del Settore Assetto del territorio del Comune di Paese del 27/5/2002). Dopo alcune proroghe, sarà presentata una proposta relativa alla realizzazione di nuovi pozzi, senza progetto di bonifica, lasciando così 47 irrisolta la problematica. Sarà solo presentato un piano preliminare di bonifica in data 1/12/2003, oggetto di prescrizioni e richiesta di integrazioni (determina del Comune di Paese 39479/2004), cui non seguiranno nè le integrazioni richieste, nè il progetto definitivo. Ulteriore inottemperanza della ditta si riscontra con riguardo alle garanzie finanziarie, essendo la polizza RC contro l’inquinamento scaduta al 7/3/2003, e avendo il Dirigente della Provincia, con nota in data 26/5/2003, fatto richiesta di rinnovo entro 10 giorni. Tale garanzia, non è più pervenuta, nonostante l’ultima diffida a provvedere entro 30 giorni (D.D.P. 668/2004). Si tratta indubbiamente di condotte gestionali in aperto contrasto con al normativa pro tempore in vigore, quali, rimanendo alla disposizioni più rilevanti, l’art. 2 del D.Lgs 22/1997 che prevede che lo smaltimento dei rifiuti debba avvenire senza pericoli per la salute e pregiudizio per l’ambiente, l’art. 22 della legge regionale n. 3/2000 (garanzia che devono assicurare gli impianti al fine del regolare deflusso dei liquami e di evitare infiltrazioni nel terreno e inquinamento delle acque), le disposizioni di cui al DGRV 2528/1999 che imponevano la sottoscrizione di una polizza RC contro l’inquinamento (polizza scaduta il 7/3/2003 e mai più ripresentata). Ebbene, a fronte delle descritte dinamiche gestorie della discarica, assume evidentemente i contorni della grave ed inescusabile negligenza la condotta assunta dai funzionari citati in giudizio che, pur a fronte numerose diffide e di molteplici comunicazioni di reato 48 (si veda elenco nella relazione istruttoria del funzionario della Provincia dr Tagliapietra del 24/4/2004), non hanno assunto decisioni ultimative e proceduto ad escutere tempestivamente le garanzie, se non il 26/9/2006, ovvero tre mesi dopo la dichiarazione di fallimento della SEV. Nè dopo l’intimazione a pagare entro 15 giorni rivolta alla San Remo, fino al fallimento di quest’ultima, il 2/7/2007, risultano azioni esecutive nei confronti del fideiussore. Ciò posto, l’Organo requirente ha altresì evidenziato come un’ulteriore condotta contraria ai doveri di servizio sia stata rappresentata dalle determinazioni in ordine alle garanzie finanziarie ammissibili, addebito contestato dalle parti resistenti sia sul terreno normativo che sul piano della ricostruzione dell’elemento soggettivo dell’illecito, non essendo i soggetti convenuti esperti in diritto bancario. In proposito, ferma rimanendo l’illiceità della condotta e la gravità della colpa con riguardo agli ulteriori addebiti contestati, non può che richiamarsi la specifica normativa vigente pro tempore in materia di garanzie finanziarie nei procedimenti ambientali in questione, nella quale si fa sistematicamente riferimento a fideiussioni bancarie o assicurative e giammai a garanzie prestate da diversi intermediari finanziari. Diversità che assume evidentemente rilievo con riguardo (tra l’altro) all’intensità delle garanzie patrimoniali assicurate dal fideiubente, a seconda che sia una banca, una società assicuratrice 49 ovvero un diverso intermediario finanziario (cfr: artt. 14, 106 e 107 del TUB). Infatti, l’art. 1 della L. 10/6/1982 n. 348 testualmente si riferisce esclusivamente a fideiussioni bancarie ed assicurative. Nei medesimi termini si esprime l’art. 14 del decreto del Ministero dell’Ambiente n. 406 del 28/4/1998, emanato su delega dell’art. 30, c. 6 del D.Lgs 5/2/1997 n. 22 proprio in sede di definizione delle tipologie di garanzie da prestare. La stessa regione Veneto, nell’individuare le “garanzie finanziarie relative alle attività di smaltimento e di recupero” disciplinate da d.lgs. n. 22/1997, esplicitamente circoscrive l’ambito delle garanzie ammissibili alle “polizze fideiussorie bancarie od assicurative”. Inoltre, come puntualmente rilevato dall’Organo requirente, la legislazione successiva, sia statale che regionale, ribadisce la puntuale soluzione normativa testè rassegnata. In ambito statale, l’articolo 14 della legge a successiva legge n. 36 del 13/1/2003, riafferma infatti la delimitazione del novero delle garanzie alle fideiussioni bancarie od assicurative. Parimenti, in ambito regionale, l’art. 26 della LR 21/1/2000 n. 3 delega la Giunta regionale ad emanare i criteri in materia di garanzie finanziarie, e la Giunta medesima, con delibera n. 2454 dell’8/8/2003, all’allegato A, ha nuovamente puntualizzato che per le garanzie finanziarie si deve far riferimento alla regolamentazione contenuta nella DGR 2528 del 14/7/1999. 50 E ancora, anche l’Amministrazione Provinciale, nel D.D.P. 428/99, nel precisare alla ditta la durata delle garanzie, parla di “importo delle fidejussioni bancarie o polizze assicurative”. In definitiva, dunque, non v’era fonte normativa o amministrativa, specificamente concernente il settore in questione, che contemplasse testualmente la possibilità di ricorrere a garanzie fideiussorie prestate da soggetti diversi dalle banche e dalle assicurazioni, cosicché evidentemente la soluzione della “questione” interpretativa non richiedeva ictu oculi particolare perizia giuridico-amministrativa. Perizia semmai richiesta dall’argomentazione eccepita dalla difesa, fondata sul disposto degli art. 106 e 107 del Testo Unico Bancario (D.Lgs 385/1993 e successive modifiche apportate con D.Lgs 58/1998 e D.Lgs 342/1999), che avrebbe introdotto una piena equiparazione tra banche ed intermediari finanziari, normativa attinente invece al novero dei soggetti abilitati all’esercizio dell’attività di intermediazione e non direttamente alla disciplina relativa alle garanzie ammissibili nei contratti di fideiussione con la Pubblica Amministrazione, tanto più con specifico riferimento al settore delle discariche. Specifico settore nel quale la normativa già rassegnata prevede una disciplina speciale, peraltro divergente (argumentum a contrario) da quella in materia di appalti (art. 30 della legge n. 109/1994, ove si consentono anche le fideiussioni con intermediari iscritti nell’elenco 51 speciale di cui all’art. 107, cui peraltro la società San Remo non era iscritta). [1.3] Quanto alla ricostruzione del danno erariale, va innanzitutto rilevato come dalla vicenda gestionale delle discariche in questione siano enucleabili, sul terreno ontologico-giuridico, due diverse tipologie di danno per la Pubblica Amministrazione, l’una consistente nel detrimento ambientale (c.d. danno-evento, di natura non patrimoniale) ovvero, secondo la definizione data dall’art. 300 del D.lgs. 152/2006, in “qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima”; danno che il danneggiante ha l’obbligo di risarcire in forma specifica (c.d. bonifica) ovvero per equivalente secondo il disposto dell’articolo 311 del medesimo testo normativo. Ulteriore e solo eventuale tipologia di danno (c.d. ordinario dannoconseguenza, di contenuto patrimoniale) può inoltre verificarsi nell’ipotesi in cui l’Amministrazione, in ragione della gestione disfunzionale della discarica affidata a terzi, sia costretta a sostenere spese a tutela (lato sensu) dei luoghi interessati dalla gestione dell’attività. A questa ricostruzione dicotomica delle species di danno erariale deve evidentemente esser ricondotta anche l’ipotesi dell’esistenza di garanzia fideiussoria sull’obbligazione risarcitoria a carico del danneggiante, tenuto conto della pacifica natura accessoria della 52 garanzia rispetto all’obbligazione principale garantita (cfr. art. 1941 c.c.) Quanto al fideiussoria, danno pare ambientale, appena il pure caso di oggetto della garanzia precisare come l’Organo requirente non ne abbia domandato il risarcimento; del resto, secondo il d. lgs n. 152/2006, la titolarità del diritto al risarcimento del danno ambientale compete esclusivamente allo Stato (v., in particolare, artt. 311, comma 3, e 318, comma 2, lett. H, che ha abrogato l’art. 9, comma 3, del Tuel, norma che riconosceva la titolarità dell’azione risarcitoria anche agli enti locali), che può esercitarlo esclusivamente seguendo le particolari procedure facenti capo al Ministero dell’ambiente ex artt. 311, 312, 313 commi 1 e 2 del menzionato decreto legislativo (in giurisprudenza, si vedano Sez. Trentino Alto Adige - Sede di Trento n. 35/2009, e Sez. Umbria, n. 21/2013). Quanto al danno erariale di ordine patrimoniale, occorre peraltro rilevare come l’Organo requirente abbia individuato (pag. 97 e 58 della citazione) il soggetto pubblico danneggiato esclusivamente nella Provincia, ente che ha sostenuto costi costituenti danni erariali per complessivi euro 79.512,58, di cui € 19.512,58 pagati dalla Provincia di Treviso alla ditta Sita FD ed euro 60.000,00 erogati al Comune di Paese (come comprovato documentalmente) con causale “messa in sicurezza discarica “Tiretta” (euro 50.000,00) e “rimborso spese asporto del percolato” (euro 10.000,00). 53 Del resto, l’ente Provincia risulta unico beneficiario della polizza fideiussoria (non contratta anche a vantaggio del comune di Paese), conseguentemente non utilmente azionabile per danni arrecati all’ente comunale di Paese. Del suddetto danno erariale devono rispondere, con modalità parziaria, i due soggetti convenuti, secondo la prospettazione ripartitoria (65% per il dott. Rapicavoli, 35% al dott. Moretto, ovvero, rispettivamente, euro 51.683,177 ed euro 27.829,403) proposta da parte attrice e non contrastata dalle parti convenute. Inoltre, la maggior somma richiesta dall’Organo requirente non risulta sussumibile dalla nozione giuridica di danno da perdita di chances, tipologia di depauperamento che, secondo ormai consolidata ricostruzione giurisprudenziale (a partire dalle sentenza della Corte di Cassazione nn. n. 16877 /2008 e n. 21544/2008; di recente, v. CdS, sez. III, n.6017/2013), consiste nella mancata realizzazione di una concreta ed effettiva occasione favorevole (da valutare in termini probabilistici) di conseguire un ulteriore e determinato bene della vita, fattispecie del tutto estranea sia rispetto al detrimento ambientale che alle dinamiche escussorie di polizze fideiussorie. [2] Quanto alla Discarica di via Vecelli, assume primario rilievo, ai fini della disamina dell’ipotesi di responsabilità amministrativa azionata dall’Organo requirente, la verifica della sussistenza di danni per l’erario provvisti dei requisiti di certezza, concretezza ed 54 attualità, tanto più in ragione della richiesta di pronunzia di inammissibilità ex art. 100 c.p.c. fermamente avanzata dalle parti resistenti. Effettivamente, l’esame della documentazione allegata dall’Organo requirente, evidenzia l’assenza di una compiuta prova di un danno certo, attuale e definitivo arrecato alla Provincia, etiologicamente riconducibile ad attività contra ius dei soggetti convenuti. In effetti, anche con riferimento a questa discarica, va rilevato come dalla descritta vicenda gestionale siano astrattamente enucleabili, sul terreno ontologico-giuridico, due diverse tipologie di detrimento per la Pubblica Amministrazione, l’una consistente nel danno ambientale (c.d. danno- evento, di natura non patrimoniale) e l’altro, solo eventuale (c.d. danno-conseguenza di ordine patrimoniale), coincidente con spese sostenute dall’Amministrazione a tutela (lato sensu) dei luoghi interessati dalla gestione dell’attività. Orbene, nella specie, il danno ambientale, pur verificatosi secondo la documentata prospettazione attorea, non risulta concretamente azionabile dall’Amministrazione Provinciale, tanto più presso questo plesso giurisdizionale, né peraltro risulta coperto dalla polizza fideiussoria invocata dall’organo requirente. Nel contempo, non risulta versata in atti documentazione probatoria dalla quale possa evincersi che l’Amministrazione Provinciale abbia concretamente sostenuto delle spese per la bonifica (lato sensu) dei luoghi in questione. 55 Né, d’altra parte, appare persuasivo richiedere il risarcimento di detto danno su specie di mancata/tardiva escussione della polizza fideiussoria, sia in ragione della natura accessoria della garanzia e soprattutto in quanto una ricostruzione di questa tipologia di detrimento che prescinda dal riferimento a spese concretamente sostenute dall’erario finisce inesorabilmente per sovrapporsi e refluire nell’alveo del danno ambientale in senso stretto, risarcibile in forma generica o specifica (ex art. 313 e 239 e ss, per l’appunto mediante “ripristino ambientale”) esclusivamente secondo la disciplina dettata dal d. lgs. n. 152/2006. Il Collegio pertanto ritiene non riscontrabili i requisiti di certezza, attualità e definitività del danno subito dall’Amministrazione Provinciale e azionato dall’Organo requirente, tanto più che l’importo richiesto (euro 2.616.120,00), coincidente con il massimo garantito dalla polizza fideiussoria, viene ricavato unicamente da una stima unilateralmente effettuata dal un dirigente dell’ente pubblico. Detto potenziale detrimento non risulta sussumibile nella nozione giuridica di danno da perdita di chances, id est nella mancata realizzazione di una concreta ed effettiva occasione favorevole (da valutare in termini probabilistici) di conseguire un ulteriore e determinato bene della vita. Il danno da perdita di “chance”, termine derivante dall’espressione latina “cadentia” (“buona probabilità di riuscita”), non costituisce una specifica tipologia di danno ma designa 56 piuttosto uno schema generale idoneo a ricomprendere diverse tipologie di danno patrimoniale (contrattuale ed extracontrattuale). Conseguentemente, chi richiede il risarcimento di danni dalla perdita di chance ha l'onere di provare, pur seguendo un itinerario ricostruttivo di matrice probabilistica, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita, della quale il danno risarcibile dev'essere conseguenza immediata e diretta. Detta categoria di danno ha peraltro rinvenuto riscontro anche nella giurisprudenza di questa Corte, nell’assunto che l’estensione della tutela alla sfera della probabilità dell’utilità perseguita debba essere accordata anche alla Pubblica Amministrazione: così è avvenuto nel caso da perdita finanziaria derivante all’Amministrazione per l’impossibilità di accedere ad una possibile offerta più vantaggiosa (Sezioni Riunite n. 22/A/1996 e Sez. T.A.A. n. 80/2005), all’ipotesi di probabile perdita di clientela, nel caso di attività di enti pubblici di mercato (Sez. Lombardia, n. 135/2010). Per converso, nella specie sia il danno all’ambiente che l’ipotetico danno patrimoniale da attività di bonifica, quand’anche configurato in termini di mancata/tardiva escussione di polizza fideiussoria, non concretano evidentemente gli estremi di un danno da perdita di chances, non potendosi neppure intravedere la mancata realizzazione di un’”occasione perduta” di conseguimento di un ulteriore bene della 57 vita, astrattamente ipotizzabile ex ante secondo l’id quod plerumque accidit. In buona sostanza, si è in presenza di un danno emergente verso l’Amministrazione Provinciale in fieri, non ancora manifestatosi nelle forme, pretese dalla giurisprudenza contabile, del detrimento certo, concreto ed attuale. L’assenza dell’elemento costitutivo del danno per l’erario consente di ritenere assorbite le ulteriori problematiche ricostruttive inerenti la valutazione della condotta e l’elemento soggettivo dei convenuti. [3] Quanto alle spese del giudizio, le stesse seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per il Veneto, disattesa ogni contraria istanza, deduzione od eccezione, definitivamente pronunciando: 1. Nel merito, accoglie parzialmente, nei sensi di cui in motivazione, la domanda attorea e condanna il dott. Carlo Rapicavoli e il dott. Carlo Giovanni Moretto al pagamento in favore dell’Amministrazione Provinciale di Treviso della somma di euro 79.512,58, ripartita tra i convenuti secondo le percentuali indicate in motivazione, oltre alla maggior somma tra interessi e rivalutazione nonché agli interessi legali a decorrere dal deposito della sentenza e fino all’effettivo soddisfo; 58 2. Le spese di giudizio, che seguono la soccombenza, si liquidano in complessivi € 2.645,15 (euro duemilaseicentoquarantacinque/15) da ripartirsi in parti uguali fra i convenuti. Manda alla segreteria della Sezione per gli adempimenti di competenza. Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio, all’esito della pubblica udienza del 14 maggio 2014. Il Giudice Estensore F.to (Dott. Natale Longo) Il Presidente F.to (Dott. Angelo Buscema) Depositata in Segreteria il 12/06/2014 Il Funzionario preposto F.to Nadia Tonolo 59
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