Sezione giurisdizionale per il Veneto ( PDF, 236 kB )

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N°127/2014
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER IL VENETO
Composta dai Sigg. ri Magistrati
Angelo Buscema
Presidente
Natale Longo
Giudice estensore
Gennaro Di Cecilia
Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nel giudizio di responsabilità, iscritto al n. 29510 del registro di
Segreteria, promosso dal Procuratore Regionale presso questa
Sezione nei confronti di Carlo Rapicavoli e Carlo Giovanni
Moretto, difesi e rappresentati dagli avvocati Alberto Borella (C.F.:
BRLLRT41C30L407L – fax 0422.433020, posta elettronica certificata:
[email protected])
Gussoni
(C.F.:
elettronica
STVFNC49L27L736Z;
certificata:
fax
e
Franco
Stivanello
041.5221326,
posta
[email protected]),
elettivamente domiciliati presso lo studio del secondo in Venezia,
Dorsoduro 3593;
Visto l’atto introduttivo del giudizio, le memorie di costituzione, gli
altri atti e documenti tutti di causa;
Uditi nella pubblica udienza del 14 maggio, con l’assistenza del
segretario dott.ssa Niero Nicoletta, il Giudice relatore, dott. Natale
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Longo, il vice Procuratore Generale, dott. Giancarlo Di Maio e gli
avvocati Alberto Borella e Stefania Piovesan (quest’ultima su delega
dell’avv. Franco Stivanello Gussoni), in rappresentanza di Carlo
Rapicavoli e Carlo Giovanni Moretto.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 12 aprile 2013, depositato in pari data e
ritualmente
notificato
con
il
pedissequo
decreto
di
fissazione
dell’udienza, la Procura Regionale della Corte dei conti per il Veneto
conveniva, dinanzi questa Sezione Giurisdizionale, i signori Carlo
Rapicavoli e Carlo Giovanni Moretto, per sentirli condannare al
pagamento, in favore della provincia di Treviso, della somma
rispettivamente di
rivalutazione,
1.942.278,00
interessi
e
spese
e di € 1.045.842,00 (oltre
di
giudizio),
nonché,
in
via
subordinata, rispettivamente di € 1.165.366,00 ed € 627.505,00 a
titolo di danno per perdita di chances (oltre rivalutazione, interessi e
spese di giudizio),
Quanto alla ricostruzione fattuale, la vicenda riguarda essenzialmente
la gestione di due discariche, quella per rifiuti speciali della ex cava
“Tiretta” sita in Comune di Paese, via mons. Farina, e quella per
rifiuti inerti, sita in via Vecelli, sempre nel Comune di Paese.
A)
Discarica “Tiretta”
Con Decreto n. 310 del 31/5/1989 del Dirigente della Segreteria
Regionale per il Territorio della Regione Veneto veniva approvato in
linea tecnica il progetto generale, presentato dal Comune di Paese
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per la realizzazione di una discarica del tipo 2B, per lo smaltimento di
rifiuti speciali. Con i Decreti del Presidente della Giunta Regionale
Veneto n. 1430/92; 1419/93; 272/94; 65/95, sono stati approvati il
progetto esecutivo, i termini di inizio e fine lavori, una variante al
progetto, un aumento della volumetria e le tipologie di rifiuti speciali.
Con convenzione stipulata il 27 aprile 1993, il Comune di Paese,
titolare dell’autorizzazione per la discarica, ha affidato alla società
Finadria (poi SEV) la realizzazione e la gestione della discarica
medesima.
Con D.P.P. n. 1649/S del 2/10/1995 la ditta Finadria SRL è stata
autorizzata all’esercizio della discarica in questione fino al 7/11/1997.
Con D.P.P. n. 1748 del 28/2/1996, veniva vietato l’ulteriore
conferimento di rifiuti e ordinato di provvedere alla ricomposizione
finale della discarica.
Con D.G.R. n. 3119 del 15/07/1996, la Regione Veneto ha approvato
il progetto di variante alla ricomposizione finale della discarica,
prevedendo un aumento del volume utile globale di rifiuti conferibili
da 230.000 mc a 275.000 mc.
Con nota datata 8.8.1996, la ditta ha comunicato alla Provincia la
ripresa dell’attività di discarica.
Con Decreto del Presidente della Provincia n. 1839 del 19/9/96 e n.
1897 del 2/12/96, la ditta Finadria s.r.l. veniva autorizzata, dopo una
sospensione, all’esercizio della discarica fino al 30/9/97 e veniva
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altresì richiamata ad ottemperare agli inviti sull’adeguamento delle
polizze fideiussorie.
Con D.D.P. n. 1926 del 20/2/97, si impartivano alla Finadria alcune
prescrizioni, tra le quali il ripristino del corretto funzionamento di un
impianto, l’asporto periodico del percolato, la modifica delle polizze
fideiussorie.
Con D.D.P. n. 1953 del 6/3/97, si vietava lo smaltimento dei rifiuti
presso la discarica e con D.D.P. n. 2034 dell’8/10/97 si ordinava il
completamento della copertura della discarica e si impartivano
ulteriori prescrizioni gestionali.
Con D.D.P. n. 2071 del 19/1/98, veniva imposto alla Finadria di
provvedere
alla
realizzazione
di
quattro
nuovi
pozzi
e
alla
presentazione di una relazione di verifica sulla permanenza delle
condizioni
di
sicurezza
della
discarica
con
riferimento
anche
all’impermeabilizzazione della discarica, all’efficienza della rete di
raccolta del liquido di sottotelo, all’analisi dei campioni d’acqua sui
pozzi esistenti e su quelli nuovi.
In data 19/3/98, la Finadria trasmetteva un programma per
l’esecuzione dei lavori previsti dal D.D.P. 2071/98.
Con D.D.P. n. 2102 dell’8/4/98, veniva imposto alla ditta di
adempiere alle prescrizioni di cui al DD.P. 2071/98 e di inserire, nella
relazione di verifica delle condizioni di sicurezza, anche i dati relativi
all’estensione dell’inquinamento a valle della discarica.
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Con nota del 28/5/98, la Finadria trasmetteva la relazione sulla
verifica delle condizioni idrogeologiche della discarica.
In data 31/3/99 e 20/5/99, l’Arpav trasmetteva alla Provincia l’esito
delle analisi dei piezometri di controllo della discarica, rilevando lo
stato di inquinamento della falda, per cui emergeva l’esigenza della
realizzazione di opportuni interventi di messa in sicurezza della falda
idrica. Risultava altresì che, nonostante il completamento della
copertura della discarica, era comunque in atto un fenomeno di
inquinamento attribuibile alla presenza della discarica stessa.
Con D.D.P. n. 428 del 16/6/99, veniva prescritto l’adeguamento delle
garanzie finanziarie alla DGRV 4718/98.
Con D.D.P. n. 496 del 14/7/99, si dettavano ulteriori prescrizioni
gestionali fra cui l’esecuzione di indagini per una più accurata
definizione dell’estensione dell’inquinamento e per l’ubicazione e
dimensionamento di possibili opere di bonifica.
Con ordinanza n. 1994 del 19/9/2000, il Comune di Paese,
competente per l’evenienza, ordinava alla Finadria i necessari
interventi di messa in sicurezza di emergenza, di bonifica e ripristino
ambientale, ai sensi del D.M. 471/99, sulla discarica Tiretta.
Con nota del 25/1/2002, la ditta SEV s.p.a. chiedeva di volturare a
proprio favore i decreti intestati alla Finadria, essendo stata,
quest’ultima, incorporata con atto di fusione registrato in data
3/8/2001.
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Con determinazione delle Conferenze di servizi del 3/10/2003 e
10/10/2003,
tenutesi
in
Comune di
Paese,
si sospendeva la
prescrizione di cui all’art. 5 del D.D.P. 496/99 con riferimento alle
opere di emungimento della falda, da riconsiderare, eventualmente,
alla luce del progetto di bonifica che la ditta SEV si era impegnata a
presentare.
Con
atto
in
data
9/3/2000,
veniva
prestata
fidejussione
n.
30744/EP/99F dalla società Centro Italia Compagnia di Cauzioni e
Fidejussioni s.p.a., per un importo di €. 774.685,35, con validità dal
31/5/2002 al 31/12/2005, a garanzia della corretta gestione ad
avvenuto esaurimento e di eventuali danni causati all’ambiente, ai
sensi dell’art. 18 della legge 349 dell’8/7/86, in caso di risarcimento
riconosciuto con sentenza passata in giudicato.
Con decreto n. 266 del 12/3/2004, il Dirigente del Settore Gestione
del Territorio della Provincia di Treviso, premesso:
● che nelle more dell’approvazione del piano di adeguamento al
D.Lgs. 36/2003 le garanzie finanziarie dovevano essere prestate
secondo quanto previsto dalla DGRV 2528/99 e che, pertanto, la
durata
della
fidejussione
n.
30744/EP/99F
della
Centro
Italia
Compagnia di Cauzioni e Fidejussioni s.p.a., o di altra polizza, doveva
essere protratta sino al 30/9/2009;
● che, con nota del 25/1/2002, la ditta SEV s.p.a. chiedeva di
volturare a proprio favore i decreti intestati alla Finadria;
disponeva, fra l’altro,
6
- che la ditta SEV s.p.a. Servizi Ecologici Veneti era tenuta alla
gestione della discarica di seconda categoria tipo B “Tiretta” secondo
le prescrizioni riportate nell’emanando decreto, ponendo in essere
tutte le buone pratiche gestionali atte ad evitare un aggravamento
della situazione di inquinamento in atto della falda idrica;
- che la ditta avrebbe dovuto produrre nel termine di 90 giorni la
dichiarazione di fine lavori ed il collaudo funzionale delle opere di
ricopertura e ricomposizione;
- che la ditta avrebbe dovuto provvedere all’asporto del percolato dal
corpo discarica in modo da mantenere entro 1 metro il livello del
battente
idraulico
nei
pozzi
di
captazione,
effettuando
quotidianamente la rilevazione del livello del battente;
- che doveva avviarsi rapidamente lo smaltimento del percolato
presente
nei
serbatoi
di
raccolta,
in
modo
da
consentire lo
svuotamento dei pozzi, e dovevano essere realizzati tutti gli
interventi manutentivi necessari al mantenimento della funzionalità
del sistema di captazione, adduzione e combustione del biogas in
modo da evitarne la dispersione nell’atmosfera;
- che la ditta doveva eseguire semestralmente il rilevo della
concentrazione di metano sulla superficie della discarica e l’analisi del
percolato, nonchè provvedere al monitoraggio delle acque di falda,
inviando i referti analitici all’Amministrazione;
- che la ditta doveva aggiornare l’intestazione della fideiussione n.
3074/EP/99F della società Centro Italia Compagnia di Cauzioni e
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Fideiussioni, nonchè prorogarne la durata sino al 30/9/2009, o, in
alternativa, produrre garanzia finanziaria (polizza fideiussoria ecc )
almeno alle medesime condizioni di quella in essere;
- che, quanto alla polizza RC inquinamento, la ditta doveva dare
seguito a quanto richiesto con nota del 4/2/2004.
Con decreto n. 668 del 12/8/2004, Il Dirigente del Settore Gestione
del Territorio, premesso:
● che con DD.P. 266/04 erano state impartite alla SEV prescrizioni
gestionali per la discarica Tiretta di seconda categoria tipo B;
●
che
era
stato
trasmesso
atto
del
notaio
attestante
la
trasformazione della SEV s.p.a. in SEV s.r.l.;
● che l’art. 8 del D.D.P. 266/04 prescriveva l’aggiornamento nella
polizza fidejussoria per la corretta gestione post-chiusura nonchè
della polizza RC Inquinamento;
● che in data 12/05/2004 alla ditta era stato prescritto di
ottemperare a quanto previsto dall’art. 8 del DD.P 266/04 e che
alcunchè era pervenuto in ottemperanza a tale prescrizione;
● che l’art. 2 del DD.P. 266/04 prescriveva la produzione da parte
della SEV della dichiarazione di fine lavori e del collaudo delle opere
di
ricopertura
e
di
ricomposizione
e
che
nulla
era
giunto
all’Amministrazione in proposito;
decretava fra l’altro:
● che il DD.P. 266/04 era volturato a favore della ditta SEV, la quale
doveva provvedere entro 30 giorni a produrre la dichiarazione di fine
8
lavori
ed
il
collaudo
funzionale
delle
opere
di
ricopertura
e
ricomposizione;
● che la ditta doveva aggiornare l’intestazione della fidejussione n.
30744/EP/99F della società Centro Italia Compagnia di Cauzioni e
Fidejussioni, nonchè prolungarne la durata sino al 30/9/2009, o in
alternativa produrre garanzia fidejussoria (polizza fidejussoria ecc..)
almeno alle medesime condizioni a quelle in essere;
● che in merito alla polizza RC Inquinamento la SEV doveva dare
seguito a quanto richiesto con nota del 4/2/2004.
In data 12/11/2004, perveniva alla Provincia atto di fidejussione n.
605231/EP dell’1/9/2004 tra la San Remo spa e SEV srl, riferito
all’autorizzazione alla gestione post chiusura della discarica di II cat.
Tipo B di via Tiretta di cui al DDP 266/04.
In detta polizza, con validità dall’1/9/2004 al 30/9/2009, ed un
massimale di € 774.685,34, si premetteva che la contraente si
rendeva disponibile a prestare cauzione ai sensi della DGRV n. 2528
del 14/7/1999, a garanzia dell’adempimento degli obblighi verso
l’ente
garantito,
derivanti
da
leggi
regolamenti
e
prescrizioni
autorizzative, eventuali convenzioni ed ulteriori provvedimenti di enti
ed organi pubblici. Ciò posto, si accordava fideiussione a garanzia
“della corretta gestione ad avvenuto esaurimento ed eventuali danni
causati all’ambiente ai sensi dell’art. 18 della legge 349 del
8/7/1986, in caso di risarcimento riconosciuto con sentenza in
giudicato”.
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In data 28.6.2006 veniva dichiarato il fallimento della SEV, e, in data
2.7.2007, il fallimento della San Remo spa.
Quanto al danno, l’Organo requirente ha evidenziato che Provincia ha
sostenuto costi per la rimozione del percolato, affidata alla ditta Sita
FD, per un importo di € 19.512,58.
Ulteriori interventi venivano eseguiti dal Comune di Paese, attraverso
le convenzioni in data 27/12/2007 e 9/6/2008 con la Provincia, che
assegnava anche un contributo (€ 60.000) all’ente locale. Inoltre,
negli anni 2008 -2011 il Comune di Paese sosteneva per spese di
asporto del percolato e di manutenzione la somma di € 352.990,96.
Pertanto, relativamente a questa discarica, il danno all’erario
ammonta, secondo l’organo requirente, a € 372.503,54.
B)
Discarica Vecelli
Secondo la ricostruzione attorea, le fasi che ne hanno caratterizzato
la gestione possono riassumersi come segue.
Con D.D.P. n. 1721/SP del 22.01.1996, veniva autorizzata la ditta
Business & Service s.r.l. all’esercizio della discarica di II ctg. Tipo A
per rifiuti inerti, sita in comune di Paese, via Vecelli, e con D.D.P. n.
1939/S1
dell’01.04.1997
veniva
autorizzato
lo
smaltimento
in
discarica dei materiali in matrice cementizia o resinoide contenenti
amianto.
Con D.D.P. n. 2019/S del 18.12.1997 la ditta Finadria s.r.l. veniva
autorizzata all’esercizio della discarica, fino al 31.01.1999, in
10
subentro della ditta Business & Service s.r.l., autorizzazione poi
prorogata fino al 31.12.2002.
Con D.D.P. n. 608 del 14.09.1999, si sospendeva l’autorizzazione
all’esercizio della discarica, subordinando la revoca della sospensione
alla presentazione delle garanzie finanziarie e alla trasmissione delle
analisi delle acque di falda, quindi, con D.D.P. n. 100 del 16.02.2000,
si rinnovava l’autorizzazione all’esercizio fino al 31.12.2002.
Con D.D.P. n. 252 del 09.04.2001, si sospendeva l’autorizzazione
all’esercizio della discarica, per un periodo di giorni 90, per difformità
gestionali dei rifiuti a matrice resinoide e cementizia contenenti
amianto; sospensione revocata con DDP n. 423 del 29.06.2001.
Con D.D.P. n. 542 del 30.04.2002, veniva sospesa l’autorizzazione
all’esercizio della discarica per un periodo di 120 giorni, a causa del
conferimento di rifiuti non conformi al quadro normativo vigente e al
D.D.P. n. 100/2000.
Con nota del 25.01.2002, la ditta S.E.V. Spa chiedeva la voltura a
proprio nome dell’autorizzazione in capo alla Finadria, essendo stata
quest’ultima incorporata con atto di fusione del 03.08.2001.
Con D.D.P. n. 871 del 23.07.2002, la SEV veniva autorizzata
all’esercizio della discarica e invitata a provvedere, entro il termine di
30 giorni, a trasmettere idonee garanzie finanziarie, intestate a
proprio nome, per un importo di euro 220.010,64, con scadenza
31.12.2005, conformemente al disposto del punto 3 della DGRV n.
2528 del 14.07.1999.
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Con D.D.P. n. 1041 del 02.09.2002, si disponeva la sospensione
dell’autorizzazione all’esercizio della discarica fino ad avvenuta
esecuzione della caratterizzazione qualitativa dell’intero ammasso di
rifiuti e alla rimozione di quelli non conformi alla normativa ed ai
provvedimenti di autorizzazione.
Con D.D.P. n. 1403 del 15.11.2002 e D.D.P. n. 96 del 14.01.2003,
veniva approvato, in due stralci, il piano della caratterizzazione
dell’ammasso di rifiuti stoccati in discarica e, con D.D.P. n. 545 del
24.03.2003, si disponeva quanto segue:
- la rimozione del rifiuto classificato come “speciale tossico e nocivo”
di cui al referto di analisi prelevato nello scavo denominato 3/5L;
- la messa in sicurezza dei rifiuti i cui campioni, sottoposti ad
apposito test, avevano evidenziato il superamento dei limiti previsti
dalla tabella Acque sotterranee allegato 1 del DM 471/1999, prelevati
negli scavi denominati 1/3L, 1/5L, 2/5L, 3/5L, 2/6L, 3/6L, 3/7L,
1/8L, 2/8L e 3 /8L;
- il parziale rilascio della autorizzazione all’esercizio della discarica
fino al 31.12.2003, nei settori di scavo denominati 1/7L, 2/1L, 3/1L,
1/1L e 2/7L.
Con nota in data 16.06.2003, la ditta gerente trasmetteva la
relazione riguardante la rimozione del rifiuto classificato come
“speciale tossico e nocivo” e dalle analisi eseguite emergeva che i
campioni di rifiuto, prelevati lungo il fronte di scavo ovest e il fronte
di scavo nord, erano risultati del tipo “rifiuto speciale tossico e
12
nocivo” ed inoltre emergeva il superamento dei limiti previsti per le
Acque sotterranee dell’Allegato 1 del DM 471/1999.
Con D.D.P. n. 858 dell’1.07.2003 veniva ritenuto:
- che le operazioni di rimozione del rifiuto classificato come “speciale
tossico e nocivo” non erano state esaustive e si doveva escludere
dall’autorizzazione all’esercizio parte del settore di scavo denominato
3/5L;
- che l’area di scavo predetta poteva favorire infiltrazioni nel
sottosuolo di sostanze contaminanti e, pertanto, doveva essere
messa in sicurezza ed emergenza e doveva esser dato luogo alla
rimozione di ulteriori quantitativi di rifiuto;
- che la ditta aveva eseguito operazioni di rimozione e messa in
sicurezza di emergenza del rifiuto superficiale, ai sensi dell’art. 3 del
D.D.P. 545/2003, e che si dovevano attendere gli esiti analitici
riguardanti la caratterizzazione prevista dal Piano di cui al D.D.P.
96/2003;
- che, essendo stati eseguiti gli interventi prescritti dal D.D.P.
545/2003,
era
dell’autorizzazione
possibile
all’esercizio
concedere
della
il
parziale
discarica,
ripristino
limitatamente
ai
settori non interessati dalla caratterizzazione dell’ammasso dei rifiuti
di cui al D.D.P. 96/2003 e che, pertanto, si poteva accogliere la
richiesta della ditta di conferire rifiuti contenenti amianto e si poteva
procedere al rinnovo dell’autorizzazione all’esercizio della discarica,
13
limitatamente al settore individuato nella planimetria allegata, per un
periodo di anni uno;
- che la fideiussione doveva essere aggiornata, ai sensi della DGRV
2528/1999, con estensione della validità al terzo anno successivo alla
scadenza dell’autorizzazione, per cui la ditta era tenuta ad aggiornare
la scadenza della polizza fideiussoria in essere al 30.06.2007.
Tutto ciò ritenuto, con il predetto decreto il dirigente del settore
autorizzava la ditta S.E.V. all’esercizio della discarica di rifiuti inerti e
di rifiuti contenenti amianto nel settore identificato nella planimetria
allegata, fino al 30.06.2004, area corrispondente ai settori di scavo
denominati 1/8l, 2/8L, 3/8L, 3/7L, 1/3L, 2/3L, 1/6L, 2/6L, 3/6L,
1/5L, 2/5L, e a parte del settore denominato 3/5L.
Sempre con il medesimo decreto si prescriveva che l’area di scavo
risultante dalle operazioni di rimozione del rifiuto speciale tossico e
nocivo doveva essere messa in sicurezza di emergenza o, in
alternativa, doveva essere dato luogo ad ulteriore rimozione di rifiuti
non conformi, e si prescriveva, inoltre, che, entro il 27.09.2003,
doveva essere presentato un Piano di adeguamento della discarica ai
sensi e per gli effetti dell’art. 17 del D.Lgs. 36/2003.
In data 07.08.2003, veniva sottoscritto atto di fideiussione n. 604123
tra la S.E.V. spa e la società San Remo Spa avente ad oggetto la
garanzia per l’esercizio della discarica di via Vecelli, II^ ctg. di tipo
A; a detto atto faceva seguito una seconda sottoscrizione, in data
13.10.2003, apportante delle correzioni. La garanzia in questione,
14
per un importo di euro 220.010,60, richiamato il D.D.P. 858/2003,
indicava quale oggetto “la corretta gestione della discarica ad
avvenuto esaurimento e per eventuali danni causati all’ambiente ai
sensi dell’art. 18 della legge 349/1986, qualora il risarcimento sia
stato stabilito con sentenza passata in giudicato, nonché per la
ricomposizione finale”.
In data 26.9.2003, la società gerente trasmetteva alla Provincia la
proposta di piano di adeguamento al D.Lgs 36/2003.
Con nota del 15.10.2003, la S.E.V. chiedeva l’autorizzazione a
smaltire rifiuti all’interno del settore B individuato dal punto di
prelievo 3/5L interessato da rimozione di rifiuto tossico e nocivo e da
ulteriore scarifica, come prescritto dall’art. 3 del D.D.P. 858/2003, e
presentava una proposta di messa in sicurezza di emergenza del
rifiuto non conforme nel settore nord-ovest della discarica.
In data 30.10.2003, la società trasmetteva un piano di messa in
sicurezza provvisoria dei rifiuti non conformi presenti in discarica.
Con D.D.P. n. 1379 del 26.11.2003, la S.E.V. veniva autorizzata
all’esercizio della discarica di rifiuti inerti e di rifiuti contenenti
amianto
nell’area
corrispondente
alla
parte
non
inclusa
nella
planimetria allegata al D.D.P. 858/2003 del settore di scavo
denominato 3/5L, identificato come settore B, in cui era stato
eseguito lo scavo per la rimozione del rifiuto tossico e nocivo.
In data 26.1.2004 e 30.1.2004, la SEV integrava la documentazione
in precedenza inviata.
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Nella seduta del 3.2.2004, il CTPA esprimeva parere negativo
all’accoglimento delle istanze della SEV, ritenendo:
» che la doppia movimentazione del rifiuto non conforme fosse
irragionevole e che la rimozione doveva avvenire in via definitiva e in
un’unica soluzione;
» che non fossero sufficienti gli accertamenti tecnici e le metodologie
proposte per la verifica di stabilità della vasca di contenimento del
rifiuto non conforme posta sopra il rifiuto contenente amianto;
» che non appariva fattibile il rimodellamento delle scarpate con
aumento di pendenza lungo i lati nord e ovest della discarica;
» che l’autorizzazione all’esercizio della discarica per i rimanenti
settori dovesse essere subordinato all’esecuzione della rimozione
definitiva del rifiuto non conforme, alla verifica analitica dell’esito
della rimozione e al
ristabilimento delle condizioni
ambientali
originarie, con particolare riferimento ai parametri idrochimici delle
acque di falda, verificando i valori di norma entro un congruo lasso
temporale.
Nella stessa seduta del 3.2.2004, la CTPA dettava alla SEV le
seguenti prescrizioni:
- la messa in sicurezza provvisoria, nel termine di 30 giorni, dei
settore sud e ovest della discarica, nei quali era stata riscontrata la
presenza di rifiuti non conformi, con risistemazione morfologica del
sito e la collocazione di teli impermeabili ad impedire l’infiltrazione
delle acque meteoriche;
16
- la rimozione, entro 180 giorni, dei rifiuti non conformi nei settori
sud e ovest della discarica, fino alla profondità del terreno di
copertura del rifiuto contenente amianto, per una volumetria stimata
dalla ditta in circa 21.000, 24.000 mc;
- la presentazione di un progetto di adeguamento al D. Lgs 36/2003
che tenesse conto del nuovo assetto morfologico della discarica a
rimozione avvenuta, con accorgimenti e monitoraggi delle matrici
ambientali e considerando la già osservata alterazione dei parametri
idrochimici delle acque di falda.
Con nota del 3.3.2004, la SEV comunicava di aver esaurito la
volumetria autorizzata, disponibile per il conferimento.
Con D.D.P n. 220 del 3.3.2004, venivano ribadite le prescrizioni
dettate alla SEV, dal CTPA, nella seduta del 3.2.2004, con l’aggiunta
di ulteriori vincoli, fra cui l’invio di una dettagliata relazione, al
termine della rimozione, indicante il quantitativo di rifiuto rimosso e
la
destinazione
precedenza,
finale,
nonché
se
differente
documentazione
da
quella
individuata
in
fotografica
attestante
le
operazioni di rimozione.
Con il medesimo provvedimento si decretava la sospensione di ogni
conferimento di rifiuto presso la discarica, fino ad una eventuale
nuova autorizzazione, comunque subordinata alla rimozione dei
rifiuti,
alla
verifica
idrochimica
delle
acque
sotterranee
e
all’approvazione del piano di adeguamento al D.Lgs 36/2003, da
presentarsi non oltre il 31.12.2004.
17
Con D.D.P n. 621 del 23.7.2004, si richiedeva alla SEV di volturare
alla SEV srl la polizza fideiussoria n.604123/EP della società San
Remo spa di euro 220.010,60, o di produrre nuova polizza alle stesse
condizioni di quella in essere.
Con D.D.P n. 757 del 2.9.2004, tenuto conto che la ditta aveva
comunicato che le operazioni di rimozione del rifiuto non conforme
erano iniziate il 3.8.2004 e aveva chiesto una proroga di giorni 90 del
termine di rimozione, veniva concessa, per tale rimozione, una
proroga di 90 giorni, ovvero fino al 6.12.2004.
In data 8.11.2004, la SEV e la San Remo spa sottoscrivevano atto di
fidejussione n. 605273/EP, per il periodo 18.11.2004 – 30.6.2005,
con
un
massimale
garantito
di
€
2.616.120,
a
garanzia
“dell’adempimento delle obbligazioni a carico del Contraente ed a
favore del beneficiario inerente l’asporto del materiale della discarica
di 2° categoria tipo A di via Vecelli a Paese”. Nel coevo atto
integrativo,
quale
oggetto
della
garanzia
veniva
indicato
“l’adempimento delle prescrizioni imposte alla ditta con Decreto del
Dirigente del Settore Gestione del Territorio della Provincia di Treviso
n. 220/2004 del 3.3.2004 avente per oggetto”… “ed eventuali
successive modifiche ed integrazioni inerenti il medesimo oggetto”.
Con atto, in data 26.4.2005, il termine di vigenza della garanzia
veniva prorogato al 31.10.2005.
Con nota pervenuta alla Provincia l’8.11.2004, la SEV chiedeva la
riapertura parziale della discarica oggetto di rimozione del rifiuto non
18
conforme e della verifica della stessa, tanto al fine di reperire nuove
risorse economiche e proseguire le operazioni di rimozione nella
restante area garantite con la polizza stipulata in data 18.11.2004
per un importo di € 2.616.120.
La CTPA, nella seduta del 7.12.2004, esprimeva parere favorevole
alla richiesta della SEV, con prescrizioni, quali: il rilascio di
un’autorizzazione riferita all’area identificata nella tavola 2 allegata
alla nota della ditta del 4.11.2004, e proroga della rimozione dei
rifiuti non conformi al 31.3.2005; nuova proposta di adeguamento al
D.Lgs 36/2003 al termine delle operazioni di rimozione; rimozione
del
cumulo
di
rifiuto
non
conforme
denominato
4
stoccato
provvisoriamente e avvio a smaltimento in idoneo impianto.
Con D.D.P n. 936 del 14.12.2004, si autorizzava la SEV all’esercizio
della discarica, precisando che l’area autorizzata corrispondeva a
quella di discarica identificata nella tavola 2 allegata (parziale settore
1 e 2), che doveva essere mantenuta fisicamente separata dalla
restante area di discarica (parziale settore 1 e 2 e settore 3), ancora
non assoggettata alle operazioni di rimozione del rifiuto non
conforme. Sempre con il medesimo decreto, si ribadivano le
prescrizioni date dalla CTPA, la trasmissione semestrale delle analisi
delle acque di falda, e si prorogava al 31.3.2005 il termine per la
rimozione dei rifiuti non conformi di cui al D.D.P n.757/2004, e al
30.4.2005 quello di presentazione della proposta di adeguamento al
D.Lgs 36/2003.
19
Con nota del 25.3.2005, la società chiedeva una proroga di 180
giorni del termine per la rimozione dei rifiuti non conformi e una
proroga di 180 giorni per il conferimento di rifiuti in discarica.
Con D.D.P n. 367 dell’1.4.2005, si sospendeva ogni conferimento di
rifiuto
presso
la
discarica.
Ciò
considerato
anche
che,
dalla
documentazione trasmessa, non era dato evincere il quantitativo
conferito di rifiuto smaltito, e che non si produceva stima della
volumetria residua disponibile. Quindi, sempre con detto decreto,
veniva prorogato al 30.9.2005 il termine per la rimozione dei rifiuti
non conformi ancora in discarica, con invito ad un’integrazione della
polizza fideiussoria 605273/EP con scadenza al 31.10.2005, con
esplicito riferimento al provvedimento di proroga presente.
Con provvedimento in data 18.7.2005, il Dirigente del Settore
Gestione del Territorio, considerato fra l’altro che le operazioni di
rimozione del rifiuto non conforme si erano fermate al 12.3.2005 e
che dalla documentazione prodotta dalla SEV non emergeva l’intento
di proseguirle, comunicava alla società l’avvio del procedimento
sostitutivo
e
il
preventivo
avviso
di
escussione
della
polizza
fideiussoria 605273/EP.
La SEV proponeva ricorso al TAR del Veneto avverso il parere
negativo della CTPA della Provincia di Treviso, con istanza cautelare
di sospensione, che veniva accolta parzialmente, con decreto del
Presidente 669/2005, in attesa dell’udienza camerale. Gli effetti di
detto decreto venivano poi dichiarati cessati con ordinanza del TAR
20
del 6.9.2005, a seguito di rinuncia della ricorrente alla domanda
cautelare.
Con nota in data 30.9.2005, la SEV chiedeva la proroga di un anno
del termine per la rimozione del rifiuto non conforme, riservandosi di
produrre il corrispondente atto di proroga della polizza fideiussoria
605273/EP; polizza la cui vigenza, con atto in data 27.10.2005,
veniva prorogata al 30.4.2006.
In data 7.4.2006, il Dirigente del Settore Gestione del Territorio,
considerata
la
mancata
rimozione
del
rifiuto
non
conforme,
comunicava nuovamente l’avvio del procedimento per l’intervento
sostitutivo con rivalsa sulle garanzie finanziarie.
L’intimazione di pagamento dell’importo garantito di € 2.616.120,
rivolto alla San Remo con nota del Dirigente in data 28.4.2006, non
sortiva alcun effetto, e la San Remo veniva dichiarata fallita il
2.7.2007.
Quanto ai danni per l’erario, l’Organo requirente ha evidenziato che
l’Amministrazione non ha riscosso alcunché dalle polizze presentate
dalla società, ed ha dovuto accollarsi i costi per gli interventi
sostitutivi, con un pregiudizio economico quantificabile nella misura
di €. 2.616.120 (costo stimato di detti interventi).
#####
L’Organo requirente, ricostruita la vicenda nei termini testè esposti,
ha notificato invito a dedurre, datato 21/6/2012, ai signori Carlo
Rapicavoli, Carlo Giovanni Moretto, rispettivamente Dirigente del
21
Settore
gestione
del
territorio
e
funzionario
responsabile
dei
procedimenti in questione, nonché alla dottoressa Tornielli Veronica,
che, a partire dal 2003 e per buona parte del 2005, è stata coinvolta
nell’attività istruttoria e al dott. Tagliapietra Alberto che, almeno a
partire dal 2003, è risultato essersi occupato della vicenda ed essere
responsabile dell’istruttoria al cui esito sono stati assunti i DD.DP
266/2004 e 668/2004.
Con un unico atto di controdeduzioni, i soggetti invitati hanno
eccepito molteplici argomentazioni, di seguito sintetizzate.
A) con riguardo alla discarica “Tiretta”:
- La spesa di €. 372.503,54, sostenuta per rimuovere il percolato,
non costituirebbe danno erariale in quanto onere previsto e accettato
dal Comune di Paese allorchè chiese di costruire la discarica
cosiddetta “Tiretta”, per come emergente dalla convenzione del
27/4/1993 (antecedente il D.Lgs 22/1997), sottoscritta tra il Comune
di Paese e la società Finadria. In particolare, l’art. 16 della
convenzione obbligava la società a smaltire il percolato per la durata
di tre anni dopo la cessazione del conferimento dei rifiuti, mentre
successivamente, secondo la prospettazione attorea, avrebbe dovuto
gravare sul Comune (percettore di un corrispettivo per la gestione
della discarica di lire 6.000 per ogni tonnellata o metro cubo di rifiuti
stoccati);
- infatti, dopo il fallimento della SEV il curatore, sentito il parere di un
legale, ha concluso che l’onere per l’eliminazione del percolato non
22
poteva più gravare sul fallimento, conclusioni condivise anche dal
Giudice Delegato;
- non vi sarebbe negligenza dei funzionari nella gestione della
vicenda (innumerevoli verbali di sopralluoghi), compresa l’escussione
della polizza;
- anche l’accettazione di polizza non bancaria né assicurativa ma
rilasciata da intermediario finanziario sarebbe legittima in quanto vi
sarebbe pro tempore una piena equiparazione ai sensi degli artt. 106
e 107 TUB, come peraltro confermato anche dalla Corte di
Cassazione con la sentenza n. 5845 dell’11/3/2011. Peraltro, la
delibera della Giunta Regionale n. 2528 del 14/7/1999 non conteneva
alcun divieto di accettare polizze fideiussorie emesse da intermediari
finanziari, tant’è che si trattava di polizze accettate in tutto il Veneto,
almeno a partire dal 1993. Solo con la delibera di Giunta n. 2229 del
20/12/2011 la Regione ha escluso la possibilità di accettare
fideiussioni rilasciate da intermediari finanziari. Una delibera adottata
dalla Regione dopo che il dott. Rapicavoli, con una nota in data
10/12/2007, aveva segnalato l’opportunità di una revisione della
DGR 2528/1999, dato che in assenza di disposizioni chiare si era
fatto riferimento alle disposizioni in materia di lavori pubblici e che vi
era grande difficoltà nell’attivare le procedure di escussione nei
confronti di intermediari finanziari.
B) Con riferimento alla gestione della discarica di via Vecelli:
23
- Non vi sarebbe danno erariale, non avendo l’Amministrazione
sostenuto alcun esborso. L’unico intervento, finalizzato alla messa in
sicurezza della discarica, ha comportato una spesa di €. 4.920,
rimborsata dal fallimento SEV;
- La condotta degli esponenti nella gestione dei problemi posti dalla
discarica di via Vecelli non sarebbe gravemente colposa, ma anzi
improntata
alla
massima
attenzione
e
vigilanza
(numerosi
provvedimenti adottati);
- Il rilievo mosso dalla Procura di aver chiesto, con il decreto
871/2002, una garanzia finanziaria modesta, senza tenere conto
delle
irregolarità
nello
smaltimento
dei
rifiuti,
non
sarebbe
condivisibile, dal momento che il provvedimento è una semplice
voltura e, pertanto, nel calcolare l’importo delle garanzie, rispetta le
prescrizioni della DGRV 2528/1999. La Provincia, peraltro, chiese, in
aggiunta, un’altra autonoma garanzia dell’importo di €. 2.616.120;
- Non avrebbe pregio la tesi che sussistessero fin dal luglio 2003 le
condizioni
per
escutere
la
polizza
fideiussoria,
in
quanto
i
sopralluoghi eseguiti attestano che, fino all’11/3/2005, non vi erano
le condizioni per procedere ad una legittima escussione delle polizze
in quanto la SEV stava procedendo alla rimozione dei rifiuti e a tutti
gli altri incombenti (campionamenti, analisi, ecc). Quando, dopo il
marzo 2005, emerse che la ditta non stava più provvedendo alla
rimozione
dei
rifiuti,
la
Provincia
avviò
immediatamente
il
procedimento di escussione;
24
- In ordine all’accettazione di polizze rilasciate da intermediari
finanziari, i soggetti invitati hanno ribadito le argomentazioni già
riferite in ordine all’altra discarica.
Con
istanza
in
data
3/12/2012,
la
Procura
regionale
ha
motivatamente richiesto alla Sezione Giurisdizionale Veneto, ai sensi
dell’art. 5, DL 453/1993, conv. in L. 19/1994 una proroga di 90
giorni del termine di 120 giorni fissato per il deposito dell’atto di
citazione,
accordata
da
questa
Sezione
con
ordinanza
datata
13/12/2012.
Analizzate le argomentazioni rese dai soggetti invitati, la Procura
contabile presso questa Sezione ha citato in giudizio i signori Carlo
Rapicavoli e Carlo Giovanni Moretto, ritenendo per contro infondata e
da
archiviare
la
posizione,
già
comunque
configurata
come
marginale, della dottoressa Tornielli Veronica e del dott. Tagliapietra,
per
sentirli
condannare
al
risarcimento
dei
danni
all’erario
conseguenti alla descritta gestione delle due discariche.
1) Discarica “Tiretta”.
Quanto alla discarica “Tiretta”, secondo parte attrice emergerebbe la
fondatezza
di
due
fondamentali
censure,
ovvero
la
mancata
tempestiva escussione delle polizze e prima ancora l’accettazione di
garanzie non conformi a quanto normativamente prescritto.
In particolare, l’Organo requirente ha sottolineato i ripetuti e gravi
inadempimenti dei gestori della discarica, protrattisi per anni, e il
rinvio dell’escussione delle polizze nonostante dette inadempienze.
25
In definitiva, l’Ufficio requirente evidenzia gravi problematiche,
rimaste
irrisolte,
relative
alla
gestione
della
discarica,
quali:
l’infiltrazione del percolato, il livello eccessivo del medesimo e il suo
insufficiente asporto; l’inquinamento prodotto per il difetto di
impermeabilizzazione; la mancata realizzazione di un idoneo sistema
di messa in sicurezza della discarica e di un intervento di bonifica.
Quanto alla valutazione di illiceità/illegittimità, si tratta, secondo la
prospettazione attorea, di una gestione in contrasto, in primo luogo,
con l’art. 2 del D.Lgs 22/1997 che prevede che lo smaltimento dei
rifiuti debba avvenire senza pericoli per la salute e pregiudizio per
l’ambiente, come pure con la disciplina sulla garanzia che devono
assicurare gli impianti al fine del regolare deflusso dei liquami e di
evitare infiltrazioni nel terreno e inquinamento delle acque (art. 22
LR 3/2000), nonchè inosservante dei criteri di cui alle disposizioni del
D.lgs 36/2003 (in particolare art. 13 e allegato 1, punto 2.3 sul
“controllo
delle
acque
e
gestione
del
percolato”),
e
ancora
inottemperante alle prescrizioni date con tutti gli atti amministrativi
susseguitisi, e infine in difformità con le disposizioni della DGRV
2528/1999 che imponevano la sottoscrizione di una polizza RC contro
l’inquinamento,
una
polizza
scaduta
il
7/3/2003
e
mai
più
ripresentata.
Quanto al danno, l’Organo requirente afferma che dalla vicenda della
discarica in questione e dalla mancata attivazione delle garanzie
sarebbe scaturito un detrimento pari all’entità degli esborsi sostenuti
26
per l’asporto del percolato e la manutenzione della discarica dopo il
fallimento della SEV. In dettaglio, tali esborsi sono costituiti dalla
somma di € 19.512, 58, pagata dalla Provincia di Treviso alla ditta
Sita FD e dalla somma di €. 352.990,60 erogata dal Comune di Paese
(con un contributo di €. 60.000 della Provincia di Treviso): in totale
€. 372.504,00.
Inoltre, in via subordinata e sotto diverso profilo, l’Organo requirente
ha ritenuto di dover richiedere il risarcimento, comunque, del c.d.
danno da perdita di chances, ovvero dell’occasione di conseguire (in
tali termini Sez. Veneto 957 del 27/7/2004) una buona parte (il 60%,
salvo diverso avviso della Sezione) delle somme garantite.
La responsabilità per siffatto pregiudizio sarebbe da ascrivere
primariamente al dr Rapicavoli Carlo, Dirigente del Settore gestione
del Territorio fin dal mese giugno 1999, che ha adottato i
provvedimenti e gli atti che hanno contrassegnato la gestione della
discarica Tiretta.
La condotta gravemente colposa del dirigente consisterebbe nel non
aver tempestivamente proceduto, pur a fronte delle descritte
dinamiche gestorie della discarica, ad escutere le garanzie. Infatti,
alle numerose diffide e ad una serie di comunicazioni di reato (si
veda elenco nella relazione istruttoria del funzionario della Provincia
dr Tagliapietra del 24/4/2004), non è seguita la richiesta di
escussione delle polizze, se non il 26/9/2006, tre mesi dopo la
dichiarazione di fallimento della SEV.
27
Eppure era emerso che la società non era in grado di porre rimedio
allo
stato
delle
l’inquinamento
cose,
né
la
non
aveva
certificazione
prodotto
sulla
la
polizza
ricomposizione
contro
della
discarica, per un impianto che già dal maggio 1997 era a
conferimenti zero e, quindi, privo di ritorno economico per l’impresa.
Ciò nonostante, cessata la polizza RC il 7/3/2003 senza alcuna
richiesta di pagamento, non veniva escussa per lungo tempo l’unica
fideiussione rimasta.
Per giunta, si ritardava il procedimento di escussione pure a seguito
del fallimento della SEV; essendo stato avviato solo tre mesi dopo
(nonostante
lo
stato
di
inoperatività
dell’impresa
fosse
verosimilmente percepibile anche prima). Nè dopo l’intimazione a
pagare entro 15 giorni rivolta alla San Remo, fino al fallimento di
quest’ultima, il 2/7/2007, risultano azioni esecutive nei confronti del
fideiussore. In tal maniera, si è preclusa ulteriormente la possibilità
di recupero delle somme, con conseguente ricaduta dei costi sulla
Pubblica Amministrazione.
Infine, come già descritto, l’Organo requirente ha evidenziato come
un’ulteriore condotta contraria ai doveri di servizio sia stata
rappresentata dalle determinazioni in ordine alle garanzie finanziarie
ammissibili, nella specie non bancarie né assicurative.
Secondo la prospettazione attorea, un contributo causale gravemente
colposo sarebbe altresì ascrivibile al dott. Moretto Carlo Giovanni,
funzionario che, in ragione dell’attribuzioni del suo ufficio e di
28
Responsabile del procedimento, ha avuto modo di occuparsi della
gestione della discarica “Tiretta”.
Il
dott.
Moretto,
in
buona
sostanza,
considerate
le
riferite
problematiche inerenti la discarica, avrebbe tempestivamente dovuto
proporre al Dirigente del Settore Gestione del Territorio di avviare il
procedimento per l’escussione delle garanzie finanziarie. Prima
ancora, il dott. Moretto avrebbe dovuto segnalare l’inammissibilità
delle polizze presentate dalla SEV.
Il concorso causale sarebbe da ascrivere per il 65% al dott.
Rapicavoli e per il 35% al dott. Moretto, rispettivamente €.
241.800, ed €. 130.200.
L’organo requirente ha invece archiviato la posizione del dott.
Tagliapietra Alberto, in quanto geologo con mansioni tecniche, che
nella specie si è sostanzialmente limitato, per funzione istituzionale,
ad effettuare rilevazioni ed analisi di carattere tecnico.
2) Discarica di via Vecelli.
Si tratta, come già accennato, di una discarica classificata di tipo 2°,
destinata allo smaltimento di materiale di matrice cementizio o
resinoide contenenti amianto
In particolare, la Procura regionale ha sottolineato i ripetuti, gravi,
inadempimenti dei gestori della discarica, protrattisi per anni, e il
rinvio dell’escussione delle polizze nonostante dette inadempienze.
In particolare, la gestione della discarica di via Vecelli ha inizio nel
1993, e avrebbe dovuto concludersi il 31/3/96. Tuttavia, con un
29
primo provvedimento, l’esercizio veniva prorogato al 31/1/99, quindi,
con il D.D.P 52/99, il termine finale veniva fissato al 31/12/2002.
Durante tale periodo, l’autorizzazione veniva sospesa, una prima
volta (D.D.P 608/99), per il mancato adeguamento della fideiussione
e per l’omesso invio delle analisi delle acque di falda. Una seconda
volta (D.D.P 252/2001), per riscontrate difformità gestionali dei rifiuti
a matrice resinoide e cementizia contenenti amianto, rispetto a
quanto prescritto dalle norme e dai provvedimenti.
Ma soprattutto, assume particolare rilievo una terza sospensione
(D.D.P 542/2002), effettuata a seguito di un sopralluogo Arpav
effettuato in data 12/4/2002, nonchè di un accertamento del Corpo
Forestale dello Stato del 30/8/2002 (D.D.P 1041/2002), che hanno
accertato il conferimento in discarica di rifiuti tossici e nocivi, non
conformi a quanto autorizzato. Da tale rinvenimento, e fino al
fallimento
del
28/6/2006,
la
SEV
è
rimasta
sostanzialmente
inadempiente rispetto all’obbligo principale di rimozione del rifiuto
non conforme e messa in sicurezza del sito.
Dopo i provvedimenti finalizzati alla presentazione del progetto di
caratterizzazione
qualitativa
dell’ammasso
dei
rifiuti,
volto
ad
accertarne entità e distribuzione spaziale, si prescriveva alla ditta di
rimuovere, entro 10 giorni, il rifiuto classificato come “speciale
tossico e nocivo” prelevato dallo scavo denominato 3/5L. Veniva
inoltre richiesta una relazione, da inviare entro 15 giorni, che
indicasse, fra l’altro, il quantitativo del rifiuto rimosso (D.D.P
30
545/2003). La rimozione eseguita non veniva considerata esaustiva,
e dalle analisi effettuate risultava che i campioni prelevati lungo il
fronte di scavo nord e il fronte ovest erano da classificare come
“rifiuto speciale tossico e nocivo” (D.D.P 858/2003, con il quale si
concedeva altresì una parziale autorizzazione al conferimento di
rifiuti).
Sebbene si desse atto della rimozione di un ulteriore quantitativo di
rifiuti
(concedendo
un
aumento
dell’area
di
conferimento
parzialmente autorizzata D.D.P 1379/2003), il CTPA ha rilasciato un
parere negativo sul piano della ditta della messa in sicurezza
provvisoria dei rifiuti non conformi. Conseguentemente, la Provincia
ha intimato alla SEV di mettere in sicurezza provvisoria, entro 30
giorni, i settori sud e ovest della discarica, e di rimuovere, dai
medesimi settori, entro 180 giorni, i rifiuti non conformi, precisando
che rimaneva sospeso ogni conferimento fino alla rimozione, alla
verifica delle acque sotterranee, alla valutazione e approvazione del
piano di adeguamento al D.Lgs 36/2003 (DDP 220/2004).
Il termine di 180 giorni non veniva rispettato, e la SEV, comunicato
che le operazioni di rimozione erano iniziate il 3/8/2004, chiedeva
alla Provincia una proroga di 90 giorni; proroga concessa dando
termine
fino
al
6/12/2004
(D.D.P
757/2004).
Con
nota
del
4/11/2004, la società chiedeva la riapertura parziale della discarica,
accordata fino al 31/3/2005, con la concessione di altra proroga, al
31/3/2005, del termine per la rimozione dei rifiuti non conformi, con
31
invito
a presentare entro 30 giorni
dal
completamento delle
operazioni di rimozione, e comunque non oltre il 30/4/2005, la
proposta di adeguamento al D.Lgs 36/2003 (D.D.P 936/2004).
Seguiva ancora una proroga del termine per la rimozione, questa
volta al 30/9/2005, e si sospendeva ogni conferimento di rifiuti
(D.D.P 367/2005).
Dalla verifica del registro di carico e scarico è risultata un’ultima
registrazione in uscita l’11/3/2005, attestante una rimozione ferma
da quattro mesi (CTPA del 28/6/2005; sopralluogo dei funzionari
della Provincia dell’11/8/2005).
Pertanto, secondo la ricostruzione dell’Organo requirente, è emerso
indubitabilmente che l’impianto di via Vecelli è stato condotto in
palese violazione di norme e prescrizioni.
Infatti, sono stati conferiti rifiuti tossici e nocivi non ammessi, con la
piena consapevolezza da parte della ditta, considerato che, come
messo in evidenza dall’accertamento dell’Arpav, esso è derivato dal
prelievo di materiale presso un’impresa che produceva rifiuti che non
erano quelli per i quali era autorizzato il conferimento in discarica.
Secondo l’organo requirente, dovrebbe altresì assumersi che la
società gerente non riportava in maniera veritiera, nel registro di
carico e scarico, le informazioni sui rifiuti smaltiti, contravvenendo
alle prescrizioni di cui al D.D.P 2019/97.
Dalla scoperta dell’illegale immissione in discarica, fatta dall’Arpav
nel gennaio 2002, fino alla cessazione della ditta, sono decorsi più di
32
quattro anni, nel corso dei quali è stata asportata solo una minima
parte (4.675 tonnellate) del rifiuto non conforme, lasciandone
giacenti 29.600, con conseguente accollo all’Amministrazione di tutti
i restanti oneri di copertura, manutenzione e messa in sicurezza della
discarica.
Infine, non è stato presentato il piano di adeguamento al D.Lgs.
22/97, nonostante i ripetuti solleciti.
Quanto
alla
responsabilità
gravemente
colposa
dei
dirigenti
dell’Amministrazione Provinciale, essi, a fronte di detto grave
comportamento
del
gestore,
hanno
assunto
condotte
sostanzialmente e ingiustificatamente dilatorie; dall’aprile 2002,
allorchè si è preso atto del conferimento vietato (D.D.P 542/2002) al
marzo 2003 decorre quasi un anno per una prima intimazione
all’asporto (D.D.P 545/2003). Si arriverà al luglio 2005, attraverso
quattro proroghe, per poi constatare che, negli oltre tre anni decorsi
dalla scoperta, la SEV aveva asportato ben poco.
Al contrario, sarebbero stati necessari provvedimenti tempestivi e
risolutivi, ovvero:
-
una volta quantificati i costi necessari alla rimozione dei rifiuti e
sistemazione del sito, pretendere (per un elementare criterio di
diligenza, stante il loro importo, nonché in base all’art. 26 c. 9 della
legge regionale 21/1/2000 n. 8 e agli articoli 10 n.3, 14 e 17 comma
3 del D.Lgs 13/1/2003 n. 36) dalla ditta l’immediata produzione di
una fideiussione, bancaria o assicurativa, commisurata agli oneri da
33
sostenere,
condizionando
alla
sua
produzione
ogni
rilascio
di
autorizzazione alla riapertura dell’impianto;
-
andava rivolto invito a provvedere all’asporto dei rifiuti non
conformi in maniera definitiva, secondo un piano con termini
adeguati, ma finali, per gli accertamenti e la rimozione. Quindi, in
mancanza di adempimento, e comunque senza attendere il decorso
di mesi e anni, si sarebbe dovuto procedere senza indugio con la
richiesta
al
fideiussore,
senza
escludere
azioni
cautelative
e
risarcitorie nei confronti della stessa società gerente.
Per converso, dalla scoperta dei rifiuti non conformi, aprile 2002, alla
stipula della fideiussione per la loro rimozione, nel novembre 2004,
passano oltre due anni e mezzo, senza la relativa garanzia
finanziaria, e tuttavia, nel frattempo si autorizza di nuovo la
discarica,
mentre
il
piano
di
adeguamento
D.Lgs
36/2003,
nonostante i ripetuti solleciti, non verrà presentato.
Ulteriore negligenza si è poi verificata, secondo parte attrice, anche
successivamente.
Infatti, nella nota del dott.Tagliapietra del 15/2/2007, risulta che
una
prima
(effettiva)
rimozione
si
è
avuta
nel
2004,
ma
limitatamente ad un quantitativo proprorzionalmente esiguo di rifiuti
illegittimamente conferiti, ovvero 4.675 tonnellate, a fronte di 29.600
lasciate giacenti.
Dopo la richiesta alla San Remo del 30/9/2005, veniva rivolto un
nuovo invito alla stessa San Remo il 7/4/2006, ovvero più di sei mesi
34
dopo, senza nel frattempo intraprendere alcuna azione nei confronti
della medesima. Quindi, dopo una nuova intimazione del 28/4/2006,
seguivano altre richieste il 4/8/2006, 8/9/2006, 12/10/2006, ma per
l’ingiunzione si dovrà attendere il 4/12/2006.
Anche relativamente a quest’altra fase della vicenda, dunque, si
riscontra, secondo la prospettazione attorea, l’omissione di ogni
azione concreta e risolutiva nei confronti della San Remo, per lungo
tempo.
I comportamenti tenuti appaiono ascrivibili, così come per l’altra
discarica, alla responsabilità, gravemente colposa, innanzitutto del
dott.Rapicavoli, dirigente del competente servizio, e anche del
dott.Moretto Carlo Giovanni, in ragione dell’attribuzioni del suo
ufficio, ha svolto funzioni di responsabile del procedimento volto alla
rimozione
dei
rifiuti
(D.D.P
542/2002)
e
di
responsabile
del
procedimento finalizzato all’avvio dell’intervento sostitutivo e di
escussione delle garanzie (nota del 18/7/1995).
La Procura contabile presso questa Sezione non ha invece ritenuto di
convenire in giudizio la dott.ssa Tornielli Veronica, in quanto
funzionario con mere funzioni tecniche (rilevazioni e analisi).
Quanto al danno per l’erario, pur in assenza di esborsi di denaro per
l’ente pubblico, il danno, secondo parte attrice, sarebbe dato dal
mancato incameramento delle somme garantite, mentre l’importo
può essere quantificato nella misura di €. 2.616.120, corrispondente
35
ai costi per gli interventi sostitutivi necessari da affrontare, stimati
nella nota del 15/2/2007 del dott.Tagliapietra.
Anche per tale fattispecie l’Organo requirente ha richiesto, in via
subordinata, il danno cosiddetto da perdita di chances, indicando,
fatto salvo diverso avviso della Sezione, una percentuale dell’importo
pari al 60%.
Pare infine necessario puntualizzare che, anche con riguardo al
danno conseguente alla gestione di questa discarica, secondo la
parte pubblica il concorso causale è da ascrivere per il 65% al
dott.Rapicavoli,
per
il
35%
al
dott.Moretto
(dunque
rispettivamente, €. 1.700.478 ed €. 915.642).
Si sono costituiti i soggetti convenuti in giudizio, con unica memoria
in atti al 24 aprile 2014, rappresentati e difesi dagli avvocati Alberto
Borella e Franco Stivanello Gussoni, contestando la fondatezza
del credito risarcitorio erariale, con riferimento ad entrambi le
discariche.
A)
Discarica Tiretta.
Le parti convenute in giudizio hanno evidenziato come, secondo
l’articolo 8 della già menzionata convenzione tra la ditta e il comune
di Paese, l’ente locale si era riservato un potere di controllo sulla
gestione e funzionamento della discarica, che non risulta esser stato
esercitato, dato che nel 1997 fu accertato il supermento del
quantitativo massimo di rifiuti conferibili in discarica. Soltanto con
ordinanza n. 1994 del 19 settembre 2000, il comune ordinò a
36
Finadria di compiere "i necessari interventi di messa in sicurezza di
emergenza, bonifica e ripristino ambientale”.
Il predetto Comune, dunque, secondo parte resistente, non ha agito
come garante dell'uso del territorio - come pretenderebbe l'attore ma come titolare dell'autorizzazione regionale e proprietario della
discarica in base alla citata convenzione nei confronti del privato
concessionario.
Diverso sarebbe invece il ruolo della Provincia che ebbe a richiedere
nel 2004 (al gestore e non al Comune) di provvedere allo
smaltimento, secondo parte resistente, “per la semplice ragione che
la Provincia venne a conoscenza dell'esatta portata dei rapporti tra il
Comune e Finadria-SEV soltanto dopo il fallimento di questa, quando
il curatore, con l'avallo del Tribunale fallimentare, escluse ogni
obbligo della fallita di farsi carico degli oneri di smaltimento che
gravavano invece sul Comune medesimo”.
Pertanto, conclude parte resistente, quello sopportato dal Comune
non potrebbe essere considerato "danno erariale addebitabile a terzi,
ma soltanto la conseguenza di una specifica clausola contrattuale
stipulata con il gestore e non già di un comportamento negligente
della Provincia”.
I
convenuti
contestano
altresì
la
sussistenza
del
grave
inadempimento degli obblighi di servizio e della stessa colpa grave,
in quanto “quantomeno fino al 2006 SEV si è sempre adeguata alle
37
prescrizioni di volta in volta impartite dalla Provincia, al fine di porre
rimedio alle denunciate infrazioni”.
Parte resistente ritiene poi infondata la censura fondata sul ritardo
nell'escussione della fideiussione, in quanto “il fideiussore non
avrebbe mancato di eccepire l’inesistenza dell'obbligazione in capo al
gestore
in
base
alle
medesime
argomentazioni
della
curatela
fallimentare (e confermate alcuni anni dopo dalla giurisprudenza
amministrativa; Cds, sez. V, sent. n. 48/2007).
Per giunta, parte resistente contesta la sussistenza della gravità della
colpa per l’avvenuta stipula della fideiussione non bancaria né
assicurativa, considerato che il comportamento deve esser valutato
secondo normativa e giurisprudenza al tempo vigenti (per la
soluzione estensiva, Tar Puglia, Sez. I 20 aprile 2009, n.920; Tar
Piemonte,
sentenza
successivamente
9
annullata
febbraio
dal
2011,
Consiglio
di
n.
149,
stato
n.
peraltro
412
del
27/01/2012; Trib. Napoli, ordinanza 11 marzo 1999), tanto più che il
dott. Moretto è laureato in chimica e il dott. Rapicavoli, pur
laureato in giurisprudenza, non è certo un esperto di diritto bancario
(e comunque aveva segnalato l’opportunità di procedere ad una
revisione della DGR n. 2529 del 1999, escludendo espressamente le
fideiussioni rilasciate da società di intermediazione finanziaria).
Quanto al danno contestato, parte resistente evidenzia che nella
documentazione depositata si riscontra soltanto un esborso delle
casse del Comune di Paese, a favore della ditta incaricata, di euro
38
19.512,58, mentre “da dove derivi l'ulteriore cifra non è dato
sapere”.
Inoltre, i convenuti eccepiscono la necessita di compensare l’ipotetico
danno con i “cospicui finanziamenti da Regione e società private che
hanno consentito l'installazione sulla ex discarica di un impianto
fotovoltaico”.
Infine, parte resistente contesta l’esistenza del danno da perdita di
chances, in ragione della sua stessa natura (perdita di occasione
favorevole) e tenuto conto del fatto che “il gestore (e di conseguenza
il fideiussore) non era tenuto a rimborsare al Comune le spese di
asporto del percolato”.
B)
Discarica di via Vecelli
Quanto alla discarica di via Vecelli, i convenuti hanno innanzitutto
chiesto che venga dichiarata l’inammissibilità della domanda ex art.
100 c.p.c., per assenza di un danno certo, concreto ed attuale, non
avendo la Provincia subito alcun detrimento.
Inoltre, secondo parte resistente, la condotta assunta sarebbe
improntata alla massima attenzione e vigilanza, come testimoniano i
numerosi provvedimenti adottati e gli svariati sopralluoghi eseguiti.
Né esistevano fin dal 2003, secondo le parti resistenti, le condizioni
per escutere la polizza fideiussoria, in quanto i sopralluoghi eseguiti
sulla discarica attestano che fino all'11 marzo 2005 la ditta SEV stava
procedendo alla rimozione dei rifiuti e a tutti gli altri incombenti
accessori (campionamenti, analisi ecc.).
39
Né si può ritenere che la Provincia abbia tollerato tempi troppo lunghi
per la rimozione dei materiali difformi, laddove si consideri che ogni
rimozione
doveva
essere
preceduta
da
campionamento
e
caratterizzazione del corpo rifiuti a garanzia del corretto smaltimento
dei medesimi.
Quando poi - dopo il marzo 2005 - emerse che la ditta non stava più
provvedendo
alla
rimozione
dei
rifiuti,
la
Provincia
avviò
immediatamente il procedimento per escutere la polizza fideiussoria.
Le parti convenute hanno quindi concluso per la dichiarazione di
inammissibilità della domanda, nonché, per l’ipotesi “assolutamente
non creduta” di condanna, l’applicazione del potere riduttivo, tenuto
conto che “i convenuti sono integerrimi funzionari… che hanno
operato con scrupolo e diligenza in una fattispecie particolarmente
complessa caratterizzata dal fallimento del gestore della discarica e
del fideiussore”.
Alla pubblica udienza del 14 maggio 2014 il magistrato requirente
richiamava l’atto introduttivo del giudizio, illustrando ulteriormente le
argomentazioni
a
sostegno
della
domanda
e
insistendo
nelle
conclusioni ivi rassegnate.
Le parti convenute, a loro volta, richiamate le argomentazioni svolte
nella memoria di costituzione, insistevano su tesi e richieste ivi
compendiate.
DIRITTO
40
[1]
Coerentemente
con
l’impostazione
seguita
sia
dall’organo
requirente che dalle parti private convenuto, si ritiene opportuno
procedere all’analisi della fattispecie concreta sub iudice partitamente
per le due diverse discariche.
[1.1] Quanto alla discarica per rifiuti speciali-inerti di tipo 2B situata
nella ex cava “Tiretta”, deve innanzitutto rilevarsi come l’ipotesi di
responsabilità
amministrativa
azionata
dall’Organo
requirente
riguardi essenzialmente danni cagionati nell’ambito del rapporto
autorizzatorio all’esercizio dell’impianto, derivante da provvedimento
dell’ente Provincia (a partire dai D.D.P. n. 1649 del 2/10/1995,
D.D.P. n. 1748 del 28/2/1996, D.D.P. n. 1839 del 19 settembre 1996
e D.D.P. n. 1897 del 2 dicembre 1996 e successive modificazioni
secondo la puntuale ricostruzione documentale in atti), rilasciato ai
sensi dell’articolo 5 della legge regionale del Veneto n. 33 del 1985.
Diversa natura e funzione assume invece il rapporto giuridico tra il
Comune di Paese e Finadria SRL, derivante da una convenzione
stipulata il 27 aprile 1993, con la quale l’ente pubblico, beneficiario
dell’autorizzazione regionale di cui ai decreti della Giunta regionale n.
310/EC del 31 maggio 1989 e n. 1430 del 20 luglio 1992, aveva
concesso alla Finadria srl, “interessata a realizzare e gestire la
discarica”, “l’uso della discarica” (punto n. 1), fermo rimanendo che
“l’allestimento e la gestione della discarica concessa in uso saranno
effettuati a cura e spese della società FINADRIA srl, che s’impegna
41
ad
ottemperare
scrupolosamente
agli
obblighi
prescritti
dalle
competenti Autorità” (punto n. 2).
Il Collegio ritiene dunque di non poter condividere la tesi avanzata
dalle parti resistenti, secondo cui graverebbero sul Comune di Paese,
in base ad alcune clausole della suddetta convenzione (nn. 16 e 17),
le spese di smaltimento del percolato “a partire dal 6 marzo 2000”,
ovvero scaduti tre anni dalla cessazione del conferimento dei rifiuti.
Si
tratta
infatti,
anche
al
di
la
della
menzionata
clausola
convenzionale, di obblighi direttamente derivanti dall’attuazione di un
rapporto pubblicistico di natura autorizzatoria tra l’ente Provincia e
l’impresa autorizzata, i quali, in disparte la diversità anche oggettiva
e soggettiva rispetto al rapporto convenzionale (non sottoscritto dalla
Provincia), risultano ex lege (statale e regionale; cfr. in particolare
artt. 5, 46 e 49 della l.r. n. 33/1985) sottratti all’autonomia
convenzionale del Comune di Paese e della Finadria srl.
Pertanto, dette clausole convenzionali evidentemente non appaiono
utilmente invocabili al fine di configurare una sorta di esonero da
responsabilità, riconducibili alla legge e al rapporto autorizzatorio, a
beneficio sia della ditta autorizzata che dei dirigenti cui la normativa
attribuisce in materia competenze di amministrazione attiva e di
controllo di natura pubblicistica.
Peraltro, come puntualmente evidenziato da parte attrice, la concreta
operatività della clausola convenzionale (in tesi) esonerativa da (o
allocativa
di)
responsabilità
non
avrebbe
comunque
potuto
42
prescindere
dal
perfezionamento
“fisiologico”
della
vicenda
gestionale, che invece ha avuto evidentemente un epilogo tutt’altro
che commendevole; non si riscontrano infatti la certificazione di fine
lavori di ricomposizione con il conseguente collaudo, così come la
constatazione “di corretto uso agricolo” di cui al punto n. 16 della
convenzione.
[1.2] Quanto all’elemento oggettivo dell’illecito, l’analitico esame dei
fatti posto a base dell’atto di citazione evidenzia l’esistenza di gravi
problematiche gestionali rimaste a lungo irrisolte, quali l’infiltrazione
del percolato, il livello eccessivo del medesimo e il suo insufficiente
asporto,
l’inquinamento
prodotto
per
il
difetto
di
impermeabilizzazione; la mancata realizzazione di un idoneo sistema
di messa in sicurezza della discarica e di un intervento di bonifica.
Dette
lacune
e
omissioni,
gravi
e
numerose,
risultano
immediatamente deducibili da verbali di sopralluoghi e conferenze,
nonché dalle corrispondenze intrattenute e versate in atti.
In particolare, l’esercizio dell’impianto, autorizzato nell’ottobre 1995,
veniva sospeso già nell’ottobre 1996, fino al ripristino delle condizioni
di corretta gestione (sospensione revocata nel dicembre 1996, a
seguito dell’eliminazione delle cause che l’avevano motivata).
Viene accertato un conferimento di rifiuti superiore a quello di
progetto (D.D.P. 2071/1998).
43
Fra le numerose inadempienze, alcune, gravi, manifestatesi ben
presto, si protrarranno fino alla cessazione di ogni attività da parte
della SEV.
In particolare, quanto al trattamento del percolato, fin dagli inizi
emergono problemi di infiltrazione di tale liquido nonché livelli del
battente (che costituisce il sistema di misurazione) fuori norma,
ovvero 5-6 metri in luogo dei 50 cm prescritti (DDP 2034/1997).
Analisi dell’Ulss 9 rilevavano valori in eccesso di alcuni elementi e
sostanze
anomale,
alterazioni
normalmente
della
falda,
nell’impermeabilizzazione
presenti
nei
ipotizzando
della
discarica
percolati,
una
(D.D.P.
con
perdita
2071/1998
e
2102/1998, verbale di riunione del 9/6/99). Conferme delle analisi
dell’Ulss, dell’inquinamento della falda, e dell’ipotesi della mancata
tenuta dell’impermeabilizzazione, sono date dall’Arpav (nota del
31/3/99 e 20/5/99). Ritardi nell’asporto del percolato ed accumulo
del medesimo nei serbatoi di stoccaggio sono rilevati nel corso del
sopralluogo
del
9/7/99
dei
dirigenti
della
Provincia
(D.D.P.
496/1999).
Viene riscontrato il problema, evidentemente permanente, del livello
del battente anche in sede di sopralluogo dei tecnici della Provincia
del 28/2/2002, cosicché, in data 14/3/2002, il Dirigente della
Provincia
diffidava
la
ditta
ad
adempiere
alle
prescrizione
di
mantenere entro 1 metro il livello. Anche i successivi sopralluoghi
(29/3/2002 e 24/5/2002), ribadivano la sussistenza del problema.
44
Infatti, mentre sul quaderno di registrazione, compilato dalla società,
risultano rari episodi con battente superiore ad un metro, la
misurazione effettuata nel corso del sopralluogo (29/3/2002) dà in
realtà un esito ben diverso, per il pozzo 1 un battente di 4,68 metri,
per il pozzo 2 un battente di 1,48 metri.
Emergono inoltre ritardi nell’asporto e la rottura di una pompa per
l’aspirazione del percolato. Da qui, un nuovo invito alla ditta a
mantenere il livello del battente entro 1 metro (nota del 22/4/2002).
La situazione si ripete nel sopralluogo successivo (24/5/2002): dati
sul quaderno che riferiscono rari casi di eccesso di livello del
battente, e prova diretta degli accertatori che pone in luce, per il
pozzo 1, un battente di 4,36 metri, e per il pozzo 2 un battente di
1,29 metri; così che la relazione di visita conclude ravvisando gli
estremi di reato ex art. 51, comma 4 D.lgs 22/97.
Nel successivo sopralluogo (17/4/2003), seppure da una verifica
diretta si rinviene per un solo pozzo un valore eccedente (1,20
metri),
si
registrano
documentazione
relativa
tuttavia
alla
altre
gestione
anomalie,
nel
dedotte
periodo
dalla
30/9/2002-
17/4/2003, inviata dalla SEV alla Provincia successivamente al
sopralluogo.
In dettaglio, si evince innanzitutto che dal 30/9/2002 al 17/4/2003 è
stato effettuato un solo asporto, in data 17/4/2003. Emergono
misure del battente superiore ad 1 metro (fino a 3,3 metri);
45
mancano annotazioni per 6 giorni, mentre per 18 giorni mancano le
relative pagine del quaderno.
Le inadempienze in ordine alla gestione del percolato sono poste in
evidenza nelle Conferenze di servizi (22/5/2003; 10/10/2003). Nella
Conferenza del 10/10/2003 si sottolinea che nel pozzo lotto 1 il
livello non è ancora nei limiti prescritti, con conseguente ulteriore
invito (D.D.P. n.266/2004) a provvedere all’asporto del percolato, in
modo da mantenerlo entro 1 metro.
Solo negli ultimi cinque sopralluoghi, quelli dal 29/10/2003 al
27/7/2005, si rileva un contenimento del battente entro un metro,
anche se, nel terzo e nell’ultimo degli accertamenti, il pozzo n. 2 fa
registrare valori superiori: metri 1,30 e metri 1,25. In realtà, dopo il
sopralluogo del 13/7/2005, non risultano altre verifiche, come si
evince anche dalle stesse deduzioni (pag. 7) in cui si afferma che il
percolato fino al 13/7/2005 è stato asportato a cura e spese della
ditta. Dopodiché, desume l’Organo requirente, non vi sono stati altri
asporti, in una situazione nella quale il livello del liquido richiedeva di
essere controllato ogni giorno (D.D.P. 496/1999; D.D.P. 266/2004).
Ed infatti, nel 2006, si registra una misura del battente dei pozzi di
metri 3,40 e 1,60 (Delibera di Giunta del Comune di Paese del
25/9/2006).
Quanto all’asporto del liquame, nei sopralluoghi in questione se ne
segnala l’esecuzione relativamente a cinque giornate.
46
Altra omissione riguarda la dichiarazione del direttore dei lavori e il
collaudo attestanti l’avvenuta ricomposizione della discarica come da
progetto. Nonostante si affermi che la copertura dell’impianto fosse
stata eseguita (verbale del sopralluogo dell’1/6/99), tuttavia la
documentazione predetta non risulta più essere stata trasmessa
(D.D.P.266/2004; D.D.P.668/2004). Quel che si evince, peraltro, è
che la ricopertura, realizzata oltre il termine stabilito del 30/9/97
(D.D.P.2034/1997),
dell’inquinamento
era
inidonea,
attribuibile
alla
persistendo
discarica
il
fenomeno
(D.D.P.496/1999;
D.D.P.266/2004).
Ulteriori gravi omissioni sono quelle che attengono al problema
dell’inquinamento,
accertato
già
nel
novembre
1997
(D.D.P.2071/1998), con conseguente richiesta, nei confronti della
società, di accertarne la portata e proporre interventi risolutivi, in un
termine di 60 giorni, e di realizzare le opere di bonifica entro 90
giorni (D.D.P. 496/1999).
La ditta provvedeva a qualche accorgimento senza però risolvere il
problema, la proposta di intervento per la messa in sicurezza della
discarica non veniva approvata, in quanto non conforme al DM
471/99,
e
veniva
richiesta
la
presentazione
di
un
progetto
preliminare di bonifica (determina del Responsabile del Settore
Assetto del territorio del Comune di Paese del 27/5/2002). Dopo
alcune
proroghe,
sarà
presentata
una
proposta
relativa
alla
realizzazione di nuovi pozzi, senza progetto di bonifica, lasciando così
47
irrisolta la problematica. Sarà solo presentato un piano preliminare di
bonifica in data 1/12/2003, oggetto di prescrizioni e richiesta di
integrazioni (determina del Comune di Paese 39479/2004), cui non
seguiranno nè le integrazioni richieste, nè il progetto definitivo.
Ulteriore inottemperanza della ditta si riscontra con riguardo alle
garanzie finanziarie, essendo la polizza RC contro l’inquinamento
scaduta al 7/3/2003, e avendo il Dirigente della Provincia, con nota
in data 26/5/2003, fatto richiesta di rinnovo entro 10 giorni. Tale
garanzia,
non
è
più
pervenuta,
nonostante
l’ultima
diffida
a
provvedere entro 30 giorni (D.D.P. 668/2004).
Si tratta indubbiamente di condotte gestionali in aperto contrasto con
al normativa pro tempore in vigore, quali, rimanendo alla disposizioni
più rilevanti, l’art. 2 del D.Lgs 22/1997 che prevede che lo
smaltimento dei rifiuti debba avvenire senza pericoli per la salute e
pregiudizio per l’ambiente, l’art. 22 della legge regionale n. 3/2000
(garanzia che devono assicurare gli impianti al fine del regolare
deflusso
dei
liquami
e
di
evitare
infiltrazioni
nel
terreno
e
inquinamento delle acque), le disposizioni di cui al DGRV 2528/1999
che
imponevano
la
sottoscrizione
di
una
polizza
RC
contro
l’inquinamento (polizza scaduta il 7/3/2003 e mai più ripresentata).
Ebbene, a fronte delle descritte dinamiche gestorie della discarica,
assume evidentemente i contorni della grave ed inescusabile
negligenza la condotta assunta dai funzionari citati in giudizio che,
pur a fronte numerose diffide e di molteplici comunicazioni di reato
48
(si veda elenco nella relazione istruttoria del funzionario della
Provincia dr Tagliapietra del 24/4/2004), non hanno assunto decisioni
ultimative e proceduto ad escutere tempestivamente le garanzie, se
non il 26/9/2006, ovvero tre mesi dopo la dichiarazione di fallimento
della SEV.
Nè dopo l’intimazione a pagare entro 15 giorni rivolta alla San Remo,
fino al fallimento di quest’ultima, il 2/7/2007, risultano azioni
esecutive nei confronti del fideiussore.
Ciò
posto,
l’Organo
requirente
ha
altresì
evidenziato
come
un’ulteriore condotta contraria ai doveri di servizio sia stata
rappresentata dalle determinazioni in ordine alle garanzie finanziarie
ammissibili, addebito contestato dalle parti resistenti sia sul terreno
normativo che sul piano della ricostruzione dell’elemento soggettivo
dell’illecito, non essendo i soggetti convenuti esperti in diritto
bancario.
In proposito, ferma rimanendo l’illiceità della condotta e la gravità
della colpa con riguardo agli ulteriori addebiti contestati, non può che
richiamarsi la specifica normativa vigente pro tempore in materia di
garanzie finanziarie nei procedimenti ambientali in questione, nella
quale si fa sistematicamente riferimento a fideiussioni bancarie o
assicurative e giammai a garanzie prestate da diversi intermediari
finanziari. Diversità che assume evidentemente rilievo con riguardo
(tra l’altro) all’intensità delle garanzie patrimoniali assicurate dal
fideiubente, a seconda che sia una banca, una società assicuratrice
49
ovvero un diverso intermediario finanziario (cfr: artt. 14, 106 e 107
del TUB).
Infatti, l’art. 1 della L. 10/6/1982 n. 348 testualmente si riferisce
esclusivamente a fideiussioni bancarie ed assicurative.
Nei medesimi termini si esprime l’art. 14 del decreto del Ministero
dell’Ambiente n. 406 del 28/4/1998, emanato su delega dell’art. 30,
c. 6 del D.Lgs 5/2/1997 n. 22 proprio in sede di definizione delle
tipologie di garanzie da prestare.
La stessa regione Veneto, nell’individuare le “garanzie finanziarie
relative alle attività di smaltimento e di recupero” disciplinate da
d.lgs. n. 22/1997, esplicitamente circoscrive l’ambito delle garanzie
ammissibili alle “polizze fideiussorie bancarie od assicurative”.
Inoltre, come puntualmente rilevato dall’Organo requirente,
la
legislazione successiva, sia statale che regionale, ribadisce la
puntuale soluzione normativa testè rassegnata.
In ambito statale, l’articolo 14 della legge a successiva legge n. 36
del 13/1/2003, riafferma infatti la delimitazione del novero delle
garanzie alle fideiussioni bancarie od assicurative.
Parimenti, in ambito regionale, l’art. 26 della LR 21/1/2000 n. 3
delega la Giunta regionale ad emanare i criteri in materia di garanzie
finanziarie,
e
la
Giunta
medesima,
con
delibera
n.
2454
dell’8/8/2003, all’allegato A, ha nuovamente puntualizzato che per le
garanzie finanziarie si deve far riferimento alla regolamentazione
contenuta nella DGR 2528 del 14/7/1999.
50
E ancora, anche l’Amministrazione Provinciale, nel D.D.P. 428/99, nel
precisare alla ditta la durata delle garanzie, parla di “importo delle
fidejussioni bancarie o polizze assicurative”.
In definitiva, dunque, non v’era fonte normativa o amministrativa,
specificamente concernente il settore in questione, che contemplasse
testualmente la possibilità di ricorrere a garanzie fideiussorie
prestate da soggetti diversi dalle banche e dalle assicurazioni,
cosicché evidentemente la soluzione della “questione” interpretativa
non richiedeva ictu oculi particolare perizia giuridico-amministrativa.
Perizia semmai richiesta dall’argomentazione eccepita dalla difesa,
fondata sul disposto degli art. 106 e 107 del Testo Unico Bancario
(D.Lgs 385/1993 e successive modifiche apportate con D.Lgs
58/1998 e D.Lgs 342/1999), che avrebbe introdotto una piena
equiparazione tra banche ed intermediari finanziari, normativa
attinente
invece
al
novero
dei
soggetti
abilitati
all’esercizio
dell’attività di intermediazione e non direttamente alla disciplina
relativa alle garanzie ammissibili nei contratti di fideiussione con la
Pubblica Amministrazione, tanto più con specifico riferimento al
settore delle discariche.
Specifico settore nel quale la normativa già rassegnata prevede una
disciplina speciale, peraltro divergente (argumentum a contrario) da
quella in materia di appalti (art. 30 della legge n. 109/1994, ove si
consentono anche le fideiussioni con intermediari iscritti nell’elenco
51
speciale di cui all’art. 107, cui peraltro la società San Remo non era
iscritta).
[1.3] Quanto alla ricostruzione del danno erariale, va innanzitutto
rilevato come dalla vicenda gestionale delle discariche in questione
siano
enucleabili,
sul
terreno
ontologico-giuridico,
due
diverse
tipologie di danno per la Pubblica Amministrazione, l’una consistente
nel detrimento ambientale (c.d. danno-evento, di natura non
patrimoniale) ovvero, secondo la definizione data dall’art. 300 del
D.lgs.
152/2006,
in
“qualsiasi
deterioramento
significativo
e
misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità
assicurata da quest’ultima”; danno che il danneggiante ha l’obbligo di
risarcire in forma specifica (c.d. bonifica) ovvero per equivalente
secondo il disposto dell’articolo 311 del medesimo testo normativo.
Ulteriore e solo eventuale tipologia di danno (c.d. ordinario dannoconseguenza, di contenuto patrimoniale) può inoltre verificarsi
nell’ipotesi in cui l’Amministrazione, in ragione della gestione
disfunzionale della discarica affidata a terzi, sia costretta a sostenere
spese a tutela (lato sensu) dei luoghi interessati dalla gestione
dell’attività.
A questa ricostruzione dicotomica delle species di danno erariale
deve evidentemente esser ricondotta anche l’ipotesi dell’esistenza di
garanzia
fideiussoria
sull’obbligazione
risarcitoria
a
carico
del
danneggiante, tenuto conto della pacifica natura accessoria della
52
garanzia rispetto all’obbligazione principale garantita (cfr. art. 1941
c.c.)
Quanto
al
fideiussoria,
danno
pare
ambientale,
appena
il
pure
caso
di
oggetto
della
garanzia
precisare
come
l’Organo
requirente non ne abbia domandato il risarcimento; del resto,
secondo il d. lgs n. 152/2006, la titolarità del diritto al risarcimento
del danno ambientale compete esclusivamente allo Stato (v., in
particolare, artt. 311, comma 3, e 318, comma 2, lett. H, che ha
abrogato l’art. 9, comma 3, del Tuel, norma che riconosceva la
titolarità dell’azione risarcitoria anche agli enti locali), che può
esercitarlo esclusivamente seguendo le particolari procedure facenti
capo al Ministero dell’ambiente ex artt. 311, 312, 313 commi 1 e 2
del menzionato decreto legislativo (in giurisprudenza, si vedano Sez.
Trentino Alto Adige - Sede di Trento n. 35/2009, e Sez. Umbria, n.
21/2013).
Quanto al danno erariale di ordine patrimoniale, occorre peraltro
rilevare come l’Organo requirente abbia individuato (pag. 97 e 58
della citazione) il soggetto pubblico danneggiato esclusivamente nella
Provincia, ente che ha sostenuto costi costituenti danni erariali per
complessivi euro 79.512,58, di cui € 19.512,58 pagati dalla Provincia
di Treviso alla ditta Sita FD ed euro 60.000,00 erogati al Comune di
Paese (come comprovato documentalmente) con causale “messa in
sicurezza discarica “Tiretta” (euro 50.000,00) e “rimborso spese
asporto del percolato” (euro 10.000,00).
53
Del resto, l’ente Provincia risulta unico beneficiario della polizza
fideiussoria (non contratta anche a vantaggio del comune di Paese),
conseguentemente non utilmente azionabile per danni arrecati
all’ente comunale di Paese.
Del suddetto danno erariale devono rispondere, con modalità
parziaria, i due soggetti convenuti, secondo la prospettazione
ripartitoria (65% per il dott. Rapicavoli, 35% al dott. Moretto,
ovvero, rispettivamente, euro 51.683,177 ed euro 27.829,403)
proposta da parte attrice e non contrastata dalle parti convenute.
Inoltre, la maggior somma richiesta dall’Organo requirente non
risulta sussumibile dalla nozione giuridica di danno da perdita di
chances,
tipologia
di
depauperamento
che,
secondo
ormai
consolidata ricostruzione giurisprudenziale (a partire dalle sentenza
della Corte di Cassazione nn. n. 16877 /2008 e n. 21544/2008; di
recente, v. CdS, sez. III, n.6017/2013), consiste nella mancata
realizzazione di una concreta ed effettiva occasione favorevole (da
valutare in termini probabilistici) di conseguire un ulteriore e
determinato bene della vita, fattispecie del tutto estranea sia rispetto
al detrimento ambientale che alle dinamiche escussorie di polizze
fideiussorie.
[2] Quanto alla Discarica di via Vecelli, assume primario rilievo, ai
fini
della
disamina
dell’ipotesi
di
responsabilità
amministrativa
azionata dall’Organo requirente, la verifica della sussistenza di danni
per l’erario provvisti dei requisiti di certezza, concretezza ed
54
attualità, tanto più in ragione della richiesta di pronunzia di
inammissibilità ex art. 100 c.p.c. fermamente avanzata dalle parti
resistenti.
Effettivamente, l’esame della documentazione allegata dall’Organo
requirente, evidenzia l’assenza di una compiuta prova di un danno
certo, attuale e definitivo arrecato alla Provincia, etiologicamente
riconducibile ad attività contra ius dei soggetti convenuti.
In effetti, anche con riferimento a questa discarica, va rilevato come
dalla descritta vicenda gestionale siano astrattamente enucleabili, sul
terreno ontologico-giuridico, due diverse tipologie di detrimento per
la Pubblica Amministrazione, l’una consistente nel danno ambientale
(c.d. danno- evento, di natura non patrimoniale) e l’altro, solo
eventuale
(c.d.
danno-conseguenza
di
ordine
patrimoniale),
coincidente con spese sostenute dall’Amministrazione a tutela (lato
sensu) dei luoghi interessati dalla gestione dell’attività.
Orbene, nella specie, il danno ambientale, pur verificatosi secondo la
documentata prospettazione attorea, non risulta concretamente
azionabile dall’Amministrazione Provinciale, tanto più presso questo
plesso giurisdizionale, né peraltro risulta coperto dalla polizza
fideiussoria invocata dall’organo requirente.
Nel contempo, non risulta versata in atti documentazione probatoria
dalla quale possa evincersi che l’Amministrazione Provinciale abbia
concretamente sostenuto delle spese per la bonifica (lato sensu) dei
luoghi in questione.
55
Né, d’altra parte, appare persuasivo richiedere il risarcimento di
detto danno su specie di mancata/tardiva escussione della polizza
fideiussoria, sia in ragione della natura accessoria della garanzia e
soprattutto in quanto una ricostruzione di questa tipologia di
detrimento che prescinda dal riferimento a spese concretamente
sostenute dall’erario finisce inesorabilmente per sovrapporsi e refluire
nell’alveo del danno ambientale in senso stretto, risarcibile in forma
generica o specifica (ex art. 313 e 239 e ss, per l’appunto mediante
“ripristino ambientale”) esclusivamente secondo la disciplina dettata
dal d. lgs. n. 152/2006.
Il Collegio pertanto ritiene non riscontrabili i requisiti di certezza,
attualità
e
definitività
del
danno
subito
dall’Amministrazione
Provinciale e azionato dall’Organo requirente, tanto più che l’importo
richiesto (euro 2.616.120,00), coincidente con il massimo garantito
dalla polizza fideiussoria, viene ricavato unicamente da una stima
unilateralmente effettuata dal un dirigente dell’ente pubblico.
Detto potenziale detrimento non risulta sussumibile nella nozione
giuridica di danno da perdita di chances, id est nella mancata
realizzazione di una concreta ed effettiva occasione favorevole (da
valutare in termini probabilistici) di conseguire un ulteriore e
determinato bene della vita. Il danno da perdita di “chance”, termine
derivante dall’espressione latina “cadentia” (“buona probabilità di
riuscita”), non costituisce una specifica tipologia di danno ma designa
56
piuttosto uno schema generale idoneo a ricomprendere diverse
tipologie di danno patrimoniale (contrattuale ed extracontrattuale).
Conseguentemente, chi richiede il risarcimento di danni dalla perdita
di chance ha l'onere di provare, pur seguendo un itinerario
ricostruttivo di matrice probabilistica, la realizzazione in concreto di
alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e
impedito dalla condotta illecita, della quale il danno risarcibile
dev'essere conseguenza immediata e diretta.
Detta categoria di danno ha peraltro rinvenuto riscontro anche nella
giurisprudenza di questa Corte, nell’assunto che l’estensione della
tutela alla sfera della probabilità dell’utilità perseguita debba essere
accordata anche alla Pubblica Amministrazione: così è avvenuto nel
caso
da
perdita
finanziaria
derivante
all’Amministrazione
per
l’impossibilità di accedere ad una possibile offerta più vantaggiosa
(Sezioni Riunite n. 22/A/1996 e Sez. T.A.A. n. 80/2005), all’ipotesi di
probabile perdita di clientela, nel caso di attività di enti pubblici di
mercato (Sez. Lombardia, n. 135/2010).
Per converso, nella specie sia il danno all’ambiente che l’ipotetico
danno patrimoniale da attività di bonifica, quand’anche configurato in
termini di mancata/tardiva escussione di polizza fideiussoria, non
concretano evidentemente gli estremi di un danno da perdita di
chances, non potendosi neppure intravedere la mancata realizzazione
di un’”occasione perduta” di conseguimento di un ulteriore bene della
57
vita, astrattamente ipotizzabile ex ante secondo l’id quod plerumque
accidit.
In buona sostanza, si è in presenza di un danno emergente verso
l’Amministrazione Provinciale in fieri, non ancora manifestatosi nelle
forme, pretese dalla giurisprudenza contabile, del detrimento certo,
concreto ed attuale.
L’assenza dell’elemento costitutivo del danno per l’erario consente di
ritenere assorbite le ulteriori problematiche ricostruttive inerenti la
valutazione della condotta e l’elemento soggettivo dei convenuti.
[3]
Quanto
alle
spese
del
giudizio,
le
stesse
seguono
la
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per il Veneto,
disattesa
ogni
contraria
istanza,
deduzione
od
eccezione,
definitivamente pronunciando:
1.
Nel
merito,
accoglie
parzialmente,
nei
sensi
di
cui
in
motivazione, la domanda attorea e condanna il dott. Carlo
Rapicavoli e il dott. Carlo Giovanni Moretto al pagamento in
favore dell’Amministrazione Provinciale di Treviso della somma di
euro 79.512,58, ripartita tra i convenuti secondo le percentuali
indicate in motivazione, oltre alla maggior somma tra interessi e
rivalutazione nonché agli interessi legali a decorrere dal deposito
della sentenza e fino all’effettivo soddisfo;
58
2.
Le spese di giudizio, che seguono la soccombenza, si liquidano
in complessivi € 2.645,15 (euro duemilaseicentoquarantacinque/15)
da ripartirsi in parti uguali fra i convenuti.
Manda
alla
segreteria
della
Sezione
per
gli
adempimenti
di
competenza.
Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio, all’esito della
pubblica udienza del 14 maggio 2014.
Il Giudice Estensore
F.to (Dott. Natale Longo)
Il Presidente
F.to (Dott. Angelo Buscema)
Depositata in Segreteria il 12/06/2014
Il Funzionario preposto
F.to Nadia Tonolo
59