REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE 1 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BERNABAI Renato - Presidente Dott. DOGLIOTTI Massimo - rel. Consigliere Dott. CRISTIANO Magda - Consigliere Dott. SCALDAFERRI Andrea - Consigliere Dott. DE CHIARA Carlo - Consigliere ha pronunciato la seguente: ordinanza sul ricorso 25885-2011 proposto da: N.A. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 91, presso lo studio dell'avvocato MOIRAGHI ELEONORA NICLA, rappresentato e difeso dall'avvocato CAPASSO CARMINE, giusta procura a margine del ricorso; - ricorrente contro S.D.V.M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avv. INTARTAGLIA ANTONIO, giusta procura in calce al controricorso; - controricorrente e contro PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D'APPELLO DI NAPOLI - SEZIONE FAMIGLIA E MINORI; - intimato avverso la sentenza n. 2278/2011 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI del 3.6.2011, depositata il 22/06/2011; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/01/2014 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO DOGLIOTTI. Svolgimento del processo - Motivi della decisione In un procedimento di divorzio tra N.A. e S.d. V.M.G., la Corte d'Appello di Napoli, con sentenza del 22 giugno 2011, in riforma della sentenza del Tribunale di Napoli del 07 ottobre 2010, determinava in Euro 250,00 mensili l'assegno in favore della moglie. Ricorre per cassazione il N.. Resiste con controricorso la S.d.S.. Il ricorrente contesta, con più motivi tra loro strettamente collegati, l'esistenza dei presupposti per l'assegno di divorzio. Non si ravvisano violazioni di legge. Per giurisprudenza ampiamente consolidata, l'assegno per il coniuge deve tendere al mantenimento del tenore di vita da questo goduto durante la convivenza matrimoniale, e tuttavia indice di tale tenore di vita può essere l'attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi (Cass. N. 2156 del 2010). Va precisato che il regime di separazione, anche riguardo all'assegno, non vincola quello di divorzio, trattandosi di rapporti distinti ed autonomi (Cass. N. 18433 del 2010). Evidenzia il giudice a quo la disparità di posizione economica tra le parti (redditi da lavoro) a favore del marito, con notevole sproporzione a danno della moglie. Correttamente si afferma che non tutti gli elementi, previsti dalla norma, per la quantificazione dell'assegno, debbono essere considerati (tra le altre, Cass. N. 23690 del 2008), e tuttavia, accanto alla predetta disparità di condizioni economiche, vengono richiamati la durata del matrimonio, nonchè l'apporto anche economico, dato dalla moglie al menage familiare, mentre al contrario non si considerano "ragioni della decisione", essendovi stata reciproca rinuncia agli addebiti in sede di separazione. Altri motivi, altrettanto strettamente connessi, attengono alla decorrenza dell'assegno dalla domanda. Come correttamente precisa la sentenza impugnata, giurisprudenza consolidata ha fornito una interpretazione assai meno rigorosa di quella sostenuta dall'odierno ricorrente (tra le altre, Cass. n. 5140 del 2011). In particolare, il giudice può disporre la decorrenza dalla domanda, anche in mancanza di sentenza non definitiva, e non occorre esplicita richiesta di decorrenza, dovendo la stessa ritenersi ricompresa nella domanda di assegno; potrebbe esservi pronuncia al riguardo, anche soltanto in grado di appello; come nella specie, a seguito di appello incidentale. Quanto alla tardività della domanda e alla affermata violazione di diritto di difesa, il ricorso è del tutto generico e non autosufficiente. Circa infine il contributo al mantenimento dei figli maggiorenni ma non autosufficienti, il giudice a quo con motivazione adeguata e non illogica, chiarisce che l'aumento è dovuto necessariamente alle accresciute esigenze di due giovani studenti (si precisa altresì che una borsa di studio della figlia, del resto assai limitata, non escluderebbe la autosufficienza economica della stessa). Quanto alle spese nel giudizio di appello, la sentenza impugnata richiama la soccombenza del marito; quanto al primo grado, è lo stesso ricorrente a confermare la compensazione per soccombenza reciproca, senza che, in sede di appello, fosse stato formulato gravame al riguardo. Va pertanto rigettato il ricorso. Le spese seguono la soccombenza, per il presente giudizio di legittimità, e per quello di sospensione ex art. 373 c.p.c. davanti alla Corte d'Appello di Napoli. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.400,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, nonchè, per il giudizio di sospensione ex art. 373 c.p.c., che liquida in Euro 600,00, comprensive di Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge, per entrambi i procedimenti. A norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, in caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri atti identificativi delle parti in quanto imposto dalla legge. Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2014. Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2014
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