SENTENZA TAR CAMPANIA N.4793 DEL 2013

N. 04793/2013 REG.PROV.COLL.
N. 05811/2010 REG.RIC.
R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5811 dell’anno 2010, proposto da:
Grosso Luigi, rappresentato e difeso dall’avv.to Marcella Torre, presso lo studio
della quale è elettivamente domiciliato, in Napoli, p.zza Principe Umberto n. 35;
contro
C.R.I. - Croce Rossa Italiana, in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la
cui sede è domiciliata per legge, in Napoli, via Diaz n. 11;
per l'annullamento
previa concessione di idonee misure cautelari,
1) del provvedimento prot. n. is-CRI/000 10656.10 dell'11/06/2010, avente ad
oggetto “Trasmissione Ordinanza Commissariale n. 0240 del 26.5.2010”;
2) dell’ordinanza commissariale n. 0240 del 26.5.2010 ivi richiamata, compresi tutti
gli allegati, avente ad oggetto il recupero dell'importo pari ad euro 9500,66 in
danno del ricorrente, conseguente al nuovo inquadramento stipendiale di
quest’ultimo;
3) di tutta la documentazione collegata al suddetto provvedimento e alla suddetta
ordinanza (e, in particolare, della scheda di servizio e inquadramento stipendiale
così come prospettato nella nota is-CRI/0007539.10; della nota di recupero crediti
prot. n. is CRI/00012547.10 con allegato piano di recupero);
4) di tutti gli atti presupposti, preparatori, conseguenti e comunque connessi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di
Napoli per la C.R.I. - Croce Rossa Italiana;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2013 il dott. Michelangelo
Maria Liguori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il presente ricorso, notificato tra il 30 settembre e il 12 ottobre 2010, e
depositato il successivo 29 ottobre, Grosso Luigi ha esposto:
- che, appartenente al Corpo Militare della Croce Rossa Italiana, con il grado di
Tenente Colonnello era Comandante del X Centro di Mobilitazione C.R.I., con
sede in Napoli;
- che, come da stato di Servizio Ufficiali della Croce Rossa Italiana, a far data dal
14.7.1983 egli era stato richiamato in servizio dalla C.R.I. e assegnato al V Centro
Operativo Deposito Addestramento Militare – S. Leonardo (OR), mentre in data
17.5.1984 era stato nominato Ufficiale con il grado di Sottotenente Commissario
con in anzianità assoluta a far data dal 6.7.1980 (essendogli stato riconosciuto il
grado conseguito nel servizio prestato nelle Forze Armate, ai sensi e per gli effetti
dell’art. 5 R.D. 484/1936), proseguendo poi la carriera nel Corpo Militare della
C.R.I. fino alla posizione attuale;
- che, con lettera racc. prot. Is-CRI/00010656.10 dell’11.6.2010, la C.R.I. gli aveva
comunicato “che il Commissario Straordinario con il provvedimento citato in oggetto” aveva
“disposto al seguito del nuovo inquadramento economico della SV il recupero della somma lorda
di euro 9.500,66”;
- che dalla lettura della precedente nota Is-CRI/0007703.10 del 23.4.2010 era
evincibile che la disposizione di recupero era scaturita dall’incarico ricevuto
dall’Ispettorato Nazionale di “procedere al controllo delle pratiche degli Ufficiali, con ricalcolo
dell’anzianità di servizio militare effettivamente ed esclusivamente prestato in qualità di Ufficiale
(FF.AA.+C.R.I.) escludendo quindi ogni altro periodo di servizio prestato in qualità di
personale di assistenza o maresciallo CRI e di truppa o sottufficiale delle FF.AA.”, in
conseguenza del ché egli aveva ricevuto una comunicazione del seguente tenore:
“Si informa la SV. che dal controllo effettuato dai competenti Uffici di questo Ispettorato
relativamente alla sua posizione, è risultato che il periodo di servizio prestato esclusivamente da
Ufficiale non coincide con quello utilizzato per il calcolo del trattamento economico attuale (che nel
tempo ha determinato le decorrenze per l’attribuzione delle varie voci stipendiali, ad es.
omogeneizzazione, classi, scatti, etc.)”;
- che, con nota IS-CRI/0007539 del 24.4.2010 era stato messo al corrente che “Per
quanto sopra si è provveduto a rideterminare l’anzianità di servizio effettivamente prestata in
qualità di Ufficiale decurtando il periodo di anni 1 mesi 2 e giorni 9 riferiti al suddetto servizio
prestato in qualità di sottufficiale CRI”;
- che, così facendo, l’Amministrazione sosteneva che, in relazione al periodo di
servizio svolto in C.R.I. dal 14.7.1983 al 17.5.1984 con il grado di Maresciallo
(categoria Sottufficiali), egli non avrebbe avuto diritto ad alcune voci, quali
emolumenti e scatti di anzianità, maturate anche per aver conteggiato quel periodo
di mesi 10 circa nell’anzianità da ufficiale.
Tanto esposto, il ricorrente ha impugnato gli atti indicati in epigrafe, chiedendone
l’annullamento per i seguenti motivi:
I) incompetenza – violazione di legge – violazione degli artt. 4, 14, 15 e 16 Decr.
Leg.vo 165/2001 – violazione e falsa applicazione dell’art.16 co. 1 e 2 , dell’art. 23
co. 1, dell’art. 26 co. 3, e dell’art. 51 dello Statuto dell’Associazione Italiana Croce
Rossa, approvato con D.P.C.M. 6.5.2005 n. 97 – eccesso di potere – violazione del
giusto procedimento: l’annullamento di tutti i precedenti provvedimenti inerenti al
trattamento economico del ricorrente, costituente il presupposto della richiesta di
restituzione di importi a questi corrisposti, in quanto atto di mera gestione, sarebbe
rientrato nella competenza del dirigente generale della C.R.I. e non in quella del
Commissario Straordinario, cui andrebbero riferite le sole competenze degli organi
nazionali (ovvero Presidente, Assemblea Nazionale, Consigli Direttivo Nazionale);
l’azione di recupero intentata dalla C.R.I. a seguito della gravata ordinanza 240-10
avrebbe dovuto essere preceduta dall’annullamento da parte del Direttore
Generale di tutta una serie di provvedimenti e atti di natura economicoamministrativa (e, tra questi, anche degli atti del Ministero della Difesa di nomina a
Sottotenente Commissario con anzianità dal 6.7.1980 e di quelli a base delle
promozioni ai successivi gradi, fino a Tenente Colonnello), dei quali però non
risulta l’effettivo ritiro; senza l’annullamento di tali atti non si sarebbe potuto
procedere ad una rideterminazione del trattamento stipendiale del Grosso e al
conseguente recupero di somme erogate in eccedenza;
II) violazione di legge – contraddittorietà di atti – violazione del giusto
procedimento – assoluta carenza di istruttoria: a più riprese il Ministero della
Difesa avrebbe confermato la correttezza del decreto di nomina a Sottotenente di
tutti gli Ufficiali transitati da altri Corpi Armati dello Stato, nonché corretta
l’applicazione ad essi del criterio della cd. “omogeneizzazione stipendiale”, e tale
valutazione sarebbe stata fatta propria anche dalla Giunta Esecutiva Nazionale
della C.R.I. con delibera n. 32/2002 (stabilente le modalità di calcolo dell’anzianità
di servizio, e prevedente espressamente che il computo degli anni dovesse partire
dalla data indicata nel decreto di nomina a Ufficiale C.R.I.), atto parimenti non
annullato;
III) violazione di legge – carenza di potere – violazione del giusto procedimento –
assoluta carenza di istruttoria – illogicità – ingiustizia manifesta: sarebbe stato
omesso il necessario avviso di avvio del procedimento con in quale, incidendosi su
atti presupposti, è stato disposto il recupero di somme corrisposte al ricorrente a
titolo stipendiale; sarebbe stata impedita all’interessato la partecipazione
procedimentale; sarebbe stata altresì omessa dall’Amministrazione la necessaria
ponderazione tra l’interesse pubblico al ripristino della legalità violata e il
contrastante interesse facente capo al destinatario dei nuovi atti; in ogni caso,
essendo di competenza del Ministero della Difesa tutti i decreti riguardanti lo
sviluppo della carriera del ricorrente, la C.R.I. non avrebbe potuto operare
incidendo negativamente su di essi;
IV) assoluta carenza di istruttoria – difetto di motivazione – irragionevolezza –
illogicità ed ingiustizia manifesta – violazione degli artt. 21 octies e 21 nonies L.
241/1990, in rapporto all’art. 3 della citata norma – omessa valutazione da parte
della P.A. dell’affidamento incolpevole e della buona fede del ricorrente: l’azione di
ripetizione sarebbe stata avviata a distanza di anni dalla maturazione del beneficio
contestato, addirittura altre il termine quinquennale di prescrizione e, in ogni caso,
con un tale ritardo da non essere possibile parlare di “termine ragionevole” alla
stregua dell’art. 21 nonies L. 241/1990; il disposto recupero sarebbe illegittimo in
quanto, se errore vi è stato, esso sarebbe imputabile esclusivamente
all’Amministrazione, nonché
in
quanto non
dell’affidamento ingenerato nel dipendente;
si
sarebbe tenuto
conto
V) eccesso di potere – ancora carenza di istruttoria – contraddittorietà tra più atti –
difetto di motivazione – irragionevolezza – illogicità ed ingiustizia manifesta: il
periodo in cui il ricorrente ha prestato servizio presso la C.R.I. con il grado di
Maresciallo, e oggetto di contestazione, sarebbe più breve di quello computato ai
fini del disposto recupero, andando dal 14.7.1983 al 16.5.1984 (per un totale,
quindi, di mesi dieci e giorni due, anziché anni uno, mesi due e giorni nove, come
sostenuto dalla P.A.); non sarebbe indicata la percentuale IRPEF applicata in sede
di recupero; vi sarebbe già stata una parziale compensazione con altro credito
vantato dal ricorrente per ragioni di servizio;
VI) intervenuta prescrizione: sarebbe decorso il termine prescrizionale, nella specie
quinquennale.
In data 8 novembre 2010 si è costituita in giudizio l’Avvocatura Distrettuale dello
Stato di Napoli per la C.R.I., onde contestare il proposto ricorso, e, in pari data ha
depositato una memoria con allegata documentazione.
Con ordinanza n. 2242/2010 dell’11 novembre 2010, questo Tribunale ha respinto
l’istanza cautelare avanzata dal ricorrente.
Con ordinanza n. 4547/2012 del 9 novembre 2012, il Tribunale ha disposto
adempimenti istruttori a carico della Croce Rossa Italiana; ovvero l’acquisizione di
una relazione, con corredo della opportuna documentazione, atta a chiarire se il
disposto recupero incidesse solo sull’indennità di omogeneizzazione stipendiale di
cui alla L. 231/1990 o anche su altre voci del trattamento economico fisso (punto
ritenuto rilevante in considerazione del fatto che il trattamento economico
stipendiale del militare dipende strettamente dal grado attribuitogli con
provvedimento formale e dalla decorrenza in quest’ultimo indicata, ovvero
dall’anzianità nel grado stesso); nonché come mai dall’anzianità di servizio quale
Ufficiale del ricorrente fossero stati scomputati anni 1, mesi 2 e gg. 9 riferiti al
servizio prestato in qualità di sottufficiale C.R.I. (sebbene dal prospetto della
carriera del dipendente emergesse che questi aveva prestato servizio come
Maresciallo C.R.I. soltanto dal 14.7.1983 al 16.5.1984, ovvero per un periodo
inferiore a un anno, di soli gg. 308).
In data 28 gennaio 2013 la C.R.I. ha provveduto a depositare la relazione
richiestagli, in cui ha precisato:
- che per mero errore di trascrizione il periodo interessato dal recupero era stato
indicato in anni 1, mesi 2, giorni 9, mentre in effetti si trattava di anni 0, mesi 10,
giorni 2 (ovvero dal 14.7.1983 al 16.5.1984);
- che, comunque, la somma oggetto di recupero era stata correttamente
quantificata in €9.500,60;
- che l’omogeneizzazione stipendiale aveva effetto sulle voci stipendio base,
indennità integrativa speciale, indennità operativa, assegno pensionabile, oneri
accessori;
- che il periodo di servizio prestato dal Grosso in qualità di sottufficiale non aveva
inciso sul trattamento economico attribuito fino al 31.12.2002 (1° livello di
omogeneizzazione, attribuito al compimento del 13° anno di servizio), ma soltanto
sul successivo incremento previsto al 23° anno di servizio (2° livello di
omogeneizzazione).
In data 21 febbraio 2013 la difesa erariale ha prodotto documentazione.
Alla pubblica udienza del 9 maggio 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Grosso Luigi, Ufficiale della C.R.I. con il grado di Tenente Colonnello, con il
presente ricorso si oppone al recupero della somma di €9.500,60 disposto nei suoi
confronti dall’Amministrazione di appartenenza, la quale assume che si tratterebbe
di emolumenti corrisposti in eccedenza rispetto al dovuto dall’anno 2001 all’anno
2010.
In particolare, detto errore sarebbe scaturito dal fatto che, nell’applicare al Grosso
la disposizione di cui all’art. 5 R.D. 484/1936, ovvero nel ricongiungere alla
posizione di questi, una volta nominato Ufficiale della C.R.I., anche il servizio in
precedenza prestato quale Ufficiale delle FF.AA., l’Amministrazione avrebbe
computato anche il periodo in cui egli era sì alle dipendenze della C.R.I., ma con il
grado di Maresciallo (ovvero era Sottufficiale e non Ufficiale): di qui una
anticipazione della progressione della carriera giuridica, con conseguenti riflessi
(favorevoli per il ricorrente) sul piano economico.
In proposito, dalla documentazione in atti emerge che l’odierno ricorrente ha
prestato servizio nell’Esercito Italiano dal 22.1.1980 al 21.4.1983; ha preso poi
servizio presso la C.R.I. in data 14.7.1983, rimanendovi con il grado di Maresciallo
(ovvero sottufficiale) fino al 16.5.1984: solo con il decreto del Presidente della
Repubblica in data 17.5.1984, il predetto è stato “iscritto con lo stesso grado e la
medesima anzianità assoluta 6 luglio 1980, nel ruolo speciale – categoria commissari –
dell’Associazione Italiana della Croce Rossa – Corpo Militare ausiliario delle Forze Armate –
ai sensi dell’art. 5, quinto comma del R.D. 10 febbraio 1936, n. 484, modificato con la legge 25
luglio 1041, n. 883”, in tal modo recuperando il grado di Ufficiale posseduto
durante il servizio nell’Esercito Italiano.
Così delineato l’ambito del giudizio, va in primo luogo disattesa la tesi di parte
ricorrente incentrata su una pretesa incompetenza del Commissario Straordinario
della C.R.I. all’adozione di atti gestionali (quali quelli qui in discussione), per
spettare a costui esclusivamente le funzioni e le competenze degli organi nazionali
(e cioè del Presidente, dell’Assemblea nazionale e del Consiglio Direttivo
Nazionale). In contrario, va infatti evidenziato che lo Statuto della C.R.I.,
approvato con D.P.C.M. 6.5.2005 n. 97, all’art. 51 co. 1 testualmente prevede che
“in caso di impossibilità di funzionamento dell’Ente, con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, su proposta del Ministro della Salute, è nominato un Commissario Straordinario che
assume i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione”; dal ché si evince che i poteri
spettanti a tale organo straordinario risultano estremamente ampi, comprendendo
indiscutibilmente (alla luce dell’esplicito dettato normativo) anche la possibilità di
adottare atti gestionali, non potendo questi non rientrare in una ampia accezione di
“ordinaria e straordinaria amministrazione”.
Parimenti da disattendere è, altresì, la censura relativa all’omesso invio di un previo
avviso di avvio del procedimento di recupero, necessario a consentire
all’interessato una effettiva partecipazione procedimentale: è, invero, dalla stessa
ricostruzione degli avvenimenti esposta in ricorso che si rileva che il ricorrente ha
ricevuto più missive con cui la C.R.I. lo ha messo al corrente delle problematiche
emerse in relazione alla sua posizione retributiva, per cui egli ben avrebbe potuto,
utilizzando l’ordinaria diligenza, attivarsi per partecipare al procedimento in
questione.
In ogni caso, va evidenziato che “Il provvedimento di recupero di somme indebitamente
erogate al pubblico dipendente è doveroso e vincolato per l'amministrazione procedente, costituendo
esercizio di un vero e proprio diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, non rinunziabile, ai sensi
dell'art. 2033 c.c., in quanto correlato al conseguimento di quelle finalità di pubblico interesse cui
sono istituzionalmente destinate le somme indebitamente erogate. In ragione della natura vincolata
del provvedimento, anche l'eventuale sussistenza di vizi formali quali l'omessa comunicazione di
avvio del procedimento non può condurre all'annullamento del provvedimento alla stregua del
disposto dell'art. 21 octies, l. n. 241 del 1990” (così nel TAR Calabria-Reggio Calabria n.
336 del 9.5.2012); ed ancora che “L'omissione della comunicazione di avvio del
procedimento non costituisce causa di illegittimità dell'atto, vincolato e non autoritativo, di
recupero di somme erroneamente corrisposte dall'Amministrazione a propri dipendenti, in quanto
resta ferma la possibilità per l'interessato di contestare errori di conteggio e la sussistenza
dell'indebito nonché di chiedere, nel termine di prescrizione, la restituzione di quanto trattenuto; la
superfluità dell'accertamento che l'obbligo di comunicazione sia stato adempiuto discende dal fatto
che l'eventuale mancanza della stessa non influisce sulla debenza o meno delle somme, né sulla
possibilità di difesa del destinatario, perché questi, nell'ambito del rapporto obbligatorio e
paritetico di reciproco dare-avere può sempre far valere le proprie eccezioni contrarie all'esistenza
del credito nell'ordinario termine di prescrizione.” (così Cons. di Stato sez. IV, n. 5043 del
20.9.2012 – ma in senso analogo cfr. anche Cons. di Stato sez. VI, n. 8215 del
24.11.2010; TAR Sicilia-Catania n. 1920 del 28.6.2013; TAR Puglia-Lecce n. 42 del
15.1.2013).
Appunto le delineate caratteristiche del recupero di somme che si assumono
erogate in più al pubblico dipendente portano, altresì, per un verso ad escludere
rilevanza alla proposta eccezione del ricorrente di intervenuta prescrizione
quinquennale del credito (in quanto, trattandosi di attivazione di una mera azione
di ripetizione dell’indebito, in applicazione dell’art. 2033 c.c., questa risulta
assoggettata all’ordinario termine di prescrizione decennale); e, per altro verso, a
chiarire che il rapporto in discussione è di tipo paritetico (poiché, in assenza di
esercizio di poteri pubblicistici, le posizioni delle parti del rapporto sono quelle di
diritto-obbligo, anziché da quelle di potere-soggezione), per cui la giudiziale
domanda proposta in questa sede va reinterpretata nel senso di richiesta di
accertamento della insussistenza del diritto (ovvero dei relativi presupposti) al
recupero attivato dall’Amministrazione della C.R.I..
Quanto al merito, va premesso che è ius receptum che il rapporto di pubblico
impiego non è assimilabile al rapporto di lavoro privato, in quanto gli interessi
coinvolti hanno natura indisponibile e l’attribuzione delle mansioni e del
correlativo trattamento economico devono avere il loro presupposto indefettibile
in un provvedimento di nomina o di inquadramento, non potendo tali elementi
costituire oggetto di libere determinazioni dei funzionari amministrativi, posto che
gli stessi sono oggetto di specifiche ed esaustive normative che disciplinano, nei
diversi comparti, l’assunzione a mezzo di concorso, la progressione in carriera, i
requisiti, gli organici.
Del resto, la giurisprudenza amministrativa si è ormai definitivamente orientata nel
senso di considerare irrilevante, nell’ambito del pubblico impiego, l’eventuale
svolgimento da parte del dipendente di mansioni superiori rispetto a quelle dovute
sulla base del provvedimento di nomina o di inquadramento, salvo che la legge
non disponga altrimenti; e ciò sia sotto il profilo della progressione di carriera che
sotto quello economico (cfr. Cons. di Stato sez. V, n. 2628 del 15.5.2013; Cons. di
Stato sez. VI, n. 2555 del 10.5.2013; TAR Campania-Napoli n. 2891 del 4.6.2013;
TAR Campania-Napoli n. 119 del 4.1.2013; TAR Campania-Napoli n. 4106 del
15.10.2012; TAR Campania-Napoli n. 2058 del 4.5.2012).
Il trattamento economico dei dipendenti pubblici è, quindi, correlato agli atti di
inquadramento nelle varie qualifiche, i quali, pertanto, valgono a sorreggere la
pretesa ad una retribuzione pari a quella normativamente stabilita sulla base della
qualifica formalmente posseduta (cfr. Cons. di Stato sez. III, n. 4854 del 13.9.2012;
TAR Molise n. 55 dell’1.3.2011).
Peraltro, la materia dell'inquadramento nel pubblico impiego si connota per la
presenza di atti autoritativi e quindi ogni pretesa al riguardo, in quanto radicata su
posizioni di interesse legittimo, può essere azionata soltanto mediante tempestiva
impugnazione dei provvedimenti che si assumono illegittimamente incidenti su tali
posizioni; con la conseguenza che il pubblico impiegato, che contesti il proprio
inquadramento in una data qualifica o con determinate modalità, ha l'onere di
impugnare il relativo provvedimento entro il termine perentorio di decadenza,
anche quando egli assume che gli spetta un determinato inquadramento (cfr. Cons.
di Stato sez. IV, n. 919 del 15.2.2013).
In particolare poi, va detto che per i militari l’inquadramento è direttamente
connesso con il grado posseduto, dal quale dipende anche la relativa anzianità di
servizio (cfr. art. 1782 co. 1 Decr. Leg.vo 66/2010, per il quale “L’anzianità di
servizio da ufficiale decorre dalla data del decreto di nomina, se nel decreto stesso non è fissata una
decorrenza diversa”); e che gli appartenenti alla C.R.I. sono assimilati appunto al
personale militare (cfr. gli artt. 1626 e segg. Decr. Leg.vo 66/2010, ed in
particolare l’art. 1652, che, in materia di anzianità di grado, dispone che “Per
determinare le anzianità di grado, assolute e relative, per la iscrizione nei ruoli degli appartenenti
al personale direttivo, valgono, per quanto applicabili, le disposizioni stabilite in materia dalla
Sezione II del Capo I del Titolo V del Libro IV”).
Su questa premessa, osserva allora il Tribunale che dato dirimente nella presente
controversia, alla luce dei motivi di ricorso formulati, è che Grosso Luigi, con
D.P.R. 17.5.1984 registrato presso la Corte dei Conti in data 25.7.1984 (registro 25,
foglio 379), è stato nominato sottotenente commissario C.R.I. con anzianità
6.7.1980 (quale ufficiale di complemento in congedo delle FF.AA.), e che su tale
base si è poi sviluppata la sua successiva carriera, sia dal punto di vista giuridico
che da quello economico: di conseguenza, la retribuzione corrispostagli in tutti
questi anni è risultata conforme all’inquadramento giuridico posseduto, per cui, in
assenza di modifica dello status così consolidato, risulta non conforme a diritto la
pretesa dell’Amministrazione di modificare in peius soltanto l’importo degli
emolumenti spettantigli, nonché quella di recuperare anche le somme che
sarebbero state corrisposte in più nel decennio precedente; e tutto ciò in forza del
solo assunto dell’esistenza di un errore nell’attribuzione dell’anzianità nel grado,
ma senza aver prima operato il necessario intervento modificativo sui
provvedimenti costitutivi dello status del dipendente (sulla necessità di tale previo
intervento cfr. Cons. di Stato sez. VI, n. 232 del 17.1.2011).
E’ pur vero che al giurisprudenza ha ripetutamente affermato che “In materia di
pubblico impiego, la corresponsione del trattamento economico al dipendente ha quale suo
necessario presupposto l'effettiva prestazione del servizio in base ad atto costitutivo del rapporto
d'impiego; pertanto l'Amministrazione, ove sia obbligata ad assegnare una decorrenza retroattiva
al rapporto stesso, se la corrispondente prestazione di servizio ha avuto inizio successivamente,
non è tenuta alla corresponsione del relativo trattamento retributivo, e ciò vale sia quando la
decorrenza retroattiva è dipesa da estensione del giudicato formatosi nei confronti di terzi a seguito
di provvedimenti adottati spontaneamente dall'Amministrazione, sia quando ciò avvenga in virtù
di una decisione giurisdizionale, in quanto in tal caso l'effetto del giudicato, pur importando
l'obbligo dell'Amministrazione di retrodatare la nomina (o l'inquadramento) ai fini giuridici, non
importa altresì l'obbligo di erogare le competenze economiche per il periodo di servizio riconosciuto
ai fini giuridici, ma effettivamente non espletato” (cfr. Cons. di Stato sez. IV, n. 919 del
15.2.2013; Cons. di Stato sez. III, n. 594 del 30.1.2013; Cons. di Stato sez. V, n.
3681 del 20.6.2011; TAR Puglia-Lecce n. 922 del 23.4.2013); ma l’applicazione di
tale principio, oltre a non essere calzante nel caso di specie (poiché sono in
discussione solo emolumenti collegati alla mera progressione di carriera successiva
al riconoscimento di una retrodatazione dell’anzianità di servizio), comunque non
potrebbe trovare spazio, visto che per molti anni la P.A. ha appunto adeguato la
retribuzione del dipendente alla disposta retrodatazione della nomina.
E della irregolarità dell’iniziativa del disposto recupero appare in qualche modo
consapevole anche la difesa erariale, visto che, nella memoria depositata l’8
novembre 2010, afferma, a pag. 6, che “quanto appena riferito costituirà, probabilmente,
oggetto di futuro contenzioso, specialmente in considerazione dell’eventuale reinquadramento
giuridico del personale militare coinvolto nella vicenda (che potrebbe comportare anche la
retrocessione dal grado), stante il fatto che in molti casi, il grado di maggiore e/o i gradi superiori
potrebbero essere stati conseguiti senza il possesso del requisito in parola”.
Pertanto, il ricorso va accolto per quanto di ragione, e va dichiarata l’attuale
insussistenza del diritto al recupero azionato dalla C.R.I., alla quale va fatto ordine
di restituire al ricorrente quanto fin qui illegittimamente trattenuto sulle sue
spettanze economiche.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima)
pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, proposto da Grosso Luigi, lo accoglie
e, per l’effetto, dichiara allo stato insussistente il diritto al recupero azionato dalla
C.R.I., e fa ordine a quest’ultima di restituire al ricorrente le somme fin qui
indebitamente trattenute, appunto a titolo di recupero, sugli emolumenti
spettantigli.
Condanna la C.R.I. alla rifusione in favore del ricorrente delle spese di giudizio,
che liquida in complessivi €2.000,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2013 con
l'intervento dei magistrati:
Alessandro Pagano, Presidente
Michelangelo Maria Liguori, Consigliere, Estensore
Massimo Santini, Primo Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/10/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)