Lieviti come ingredienti: la chiarezza mancante Giovanni Durazzo [email protected] Trattando qui di lieviti in funzione della loro capacità di produrre la lievitazione e non di altri, seppure importanti, funzioni tecnologiche o nutrizionali, notiamo in etichetta o in pubblicità sempre più di sovente che un tal prodotto é «lievitato naturalmente» e magari, in aggiunta, che non contiene additivi. Insomma, la diffusa non buona immagine che accompagna gli additivi alimentari spinge il sistema produttivo e gli esperti di marketing ad enfatizzare l’assenza dell’additivo da un lato e contestualmente la naturalità del suo contrario che la dizione «lievito naturale» porta con sé. Non sfugge che il quadro fattuale vede convivere sul mercato, accanto agli agenti lievitanti, definiti dal Reg. UE 1333/2008 come «sono sostanze, o combinazioni di sostanze, che liberano gas e in questo modo aumentano il volume di un impasto o di una pastella», i lieviti naturali. Mentre gli agenti lievitanti (i comunemente detti lieviti chimici), sono chiaramente individuabili nella lista degli ingredienti (grazie all’obbligo della loro precisa indicazione caratterizzata, come per tutte le altre sostanze classificate legalmente quali additivi, dalla lettera E ed il codice numerico od il nome scientifico, in entrambe le situazioni preceduti dalla categoria funzionale dell’additivo), nel caso del lievito naturale la situazione non é altrettanto chiara. Anche a livello di nomenclatura, va detto, siamo piuttosto in difficoltà visto che si parla, per l’appunto, di lievito naturale, lievito di birra, di lievito madre, di pasta acida, di lievito madre di pasta acida come se fossero quasi dei sinonimi. Salvo che, dentro alle selva di definizioni dei lieviti naturali vi sono due realtà differenti, quelli da pasta acida ed il lievito di birra, oltre alle misture dei due. Premesso che quello da lievito madre e quello di birra sono entrambi biologici (ovviamente in termini non giuridici) e naturali e che il lievito madre, caratterizzato dai batteri lattici determina lievitazioni con caratteristiche reologiche ed organolettiche sensibilmente (e misurabilmente) differenti rispetto a quelle determinate dal Saccharomyces cerevisiae -il così’ detto lievito di birra-, non si tratta qui di esprime un giudizio di apprezzamento. Dal punto di vista della situazione di fatto, come se non bastasse, accanto al lievito madre ed a quello di birra, come abbiamo visto entrambi naturali, vi sono le tante varianti che si basano sul principio dell’aggiunta del lievito di birra o al lievito madre, o ancor più semplicemente e diffusamente, al liofilizzato di lievito madre. Il tema non é solo tecnico, ma anche di rilevanza ai fini dell’informazione al consumatore -tanto più che siamo sulla via del traguardo nell’applicazione del Reg. UE 1169/2012-, visto che non solo i diversi lieviti determinano dei prodotti sensibilmente differenti per il consumatore, ma anche poiché il lievito naturale da pasta acida é prodotto dal fornaio stesso e necessita di essere mantenuto («rinfrescato» nella terminologia specifica), ogni giorno, controllato, prodotto nella quantità necessaria alla produzione del giorno successivo, da un tecnico addetto e specializzato, mentre la produzione con lievito di birra o miscele di liofilizzato o liquido di lievito madre con lievito di birra non necessita del mantenimento della pasta acida. 11 La Rivista di Scienza dell’Alimentazione, numero 1, Mentre il consumatore é informato dell’impiego dell’agente lievitante, quando egli trovi l’indicazione del lievito naturale in realtà, non avendosi la definizione legale del lievito (e corrispondentemente la conoscenza per comprenderla), in realtà egli sa come non é stato fatto lievitare il prodotto (con l’additivo), ma non viene informato positivamente. Volendo estremizzare il concetto, si omette al consumatore l’informazione se il lievito sia l’impasto che ogni giorno viene rinfrescato, o la polverina che (molto più comodamente e convenientemente, ma sicuramente con molto meno appeal comunicazionale), il fornaio acquista all’esterno ed impiega secondo necessità. E questa situazione di non chiarezza va a danno dei tanti forni artigianali od attività industriali che hanno continuato o ripreso, come é forte la tendenza attuale, la produzione di pane, suoi succedanei ed altri prodotti lievitati esclusivamente con lieviti madre. Senza dire della situazione, a parere dello scrivente ancora meno trasparente, di chi dichiari la lievitazione da pasta acida quando essa sia integrata con lievito di birra, o addirittura si ottenuta dalla rivitalizzazione dal liofilizzato di pasta acida effettuata con lievito di birra. In questi casi, non solo si parla di lievitazione naturale, ma talvolta non si cita neppure la presenza del lievito di birra in quanto ingrediente del lievito madre liofilizzato. Eppure l’interesse del consumatore c’é visto che nei lieviti liofilizzati, ad esempio, si possono utilizzare dei coadiuvanti tecnologici quali l’asperginase da Aspergillus niger autoclonato, o la asparaginasi d’Aspergillus oryzae modificato geneticamente o l’enzima di glutaminasi da Bacillus amyloliquefaciens o il fosfodiesterasi, o l’enzima da Penicillum citrinum, per citare soltanto i coadiuvanti ammessi in conformità al Decreto francese 19/10/2006. Il che, almeno sul piano dell’informazione del consumatore, ha rilevanza tanto più perché non essendo obbligatorio informare i consumatori dell’impiego dei coadiuvanti tecnologici, allora andrebbe per lo meno chiarita la differenza tra lievitazione con 12 gennaio-aprile 2014, ANNO 43 pasta acida, rispetto ad ogni altra lievitazione «naturale», termine che a questo punto suona particolarmente fuori luogo, oltre che ambiguo. Da quanto sopra, non sorprende che chi chiede maggiore chiarezza sia principalmente l’utilizzatore del lievito naturale di madre acida, mentre tutto il restante mondo del lievito «naturale» sposti l’attenzione (legittimamente) sul paragone con il lievito «chimico» senza tanto dire di sé medesimo. Cio’ che merita una particolare attenzione é la difficoltà, che talvolta proviene anche da organismi terzi che frappongono critiche alla comunicazione ed alla indicazione del lievito naturale di madre acida sia in etichetta che nella comunicazione al pubblico. È abbastanza paradossale, anche in via di stretto diritto, che due prodotti apparentemente identici, entrambi con lievito «naturale», ma uno con il lievito madre e l’altro con il lievito di birra o sue miscele, quindi alimenti non distinguibili se non all’assaggio, quindi soltanto dopo che l’alimento é stato scelto ed acquistato, non siano accompagnati da informazioni chiare che, prima dell’acquisto, informino il consumatore. E l’etichetta serve specialmente a permettere la scelta consapevole (art.4, punto n. 2, Reg UE 1169/2012) soprattutto quando le caratteristiche dell’alimento siano occulte e non evidenti. Insomma, vi é sul mercato una situazione totalmente difforme, a parere di chi scrive, da quanto previsto dalla normativa. Guardando oltre all’Italia, notiamo che in Francia il lievito naturale é il levain e quello industriale la levure de panification ; in lingua tedesca da un lato vi é il sauerteig e dall’altro l’hefe ; in Spagna la levadura de masa madre e la lavadura prensada industrial ; in Gran Bretagna abbiamo il sourdough ed il bakery yeast. Dunque, in Paesi importanti e partner dell’Unione e quindi produttori e concorrenti, la distinzione non é lasciata al buon cuore dei produttori od alle alterne sensibilità degli organi di controllo, ma all’applicazione del diritto in tema di informazione del consumatore.
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