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Realtà Criminale
Storia passata e contemporanea delle associazioni a delinquere tra criminali e politici
di Valerio Cianfanelli
(Prima parte)
"Non si può evadere da questo mondo". Forse ha ragione il presidente della repubblica Giorgio
Napolitano, che nel suo più recente discorso, menziona ostacoli, malattie, emergenze come “i mali” del
mondo. Ne manca uno però: la corruzione. E' uno dei mali più grandi, specialmente nel nostro Paese.
Per esempio, nelle ultime settimane è uscita questa sconvolgente, quanto inaspettata e sorprendente
notizia, che alcuni criminali, politici, colletti bianchi e imprenditori sono stati beccati mentre rovistavano
nelle tasche di uno sprovveduto uomo non vedente: lo Stato Italiano.
Successivamente i magistrati hanno chiamato l'inchiesta Mafia Capitale o Mondo di mezzo, nome ripreso
dalle parole di un famoso galantuomo della Roma bene, Massimo Carminati, rivolte a un altro onesto
cittadino: "E' la teoria del mondo di mezzo.. Ci stanno i vivi sopra e i morti sotto, e noi stiamo nel mezzo".
Massimo Carminati è il capo di questa associazione.. a delinquere. Negli ultimi anni trascorreva il suo
tempo a fare incontri, parlare con gente importante e, di tanto in tanto, se eri fortunato, potevi vederlo
seduto sulla panchina al benzinaio della trafficata Corso di Francia.
Ma prima? Prima si era guadagnato il soprannome di “er cecato” per via di un banale scontro a fuoco
contro la Polizia, mentre cercava di superare il confine con la Svizzera. E' famoso a Roma Carminati, che
nasce a Milano e si trasferisce nella capitale da ragazzo. A scuola conosce Valerio Fioravanti e
Alessandro Alibrandi che lo introducono nel panorama dell'estrema destra italiana, più in particolare
milita in Avanguardia Nazionale e nei NAR, Nuclei Armati Rivoluzionari. Valerio Fioravanti, detto
Giusva, lo ritiene "uno che non voleva porsi limiti nella sua vita spericolata, pronto a sequestrare,
uccidere, rapinare, partecipare a giri di droga, scommesse, usura". Ma Carminati cresce ancora di più,
capisce che le ideologie politiche non lo porteranno da nessuna parte e inizia a preferire obbiettivi legati
all'utilità economica. Così si dedica alla criminalità organizzata, più in particolare con Franco
Giuseppucci e Danilo Abbruciati, due dei boss più importanti della sanguinaria Banda della Magliana,
che lo presero sotto la loro ala protettrice per via della stima che provavano verso di lui motivata dalle sue
“azioni”. Inizialmente con la Banda si scambiavano solo favori: i soldi sporchi provenienti dalle rapine
messe a segno da Carminati, Fioravanti e soci venivano consegnati ai boss della Magliana, che avrebbero
potuto reinvestirli in droga, gioco d'azzardo e usura, riconsegnandoli poi come soldi “puliti”.
Successivamente il ruolo dei NAR in generale e di Carminati in particolare, cambiarono: infatti si
adoperavano in azioni di recupero crediti, danneggiamenti e anche killeraggio contro i “nemici della
Banda”. Quando questa crollò - sì crollò, perché non smise di esistere in diverse forme o meglio non
smisero di esistere la maggior parte dei suoi componenti - a causa delle divisioni interne tra testaccini e
maglianesi, molti pentiti fecero il nome di Carminati indicandolo come autore di molte azioni per loro
conto.
Notizia dell'ultima ora: richiesto art.41bis, o carcere duro, per Carminati. Mossa che si potrebbe definire
inevitabile da parte dei magistrati. Ma perché tutto ciò non è stato fatto prima che tutto accadesse?
Rifacciamo un passo indietro: la Banda perde i pezzi, alcuni dei componenti, messi alle strette, iniziano a
confessare e fare nomi. Tra questi viene fuori anche quello di Carminati. Antonio Mancini, detto
l'accattone, dichiarò alle forze dell'ordine in merito all’omicidio del giornalista Mino Pecorelli che "fu
Massimo Carminati a sparare assieme ad Angiolino il biondo (Michelangelo La Barbera, ndr). Il delitto
era servito alla Banda per favorire la crescita del gruppo, favorendo entrature negli ambienti giudiziari e
finanziari romani”, ossia negli ambienti che detenevano il potere. Nonostante le dichiarazioni del pentito,
Carminati fu assolto per non aver commesso il fatto. Stessa cosa per quanto riguarda il depistaggio legato
alla strage di Bologna. Infatti Carminati fu accusato, quindi indagato, di aver inquinato le prove
dell'attentato a causa del ritrovamento su un treno di una borsa contenente un fucile, lo stesso tritolo usato
per l'attentato e due biglietti del treno a nome di due estremisti stranieri.
Er Cecato, infatti, era uno dei pochi a possedere le chiavi dell'arsenale della Banda situato nel Ministero
della Sanità (!) e il fucile ritrovato a bordo era uno di quelli della Banda. Ma fu ugualmente assolto.
Stessa sorte nel processo per l'omicidio di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, i due militanti di sinistra
assassinati a Milano la sera del 18 marzo 1978, con otto colpi di pistola. Con Carminati vennero indagati
altri due neofascisti romani, ma il Giudice delle Udienze preliminari del Tribunale di Milano, Clementina
Forleo, decretò l'archiviazione del procedimento a loro carico mettendo così la parola fine all’inchiesta
indirizzata, sin dall'inizio, negli ambienti dell'estremismo neofascista ma che, come recitano le
conclusioni di quel documento: "pur in presenza dei significativi elementi indiziari a carico della destra
eversiva ed in particolari degli attuali indagati, appare evidente allo stato la non superabilità in giudizio
del limite appunto indiziario di questi elementi, e ciò soprattutto per la natura del reato delle pur
rilevanti dichiarazioni."
Nel 1987 Carminati fu condannato definitivamente per la rapina alla Chase Manhattan Bank del 27
novembre 1979 a tre anni e mezzo di reclusione; su questa pena intervenne un indulto e uno sconto di
pena legato alla buona condotta. Nel 1988, a Milano, Massimo Carminati venne condannato dalla Corte
d’Appello per ricettazione, reato avvenuto il 20 aprile 1981. La condanna a otto mesi venne cancellata
dall'indulto del 1991. Infine nel 1995 ci fu il grande processo dell'operazione “Colosseo”, che vide alla
gogna la Banda della Magliana al completo. In questo processo, in cui sessantanove appartenenti al clan
furono chiamati a rispondere di reati quali traffico di sostanze stupefacenti, estorsioni, riciclaggio,
omicidio, rapina e soprattutto associazione a delinquere di stampo mafioso, venne processato e
condannato anche Massimo Carminati. Il pubblico ministero chiese una pena pari a venticinque anni di
carcere in seguito alle dichiarazioni del pentito Maurizio Abbatino. Dopo due gradi di giudizio, il 27
febbraio 1988, Carminati venne condannato a dieci anni di reclusione in primo grado ridotti a sei anni e
sei mesi in appello. E' famoso a Roma Carminati, soprattutto tra criminali e negli uffici giudiziari.
La storia di quest’uomo è solo una delle tante, strane storie che si possono raccontare a proposito di
questi criminali particolari, che inizialmente si facevano strada a colpi di pistola, ma poi si legavano a
politici e colletti bianchi. Insieme per un intento comune, oltre i colori, rossi o neri non conta, oltre al ceto
sociale: insieme per fregare l'intero Stato e i “morti”, ovvero noi gente qualunque.
Questo articolo è solo il primo di una serie che puntano a non far dimenticare il passato, perché le cose
che succedono oggi sono solo una conseguenza impolverata delle faccende accadute in tempi meno
recenti. Puntano a capire o cercar di capire. Puntano a individuare tasselli mancanti o incompatibilità.
Sperando e auspicando che la legge, almeno questa volta, non perdoni personaggi del calibro di
Carminati, conosciuti da tutti eppure da nessuno. Sono scritti e vengono scritti, per chi come me non si
ferma all'apparenza e per chi vuole scoprire curiosità e stranezze dei tempi nostri, ma anche di quelli
meno recenti della Banda della Magliana. Il titolo vuole mettere in chiaroche le cose scritte sono la
cruda realtà dei fatti accaduti e non una realtà romanzata.