Lunedì 15 dicembre 2014 – Anno 6 – n° 345 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma - tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 e 1,40 – Arretrati: e 2,00 - Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) - Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 Ma mi faccia y(7HC0D7*KSTKKQ( +[!#!?!#!, Colonna sonora della settimana w il piacere Pupo: “La canzone della mia vita è Vedrai vedrai, di Luigi Tenco. Mi commuovo ogni volta che l’ascolto” a cura di Martina di Marco roprietà transitiva. P “Non considero lo scioglimento del Comune di Ro- Castigliani Ascolta su w www.ilfattoquotidiano.it LA GIORNATA DI IERI w IL PREMIER NEL GUADO w Il ribelle: “Smettila con i gufi w PALLONATE w Il n. 1 del Genoa - condannato per frode e dì se vuoi le elezioni”. La risposta: “Basta diktat” sportiva per una mazzetta - protesta contro l’arbitraggio Pesci in faccia Fassina-Renzi Preziosi, senti chi parla: E B. minaccia sul Quirinale “Mafia Capitale in serie A” Marra e Nicoli » pag. 2 - 3 Calapà » pag. 3 I PADRONI DI ROMA CLOACA MASSIMA talk e polemiche trascuriamo chi soffre per la crisi w 40 ANNI DOPO w Villaggio fa rinascere per noi l’eroe nato nel ‘75 ma un'opzione perchè ogni giorno di più emergerà che il sindaco Ignazio Marino è stato un problema per la malavita organizzata” (Matteo Orfini, presidente del Pd e commissario del partito a Roma, 9-12). Infatti fino all'altroieri era un problema anche per il Pd. Canti Orfinici. “Orfini: 'Il partito romano dev'essere raso al suolo'” (Repubblica, 11-12). Esclusi i presenti. Bel suol d'amore. “In Libia mancano figure legittime” (Roberta Pinotti, Pd, ministro della Difesa, Corriere della sera, 13-12). Tipo in Italia. La Dogaressa. “Da due giorni il telefono non fa che squillare: non accadeva neanche quando presentavo Domenica In o vincevo otto Telegatti. L'idea di Berlusconi di candidarmi a sindaco di Venezia è un onore. Cosa ci sarebbe di male? Non devo nessuna spiegazione, non devo difendermi da niente. Sono perbene, sono onesta” (Mara Provoleri in arte Mara Venier, Repubblica, 10-12). Anzi, è perfetta: avendo patteggiato una pena di 1 anno e 4 mesi di reclusione per concussione fin dal 1998, s'è portata avanti col lavoro: diversamente dal predecessore, arriverebbe in Comune già mangiata. Chi spara, chi spera. “Mafia Capitale? Dove sono i morti? Se c’è la mafia, voglio i morti sul selciato, sennò che mafia è? Questa inchiesta è una bufala” (Giuliano Ferrara, Il Foglio, 9-12). Se i giornalisti sono tutti come lui, i mafiosi risparmiano volentieri le pallottole. Cessis. “Ho nominato mio figlio direttore generale del Censis, e allora? Il Censis è un'azienda privata, chissenefrega! Questa è una strategia voluta, per mantenere il binomio De Rita e Censis. Analizzare altri curriculum? Ma lei mi sfotte?” (Giuseppe De Rita, La Zanzara, Radio24, 9-12). Ma è De Rita o De Mita? Compro A CACCIA DEL TESORO DELLA MAGLIANA La banda non era finita con De Pedis. Ma si è buttata in affari tra imprese, locali e cooperative dal volto umano. Sulle tracce dei milioni di Carminati e dei suoi amici, tra politica corrotta, ‘ndrangheta e Cosa Nostra. E tante morti misteriose Camuso, Di Giovacchino e Rodano w pag. 4 - 7 con racconto di Fornario w EDITORIALE w Tra Travaglio una consonante. “Tra poco a Porta a Porta i retroscena dell'interrogatorio della mamma di Floris rivelati dall'avvocato della donna” (Bruno Vespa a proposito dell'arresto della madre di Loris Stival, Twitter, 10-12). Niente Floris, ma opere di bene. Segue a pag. 18 w RUBRICA w Dario Fo inaugura il viaggio del Fatto del lunedì Solo l’Italia “Io, Fantozzi si è dimenticata lasciato a spasso il reddito minimo dal Jobs Act” Il paradiso è il gioco dei bambini di Ferruccio di Dario Sansa di Emiliano Liuzzi e Paolo Villaggio e diventerò governatore della Liguria proporrò sono Fantozzi, ragionier Ugo”. Paolo Villaggio si S Ioauto-commemora un reddito minimo garantito”. quarant’anni dopo la nascita di una La promessa fatta da Sergio Cofferati durante uno delle maschere più famose del cinema italiano. L’eroe del dei tanti dibattiti per le primarie del Pd è passata » pag. 18 inosservata. posto fisso. Ma come sarebbero Fantozzi, Filini e la Sil» pag. 8 - 9 vani negli anni del jobs act? Licenziati. G Fo li unici veicoli che ho del paradiso sono la memoria dell’infanzia e i sogni. Ho avuto la fortuna di nascere e vivere i primi anni della mia fanciullezza sul Lago Mag» segue a pag. 18 giore. 2 PARTITA DOPPIA LUNEDÌ 15 DICEMBRE 2014 DIARIO DELLA GIORNATA CORRUZIONE E CONCUSSIONE VENEZIA Alfano: “Norme troppo blande? Ha deciso tutto Palazzo Chigi” Ultimo giorno delle navi-mostro: da gennaio laguna liberata Alfano scarica su Renzi ogni responsabilità sul testo governativo che dovrebbe inasprire le pene sulla corruzione: “AI Consiglio dei ministri - ha spiegato il ministro dell’Interno ieri a In 1/2 ora di Lucia Annunziata è arrivato un testo e noi lo abbiamo approvato”. Puntualizzando di non essere intervenuto per limare il testo sui fenomeni di concussione. Contro il ddl ieri si sono schierati tra gli altri l’Associazione dei magistrati e il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti: “Le misure del governo sono insufficienti, meglio le proposte del Movimento 5 Stelle”. Venezia ha salutato ieri l’ultima “grande nave” da crociera in partenza dalla Marittima, prima dello stop che dall’1 gennaio 2015, in base al decreto attuativo del Governo, impedirà il passaggio davanti a San Marco dei transatlantici oltre le 96mila tonnellate. Per conoscere il futuro delle navi sopra le 100mila tonnellate a Venezia bisognerà attendere il pronunciamento della commissione Via del ministero dell’ambiente, la quale deve esprimersi sul progetto di escavo del Canale Contorta-S.Angelo, la via alternativa per giungere alla stazione marittima senza passare davanti a San Marco. FASSINA ACCUSA IL SEGRETARIO “Non permetterti più” Ma Renzi tira dritto di Wanda Marra VOCI DI ASSEMBLEA o da piccolo volevo cambiare il mondo, non fare la moviola”. Assemblea Pd, Hotel Parco dei Principi a Roma. Matteo Renzi, in maniche di camicia (bianca ovviamente), conia la metafora che è insieme rivendicativa nei confronti delle minoranze. Ma anche amara. Perché più che a passo di marcia, gli tocca andare al rallentatore. E alla fine della giornata, all’attivo del segretario-premier, non ci sono espulsioni, né sanzioni, ne per i “ribelli”. Non c’è neanche la conta finale su una relazione, che dice poco. I NOEMI GALLO ‘INVOCA’ L’ISTITUTO LUCE Serve un ‘ufficio stampa Paese’ che cambi una stampa che mette al centro parole che non sono interessanti per l’Italia DALL’ALTRA parte, non c’è né l’Aventino (D’Alema non è venuto per non farsi insultare, Bersani diserta a casa di un mal di schiena, ma gli altri sono presenti), né strappi espliciti e definitivi. Stefano Fassina si conquista applausi entusiasti della platea quando urla in faccia al leader: “È inaccettabile, non ti permetto più di fare caricature di chi non la pensa come te. Se vuoi andare a votare, dillo”. Ma non parla di scissione. Non è una battaglia campale quella nel Pd, è una guerra di trincea. Maggioranza e minoranza si muovono da separati in casa, costretti a rimanere insieme, per ragioni di opportunità e di necessità. La prima, ORFINI: SEMBIAMO IL ‘TRONO DI SPADE’ Nel ‘Trono di spade’ si elegge il re e poi tutto il resto del regno inizia a tramare per ammazzarlo “ “ l’elezione del presidente della Repubblica, ormai alle porte. Passaggio di basso profilo nell’intervento di Renzi: “Io non sono preoccupato, questo Parlamento sarà nelle condizioni di eleggere il capo dello Stato quando sarà il momento. Non è il momento per evocare paure e minacce”. Ci pensa Berlusconi a metà della riunione del Pd a farlo: “Il Colle è nel Patto del Nazareno”. Smentita ufficiale alle telecamere del vicesegretario, Lorenzo Guerini, presente a tutte le riunioni tra Matteo e Silvio. E però, quello che suona come un altolà da parte del Cavaliere arriva a compromettere un equilibrio delicatissimo: il premier ha bisogno della minoranza, con la quale sta trattando, a partire da Pier Luigi Bersani (al quale lascia persino coltivare qualche illusione sulla sua persona), finito su una inconsueta linea di dialogo negli ultimi giorni. Tra critiche della magistratura alle nuove misure anti-corruzione, legge elettorale che questa settimana arriva al voto in Commissione al Senato nella più totale confusione, riforme costituzionali appena licenziate dopo un corpo a corpo estenuante tra renziani e “dissidenti”, la giornata di ieri è uno show, senza showdown. Renzi apre i lavori parlando quasi per un’ora. Cri- tiche al passato. Non si capacita di “come si possa aver perso venti anni di tempo senza aver realizzato le promesse” che l’Ulivo aveva indicato in campagna elettorale. Filosofia chiave: “Siamo quelli che cambiano l’Italia, non quelli che si mettono a mugugnare su chi cambia l’Italia”. Ammonimento/avvertimento: “Tutti quelli che stanno nel Pd devono avere l’onestà come elemento fondamentale”. Ironia ai danni della magistratura: “L’indignazione e lo schifo non ci bastano. Io chiedo ai magistrati di arrivare velocemente ai processi. Devono parlare un po’ di più con le sentenze e un po’ meno con le interviste”. Matteo Renzi ieri all’assemblea Pd Ansa L’AFFONDO interno arriva alla fine: “Il Pd non starà fermo per i diktat della minoranza. Sia chiaro che si farà ogni sforzo per il dialogo fino all’ultimo giorno, ma non staremo nella palude per guardare il nostro ombelico”. Ma è un affondo di rito, lo stesso che il segretario replica ormai ad ogni riunione dem. Rimasta sul tavolo anche la pistola carica dei conti delle vecchie segreterie. I dossier sono pronti, ma meglio non scaricare tutte le munizioni subito. E poi, a scoperchiare il vaso di Pandora, non si sa mai cosa si trova. Attesa per la replica della minoranza. Anzi delle minoranze, che nella migliore tradizione procedono divise. Per usare gli aggettivi di Fassina il “raffinato” Cuperlo si limita all’analisi ( “Le piazze non diventino il nostro nemico”) e il “diplomatico” D’Attorre vorrebbe un grazie per il lavoro fatto in Commissione alla Camera. Fassina, appunto, è l’unico che va all’attacco. Civati non interviene e parla di una scissione. Ma futura. Se si vota. La Bindi passa e poi va in tv a rivendicare la grande tradizione dell’Ulivo. Nella replica Renzi si rimette la giacca. A Fassina risponde ribadendo l’orizzonte di legislatura: “Non ha senso votare a ogni intoppo”. Alla Bindi: “Contrasto il racconto mitologico e nostalgico dell’Ulivo quando quella esperienza è stata mandata a casa dai nostri errori e dalle nostre divisioni”. Chiarisce: “Non sono affezionato a un principio di obbedienza, in un partito sta insieme sulla base del principio di lealtà”. Chi si aspettava qualche cedimento è rimasto deluso. Più deluso ancora chi conoscendo Renzi vedeva maturo il tempo degli strappi. Di questi tempi, come in ogni matrimonio di convenienza, rompere è un lusso. B. E IL “PATTO” “Matteo ricordati: il Quirinale è nel Nazareno” di Sara Nicoli N on vede l’ora di riconquistare la sua agibilità politica per rituffarsi nell’agone di una campagna elettorale a primavera che lui dà ormai per scontata. Ma fino a quel momento, quando saluterà gli anziani di Cesano Boscone (succederà “il 15 di febbraio – dice - e ci sarà un cambio assoluto nel modo di relazionarci con gli elettorio”) resterà fermo, ma vigile, nella sua posizione di contraente del Patto del Nazareno. Una visuale di assoluto privilegio per Berlusconi. Anche ieri ha fatto capire il perché, con una frase che è arrivata come una secchiata di acqua gelata sugli spiriti fin troppo bollenti che si stavano confrontando nel catino della direzione Pd. Al telefono con i club dell’Emilia Romagna, riuniti a Imola, il Cavaliere ha buttato lì una frase tutta diretta a Renzi: “È logico – ha detto - che non potrà essere eletto un Capo dello Stato che a noi non sembri adeguato all’alta carica che dovrà ricoprire". Che nessuno s’immagini, insomma, che Berlusconi sia politicamente sepolto. E che, soprattutto, non voglia prendere parte attiva in una partita così importante come quella della successione a Napolitano. Dalla quale potrebbe anche dipendere la sua speranza di ricevere un giorno l’agognata grazia. E ancora: per dare un segnale inequivocabile al suo principale interlocutore (il Pd renziano), Berlusconi ha fatto chiaramente capire - come se non fosse noto – che uno dei puntelli del Patto è proprio la condivisione di un nome per il Colle, anche se poi, per rinfrancare le sue truppe un po’ stanche, ha puntualizzato: “Non potevamo dire no al patto del Nazareno, un patto che ci dà tanto fastidio, perchè non ci fa fare opposizione vera e ci crea problemi all’interno. Ma come facciamo a dire di no alle riforme che consentono il bipolarismo e il superamento del bicameralismo?”. Già, come si fa. CHIARO CHE, subito dopo queste dichiarazioni, nel Pd è partita la gara alla smentita di facciata. Prima è arrivata Debora Serracchiani, subito dopo è stata la volta di Lorenzo Guerini: “Non c’è nessun accordo nel patto del Nazareno che riguarda l’elezione del presidente della Repubblica. Quando sarà il momento, costruiremo un percorso in Parlamento parlando con tutte le forze politiche, come abbiamo sempre detto”. Intanto, però, Berlusconi ha già messo una pesante ipoteca su quel prossimo, delicato passaggio parlamentare. E non solo con le parole di ieri. Come svelato dal Fatto il 2 agosto scorso, nel Patto del Nazareno c’è una clausula, sottoscritta da Renzi e Berlusconi, per escludere a tutti i costi la nomina di Romano Prodi. Il Cavaliere, insomma, vuole essere assolutamente certo di non trovarsi al Colle qualcuno che pregiudichi anche la sopravvivenza stessa di Forza Italia, un partito oggi in default economico con gli ultimi 50 dipendenti messi da qualche giorno in cassa integrazione. “Oggi nessuno di noi, con quel che succede, può essere sicuro dei suoi diritti, dei suoi beni, perfino della sua libertà – ha concluso Berlusconi - dobbiamo cambiare il nostro Paese, dobbiamo uscire dall’oppressione fiscale, burocratica e giudiziaria in cui ci troviamo”. Frase da campagna elettorale, certo. Ma prima c’è da nominare il successore di Re Giorgio. E Silvio vuole essere uno dei protagonisti assoluti. IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ LUNEDÌ 15 DICEMBRE 2014 3 GIAPPONE TURCHIA Elezioni anticipate, Abe vince: pronto il rilancio del nucleare Erdogan ordina: l’antiterrorismo arresta giornalisti “nemici” I risultati del voto in Giappone "indicano che gli elettori sperano che la 'Abenomics' sia ulteriormente promossa": così il premier Abe sulla conferma dell’ampia maggioranza nel rinnovo della Camera Bassa insieme all’alleato New Komeito, che sembrerebbe avviata a superare i due terzi: “La priorità è il rilancio dell’economia”. Che secondo Abe passa anche attraverso il rilancio del nucleare. Il premier giapponese ha quindi avuto premiata la scelta di andare ad elezioni anticipate per blindare ancor di più il suo mandato che ora rischia di diventare tra i più longevi della storia nazionale. Ennesimo colpo di maglio del presidente turco Recep Tayyp Erdogan contro i media e i giornalisti sostenitori dell’imam Fetullah Gulen, capo della confraternita islamica Hizmet, suo ex-alleato oggi nemico numero uno rifugiato negli Usa. La polizia anti-terrorismo ha portato a termine ieri una vasta operazione in 13 città tra cui Istanbul ed ha arrestato almeno 24 persone. In particolare sono stati presi di mira giornalisti di Zaman, uno dei più importanti quotidiani, da sempre vicino al predicatore: in manette è finito anche il direttore Ekrem Dumanli. IL PRESIDENTE DELLA MAZZETTA di Giampiero Calapà N ella sonnolenta domenica pomeriggio di una Serie A lontana da fasti e campioni antichi ci pensa il presidente del Genoa, Enrico Preziosi, quello dei giocattoli, dal curriculum non proprio felice, a spostare l’attenzione tirando Mafia Capitale dentro al campionato. Queste le sue parole ai microfoni di Sky: “A Roma stanno succedendo troppe cose, non vorrei fosse coinvolto anche il calcio...”. Il suo Genoa ha appena perso, in casa ma con un uomo in meno per un’ora abbondante, contro la Roma che in classifica segue la capolista Juventus. C’è anche un gol annullato. La solita polemica sugli arbitraggi è nella norma, infatti le altre parole sono quelle sentite mille volte: “Mi spiace per l’arroganza di certi arbitri. Banti per noi è una iattura. Non sa gestire le gare, perché innervosisce molto il pubblico con certe decisioni, al di là del fatto che sia in buona o cattiva fede”. Fuorigioco colpa di Carminati: Preziosi no limits Il presidente del Genoa, Enrico Preziosi. L’attimo del gol annullato al Genoa ieri con la Roma Ansa-LaPresse IL NEMICO INTERNO “Niente scissioni ma il premier sbaglia tutto” a replica? È stata peggio dell’inL tervento. Anche perché Renzi ha spostato tutto il discorso sul sindacato, mentre quello che gli dicevo io è che il Pd non rappresenta più i lavoratori”. Stefano Fassina, ex responsabile Economia del Pd di Bersani, ex vice ministro di Letta, è l’uomo del giorno. In un’assemblea caratterizzata da toni bassi e minacce felpate, è salito sul palco a metterci la faccia. E ha urlato al segretario premier: “Il presidente del Consiglio cerca giustificazioni per un voto anticipato. È inaccettabile la delegittimazione morale e politica di chi ha posizioni diverse dalle tue: io non sto in Parlamento per gufare ma per esprimere un punto di vista costruttivo”. Una vera e propria invettiva: “Non accetto caricature, la minoranza non fa diktat nè il congresso anticipato. Se vuoi andare a elezioni dillo, assumiti la tua responsabilità e smettila di scaricarla su altri”. Ma se si aspettava cedimenti o aperture, nella replica del segretario non sono arrivati. Onorevole Fassina, e adesso? Adesso continuiamo a fare opposizione dall’interno nel merito, in Parlamento. Molti la danno sulla via della scissione. Se ne va? Non è nei miei progetti. Il mio impegno è nel Pd. A Civati che pensa ad andarsene, cosa dice? Che il Pd è il nostro partito. Berlusconi ha svelato che nel Patto del Nazareno c’è anche il presidente della Repubblica. Cosa ne pensa? Non mi stupisce. Ma il nuovo capo dello Stato dev’essere eletto con una larga convergenza, insieme anche a Cinque Stelle, Lega e Sel. wa.ma. E FIN QUI niente di che, ma poi Preziosi piazza la zampata con l’affermazione riferita al terremoto giudiziario che dal 2 dicembre scorso ha sconvolto Roma, svelando l’esistenza di una nuova mafia i cui tentacoli arrivano ovunque, nella politica (l’ex sindaco Gianni Alemanno è indagato per associazione mafiosa) e anche a personaggi della televisione e dello sport. In particolare Preziosi non può che riferirsi all’intercettazione, finita nelle carte dell’inchiesta della Procura di Roma, in cui compare il nome di Daniele De Rossi. Un episodio privo di alcun rilievo penale, posto solo ad esempio della rete di conoscenze capillare in cui si muovevano i contatti di Mafia Capitale. Nella fattispecie Giovanni De Carlo, detto Giovannone, indagato non per mafia, ma solo per trasferimento fraudolento di beni, vicino ad Ernesto Diotallevi, ex boss della Banda della Magliana. Alle 3 del mattino del 30 settembre 2013 De Carlo “rispondendo a due tentativi di chiamata fatti poco prima” proprio da De Rossi, scrivono gli inquirenti, richiama il calciatore “chiedendogli di cosa avesse bisogno”. De Rossi pochi minuti prima aveva avuto un’accesa discussione con un ragazzo in un locale notturno, temeva ci potessero essere brutte conseguenze per lui e per il compagno di squadra Mehdi Benatia, oggi al Bayern di Monaco. Per questo motivo chiama De Carlo. “Chiamame sempre, bravo, hai fatto bene amico mio”. De Rossi, che ieri non ha giocato, si è difeso il 5 dicembre, il giorno dell’uscita sulla stampa di questa conversazione, dicendo: “Ho chiamato De Carlo solo perché avevo visto che prima stava in quel locale e perché conosceva quel ragazzo”. Poi ci so- no alcuni contatti diretti nel 2012 tra Massimo Carminati, il Cecato accusato di essere il capo di Mafia Capitale, e Daniele Pradè, direttore sportivo della Fiorentina, in precedenza alla Roma. Così il patron della Giochi Preziosi, quarta azienda di giocattoli al mondo, ne ha approfittato lanciando alla Roma e alla Serie A una inquietante accusa, senza specificare niente di più. MA CHI é Enrico Preziosi? Alla fine degli anni ’90 compra il Como e lo porta dalla C alla A: finì con qualche giorno di carcere patteggiando una pena, poi sospesa, di un anno e undici mesi per bancarotta fraudolenta. Nel 2003 compra il Genoa, ma viene accusato di aver mantenuto il controllo occulto del Como. Anche qui finisce con un patteggiamento e nel 2009 dei 5 anni di sospensione dalle attività sportive richiesti, la Disciplinare si accontenta di 4 mesi e di una multa da 100 mila euro. Nel 2005 il Genoa è promosso in Serie A. Ma è un sogno che si spegne sulla combine di una partita. Nel giugno 2005 il dirigente del Venezia Paolo Pagliara viene fermato dalla Guardia di finanza mentre esce dalla Giochi Preziosi con una mazzetta di 250 mila euro. Il Genova viene spedito in C1, la giustizia ordinaria condanna Preziosi a quattro mesi per frode sportiva. Nel 2012 e 2013 il suo nome finisce di nuovo su registri degli indagati a Cremona e a Genova, per un mancato versamento di ben otto milioni di iva. Ieri, in serata, arriva la replica dell’As Roma: “Dichiarazioni che non meritano commento, al presidente saranno sfuggite per l’amarezza del post partita”. MAFIA CAPITALE L’uomo Pd: “Buzzi, trovami casa” Mentre Marino cambia assessore DOPO l’Ama, l’azienda che si occupa dei ri- fiuti, nell’inchiesta sul “Mondo di mezzo” compare anche l’Atac, la mastodontica municipalizzata dei trasporti romani. Da un’intercettazione emerge che Andrea Carlini, fino al 2013 nel consiglio di amministrazione, ma soprattutto nella direzione regionale del Pd Lazio, avrebbe “chiesto a Buzzi (il capo della cooperativa 29 giugno adesso detenuto nel carcere di Nuoro, ndr) di acquistare in suo favore un appartamento da 50 metri quadri”. Il favore, per i Ros dei carabinieri, sarebbe stato “funzionale a ottenere illeciti vantaggi” proprio alla cooperativa di Buzzi “in procedimenti pubblici amministrativi”. C’è anche un litigio telefonico tra i due con Buzzi che minaccia: “Dimmi dove sei... ti spacco il culo... Il vaffa... a me te lo rimangi, capito?”. Segue un sms di pace di Carlini: “Non sono tuo nemico”. A cui Buzzi risponde: “Nemmeno io il tuo”. In un’altra conversazione Buzzi si vanta: “La prossima settimana vado a pranzo con Pedetti e Carlini, mi compro pure lui, gli compriamo casa”. Pierpaolo Pedetti, consigliere comunale del Pd, non è indagato: “Da parte mia mai alcun favoritismo alla 29 giugno”. In Campidoglio Il capo della cooperativa 29 giugno Salvatore Buzzi Ansa domenica di lavoro per il sindaco Ignazio Marino, che continua i cambiamenti nella sua giunta. Salta proprio Rita Cutini, l’assessore ai servizi sociali sommersa dalle critiche nei giorni di Tor Sapienza, ma ritornata “forte” dopo la divulgazione di un’altra intercettazione di Buzzi: “Con la Cutini siamo proprio messi male”. Nonostante questo qualcosa col sindaco Marino si è rotto, tanto che l’addio dell’assessore non avviene senza una nota polemica: “Il contrasto alle situazioni gestite in emergenza, l’azzeramento dei fuori bilancio del 2014, la scelta di procedure amministrative rigorose e non aggirabili (come lo Sprar) sono state il fondamento della mia azione. Il sindaco non ne ha fatto il perno della ricostruzione necessaria”. Al suo posto arriva un’altra “tecnica”: Francesca Danese, anche lei cattolica, presidente del Centro per i servizi del volontariato del Lazio. 4 CLOACA MASSIMA LUNEDÌ 15 DICEMBRE 2014 Un nuovo connubio con le imprese RAPPORTI ECONOMICI ”Il vero dato nuovo e preoccupante, è rappresentato dal fatto che i fenomeni di compenetrazione tra mafia e impresa erano storicamente confinati nelle ben note aree geografiche dell’Italia meridionale (...) Oggi, invece, riscontriamo un intenso e disinvolto connubio tra forme evolute di associazioni mafiose e imprenditori calabresi e lombardi, pronti a fare affari illegali insieme come se niente fosse …”. È quanto scrive il Gip nell’ordinanza su Mafia Capitale nella parte dedicata ai rapporti economici. “Dagli imprenditori che hanno instaurato un simile rapporto di scambio - scrive il giudice - il gruppo mafioso pretende prestazioni diffuse, che possono assumere il contenuto più vario. Gli imprenditori collusi sono disposti a trovare con i mafiosi un accordo attivo dal quale derivano obblighi reciproci di collaborazione, scambio e lealtà. LA BANDA È VIVA DOPO GLI ARRESTI DEGLI ANNI ‘90 MAFIA CAPITALE HA CONTINUATO A ESISTERE, A INVESTIRE IN APPALTI, A TESSERE LEGAMI CON IL POTERE E LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA di Angela S Camuso Caccia al tesoro della Magliana arebbe un errore annoverare ‘Mafia Capitale’ nel catalogo delle nuove mafie. Perché deve escludersi che la sua genesi sia recente” e anzi deve “reputarsi che essa sia radicata da tempo…. La pellicola di ‘Mafia Capitale’ evidenzia un gruppo criminale che costituisce il punto d’arrivo di organizzazioni che hanno preso le mosse dall’eversione nera, che si sono evolute nel fenomeno criminale della Banda della Magliana e si sono definitivamente trasformate…” . Questo scrivono i magistrati della Dda di Roma nell’ordinanza di custodia cautelare eseguita lo scorso 1 dicembre nei confronti del nero Carminati er Pirata, o er Cecato, l’ex bandito della Magliana che all’epoca, mentre militava nei Nar, compiva insieme ai capi della gang delitti comuni anche efferati, secondo i pentiti, che lo accusarono non solo di essere il killer di Mino Pecorelli ma dissero che il Pirata regolarmente partecipava a spedizioni di morte che erano routine per quei malavitosi di borgata, come accadde quando, secondo il pentito Maurizio Abbatino, Carminati dopo aver tentato di uccidere due persone impugnando un mitra Mab prelevato dall’arsenale dei neofascisti, si era fatto rilasciare un falso certificato di ricovero presso l’ospedale militare del Celio per precostituirsi un alibi. Lucido e spietato. Affidabile e rigoroso. Non a caso Renatino De Pedis lo avvicinò a sé, quando ormai la banda si era divisa e De Pedis si era allontanato da quelli che nel gruppo erano rimasti malavitosi veraci, perché sperperavano i guadagni invece che accumularli e moltiplicarli come faceva lui, il Dandy, che si era ormai messo in affari con Enrico Nicoletti, ‘banchiere’ della gang ma anche della camorra e della ‘ndrangheta insediate Roma, quello a cui De Pedis consegnava i soldi affinché li moltiplicasse, attraverso l’usura oppure investendoli in investimenti immobiliari e negozi. Delinquenti rivestiti da imprenditori Già all’epoca gli appalti del Comune di Roma facevano gola, tant’è che Nicoletti - mentre intanto tesseva la sua tela di rapporti anche con la camorra di Michele Senese e affiancava a sé gli zingari Casamonica, per utilizzarli nelle operazioni di recupero crediti - aveva infiltrato il cantiere dell’università di Tor Vergata facendosi assegnare dal Campidoglio lavori per 434 milioni di vecchie lire, allo scopo di fare un ospedale annesso alla nuova facoltà di Medicina. Affare suggellato da un pranzo a cui parteciparono, tra gli altri, lo stesso Nicoletti e l’allora sindaco di Roma, Ugo Vetere, calabrese, eletto col Pci. I soldi che finivano negli appalti, in quei tempi, erano quelli del traffico di eroina dalla Sicilia dopo che De Pedis si era alleato con il cassiere di Cosa Nostra Pippo Calò attraverso il suo luogotenente romano Ernesto Diotallevi. Un altro, Diotallevi, col pallino per gli affari, tant’è che col denaro di Calò aveva avviato speculazioni in Sardegna, attraverso società immobiliari che avevano sede a Roma, nel quartiere Prati. Oggi sappiamo che Massimo Carminati con lo stesso Diotallevi era in affari per alcuni appartamenti a nord della capitale e che all’interno di quelle unità immobiliari il Cecato aveva in mente di nascondere un arsenale di armi, tra cui due pezzi di Makarov 9 con silenziatore. “Non senti neanche il clack, prima che se ne accorgono... cioè... già si è allargata la macchia di sangue...”, diceva mentre ne parlava col suo braccio destro Riccardo Brugia, ex neofascista, secondo il collaboratore di giustizia Roberto Grilli attualmente “uno dei più grossi rapinatori di Roma”. Sempre dalle carte di mafia capitale, sappiamo che Carminati nel 2013 si incontrava con il boss Michele Senese, condannato di recente all’ergastolo, già legato a Nicoletti. Il clan Senese, nel corso degli ultimi vent’anni, a Roma ha conquistato il monopolio della distribuzione della droga sulle piazze dello spaccio. Business contemporaneo non più dell’eroina ma la cocaina, importata dalla Spagna. I carabinieri scoprirono che Carminati, a maggio dello scorso anno, si vide al bar “La Piazzetta” vicino corso Francia, col sanguinario “Michelino”, come lo chiamava affettuosamente il Cecato. Ed era un periodo in cui Senese, tornato libero per decorrenza dei termini di custodia, si era reso irreperibile. Gli investigatori videro Carminati e il camorrista discutere tra loro e quindi separarsi bruscamente. “Hanno un rapporto alla pari”, dedussero gli inquirenti. Non a caso, un anno prima, Carminati fece da paciere a seguito di un fatto di sangue di cui era rimasto vittima, per mano di alcuni napoletani assoggettati ai Senese e legati alle frange estreme della tifoseria laziale, un bandito romano già legato ai Fasciani di Ostia, gruppo legato Cosa Nostra che si era accaparrato tutte le concessioni delle spiagge sul litorale. A proposito dei legami di Carminati con Cosa Nostra, il pentito Sebastiano Cassia ha dichiarato che “ per certe cose… tipo ammazza’ qualcuno qua a Roma, i Santapaola parlavano pure co’ Massimo….”, per avere un placet e ottenere supporto logistico. Gli amici avvocati e le mire politiche Questa non è una nuova mafia, ma il punto d’arrivo di organizzazioni che hanno preso le mosse dall’eversione nera, che si sono evolute nella Banda della Magliana e si sono definitivamente trasformate…” Dunque De Pedis-Nicoletti-Carminati. “Renatino la domenica si attaccava al telefono e chiamava il fior fiore degli avvocati di Roma… Era referente, diceva: Avvocato, professore, ha ricevuto il regalo?... De Pedis già si stava costruendo il futuro... Aveva questi modi da boss imprenditoriale... Per questo era di una noia mortale... Non si faceva neanche una canna! Si preparava agli avvenimenti che lui sognava... Si immaginava, perché no, con qualche incarico in Parlamento, magari come sottosegretario o presidente di qualche cosa” disse anni fa in un’intervista a chi scrive il pentito della Magliana Antonio Mancini, detto l’Accattone. De Pedis il bandito con velleità borghesi. De IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ 200 MILIONI CONFISCATI A CARMINATI E SOCI IN MAFIA CAPITALE AFFARI D’ORO Il valore dell’ammontare dei beni sequestrati ad alcuni dei 37 arrestati nell’operazione che ha coinvolto Carminati, Buzzi ma anche l’ex sindaco della Capitale Gianni Alemanno. 1,3 MLD LA RAGNATELA D’AFFARI DELLA BANDA ROMANA LUNEDÌ 15 DICEMBRE 2014 5 I MISTERI DI CARMINATI Il re di Roma tra Dostoevskij e pozze di sangue di Rita Di Giovacchino M UN CAPITOLO MAI CHIUSO Tanti misteri della criminalità romana: nella foto grande l’omicidio di Emidio Salomone nel 2009. In alto, l’arresto di Maurizio Abbatino nel 1992. Qui sopra, quello di Massimo Carminati (sotto nella foto segnaletica), pochi giorni fa IL LIBRO “Mai ci fu pietà” L’inchiesta di Angela Camuso in uscita nei prossimi giorni (Castelvecchi Editore), racconta la Magliana dalle origini a oggi Pedis che prima di morire ammazzato a 36 anni viveva in un appartamento al quinto piano dietro il Parlamento, in piazza della Torretta 26, ufficialmente sede di una società di costruzioni. Lì Renatino abitava con la moglie, Carla Di Giovanni, figlia di buona famiglia, un padre funzionario dell’ex azienda Iacp (Istituto autonomo case popolari). Si era comprato, Renatino, la boutique di Enrico Coveri, sulla prestigiosa via della Vite. E della banda era anche il «Jackie O’», famosa discoteca dietro via Veneto. Poi De Pedis era morto ammazzato per mano di Antonietto D’Inzillo, anche lui ex neofascista già legato a Gennaro Mokbel. E dopo la morte di De Pedis, Enrico Nicoletti salì sul suo trono. Iniziò quattro anni dopo il maxi processo alla banda della Magliana e quando arrivò la sentenza definitiva Enrico Nicoletti, Carminati e tanti altri appartenenti all’ala finanziaria della gang uscirono dopo lievi condanne, non avendo i giudici ritenuto la banda associazione mafiosa. Oggi i magistrati ripartano da qui, dal punto in cui i rappresentati della pubblica accusa di venti anni fa fallirono. E suggeriscono di guardare indietro, senza però spiegare cosa sia accaduto dal momento in cui la banda della Magliana fu ufficialmente sgominata – ora sappiamo che non è così – al giorno in cui è stato palese che essa non era affatto morta bensì si era “evoluta”, investendo e moltiplicando quel capitale iniziale lasciato da Renatino al suo ‘banchiere’. I magistrati non fanno neppure cenno, in quelle oltre mille e cento pagine di custodia cautelare, al fatto che 11 anni fa ci fu un pentito, Dario Marsiglia, che svelò alla Dda quali erano, già all’epoca, cioè nel 2003, le alleanze criminali a Roma. Marsiglia, catanese, era il pupillo di Giuseppe detto Ciccio D’Agati, già uomo di Calò e rappresentante in quegli anni nella capitale della cupola di Bernardo Provenzano. I suoi verbali di interrogatorio finirono presto in un cassetto. Eppure Marsiglia aveva raccontato come gli eredi di De Pedis ancora gestissero numerosi centri commerciali al centro, soprattutto a Te- staccio. E che D’Agati De Pedis avvicinò era in rapporti già all’epoca con Carminati. Carminati quando Il pentito aveva anche parlato del sempreverde Ernesto Diotallevi, a cui si era allontanato dai sette anni dopo l’Antimafia sequestrerà 25 mimalavitosi veraci, perché lioni di euro. Aveva detto Marsiglia che Diotalsperperavano i guadagni levi trafficava cocaina con Nicoletti. E che «Niinvece di moltiplicarli coletti per la droga si appoggiava ai Senese». Carminati, invece, secome faceva lui, in affari condo Marsiglia ,«era molto vicino ai siciliani con Nicoletti, “banchiere” ed era pertanto intoccabile». Per questo motivo della gang ma anche non era stato ucciso dagli ex della Magliana deldi camorra e ‘ndrangheta la vecchia guardia nel frattempo usciti di galera. Questi ultimi erano intenzionati a vendicarsi nei confronti di quelli appartenenti all’ala finanziaria della banda che invece l’avevano fatta franca. I miliardi e gli infami “Si stava ricostituendo e ci stavano riuscendo la banda della Magliana, per far fronte a certe eliminazioni per Nicoletti, Carminati e Vitale – racconterà Marsiglia – perché quelli tra droga, usura e estorsioni al centro di Roma si erano fatti i miliardi, chiamando gli altri ‘infami’”. assimo Carminati adolescente, la faccia imberbe, tutti e due gli occhi. La foto color seppia risale agli anni di piombo, bisogna aspettare qualche anno per trovare l'occhio coperto da una benda. L'ultima foto l'hanno scattata i militari del Ros mentre usciva dal residence di Sacrofano. I capelli sono radi, imbiancati. “Ormai so' un vecchietto”, confidava agli amici. Oppure: “So un sopravvissuto”. Uno su cui gravava l'eredità di due mondi che in lui si sono congiunti. Il terrorismo e la malavita, la destra neofascista e la Banda della Magliana. Per capire la natura di Mafia Capitale non possiamo che partire da lui. Ma chi è 'sto Carminati? Uno che la mattina usciva presto di casa, dava un bacetto alla moglie e andava in ufficio. L'unica stranezza è che l'ufficio fosse un distributore Eni su Corso Francia (Roma Nord, verso la via Cassia) dove riceveva sia Pozzessere, ex potente direttore commerciale di Finmeccanica, che i vecchi sodali con cui parlava di una Makarov 9, col silenziatore “che manco fa ciak e c'è già la pozza di sangue”, non ancora trovata. “Sinergie criminali ed equilibri illeciti tra il mondo di sopra, fatto di imprenditoria e istituzioni, e il mondo di sotto, composto dai rapinatori, trafficanti di droga, gruppi che sparano”, scrive il gip nel tentativo di riassumere, nel caos inafferrabile, i connotati di Mafia Capitale che oggi agli occhi del mondo rappresenta interamente Roma, città sacra e sacrilega con Le Monde che disegna la Cupola di San Pietro avvolta da un'immensa piovra. L'unica arma di cui disponeva Carminati è la famosa Katana che “quel deficiente di Cola gli ha regalato perché lo chiamavano “Er Samurai”, dice Iannilli il commercialista. Una spada che aveva una sola utilità: “Con quella a Cola lo squarcio... non lascia traccia, mica è un bossolo”. Ma Carminati non è vero sanguinario, soltanto un ex terrorista IL MONDO allevato nei laboratori della strategia della tensione, pro- DI MEZZO dotto unico, irripetibile. UN UOMO CHE Una sola moglie, un solo figlio, cinque quotidiani al MANEGGIA giorno, come qualsiasi uomo d'affari. Uno che legge MILIONI E POI anche Dostoevskij e che ha varcato la soglia di Rebibbia SOGNA LA CASA con in tasca “Le lacrime de- PICCOLO gli eroi” di Matteo Nucci. Uomini che non si vergo- BORGHESE. CHE gnano di piangere. Eppure coltivava aspirazioni picco- LEGGE ROMANZI lo borghesi, come la villetta a Sacrofano, formato famiglia RUSSI E PARLA DI tra la Cassia e la Flaminia. A MITRA E SPADE proposito, che bisogno aveva di fare un mutuo di 120 GIAPPONESI mila euro uno che maneggia milioni? Allora non è lui il Capo, dietro lo schermo si intravede il Supremo di cui parla Ernesto Diotallevi, il compare di Pippo Calò, che nell'intervista concessa a Il Fatto, come ogni vero mafioso nega di esserlo: “Eravamo soltanto quattro straccioni”, dichiara sontuoso manco fosse Luciano Liggio. Ma parlando con il figlio allude a un “insospettabile” capo. L'ombra del Grande vecchio è in agguato e pure il dibattito sull'autenticità mafiosa dell'organizzazione. I professori siciliani fremono e Salvatore Lupo, negazionista della trattativa, insorge: “Per me quella di Roma non è mafia. Non lo era nemmeno la banda della Magliana”. Mai intaccare la sacralità di Cosa nostra e pensare che Buscetta aveva detto che “la mafia sarà sconfitta soltanto quando si romperà il sodalizio con la politica”. Per come è oggi la politica, i rapporti Mafia Capitale li aveva, eccome. Ma, dicono, come si fa a definire mafioso uno che ogni due parole intercala frasi come “pezzo di merda”, in alternativa “me rode er culo”? Sappiamo forse in che modo “sbattezza” la mafia cinese? In ogni caso il linguaggio sboccato di Carminati non appartiene soltanto alla malavita, è ormai diffuso in ogni angolo della città. Le intercettazioni di Mafia Capitale riflettono una città incanaglita non diversa da quella delle inchieste sulle Baby squillo incorniciate nell'elegante contesto dei Parioli. Renatino il Dandy, che era un proletario, parlava in modo garbato, in linea con i completi Caraceni che amava indossare. Insomma la mafia è un sistema fatto di realtà diverse e “il mondo di mezzo” assomiglia alla “grande terrazza” di Gelli. Il piano attico del mondo dove tutti i poteri si incontrano, diceva Licio che aveva una visione più ampia. Scrive il gip: “Mafia Capitale ha caratteristiche proprie, solo in parte assimilabili a quelle delle mafie tradizionali...ad esprimerle è la forza d’intimidazione del vincolo associativo...le condizioni di assoggettamento e di omertà che ne derivano, generate da fattori criminali, istituzionali, storici e culturali”. 6 CLOACA MASSIMA LUNEDÌ 15 DICEMBRE 2014 Il mistero della tomba in chiesa RENATINO E LA CURIA ROMANA Per anni nessuno parve accorgersene: il corpo di Renatino De Pedis (il boss della Magliana ucciso nel 1990) due mesi dopo la sepoltura nel cimitero del Verano era stato trasferito nella cripta della basilica di Sant’Apollinare. Pieno centro di Roma, a IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ due passi dal luogo dove scomparve Emanuela Orlandi. Un onore concesso a pochissimi. E più d’uno puntò il dito sui rapporti tra De Pedis e gli ambienti della curia romana. Ricordò, appunto, il sospetto di un coinvolgimento della banda della Magliana nel sequestro della ragazza. Nonostante le polemiche, il Vicariato di non ritenne mai di trasferire la salma. Fu la moglie di De Pedis, dopo gli accertamenti disposti dalla magistratura, a decidere di trasferire i resti di Renatino nel cimitero romano di Prima Porta dove furono cremati e poi dispersi in mare. TUTTOCITTÀ Roma godona, dopo la retata locali tutti vuoti el feudo della banda del “Cecato” le mini-car sono ancora in fila e le ragazze si arrampicano su tacchi alti e calze scure. Ponte Milvio è una capitale nella capitale. È il cuore glamour del “mondo di mezzo”, il centro della Roma nera di Carminati e sodali, affrescata nelle carte dell’inchiesta sulla mafia romana. È vero che l’influenza della cupola capitolina si spandeva da nord a sud e i suoi punti d’incontro sono disseminati in tutti i quadranti della città - via Flaminia, Corso Francia, Vigna Stelluti, Parioli, Eur, Trastevere. Ma se c’è un luogo dello spirito del romanzo criminale svelato in questi giorni, è qui a Roma Nord. Nei locali attorno a Ponte Milvio, dove i soldi non hanno mai smesso di girare, dove il benessere è ostentato e il confine tra eleganza e pacchianeria si perde nei rumori di fondo. locali preferiti di Giovanni De Carlo (che non è indagato per mafia, ma per trasferimento fraudolento dei beni), tra le figure più “affascinanti” emerse nel racconto di questa associazione criminale. Al Met si divertiva, stringeva amicizie, parlava d’affari. Qui si vedeva, tra gli altri, con Peppe Sculli, ex calciatore sotto inchiesta per lo scandalo scommesse, nipote di u tiradrittu, il boss della ‘ndrangheta Giuseppe Morabito. De Carlo, per gli amici Giovannone, non era tipo particolarmente riservato. Si faceva notare. Le carte e le intercettazioni hanno testimoniato le sue amicizie “vip” (Belen, De Rossi, Mammucari), chi frequenta il quartiere racconta delle sgasate della sua Ferrari. Giorgio, che gestisce un piccolo bar sulla piazza, si guarda bene da fare i nomi, ma sussurra: “Certo li vedevi girare, gente che magari sai che non lavora e gira su macchine assurde. Due domande te le facevi. Ora abbiamo pure le risposte”. Al Met, il regno di Giovannone La Ferrari, bene di lusso a cui non rinunciare Il Met-Villa Brasini si affaccia sulla piazza. Il ristorante è nato sulle ceneri di una vecchia sala scommesse legata al mondo della banda della Magliana. Dev'essere una maledizione del luogo: il nome del Met, suo malgrado, torna nelle indagini sulla nuova mafia della città. Era uno dei La famosa Ferrari di Giovannone è finita in un’intercettazione emblematica, quella con il suo avvocato. Nel 2013, dopo un arresto, il legale rimprovera De Carlo: “Giovà, non è che sei uno non noto! Sei notissimo! Questi qua (la polizia, ndr) rosicano come matti perché di Tommaso Rodano N IL CENTRO DEL MONDO DI MEZZO NEI BAR E RISTORANTI DI PONTE MILVIO DOVE CARMINATI, DE CARLO E I SOCI DI MAFIA CAPITALE SCORRAZZAVANO INDISTURBATI Il Tevere nella zona nord di Roma, regno della banda tu non esisti! E dicono, ma questo come cazzo fa che conosce tutti, frequenta i posti migliori, se scopa le attrici? Allora tu, per esempio, perdonami, tu la Ferrari non la devi toccà!”. Giovannone però alla Ferrari rinunciava di rado. E secondo gli inquirenti il Met se lo voleva comprare, come il pub scozzese Tam O’Shanter, vicino piazza Cavour: un altro dei suoi locali preferiti. De Carlo non era l’unico a sfoggiare la passione per le auto di lusso. Da queste parti si è fatta notare spesso la Bentley di Leonardo Diotallevi, uno dei figli di Ernesto, vecchio criminale della Magliana ancora in pista con Carminati e gli altri. Al telefono il papà confes- sava al figlio che “De Carlo è il boss dei boss”. Oggi sulla bacheca Facebook di Leonardo si inseguono i messaggi di solidarietà di amici ed “estimatori”: “Sei un grande”, “Non mollate”. Al Met, però, nelle serate infrasettimanali adesso tira un’aria un po’ cupa. Saranno i primi freddi, sarà suggestione, o sarà che per qualcuno da queste parti è meglio non farsi vedere, almeno per un po’. Dietro le pareti a vetro del ristorante, sotto il soffitto basso con i grandi lampadari di stoffa, ci sono diversi coperti vuoti. Non capita spesso. Non qui, Ponte Milvio è la Cortina di Roma, incredibilmente simile al suo stereotipo: sembra un set dei Vanzi- na sulla borghesia godona, cinica e arricchita. Persino qui, dove “la crisi non s'è mai conosciuta” come ti dicono pure i camerieri nei bar, il collasso improvviso della mafia romana sembra aver lasciato qualche ferita da cicatrizzare. Anche se il colpo d’occhio è ancora notevole, pieno di giovani in camicia d'ordinanza e giubbino e fanciulle sui trampoli, “acchittate” come al debutto in società. Dietro i vetri della Cortina di Roma Sono loro, per esempio, a riempire il Coco Loco: è venerdì sera, i tavoli sono pieni, molti fumano fuori; sono quasi tutti ragazzini. Si fa fatica a pensare che questo lo- cale un po’ pacchiano (pareti a tinte arancione e blu elettrico, archetti in finta muratura, festoni natalizi già addobbati) fosse “l'abituale luogo di ritrovo” della mafia di Roma. Così dicono le carte. Non c’è un'aria di lutto, almeno stasera. Ma potrebbe essere apparenza. “Per molti quest’inchiesta è stata una botta - conferma Alberto, che lavora al Gone, a fianco del Met –. Altroché, un salasso. Non tanto perché hanno perso molti clienti: magari riescono ancora a riempire i tavoli. Ma hanno perso, come dire, i top player. Quelli col soldo vero. Certo, chissà, magari hanno perso pure qualcuno che gli chiedeva il pizzo...”. IL RACCONTO IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ Uova w Lingue parlate Italiano, Inglese, Russo e Francese scolastico. La vedo accaldata, pren- Così calo nei sondaggi da un bicchiere d’acqua. È il primo colloquio di lavoro?”.“Sì”. Era il terzo. Il terzo quella a vantaggio di Salvini. mattina. In totale, dal giorno della sua laurea - Ma se siamo riusciti ad applicare il federalismo molto meglio di lui! Siamo passati dalla trattativa StatoMafia alla trattativa ComuneMafia! E senza spargere una LUNEDÌ 15 DICEMBRE 2014 in Lingue e Letterature Moderne, Claudia aveva fatto cinquantadue colloqui di lavoro. Cinquantatre. Due nello stesso posto. Non se lo ricordavano. Nemmeno lei. “Uova”(Einaudi, prossima uscita) Renzi al telefono La Mafia a Roma? È il dado in cucina goccia di sangue! - Ha detto proprio «A Chi è Roma ho sbagliato a scei estremisti neri e coop gliere la squadra». ServiPECORE E UOVA rosse, di Moncler e di va quella Antimafia! Te Clark. Di come tutto si lo ricordi, caro il mio Francesca Fornario è scrittrice, giortiene insieme. Matteo Matteo, quando Alenalista, autrice satirica, vignettista, Renzi al telefono con un amico. manno sognava di prenattrice, perché è convinta che sia me- Caro il mio Matteo, Carminati e dere il posto di BerluBuzzi erano pappa e ciccia, come disconi? glio fare tutte queste cose male che cono a Roma. - Come no! una sola bene. Imperversa su Radio- Maremma! Te tu ti rendi conto che - Sarà stato allora che ha due, all’interno del programma «Un follia?! I fascisti con le Coop! È la cocominciato a circondargiorno da Pecora». È andata all’asilo sa più incredibile che ho visto dusi di mafiosi. Poi è stato rante questo mio primo anno da setravolto da parentopoli dalle suore. Alle elementari dalle gretario del partito democratico! e non se n’è fatto più suore. Alle medie dalle suore. Al li- Già un anno che sei segretario del niente. Ah, quanti ne ha ceo dalle suore. È atea. Non per colpa Pd? È volato via in un attimo. Il Pd. piazzati! Centinaia di - Questa storia di Mafia Capitale persone, parenti di amidelle suore, loro ce l’hanno messa non ci voleva. Mi ritrovo con questi ci, ex camerati, espotutta, è proprio Dio che non esiste. del partito romano coinvolti in nenti dell’estrema dePresto uscirà il suo primo romanzo: un'inchiesta per associazione mastra assunti per chiama“Uova”, Einaudi Stile Libero Big. fiosa, estorsione, usura, corruzione, ta diretta nelle municiturbativa d’asta, false fatturazioni, palizzate romane. Gli trasferimento fraudolento di valori, inquirenti si sono insoriciclaggio e non so quali altri reati. spettiti quando hanno Ma ora basta, farò pulizia! Costringerò Marino a spo- notato che l’organigramma dell’Atac era a forma di stare la Panda. albero genealogico. - Ben detto! - Ex terroristi neri promossi manager pubblici. E ora te - M’hanno spiegato i miei che Buzzi lo conoscono tut- li ritrovi a fare affari con le cooperative rosse che si ti. È del giro nostro, sai, gestiva una cooperativa per occupano di zingari e carcerati! Io proprio non mi cal’accoglienza degli immigrati, il recupero dei tossico- pacito… dipendenti, ha finanziato la campagna a mezzo Pd… - È il regno di mezzo, caro Matteo, dove tutto si miMe l’hanno pure portato a una cena elettorale! Ma io schia. non è che sto lì a guardare la fedina penale degli invitati, controllo che siano buone le banconote da cinquecento euro e via... - Beh, anche Carminati, a destra, lo conoscono tutti. Il Nero, il cecato. Ricicciava sempre fuori lui, dalla Strage di Bologna all’omicidio Pecorelli. Un camerata vero, pieno di armi e pugnali… di Francesca Fornario D - E ora sono soci in affari. Incredibile! Appena ho letto le carte ho capito che a Roma per il partito c'era bisogno di un commissario. - Montalbano? - Spiritoso. Ci ho messo Orfini che è uno che questi signori delle tessere li conosce bene. Dicono che in giro ci sono migliaia di tessere false del Pd. - Di gente che era stata convinta a iscriversi a un partito di sinistra? Deve essere come aprire il portafoglio e ritrovarsi con i soldi del Monopoli. - Orfini mi ha giurato che farà ordine. Sta chiamando uno per uno tutti gli iscritti. - E cosa gli rispondono? - Il numero da lei chiamato è inesistente. - La cosa ironica, per voi del Pd che avete cercato di farlo fuori in tutti i modi, è che Marino ne esce pulito. Ma perché ha rifiutato la scorta? - Dice che si sente tranquillo. Ora che mezzo Pd romano è controllato a vista dalla polizia. - Se può consolarti, caro il mio Matteo, il centrodestra ne esce peggio. Alemanno indagato per associazione mafiosa... Ha detto di essersi circondato delle persone sbagliate… Non sapeva che erano mafiosi, credeva che fossero fascisti! - Eh, eh! - Sarà, ma a me fa impressione. Perché me li ero sempre immaginati come mondi distinti, antropologicamente diversi, come gli spettatori di Canale5 e quelli di Raitre o, se vogliamo fare un paragone con la politica, quelli con il Moncler e quelli con le Clarks. - C’è la Mafia a fare da collante. Caro il mio Matteo, in tanti anni che faccio politica una cosa l’ho imparata: la Mafia, in politica, è come il dado in cucina. Lega gli ingredienti. I socialisti con i liberali, i Fascisti con le Coop. Un po’ di Mafia e tutto si tiene insieme. - La verità è che tutte le volte che imbarco un ex comunista mi metto nei casini! Faccio ministro del lavoro Poletti, il presidente della Legacoop e quello che mi combina? Si fa fotografare a cena con Alemanno, Salvatore Buzzi e uno del clan Casamonica! Lui s’è difeso dicendo che quelli non li ha mai più frequentati. - Lui Casamonica? - Spiritoso. Intanto io così calo nei sondaggi a vantaggio di Salvini. - Ma se siamo riusciti ad applicare il federalismo molto meglio di lui! Siamo passati dalla trattativa Stato-Mafia alla trattativa Comune-Mafia! E senza spargere una goccia di sangue! Perché a Roma la Mafia tratta con la politica senza usare la violenza. - Invece che farti saltare in aria la macchina, le fanno scadere il permesso. - Ma tu non preoccuparti, Matteo: noi tiriamo dritti per la nostra strada. - Mica tanto. Lo hai visto che scherzetto mi hanno fatto in commissione? Mi hanno mandato sotto il Governo con il voto dei dissidenti Pd e un paio di Forza Italia. - Impallinato dal fuoco amico! - Ti rendi conto che figura? Un paio di Forza Italia che mi votano contro! - Stai tranquillo, Matteo, sono solo due o tre cani sciolti: in Commissione fanno casino per farsi notare, ma poi in aula abbassano la cresta e noi andiamo avanti con le riforme. - Me lo prometti? Perché ogni tanto ho la sensazione che voi stiate facendo di tutto per perdere temLA LUPA Romolo e Repo. mo allattati dalla lupa. Il sim- - Eh? bolo di Roma, città eterna. - Ogni tanto ho l’imMa tanto in crisi pressione che voi facciate di tutto per allungare i tempi della discussione. - Eh? - Niente, dico che ogni tanto ho come la sensazione che voi ricorriate a qualunque mezzuccio pur di allungare i tempi della discussione. - Non ti sento, sto entrando in galleria. - Ma non eri a casa, in vestaglia? - Ho un tunnel in camera da letto. Per quando verranno a prendermi. - Però prima facciamo le riforme, eh? - Eh? - No, dico, prima facciamo le riforme! - Eh? - L’Italicum! - No, Buzi e Carminati non c’entrano niente con la storia dell’Italicus. Questa è gente che lo fa per i soldi, non per gli ideali. - No, dicevo l’Italicum, ti ricordi che… - È la teoria del mondo di mezzo, caro il mio Matteo, dove tutti si incontrano. Mentre una volta ci stavano la destra e la sinistra. - I Fascisti e le Coop insieme in affari. Non c’è più religione! Ma tornando all’Italicum… - Parliamone domani, Matteo, ora è tardi. Domani ne parliamo. - Promesso? - Sì, sì, ti chiamo io. Ora vai a dormire, Matteo. Buonanotte. - Buonanotte, Denis. - Buonanotte, Matteo. - I fascisti con le Coop… ma com’è possibile?! Due mondi così distanti… - Non ci pensare, Matteo. Dai, attacca. - No, attacca tu… - No, tu. - Però domani facciamo le riforme insieme, eh? 7 VOX POPULI “Caro Babbo Natale vorrei...” di Alessandro Ferrucci ROMA Shopping, shopping e ancora shopping. In questo caso semi-giustificato, si avvicina Natale e, nonostante i quindici gradi tropicali, nella Capitale le persone si vestono d’inverno, sciarpa e cappello, entrano ed escono dai negozi. A loro chiediamo: cosa vorreste sotto l’alberello? Carlo, 32 anni, commesso. “Una bicicletta nuova, l’altro giorno me ne hanno rubata un’altra, la terza. Ho scoperto che sfilano il palo dal marciapiede e via così”. Ugo, 28 anni, ambulante. “Non vendere meno dell’anno scorso, già il 2013 era andato una merda”. Emiliano, 42 anni, portiere. “Ti darei una risposta patetica, lascia perdere”. Fabrizio, 51 anni, medico. “Una vacanzetta”. Dove? “Al caldo, ovvio”. Fabio, 38 anni, musicista. “Non festeggio, ma se recuperi il numero di quella, sono contento”. E indica una ragazza mora che esce da un bar. Micaela, 32 anni, disoccupata. “Un lavoro, anche part-time, ma voglio uno stipendio”. Gianni, 42 anni, lavoro non dichiarato. “Lascia perde, sono disperato, devo comprare un anello alla mia ragazza, so già che romperà le palle perché troppo piccolo”. Guglielmo, 51 anni, commercialista. “Apro un ristorante-pizzeria, il regalo me lo sono fatto”. Cecilia, 41 anni, libera professionista. “Due tette nuove, le mie hanno dieci anni (ride e guarda l’amica”. Laura, 37 anni, amica di Cecilia. “Te prego! Non puoi dire queste cose!” Ormai è tardi... Valeria, 32 anni, impiegata. “Una vacanza, ovunque, ma lontano da qui”. Pamela, 38 anni, archeologa. “Un lavoro stabile, sa quanto prendiamo per scavare? Quattro soldi, e ho la schiena a pezzi”. Mirko, 43 anni, imprenditore. “Il Natale lo associo sempre a mia suocera che si trasferisce a casa nostra. Un incubo da dodici anni”. Don Luigi, 55 anni, prete. “Ho un elenco lungo, ma niente per me”. Ci mancherebbe. Twitter: @A_Ferrucci
© Copyright 2024 ExpyDoc