C LOAC A M A SS I M A

Lunedì 15 dicembre 2014 – Anno 6 – n° 345
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma - tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
e 1,40 – Arretrati: e 2,00 - Spedizione abb. postale D.L. 353/03
(Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) - Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
Ma mi faccia
y(7HC0D7*KSTKKQ( +[!#!?!#!,
Colonna sonora della settimana w il piacere
Pupo: “La canzone della mia vita è
Vedrai vedrai, di Luigi Tenco. Mi
commuovo ogni volta che l’ascolto”
a cura di Martina
di Marco
roprietà
transitiva.
P
“Non considero lo scioglimento del Comune di Ro-
Castigliani
Ascolta su w www.ilfattoquotidiano.it
LA GIORNATA DI IERI
w IL
PREMIER NEL GUADO w Il ribelle: “Smettila con i gufi w PALLONATE w Il n. 1 del Genoa - condannato per frode
e dì se vuoi le elezioni”. La risposta: “Basta diktat”
sportiva per una mazzetta - protesta contro l’arbitraggio
Pesci in faccia Fassina-Renzi Preziosi, senti chi parla:
E B. minaccia sul Quirinale “Mafia Capitale in serie A”
Marra e Nicoli » pag. 2 - 3
Calapà » pag. 3
I PADRONI DI ROMA
CLOACA
MASSIMA
talk e polemiche
trascuriamo chi soffre per la crisi
w 40
ANNI DOPO w Villaggio fa
rinascere per noi l’eroe nato nel ‘75
ma un'opzione perchè ogni
giorno di più emergerà che il
sindaco Ignazio Marino è
stato un problema per la malavita organizzata” (Matteo Orfini, presidente del
Pd e commissario
del partito
a
Roma,
9-12). Infatti fino all'altroieri era un
problema anche per
il Pd.
Canti Orfinici. “Orfini: 'Il
partito romano dev'essere
raso al suolo'” (Repubblica,
11-12). Esclusi i presenti.
Bel suol d'amore. “In Libia
mancano figure legittime”
(Roberta Pinotti, Pd, ministro della Difesa, Corriere della sera, 13-12). Tipo in Italia.
La Dogaressa. “Da due giorni il telefono non fa che
squillare: non accadeva
neanche quando presentavo
Domenica In o vincevo otto
Telegatti. L'idea di Berlusconi di candidarmi a sindaco di
Venezia è un onore. Cosa ci
sarebbe di male? Non devo
nessuna spiegazione, non
devo difendermi da niente.
Sono perbene, sono onesta”
(Mara Provoleri in arte Mara
Venier, Repubblica, 10-12).
Anzi, è perfetta: avendo patteggiato una pena di 1 anno e
4 mesi di reclusione per concussione fin dal 1998, s'è portata avanti col lavoro: diversamente dal predecessore,
arriverebbe in Comune già
mangiata.
Chi spara, chi spera. “Mafia
Capitale? Dove sono i morti?
Se c’è la mafia, voglio i morti
sul selciato, sennò che mafia
è? Questa inchiesta è una bufala” (Giuliano Ferrara, Il Foglio, 9-12). Se i giornalisti sono tutti come lui, i mafiosi
risparmiano volentieri le
pallottole.
Cessis. “Ho nominato mio
figlio direttore generale del
Censis, e allora? Il Censis è
un'azienda privata, chissenefrega! Questa è una strategia
voluta, per mantenere il binomio De Rita e Censis.
Analizzare altri curriculum?
Ma lei mi sfotte?” (Giuseppe
De Rita, La Zanzara, Radio24,
9-12). Ma è De Rita o De Mita?
Compro
A CACCIA DEL TESORO DELLA MAGLIANA La banda non era finita con De Pedis. Ma si è buttata in affari tra imprese,
locali e cooperative dal volto umano. Sulle tracce dei milioni di Carminati e dei suoi amici, tra politica corrotta,
‘ndrangheta e Cosa Nostra. E tante morti misteriose
Camuso, Di Giovacchino e Rodano w pag. 4 - 7 con racconto di Fornario
w EDITORIALE w Tra
Travaglio
una
consonante.
“Tra poco a Porta a Porta i
retroscena dell'interrogatorio della mamma di Floris rivelati dall'avvocato della
donna” (Bruno Vespa a proposito dell'arresto della madre di Loris Stival, Twitter,
10-12). Niente Floris, ma
opere di bene.
Segue a pag. 18
w RUBRICA w Dario
Fo inaugura
il viaggio del Fatto del lunedì
Solo l’Italia
“Io, Fantozzi
si è dimenticata
lasciato a spasso
il reddito minimo dal Jobs Act”
Il paradiso
è il gioco
dei bambini
di Ferruccio
di Dario
Sansa
di Emiliano Liuzzi e Paolo Villaggio
e diventerò governatore della Liguria proporrò
sono Fantozzi, ragionier Ugo”. Paolo Villaggio si
S
Ioauto-commemora
un reddito minimo garantito”.
quarant’anni dopo la nascita di una
La promessa fatta da Sergio Cofferati durante uno delle maschere più famose del cinema italiano. L’eroe del
dei tanti dibattiti per le primarie del Pd è passata
» pag. 18
inosservata.
posto fisso. Ma come sarebbero Fantozzi, Filini e la Sil» pag. 8 - 9
vani negli anni del jobs act? Licenziati.
G
Fo
li unici veicoli che ho del paradiso sono
la memoria dell’infanzia e i sogni. Ho
avuto la fortuna di nascere e vivere i primi
anni della mia fanciullezza sul Lago Mag» segue a pag. 18
giore.
2
PARTITA DOPPIA
LUNEDÌ 15 DICEMBRE 2014
DIARIO DELLA GIORNATA
CORRUZIONE E CONCUSSIONE
VENEZIA
Alfano: “Norme troppo blande?
Ha deciso tutto Palazzo Chigi”
Ultimo giorno delle navi-mostro:
da gennaio laguna liberata
Alfano scarica su Renzi ogni responsabilità sul testo
governativo che dovrebbe inasprire le pene sulla corruzione: “AI Consiglio dei ministri - ha spiegato il ministro dell’Interno ieri a In 1/2 ora di Lucia Annunziata è arrivato un testo e noi lo abbiamo approvato”. Puntualizzando di non essere intervenuto per limare il testo
sui fenomeni di concussione. Contro il ddl ieri si sono
schierati tra gli altri l’Associazione dei magistrati e il
procuratore nazionale antimafia Franco Roberti: “Le misure del governo sono insufficienti, meglio le proposte
del Movimento 5 Stelle”.
Venezia ha salutato ieri l’ultima “grande nave” da crociera in partenza dalla Marittima, prima dello stop che
dall’1 gennaio 2015, in base al decreto attuativo del
Governo, impedirà il passaggio davanti a San Marco dei
transatlantici oltre le 96mila tonnellate. Per conoscere
il futuro delle navi sopra le 100mila tonnellate a Venezia
bisognerà attendere il pronunciamento della commissione Via del ministero dell’ambiente, la quale deve
esprimersi sul progetto di escavo del Canale Contorta-S.Angelo, la via alternativa per giungere alla stazione
marittima senza passare davanti a San Marco.
FASSINA ACCUSA IL SEGRETARIO
“Non permetterti più”
Ma Renzi tira dritto
di Wanda Marra
VOCI DI ASSEMBLEA
o da piccolo volevo cambiare
il mondo, non fare la moviola”. Assemblea Pd, Hotel
Parco dei Principi a Roma.
Matteo Renzi, in maniche di camicia (bianca ovviamente), conia
la metafora che è insieme rivendicativa nei confronti delle minoranze. Ma anche amara. Perché
più che a passo di marcia, gli tocca
andare al rallentatore. E alla fine
della giornata, all’attivo del segretario-premier, non ci sono espulsioni, né sanzioni, ne per i “ribelli”. Non c’è neanche la conta finale
su una relazione, che dice poco.
I
NOEMI GALLO ‘INVOCA’
L’ISTITUTO LUCE
Serve un ‘ufficio
stampa Paese’ che
cambi una stampa che mette
al centro parole che non
sono interessanti per l’Italia
DALL’ALTRA parte, non c’è né
l’Aventino (D’Alema non è venuto per non farsi insultare, Bersani diserta a casa di un mal di
schiena, ma gli altri sono presenti), né strappi espliciti e definitivi. Stefano Fassina si conquista
applausi entusiasti della platea
quando urla in faccia al leader:
“È inaccettabile, non ti permetto
più di fare caricature di chi non
la pensa come te. Se vuoi andare
a votare, dillo”. Ma non parla di
scissione. Non è una battaglia
campale quella nel Pd, è una
guerra di trincea. Maggioranza e
minoranza si muovono da separati in casa, costretti a rimanere
insieme, per ragioni di opportunità e di necessità. La prima,
ORFINI: SEMBIAMO
IL ‘TRONO DI SPADE’
Nel ‘Trono di spade’
si elegge il re e poi
tutto il resto del regno
inizia a tramare
per ammazzarlo
“
“
l’elezione del presidente della
Repubblica, ormai alle porte.
Passaggio di basso profilo
nell’intervento di Renzi: “Io non
sono preoccupato, questo Parlamento sarà nelle condizioni di
eleggere il capo dello Stato quando sarà il momento. Non è il momento per evocare paure e minacce”. Ci pensa Berlusconi a
metà della riunione del Pd a farlo: “Il Colle è nel Patto del Nazareno”. Smentita ufficiale alle
telecamere del vicesegretario,
Lorenzo Guerini, presente a tutte le riunioni tra Matteo e Silvio.
E però, quello che suona come
un altolà da parte del Cavaliere
arriva a compromettere un equilibrio delicatissimo: il premier
ha bisogno della minoranza, con
la quale sta trattando, a partire
da Pier Luigi Bersani (al quale lascia persino coltivare qualche illusione sulla sua persona), finito
su una inconsueta linea di dialogo negli ultimi giorni. Tra critiche della magistratura alle
nuove misure anti-corruzione,
legge elettorale che questa settimana arriva al voto in Commissione al Senato nella più totale
confusione, riforme costituzionali appena licenziate dopo un
corpo a corpo estenuante tra
renziani e “dissidenti”, la giornata di ieri è uno show, senza
showdown. Renzi apre i lavori
parlando quasi per un’ora. Cri-
tiche al passato. Non si capacita
di “come si possa aver perso
venti anni di tempo senza aver
realizzato le promesse” che
l’Ulivo aveva indicato in campagna elettorale. Filosofia chiave:
“Siamo quelli che cambiano
l’Italia, non quelli che si mettono a mugugnare su chi cambia
l’Italia”. Ammonimento/avvertimento: “Tutti quelli che stanno nel Pd devono avere l’onestà
come elemento fondamentale”.
Ironia ai danni della magistratura: “L’indignazione e lo schifo
non ci bastano. Io chiedo ai magistrati di arrivare velocemente
ai processi. Devono parlare un
po’ di più con le sentenze e un
po’ meno con le interviste”.
Matteo Renzi ieri all’assemblea Pd Ansa
L’AFFONDO interno arriva alla
fine: “Il Pd non starà fermo per i
diktat della minoranza. Sia chiaro che si farà ogni sforzo per il
dialogo fino all’ultimo giorno,
ma non staremo nella palude per
guardare il nostro ombelico”. Ma
è un affondo di rito, lo stesso che
il segretario replica ormai ad ogni
riunione dem. Rimasta sul tavolo
anche la pistola carica dei conti
delle vecchie segreterie. I dossier
sono pronti, ma meglio non scaricare tutte le munizioni subito. E
poi, a scoperchiare il vaso di Pandora, non si sa mai cosa si trova.
Attesa per la replica della minoranza. Anzi delle minoranze, che
nella migliore tradizione procedono divise. Per usare gli aggettivi di Fassina il “raffinato” Cuperlo si limita all’analisi ( “Le
piazze non diventino il nostro
nemico”) e il “diplomatico”
D’Attorre vorrebbe un grazie per
il lavoro fatto in Commissione alla Camera. Fassina, appunto, è
l’unico che va all’attacco. Civati
non interviene e parla di una scissione. Ma futura. Se si vota. La
Bindi passa e poi va in tv a rivendicare la grande tradizione
dell’Ulivo. Nella replica Renzi si
rimette la giacca. A Fassina risponde ribadendo l’orizzonte di
legislatura: “Non ha senso votare
a ogni intoppo”. Alla Bindi:
“Contrasto il racconto mitologico e nostalgico dell’Ulivo quando
quella esperienza è stata mandata
a casa dai nostri errori e dalle nostre divisioni”. Chiarisce: “Non
sono affezionato a un principio di
obbedienza, in un partito sta insieme sulla base del principio di
lealtà”. Chi si aspettava qualche
cedimento è rimasto deluso. Più
deluso ancora chi conoscendo
Renzi vedeva maturo il tempo
degli strappi. Di questi tempi, come in ogni matrimonio di convenienza, rompere è un lusso.
B. E IL “PATTO”
“Matteo ricordati: il Quirinale è nel Nazareno”
di Sara Nicoli
N
on vede l’ora di riconquistare la sua
agibilità politica per rituffarsi
nell’agone di una campagna elettorale a
primavera che lui dà ormai per scontata.
Ma fino a quel momento, quando saluterà
gli anziani di Cesano Boscone (succederà
“il 15 di febbraio – dice - e ci sarà un cambio
assoluto nel modo di relazionarci con gli
elettorio”) resterà fermo, ma vigile, nella
sua posizione di contraente del Patto del
Nazareno. Una visuale di assoluto privilegio per Berlusconi. Anche ieri ha fatto capire il perché, con una frase che è arrivata
come una secchiata di acqua gelata sugli
spiriti fin troppo bollenti che si stavano
confrontando nel catino della direzione
Pd. Al telefono con i club dell’Emilia Romagna, riuniti a Imola, il Cavaliere ha buttato lì una frase tutta diretta a Renzi: “È
logico – ha detto - che non potrà essere
eletto un Capo dello Stato che a noi non
sembri adeguato all’alta carica che dovrà
ricoprire". Che nessuno s’immagini, insomma, che Berlusconi sia politicamente
sepolto. E che, soprattutto, non voglia
prendere parte attiva in una partita così
importante come quella della successione
a Napolitano. Dalla quale potrebbe anche
dipendere la sua speranza di ricevere un
giorno l’agognata grazia. E ancora: per dare un segnale inequivocabile al suo principale interlocutore (il Pd renziano), Berlusconi ha fatto chiaramente capire - come
se non fosse noto – che uno dei puntelli del
Patto è proprio la condivisione di un nome
per il Colle, anche se poi, per rinfrancare le
sue truppe un po’ stanche, ha puntualizzato: “Non potevamo dire no al patto del
Nazareno, un patto che ci dà tanto fastidio,
perchè non ci fa fare opposizione vera e ci
crea problemi all’interno. Ma come facciamo a dire di no alle riforme che consentono il bipolarismo e il superamento del
bicameralismo?”. Già, come si fa.
CHIARO CHE, subito dopo queste dichiarazioni, nel Pd è partita la gara alla smentita
di facciata. Prima è arrivata Debora Serracchiani, subito dopo è stata la volta di Lorenzo Guerini: “Non c’è nessun accordo
nel patto del Nazareno che riguarda l’elezione del presidente della Repubblica.
Quando sarà il momento, costruiremo un
percorso in Parlamento parlando con tutte
le forze politiche, come abbiamo sempre
detto”. Intanto, però, Berlusconi ha già
messo una pesante ipoteca su quel prossimo, delicato passaggio parlamentare. E
non solo con le parole di ieri. Come svelato
dal Fatto il 2 agosto scorso, nel Patto del Nazareno c’è una clausula, sottoscritta da
Renzi e Berlusconi, per escludere a tutti i
costi la nomina di Romano Prodi. Il Cavaliere, insomma, vuole essere assolutamente certo di non trovarsi al Colle qualcuno che pregiudichi anche la sopravvivenza stessa di Forza Italia, un partito oggi
in default economico con gli ultimi 50 dipendenti messi da qualche giorno in cassa
integrazione. “Oggi nessuno di noi, con
quel che succede, può essere sicuro dei suoi
diritti, dei suoi beni, perfino della sua libertà – ha concluso Berlusconi - dobbiamo
cambiare il nostro Paese, dobbiamo uscire
dall’oppressione fiscale, burocratica e giudiziaria in cui ci troviamo”. Frase da campagna elettorale, certo. Ma prima c’è da nominare il successore di Re Giorgio. E Silvio
vuole essere uno dei protagonisti assoluti.
IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ
LUNEDÌ 15 DICEMBRE 2014
3
GIAPPONE
TURCHIA
Elezioni anticipate, Abe vince:
pronto il rilancio del nucleare
Erdogan ordina: l’antiterrorismo
arresta giornalisti “nemici”
I risultati del voto in Giappone "indicano che gli elettori
sperano che la 'Abenomics' sia ulteriormente promossa": così il premier Abe sulla conferma dell’ampia maggioranza nel rinnovo della Camera Bassa insieme all’alleato New Komeito, che sembrerebbe avviata a superare i due terzi: “La priorità è il rilancio dell’economia”. Che secondo Abe passa anche attraverso il
rilancio del nucleare. Il premier giapponese ha quindi
avuto premiata la scelta di andare ad elezioni anticipate
per blindare ancor di più il suo mandato che ora rischia
di diventare tra i più longevi della storia nazionale.
Ennesimo colpo di maglio del presidente turco Recep Tayyp Erdogan contro i media e i giornalisti
sostenitori dell’imam Fetullah Gulen, capo della
confraternita islamica Hizmet, suo ex-alleato oggi
nemico numero uno rifugiato negli Usa. La polizia
anti-terrorismo ha portato a termine ieri una vasta
operazione in 13 città tra cui Istanbul ed ha arrestato
almeno 24 persone. In particolare sono stati presi di
mira giornalisti di Zaman, uno dei più importanti
quotidiani, da sempre vicino al predicatore: in manette è finito anche il direttore Ekrem Dumanli.
IL PRESIDENTE DELLA MAZZETTA
di Giampiero Calapà
N
ella sonnolenta domenica pomeriggio
di una Serie A lontana
da fasti e campioni
antichi ci pensa il presidente del
Genoa, Enrico Preziosi, quello
dei giocattoli, dal curriculum
non proprio felice, a spostare
l’attenzione tirando Mafia Capitale dentro al campionato.
Queste le sue parole ai microfoni di Sky: “A Roma stanno
succedendo troppe cose, non
vorrei fosse coinvolto anche il
calcio...”. Il suo Genoa ha appena perso, in casa ma con un uomo in meno per un’ora abbondante, contro la Roma che in
classifica segue la capolista Juventus. C’è anche un gol annullato. La solita polemica sugli arbitraggi è nella norma, infatti le
altre parole sono quelle sentite
mille volte: “Mi spiace per l’arroganza di certi arbitri. Banti
per noi è una iattura. Non sa gestire le gare, perché innervosisce molto il pubblico con certe
decisioni, al di là del fatto che sia
in buona o cattiva fede”.
Fuorigioco colpa
di Carminati:
Preziosi no limits
Il presidente del Genoa, Enrico Preziosi. L’attimo del gol annullato al Genoa ieri con la Roma Ansa-LaPresse
IL NEMICO INTERNO
“Niente scissioni
ma il premier
sbaglia tutto”
a replica? È stata
peggio dell’inL
tervento. Anche perché Renzi ha spostato
tutto il discorso sul
sindacato,
mentre
quello che gli dicevo
io è che il Pd non rappresenta più i lavoratori”. Stefano Fassina, ex responsabile
Economia del Pd di
Bersani, ex vice ministro di Letta, è l’uomo
del giorno. In un’assemblea caratterizzata da toni bassi e minacce felpate, è salito sul palco a
metterci la faccia. E ha urlato al segretario premier: “Il
presidente del Consiglio cerca giustificazioni per un
voto anticipato. È inaccettabile la delegittimazione morale e politica di chi ha posizioni diverse dalle tue: io
non sto in Parlamento per gufare ma per esprimere un
punto di vista costruttivo”. Una vera e propria invettiva: “Non accetto caricature, la minoranza non fa diktat nè il congresso anticipato. Se vuoi andare a elezioni
dillo, assumiti la tua responsabilità e smettila di scaricarla su altri”. Ma se si aspettava cedimenti o aperture, nella replica del segretario non sono arrivati.
Onorevole Fassina, e adesso?
Adesso continuiamo a fare opposizione dall’interno
nel merito, in Parlamento.
Molti la danno sulla via della scissione. Se ne va?
Non è nei miei progetti. Il mio impegno è nel Pd.
A Civati che pensa ad andarsene, cosa dice?
Che il Pd è il nostro partito.
Berlusconi ha svelato che nel Patto del Nazareno c’è anche il presidente della Repubblica. Cosa ne pensa?
Non mi stupisce. Ma il nuovo capo dello Stato dev’essere eletto con una larga convergenza, insieme anche a
Cinque Stelle, Lega e Sel.
wa.ma.
E FIN QUI niente di che, ma poi
Preziosi piazza la zampata con
l’affermazione riferita al terremoto giudiziario che dal 2 dicembre scorso ha sconvolto Roma, svelando l’esistenza di una
nuova mafia i cui tentacoli arrivano ovunque, nella politica
(l’ex sindaco Gianni Alemanno
è indagato per associazione mafiosa) e anche a personaggi della
televisione e dello sport. In particolare Preziosi non può che riferirsi all’intercettazione, finita
nelle carte dell’inchiesta della
Procura di Roma, in cui compare il nome di Daniele De Rossi.
Un episodio privo di alcun rilievo penale, posto solo ad esempio
della rete di conoscenze capillare
in cui si muovevano i contatti di
Mafia Capitale. Nella fattispecie
Giovanni De Carlo, detto Giovannone, indagato non per mafia, ma solo per trasferimento
fraudolento di beni, vicino ad
Ernesto Diotallevi, ex boss della
Banda della Magliana. Alle 3 del
mattino del 30 settembre 2013
De Carlo “rispondendo a due
tentativi di chiamata fatti poco
prima” proprio da De Rossi,
scrivono gli inquirenti, richiama
il calciatore “chiedendogli di cosa avesse bisogno”. De Rossi pochi minuti prima aveva avuto
un’accesa discussione con un ragazzo in un locale notturno, temeva ci potessero essere brutte
conseguenze per lui e per il compagno di squadra Mehdi Benatia, oggi al Bayern di Monaco.
Per questo motivo chiama De
Carlo. “Chiamame sempre, bravo, hai fatto bene amico mio”.
De Rossi, che ieri non ha giocato, si è difeso il 5 dicembre, il
giorno dell’uscita sulla stampa
di questa conversazione, dicendo: “Ho chiamato De Carlo solo
perché avevo visto che prima
stava in quel locale e perché conosceva quel ragazzo”. Poi ci so-
no alcuni contatti diretti nel
2012 tra Massimo Carminati, il
Cecato accusato di essere il capo
di Mafia Capitale, e Daniele Pradè, direttore sportivo della Fiorentina, in precedenza alla Roma. Così il patron della Giochi
Preziosi, quarta azienda di giocattoli al mondo, ne ha approfittato lanciando alla Roma e alla
Serie A una inquietante accusa,
senza specificare niente di più.
MA CHI é Enrico Preziosi? Alla
fine degli anni ’90 compra il Como e lo porta dalla C alla A: finì
con qualche giorno di carcere
patteggiando una pena, poi sospesa, di un anno e undici mesi
per bancarotta fraudolenta. Nel
2003 compra il Genoa, ma viene
accusato di aver mantenuto il
controllo occulto del Como.
Anche qui finisce con un patteggiamento e nel 2009 dei 5 anni di
sospensione dalle attività sportive richiesti, la Disciplinare si
accontenta di 4 mesi e di una
multa da 100 mila euro. Nel
2005 il Genoa è promosso in Serie A. Ma è un sogno che si spegne sulla combine di una partita.
Nel giugno 2005 il dirigente del
Venezia Paolo Pagliara viene
fermato dalla Guardia di finanza mentre esce dalla Giochi Preziosi con una mazzetta di 250
mila euro. Il Genova viene spedito in C1, la giustizia ordinaria
condanna Preziosi a quattro
mesi per frode sportiva. Nel
2012 e 2013 il suo nome finisce
di nuovo su registri degli indagati a Cremona e a Genova, per
un mancato versamento di ben
otto milioni di iva.
Ieri, in serata, arriva la replica
dell’As Roma: “Dichiarazioni
che non meritano commento, al
presidente saranno sfuggite per
l’amarezza del post partita”.
MAFIA CAPITALE
L’uomo Pd: “Buzzi, trovami casa”
Mentre Marino cambia assessore
DOPO l’Ama, l’azienda che si occupa dei ri-
fiuti, nell’inchiesta sul “Mondo di mezzo”
compare anche l’Atac, la mastodontica municipalizzata dei trasporti romani. Da un’intercettazione emerge che Andrea Carlini, fino al 2013 nel consiglio di amministrazione,
ma soprattutto nella direzione regionale del
Pd Lazio, avrebbe “chiesto a Buzzi (il capo
della cooperativa 29 giugno adesso detenuto
nel carcere di Nuoro, ndr) di acquistare in
suo favore un appartamento da 50 metri
quadri”. Il favore, per i Ros dei carabinieri,
sarebbe stato “funzionale a ottenere illeciti
vantaggi” proprio alla cooperativa di Buzzi
“in procedimenti pubblici amministrativi”.
C’è anche un litigio telefonico tra i due con
Buzzi che minaccia: “Dimmi dove sei... ti
spacco il culo... Il vaffa... a me te lo rimangi,
capito?”. Segue un sms di pace di Carlini:
“Non sono tuo nemico”. A cui Buzzi risponde: “Nemmeno io il tuo”. In un’altra conversazione Buzzi si vanta: “La prossima settimana vado a pranzo con Pedetti e Carlini, mi
compro pure lui, gli compriamo casa”. Pierpaolo Pedetti, consigliere comunale del Pd,
non è indagato: “Da parte mia mai alcun favoritismo alla 29 giugno”. In Campidoglio
Il capo della
cooperativa
29 giugno
Salvatore
Buzzi Ansa
domenica di lavoro per il sindaco Ignazio
Marino, che continua i cambiamenti nella
sua giunta. Salta proprio Rita Cutini, l’assessore ai servizi sociali sommersa dalle critiche
nei giorni di Tor Sapienza, ma ritornata “forte” dopo la divulgazione di un’altra intercettazione di Buzzi: “Con la Cutini siamo proprio messi male”. Nonostante questo qualcosa col sindaco Marino si è rotto, tanto che
l’addio dell’assessore non avviene senza una
nota polemica: “Il contrasto alle situazioni
gestite in emergenza, l’azzeramento dei fuori
bilancio del 2014, la scelta di procedure amministrative rigorose e non aggirabili (come
lo Sprar) sono state il fondamento della mia
azione. Il sindaco non ne ha fatto il perno
della ricostruzione necessaria”. Al suo posto
arriva un’altra “tecnica”: Francesca Danese,
anche lei cattolica, presidente del Centro per
i servizi del volontariato del Lazio.
4
CLOACA MASSIMA
LUNEDÌ 15 DICEMBRE 2014
Un nuovo
connubio
con le imprese
RAPPORTI ECONOMICI ”Il vero dato nuovo e preoccupante, è
rappresentato dal fatto che i fenomeni di compenetrazione tra
mafia e impresa erano storicamente confinati nelle ben note aree
geografiche dell’Italia meridionale (...) Oggi, invece, riscontriamo
un intenso e disinvolto connubio tra forme evolute di associazioni
mafiose e imprenditori calabresi e lombardi, pronti a fare affari
illegali insieme come se niente fosse …”. È quanto scrive il Gip
nell’ordinanza su Mafia Capitale nella parte dedicata ai rapporti
economici. “Dagli imprenditori che hanno instaurato un simile rapporto di scambio - scrive il giudice - il gruppo mafioso pretende
prestazioni diffuse, che possono assumere il contenuto più vario.
Gli imprenditori collusi sono disposti a trovare con i mafiosi un
accordo attivo dal quale derivano obblighi reciproci di collaborazione, scambio e lealtà.
LA BANDA È VIVA
DOPO GLI ARRESTI
DEGLI ANNI ‘90
MAFIA CAPITALE
HA CONTINUATO
A ESISTERE,
A INVESTIRE
IN APPALTI,
A TESSERE LEGAMI
CON IL POTERE E
LA CRIMINALITÀ
ORGANIZZATA
di Angela
S
Camuso
Caccia al tesoro
della Magliana
arebbe un errore annoverare ‘Mafia Capitale’ nel catalogo delle
nuove mafie. Perché
deve escludersi che la sua genesi sia recente” e anzi deve
“reputarsi che essa sia radicata
da tempo…. La pellicola di
‘Mafia Capitale’ evidenzia un
gruppo criminale che costituisce il punto d’arrivo di organizzazioni che hanno preso le
mosse dall’eversione nera, che
si sono evolute nel fenomeno
criminale della Banda della
Magliana e si sono definitivamente trasformate…” .
Questo scrivono i magistrati
della Dda di Roma nell’ordinanza di custodia cautelare
eseguita lo scorso 1 dicembre nei confronti del nero Carminati er Pirata, o er Cecato, l’ex bandito della Magliana
che all’epoca, mentre militava nei Nar, compiva insieme ai
capi della gang delitti comuni anche efferati, secondo i
pentiti, che lo accusarono non solo di essere il killer di
Mino Pecorelli ma dissero che il Pirata regolarmente partecipava a spedizioni di morte che erano routine per quei
malavitosi di borgata, come accadde quando, secondo il
pentito Maurizio Abbatino, Carminati dopo aver tentato
di uccidere due persone impugnando un mitra Mab prelevato dall’arsenale dei neofascisti, si era fatto rilasciare un
falso certificato di ricovero presso l’ospedale militare del
Celio per precostituirsi un alibi. Lucido e spietato. Affidabile e rigoroso. Non a caso Renatino De Pedis lo avvicinò a sé, quando ormai la banda si era divisa e De Pedis
si era allontanato da quelli che nel gruppo erano rimasti
malavitosi veraci, perché sperperavano i guadagni invece
che accumularli e moltiplicarli come faceva lui, il Dandy,
che si era ormai messo in affari con Enrico Nicoletti,
‘banchiere’ della gang ma anche della camorra e della
‘ndrangheta insediate Roma, quello a cui De Pedis consegnava i soldi affinché li moltiplicasse, attraverso l’usura
oppure investendoli in investimenti immobiliari e negozi.
Delinquenti rivestiti da imprenditori
Già all’epoca gli appalti del Comune di Roma facevano
gola, tant’è che Nicoletti - mentre intanto tesseva la sua
tela di rapporti anche con la camorra di Michele Senese e
affiancava a sé gli zingari Casamonica, per utilizzarli nelle
operazioni di recupero crediti - aveva infiltrato il cantiere
dell’università di Tor Vergata facendosi assegnare dal
Campidoglio lavori per 434 milioni di vecchie lire, allo
scopo di fare un ospedale annesso alla nuova facoltà di
Medicina. Affare suggellato da un pranzo a cui parteciparono, tra gli altri, lo stesso Nicoletti e l’allora sindaco
di Roma, Ugo Vetere, calabrese, eletto col Pci. I soldi che
finivano negli appalti, in quei tempi, erano quelli del traffico di eroina dalla Sicilia dopo che De Pedis si era alleato
con il cassiere di Cosa Nostra Pippo Calò attraverso il suo
luogotenente romano Ernesto Diotallevi. Un altro, Diotallevi, col pallino per gli affari, tant’è che col denaro di
Calò aveva avviato speculazioni in Sardegna, attraverso
società immobiliari che avevano sede a Roma, nel quartiere Prati. Oggi sappiamo che Massimo Carminati con lo
stesso Diotallevi era in affari per alcuni appartamenti a
nord della capitale e che all’interno di quelle unità immobiliari il Cecato aveva in mente di nascondere un arsenale di armi, tra cui due pezzi di Makarov 9 con silenziatore. “Non senti neanche il clack, prima che se ne
accorgono... cioè... già si è allargata la macchia di sangue...”, diceva mentre ne parlava col suo braccio destro
Riccardo Brugia, ex neofascista, secondo il collaboratore
di giustizia Roberto Grilli attualmente “uno dei più grossi
rapinatori di Roma”. Sempre dalle carte di mafia capitale,
sappiamo che Carminati nel 2013 si incontrava con il boss
Michele Senese, condannato di recente all’ergastolo, già
legato a Nicoletti. Il clan Senese, nel corso degli ultimi
vent’anni, a Roma ha conquistato il monopolio della distribuzione della droga sulle piazze dello spaccio. Business
contemporaneo non più dell’eroina ma la cocaina, importata dalla Spagna. I carabinieri scoprirono che Carminati, a maggio dello scorso anno, si vide al bar “La
Piazzetta” vicino corso Francia, col sanguinario “Michelino”, come lo chiamava affettuosamente il Cecato. Ed era
un periodo in cui Senese, tornato libero per decorrenza dei
termini di custodia, si era reso irreperibile. Gli investigatori videro Carminati e il camorrista discutere tra loro e
quindi separarsi bruscamente. “Hanno un rapporto alla
pari”, dedussero gli inquirenti. Non a caso, un anno prima,
Carminati fece da paciere a seguito di un fatto di sangue di
cui era rimasto vittima, per
mano di alcuni napoletani assoggettati ai Senese e legati alle
frange estreme della tifoseria
laziale, un bandito romano già
legato ai Fasciani di Ostia,
gruppo legato Cosa Nostra
che si era accaparrato tutte le
concessioni delle spiagge sul
litorale. A proposito dei legami di Carminati con Cosa Nostra, il pentito Sebastiano Cassia ha dichiarato che “ per certe cose… tipo ammazza’ qualcuno qua a Roma, i Santapaola
parlavano pure co’ Massimo….”, per avere un placet e
ottenere supporto logistico.
Gli amici avvocati
e le mire politiche
Questa non è una
nuova mafia,
ma il punto d’arrivo
di organizzazioni che
hanno preso le mosse
dall’eversione nera, che
si sono evolute nella
Banda della Magliana e
si sono definitivamente
trasformate…”
Dunque De Pedis-Nicoletti-Carminati. “Renatino la domenica si attaccava al telefono e chiamava il fior fiore degli
avvocati di Roma… Era referente, diceva: Avvocato, professore, ha ricevuto il regalo?... De Pedis già si stava costruendo il futuro... Aveva questi modi da boss imprenditoriale... Per questo era di una noia mortale... Non si
faceva neanche una canna! Si preparava agli avvenimenti
che lui sognava... Si immaginava, perché no, con qualche
incarico in Parlamento, magari come sottosegretario o
presidente di qualche cosa” disse anni fa in un’intervista a
chi scrive il pentito della Magliana Antonio Mancini, detto
l’Accattone. De Pedis il bandito con velleità borghesi. De
IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ
200
MILIONI CONFISCATI
A CARMINATI E SOCI
IN MAFIA CAPITALE
AFFARI D’ORO Il valore
dell’ammontare dei beni sequestrati ad alcuni dei 37 arrestati
nell’operazione che ha coinvolto Carminati, Buzzi ma anche
l’ex sindaco della Capitale
Gianni Alemanno.
1,3 MLD
LA RAGNATELA
D’AFFARI DELLA
BANDA ROMANA
LUNEDÌ 15 DICEMBRE 2014
5
I MISTERI DI CARMINATI
Il re di Roma
tra Dostoevskij
e pozze di sangue
di Rita Di Giovacchino
M
UN CAPITOLO MAI CHIUSO
Tanti misteri della criminalità romana: nella foto
grande l’omicidio di Emidio Salomone nel 2009. In alto, l’arresto di Maurizio Abbatino nel
1992. Qui sopra, quello di Massimo Carminati (sotto nella foto segnaletica), pochi giorni fa
IL LIBRO
“Mai ci fu pietà”
L’inchiesta di Angela
Camuso in uscita nei
prossimi giorni (Castelvecchi Editore), racconta la Magliana dalle origini a oggi
Pedis che prima di morire ammazzato a 36 anni viveva in
un appartamento al quinto piano dietro il Parlamento, in
piazza della Torretta 26, ufficialmente sede di una società
di costruzioni. Lì Renatino abitava con la moglie, Carla Di
Giovanni, figlia di buona famiglia, un padre funzionario
dell’ex azienda Iacp (Istituto autonomo case popolari). Si
era comprato, Renatino, la boutique di Enrico Coveri,
sulla prestigiosa via della Vite. E della banda era anche il
«Jackie O’», famosa discoteca dietro via Veneto. Poi De
Pedis era morto ammazzato per mano di Antonietto D’Inzillo, anche lui ex neofascista già legato a Gennaro Mokbel.
E dopo la morte di De Pedis, Enrico Nicoletti salì sul suo
trono. Iniziò quattro anni dopo il maxi processo alla banda della Magliana e quando arrivò la sentenza definitiva
Enrico Nicoletti, Carminati e tanti altri appartenenti
all’ala finanziaria della gang uscirono dopo lievi condanne, non avendo i giudici ritenuto la banda associazione
mafiosa. Oggi i magistrati ripartano da qui, dal punto in
cui i rappresentati della pubblica accusa di venti anni fa
fallirono. E suggeriscono di guardare indietro, senza però
spiegare cosa sia accaduto dal momento in cui la banda
della Magliana fu ufficialmente sgominata – ora sappiamo
che non è così – al giorno in cui è stato palese che essa non
era affatto morta bensì si era “evoluta”, investendo e moltiplicando quel capitale iniziale lasciato da Renatino al suo
‘banchiere’. I magistrati non fanno neppure cenno, in
quelle oltre mille e cento pagine di custodia cautelare, al
fatto che 11 anni fa ci fu un pentito, Dario Marsiglia, che
svelò alla Dda quali erano, già all’epoca, cioè nel 2003, le
alleanze criminali a Roma. Marsiglia, catanese, era il pupillo di Giuseppe detto Ciccio D’Agati, già uomo di Calò e
rappresentante in quegli anni nella capitale della cupola di
Bernardo Provenzano. I suoi verbali di interrogatorio finirono presto in un cassetto. Eppure Marsiglia aveva raccontato come gli eredi di De Pedis ancora gestissero numerosi centri commerciali al centro, soprattutto a Te-
staccio. E che D’Agati
De Pedis avvicinò
era in rapporti già
all’epoca con Carminati.
Carminati quando
Il pentito aveva anche
parlato del sempreverde
Ernesto Diotallevi, a cui
si era allontanato dai
sette anni dopo l’Antimafia sequestrerà 25 mimalavitosi veraci, perché
lioni di euro. Aveva detto Marsiglia che Diotalsperperavano i guadagni
levi trafficava cocaina
con Nicoletti. E che «Niinvece di moltiplicarli
coletti per la droga si appoggiava ai Senese».
Carminati, invece, secome faceva lui, in affari
condo Marsiglia ,«era
molto vicino ai siciliani
con Nicoletti, “banchiere”
ed era pertanto intoccabile». Per questo motivo
della gang ma anche
non era stato ucciso dagli ex della Magliana deldi camorra e ‘ndrangheta
la vecchia guardia nel
frattempo usciti di galera. Questi ultimi erano
intenzionati a vendicarsi nei confronti di quelli appartenenti all’ala finanziaria della banda che invece l’avevano
fatta franca.
I miliardi e gli infami
“Si stava ricostituendo e ci stavano riuscendo la banda
della Magliana, per far fronte a certe eliminazioni per
Nicoletti, Carminati e Vitale – racconterà Marsiglia –
perché quelli tra droga, usura e estorsioni al centro di
Roma si erano fatti i miliardi, chiamando gli altri ‘infami’”.
assimo Carminati adolescente, la faccia imberbe, tutti
e due gli occhi. La foto color seppia risale agli anni di
piombo, bisogna aspettare qualche anno per trovare l'occhio coperto da una benda. L'ultima foto l'hanno scattata i
militari del Ros mentre usciva dal residence di Sacrofano. I
capelli sono radi, imbiancati. “Ormai so' un vecchietto”,
confidava agli amici. Oppure: “So un sopravvissuto”. Uno
su cui gravava l'eredità di due mondi che in lui si sono congiunti. Il terrorismo e la malavita, la destra neofascista e la
Banda della Magliana. Per capire la natura di Mafia Capitale
non possiamo che partire da lui. Ma chi è 'sto Carminati?
Uno che la mattina usciva presto di casa, dava un bacetto
alla moglie e andava in ufficio. L'unica stranezza è che l'ufficio fosse un distributore Eni su Corso Francia (Roma
Nord, verso la via Cassia) dove riceveva sia Pozzessere, ex
potente direttore commerciale di Finmeccanica, che i vecchi sodali con cui parlava di una Makarov 9, col silenziatore
“che manco fa ciak e c'è già la pozza di sangue”, non ancora
trovata.
“Sinergie criminali ed equilibri illeciti tra il mondo di sopra,
fatto di imprenditoria e istituzioni, e il mondo di sotto, composto dai rapinatori, trafficanti di droga, gruppi che sparano”, scrive il gip nel tentativo di riassumere, nel caos inafferrabile, i connotati di Mafia Capitale che oggi agli occhi
del mondo rappresenta interamente Roma, città sacra e sacrilega con Le Monde che disegna la Cupola di San Pietro
avvolta da un'immensa piovra. L'unica arma di cui disponeva Carminati è la famosa Katana che “quel deficiente di
Cola gli ha regalato perché lo chiamavano “Er Samurai”,
dice Iannilli il commercialista. Una spada che aveva una sola
utilità: “Con quella a Cola lo squarcio... non lascia traccia,
mica è un bossolo”. Ma Carminati non è vero sanguinario, soltanto un ex terrorista IL MONDO
allevato nei laboratori della
strategia della tensione, pro- DI MEZZO
dotto unico, irripetibile.
UN UOMO CHE
Una sola moglie, un solo figlio, cinque quotidiani al MANEGGIA
giorno, come qualsiasi uomo d'affari. Uno che legge MILIONI E POI
anche Dostoevskij e che ha
varcato la soglia di Rebibbia SOGNA LA CASA
con in tasca “Le lacrime de- PICCOLO
gli eroi” di Matteo Nucci.
Uomini che non si vergo- BORGHESE. CHE
gnano di piangere. Eppure
coltivava aspirazioni picco- LEGGE ROMANZI
lo borghesi, come la villetta a
Sacrofano, formato famiglia RUSSI E PARLA DI
tra la Cassia e la Flaminia. A MITRA E SPADE
proposito, che bisogno aveva di fare un mutuo di 120 GIAPPONESI
mila euro uno che maneggia
milioni? Allora non è lui il
Capo, dietro lo schermo si
intravede il Supremo di cui
parla Ernesto Diotallevi, il compare di Pippo Calò, che nell'intervista concessa a Il Fatto, come ogni vero mafioso nega
di esserlo: “Eravamo soltanto quattro straccioni”, dichiara
sontuoso manco fosse Luciano Liggio. Ma parlando con il
figlio allude a un “insospettabile” capo.
L'ombra del Grande vecchio è in agguato e pure il dibattito
sull'autenticità mafiosa dell'organizzazione. I professori siciliani fremono e Salvatore Lupo, negazionista della trattativa, insorge: “Per me quella di Roma non è mafia. Non lo
era nemmeno la banda della Magliana”. Mai intaccare la
sacralità di Cosa nostra e pensare che Buscetta aveva detto
che “la mafia sarà sconfitta soltanto quando si romperà il
sodalizio con la politica”. Per come è oggi la politica, i rapporti Mafia Capitale li aveva, eccome. Ma, dicono, come si fa
a definire mafioso uno che ogni due parole intercala frasi
come “pezzo di merda”, in alternativa “me rode er culo”?
Sappiamo forse in che modo “sbattezza” la mafia cinese? In
ogni caso il linguaggio sboccato di Carminati non appartiene soltanto alla malavita, è ormai diffuso in ogni angolo
della città. Le intercettazioni di Mafia Capitale riflettono
una città incanaglita non diversa da quella delle inchieste
sulle Baby squillo incorniciate nell'elegante contesto dei Parioli.
Renatino il Dandy, che era un proletario, parlava in modo
garbato, in linea con i completi Caraceni che amava indossare. Insomma la mafia è un sistema fatto di realtà diverse e “il mondo di mezzo” assomiglia alla “grande terrazza” di Gelli. Il piano attico del mondo dove tutti i poteri si
incontrano, diceva Licio che aveva una visione più ampia.
Scrive il gip: “Mafia Capitale ha caratteristiche proprie, solo
in parte assimilabili a quelle delle mafie tradizionali...ad
esprimerle è la forza d’intimidazione del vincolo associativo...le condizioni di assoggettamento e di omertà che ne
derivano, generate da fattori criminali, istituzionali, storici
e culturali”.
6
CLOACA MASSIMA
LUNEDÌ 15 DICEMBRE 2014
Il mistero
della tomba
in chiesa
RENATINO E LA CURIA ROMANA Per
anni nessuno parve accorgersene: il corpo
di Renatino De Pedis (il boss della Magliana ucciso nel 1990) due mesi dopo la
sepoltura nel cimitero del Verano era stato
trasferito nella cripta della basilica di
Sant’Apollinare. Pieno centro di Roma, a
IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ
due passi dal luogo dove scomparve Emanuela Orlandi. Un onore concesso a pochissimi. E più d’uno puntò il dito sui rapporti tra De Pedis e gli ambienti della curia
romana. Ricordò, appunto, il sospetto di
un coinvolgimento della banda della Magliana nel sequestro della ragazza.
Nonostante le polemiche, il Vicariato di
non ritenne mai di trasferire la salma. Fu la
moglie di De Pedis, dopo gli accertamenti
disposti dalla magistratura, a decidere di
trasferire i resti di Renatino nel cimitero
romano di Prima Porta dove furono cremati e poi dispersi in mare.
TUTTOCITTÀ
Roma godona,
dopo la retata
locali tutti vuoti
el feudo della banda del “Cecato” le
mini-car sono ancora in fila e le ragazze si arrampicano su tacchi alti e calze scure. Ponte
Milvio è una capitale nella
capitale. È il cuore glamour
del “mondo di mezzo”, il
centro della Roma nera di
Carminati e sodali, affrescata nelle carte dell’inchiesta
sulla mafia romana. È vero
che l’influenza della cupola
capitolina si spandeva da
nord a sud e i suoi punti
d’incontro sono disseminati
in tutti i quadranti della città
- via Flaminia, Corso Francia, Vigna Stelluti, Parioli,
Eur, Trastevere. Ma se c’è un
luogo dello spirito del romanzo criminale svelato in
questi giorni, è qui a Roma
Nord. Nei locali attorno a
Ponte Milvio, dove i soldi
non hanno mai smesso di girare, dove il benessere è
ostentato e il confine tra eleganza e pacchianeria si perde nei rumori di fondo.
locali preferiti di Giovanni
De Carlo (che non è indagato
per mafia, ma per trasferimento fraudolento dei beni),
tra le figure più “affascinanti”
emerse nel racconto di questa
associazione criminale. Al
Met si divertiva, stringeva
amicizie, parlava d’affari.
Qui si vedeva, tra gli altri, con
Peppe Sculli, ex calciatore
sotto inchiesta per lo scandalo scommesse, nipote di u tiradrittu, il boss della ‘ndrangheta Giuseppe Morabito.
De Carlo, per gli amici Giovannone, non era tipo particolarmente riservato. Si faceva notare. Le carte e le intercettazioni hanno testimoniato le sue amicizie “vip” (Belen, De Rossi, Mammucari),
chi frequenta il quartiere racconta delle sgasate della sua
Ferrari. Giorgio, che gestisce
un piccolo bar sulla piazza, si
guarda bene da fare i nomi,
ma sussurra: “Certo li vedevi
girare, gente che magari sai
che non lavora e gira su macchine assurde. Due domande
te le facevi. Ora abbiamo pure
le risposte”.
Al Met, il regno
di Giovannone
La Ferrari, bene di lusso
a cui non rinunciare
Il Met-Villa Brasini si affaccia sulla piazza. Il ristorante è
nato sulle ceneri di una vecchia sala scommesse legata al
mondo della banda della Magliana. Dev'essere una maledizione del luogo: il nome del
Met, suo malgrado, torna
nelle indagini sulla nuova
mafia della città. Era uno dei
La famosa Ferrari di Giovannone è finita in un’intercettazione
emblematica,
quella con il suo avvocato.
Nel 2013, dopo un arresto, il
legale rimprovera De Carlo:
“Giovà, non è che sei uno
non noto! Sei notissimo!
Questi qua (la polizia, ndr)
rosicano come matti perché
di Tommaso
Rodano
N
IL CENTRO
DEL MONDO
DI MEZZO NEI BAR
E RISTORANTI
DI PONTE MILVIO
DOVE CARMINATI,
DE CARLO
E I SOCI DI MAFIA
CAPITALE
SCORRAZZAVANO
INDISTURBATI
Il Tevere nella zona nord di Roma, regno della banda
tu non esisti! E dicono, ma
questo come cazzo fa che conosce tutti, frequenta i posti
migliori, se scopa le attrici?
Allora tu, per esempio, perdonami, tu la Ferrari non la
devi toccà!”.
Giovannone però alla Ferrari
rinunciava di rado. E secondo gli inquirenti il Met se lo
voleva comprare, come il pub
scozzese Tam O’Shanter, vicino piazza Cavour: un altro
dei suoi locali preferiti. De
Carlo non era l’unico a sfoggiare la passione per le auto di
lusso. Da queste parti si è fatta
notare spesso la Bentley di
Leonardo Diotallevi, uno dei
figli di Ernesto, vecchio criminale della Magliana ancora
in pista con Carminati e gli altri. Al telefono il papà confes-
sava al figlio che “De Carlo è il
boss dei boss”. Oggi sulla bacheca Facebook di Leonardo
si inseguono i messaggi di solidarietà di amici ed “estimatori”: “Sei un grande”, “Non
mollate”.
Al Met, però, nelle serate infrasettimanali adesso tira
un’aria un po’ cupa. Saranno i
primi freddi, sarà suggestione, o sarà che per qualcuno da
queste parti è meglio non farsi vedere, almeno per un po’.
Dietro le pareti a vetro del ristorante, sotto il soffitto basso con i grandi lampadari di
stoffa, ci sono diversi coperti
vuoti. Non capita spesso.
Non qui, Ponte Milvio è la
Cortina di Roma, incredibilmente simile al suo stereotipo: sembra un set dei Vanzi-
na sulla borghesia godona, cinica e arricchita. Persino qui,
dove “la crisi non s'è mai conosciuta” come ti dicono pure i camerieri nei bar, il collasso improvviso della mafia
romana sembra aver lasciato
qualche ferita da cicatrizzare.
Anche se il colpo d’occhio è
ancora notevole, pieno di
giovani in camicia d'ordinanza e giubbino e fanciulle sui
trampoli, “acchittate” come
al debutto in società.
Dietro i vetri
della Cortina di Roma
Sono loro, per esempio, a
riempire il Coco Loco: è venerdì sera, i tavoli sono pieni,
molti fumano fuori; sono
quasi tutti ragazzini. Si fa fatica a pensare che questo lo-
cale un po’ pacchiano (pareti
a tinte arancione e blu elettrico, archetti in finta muratura, festoni natalizi già addobbati) fosse “l'abituale
luogo di ritrovo” della mafia
di Roma. Così dicono le carte. Non c’è un'aria di lutto,
almeno stasera. Ma potrebbe
essere apparenza. “Per molti
quest’inchiesta è stata una
botta - conferma Alberto,
che lavora al Gone, a fianco
del Met –. Altroché, un salasso. Non tanto perché hanno
perso molti clienti: magari
riescono ancora a riempire i
tavoli. Ma hanno perso, come dire, i top player. Quelli col
soldo vero. Certo, chissà,
magari hanno perso pure
qualcuno che gli chiedeva il
pizzo...”.
IL RACCONTO
IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ
Uova w Lingue parlate Italiano, Inglese, Russo
e Francese scolastico. La vedo accaldata, pren- Così calo nei sondaggi da un bicchiere d’acqua. È il primo colloquio
di lavoro?”.“Sì”. Era il terzo. Il terzo quella
a vantaggio di Salvini.
mattina. In totale, dal giorno della sua laurea
- Ma se siamo riusciti
ad applicare il federalismo
molto meglio di lui! Siamo
passati dalla trattativa StatoMafia alla trattativa ComuneMafia! E senza spargere una
LUNEDÌ 15 DICEMBRE 2014
in Lingue e Letterature Moderne, Claudia
aveva fatto cinquantadue colloqui di lavoro.
Cinquantatre. Due nello stesso posto. Non se
lo ricordavano. Nemmeno lei.
“Uova”(Einaudi, prossima uscita)
Renzi al telefono
La Mafia a Roma?
È il dado in cucina
goccia di sangue!
- Ha detto proprio «A
Chi è
Roma ho sbagliato a scei estremisti neri e coop
gliere la squadra». ServiPECORE E UOVA
rosse, di Moncler e di
va quella Antimafia! Te
Clark. Di come tutto si
lo ricordi, caro il mio
Francesca Fornario è scrittrice, giortiene insieme. Matteo
Matteo, quando Alenalista, autrice satirica, vignettista,
Renzi al telefono con un amico.
manno sognava di prenattrice, perché è convinta che sia me- Caro il mio Matteo, Carminati e
dere il posto di BerluBuzzi erano pappa e ciccia, come disconi?
glio fare tutte queste cose male che
cono a Roma.
- Come no!
una sola bene. Imperversa su Radio- Maremma! Te tu ti rendi conto che
- Sarà stato allora che ha
due, all’interno del programma «Un
follia?! I fascisti con le Coop! È la cocominciato a circondargiorno da Pecora». È andata all’asilo
sa più incredibile che ho visto dusi di mafiosi. Poi è stato
rante questo mio primo anno da setravolto da parentopoli
dalle suore. Alle elementari dalle
gretario del partito democratico!
e non se n’è fatto più
suore.
Alle
medie
dalle
suore.
Al
li- Già un anno che sei segretario del
niente. Ah, quanti ne ha
ceo
dalle
suore.
È
atea.
Non
per
colpa
Pd? È volato via in un attimo. Il Pd.
piazzati! Centinaia di
- Questa storia di Mafia Capitale
persone, parenti di amidelle suore, loro ce l’hanno messa
non ci voleva. Mi ritrovo con questi
ci, ex camerati, espotutta, è proprio Dio che non esiste.
del partito romano coinvolti in
nenti dell’estrema dePresto
uscirà
il
suo
primo
romanzo:
un'inchiesta per associazione mastra assunti per chiama“Uova”, Einaudi Stile Libero Big.
fiosa, estorsione, usura, corruzione,
ta diretta nelle municiturbativa d’asta, false fatturazioni,
palizzate romane. Gli
trasferimento fraudolento di valori,
inquirenti si sono insoriciclaggio e non so quali altri reati.
spettiti quando hanno
Ma ora basta, farò pulizia! Costringerò Marino a spo- notato che l’organigramma dell’Atac era a forma di
stare la Panda.
albero genealogico.
- Ben detto!
- Ex terroristi neri promossi manager pubblici. E ora te
- M’hanno spiegato i miei che Buzzi lo conoscono tut- li ritrovi a fare affari con le cooperative rosse che si
ti. È del giro nostro, sai, gestiva una cooperativa per occupano di zingari e carcerati! Io proprio non mi cal’accoglienza degli immigrati, il recupero dei tossico- pacito…
dipendenti, ha finanziato la campagna a mezzo Pd… - È il regno di mezzo, caro Matteo, dove tutto si miMe l’hanno pure portato a una cena elettorale! Ma io schia.
non è che sto lì a guardare la fedina penale degli invitati, controllo che siano buone le banconote da cinquecento euro e
via...
- Beh, anche Carminati, a destra, lo conoscono tutti. Il Nero,
il cecato. Ricicciava sempre
fuori lui, dalla Strage di Bologna
all’omicidio Pecorelli. Un camerata vero, pieno di armi e pugnali…
di Francesca Fornario
D
- E ora sono soci in affari.
Incredibile! Appena ho letto le carte ho capito che a
Roma per il partito c'era bisogno di un commissario.
- Montalbano?
- Spiritoso. Ci ho messo Orfini
che è uno che questi signori delle tessere li conosce bene. Dicono che in giro ci sono migliaia di
tessere false del Pd.
- Di gente che era stata convinta
a iscriversi a un partito di sinistra? Deve essere come aprire il
portafoglio e ritrovarsi con i
soldi del Monopoli.
- Orfini mi ha giurato che farà
ordine. Sta chiamando uno per
uno tutti gli iscritti.
- E cosa gli rispondono?
- Il numero da lei chiamato è
inesistente.
- La cosa ironica, per voi del Pd
che avete cercato di farlo fuori
in tutti i modi, è che Marino ne esce pulito. Ma perché
ha rifiutato la scorta?
- Dice che si sente tranquillo. Ora che mezzo Pd romano è controllato a vista dalla polizia.
- Se può consolarti, caro il mio Matteo, il centrodestra
ne esce peggio. Alemanno indagato per associazione
mafiosa... Ha detto di essersi circondato delle persone
sbagliate… Non sapeva che erano mafiosi, credeva
che fossero fascisti!
- Eh, eh!
- Sarà, ma a me fa impressione. Perché me li ero sempre immaginati come mondi distinti, antropologicamente diversi, come gli spettatori di Canale5 e quelli di
Raitre o, se vogliamo fare un paragone con la politica,
quelli con il Moncler e quelli con le Clarks.
- C’è la Mafia a fare da collante. Caro il mio Matteo, in
tanti anni che faccio politica una cosa l’ho imparata: la
Mafia, in politica, è come il dado in cucina. Lega gli ingredienti. I socialisti con i liberali, i Fascisti con le Coop. Un po’ di Mafia e tutto si
tiene insieme.
- La verità è che tutte le volte che imbarco un ex comunista mi metto nei casini! Faccio ministro del lavoro Poletti, il presidente della Legacoop e quello che
mi combina? Si fa fotografare a cena con Alemanno,
Salvatore Buzzi e uno del clan Casamonica! Lui s’è
difeso dicendo che quelli non li ha mai più frequentati.
- Lui Casamonica?
- Spiritoso. Intanto io così calo nei sondaggi a
vantaggio di Salvini.
- Ma se siamo riusciti ad applicare il federalismo molto meglio di lui! Siamo passati dalla
trattativa Stato-Mafia alla trattativa Comune-Mafia! E senza spargere una goccia di sangue!
Perché a Roma la Mafia tratta con la politica senza
usare la violenza.
- Invece che farti saltare in aria la macchina, le fanno
scadere il permesso.
- Ma tu non preoccuparti, Matteo: noi tiriamo dritti
per la nostra strada.
- Mica tanto. Lo hai visto che scherzetto mi hanno
fatto in commissione? Mi hanno mandato sotto il Governo con il voto dei dissidenti Pd e un paio di Forza
Italia.
- Impallinato dal fuoco amico!
- Ti rendi conto che figura? Un paio di Forza Italia che
mi votano contro!
- Stai tranquillo, Matteo, sono solo due o tre cani sciolti: in Commissione fanno casino per farsi notare, ma
poi in aula abbassano la cresta e noi andiamo avanti
con le riforme.
- Me lo prometti? Perché ogni tanto ho la sensazione
che voi stiate facendo di
tutto per perdere temLA LUPA Romolo e Repo.
mo allattati dalla lupa. Il sim- - Eh?
bolo di Roma, città eterna.
- Ogni tanto ho l’imMa tanto in crisi
pressione che voi facciate di tutto per allungare i tempi della discussione.
- Eh?
- Niente, dico che ogni tanto ho come la sensazione
che voi ricorriate a qualunque mezzuccio pur di allungare i tempi della discussione.
- Non ti sento, sto entrando in galleria.
- Ma non eri a casa, in vestaglia?
- Ho un tunnel in camera da letto. Per quando verranno a prendermi.
- Però prima facciamo le riforme, eh?
- Eh?
- No, dico, prima facciamo le riforme!
- Eh?
- L’Italicum!
- No, Buzi e Carminati non c’entrano niente con la
storia dell’Italicus. Questa è gente che lo fa per i soldi,
non per gli ideali.
- No, dicevo l’Italicum, ti ricordi che…
- È la teoria del mondo di mezzo, caro il mio Matteo,
dove tutti si incontrano. Mentre una volta ci stavano la
destra e la sinistra.
- I Fascisti e le Coop insieme in affari. Non c’è più
religione! Ma tornando all’Italicum…
- Parliamone domani, Matteo, ora è tardi. Domani ne
parliamo.
- Promesso?
- Sì, sì, ti chiamo io. Ora vai a dormire, Matteo. Buonanotte.
- Buonanotte, Denis.
- Buonanotte, Matteo.
- I fascisti con le Coop… ma com’è possibile?! Due
mondi così distanti…
- Non ci pensare, Matteo. Dai, attacca.
- No, attacca tu…
- No, tu.
- Però domani facciamo le riforme insieme, eh?
7
VOX POPULI
“Caro
Babbo
Natale
vorrei...”
di Alessandro
Ferrucci
ROMA Shopping, shopping e ancora shopping.
In questo caso semi-giustificato, si avvicina Natale e, nonostante i quindici gradi tropicali, nella
Capitale le persone si vestono d’inverno, sciarpa
e cappello, entrano ed
escono dai negozi. A loro
chiediamo: cosa vorreste
sotto l’alberello?
Carlo, 32 anni, commesso. “Una bicicletta nuova,
l’altro giorno me ne hanno rubata un’altra, la terza. Ho scoperto che sfilano il palo dal marciapiede e via così”.
Ugo, 28 anni, ambulante.
“Non vendere meno
dell’anno scorso, già il
2013 era andato una
merda”.
Emiliano, 42 anni, portiere. “Ti darei una risposta patetica, lascia perdere”.
Fabrizio, 51 anni, medico.
“Una vacanzetta”. Dove?
“Al caldo, ovvio”.
Fabio, 38 anni, musicista.
“Non festeggio, ma se recuperi il numero di quella, sono contento”. E indica una ragazza mora
che esce da un bar.
Micaela, 32 anni, disoccupata. “Un lavoro, anche part-time, ma voglio
uno stipendio”.
Gianni, 42 anni, lavoro
non dichiarato. “Lascia
perde, sono disperato,
devo comprare un anello
alla mia ragazza, so già
che romperà le palle perché troppo piccolo”.
Guglielmo, 51 anni, commercialista. “Apro un ristorante-pizzeria, il regalo me lo sono fatto”.
Cecilia, 41 anni, libera
professionista. “Due tette nuove, le mie hanno
dieci anni (ride e guarda
l’amica”.
Laura, 37 anni, amica di
Cecilia. “Te prego! Non
puoi dire queste cose!”
Ormai è tardi...
Valeria, 32 anni, impiegata. “Una vacanza,
ovunque, ma lontano da
qui”.
Pamela, 38 anni, archeologa. “Un lavoro stabile,
sa quanto prendiamo per
scavare? Quattro soldi, e
ho la schiena a pezzi”.
Mirko, 43 anni, imprenditore. “Il Natale lo associo sempre a mia suocera
che si trasferisce a casa
nostra. Un incubo da dodici anni”.
Don Luigi, 55 anni, prete.
“Ho un elenco lungo, ma
niente per me”. Ci mancherebbe.
Twitter: @A_Ferrucci