Lunedì 8 dicembre 2014 – Anno 6 – n° 338 Ma mi faccia Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma - tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 e 1,40 – Arretrati: e 2,00 - Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) - Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 y(7HC0D7*KSTKKQ( +[!#!?!"!: Colonna sonora della settimana w il piacere Thegiornalisti : “Forever delle Haim è un misto tra indie pop, dance anni ‘80 e Michael Jackson. Melodie perforanti” a cura di Martina Castigliani Ascolta su w www.ilfattoquotidiano.it LA GIORNATA DI IERI w POLITICA w A Parma il sindaco non cerca lo strappo palese. Il leader risponde dal blog: “No passi indietro” w MAFIA CAPITALE w Per l’ex sindaco di Roma si parla di valigette in Patagonia. L’ex senatore verso la Guinea In 400 insieme a Pizzarotti Obiettivo fuga di Dell’Utri Grillo li stoppa: sono vivo Alemanno: soldi all’estero De Carolis » pag. 2 Lillo, Massari e Pacelli » pag. 5 di Marco Travaglio Nuovo Centro Detenu- ti/1. “A volte non bastano le leggi per stroncare il malaffare e la corruttela. Bisogna fare attenzione alla selezione della classe politica, introducendo e prevedendo anche all’interno degli stessi partiti dei codici etici di valutazione della propria futura classe dirigente” (Renato Schifani, Ncd, Giornale di Sicilia, 7-12). Altrimenti, inavvertitamente, si rischia di far entrare qualche onesto. Nuovo Centro Detenuti/2. “Roma è una città sana” (Angelino Alfano, Ncd, ministro dell'Interno, 4-12). A parte un pugno di pm e qualche carabiniere del Ros, ma li stiamo cercando. Nuovo Centro Detenuti/3. “Prescrizione, l’Ncd anticipa il governo: ‘Sì ai tempi bloccati, ma poi processo breve’” (Repubblica, 4-12). Così breve che non cominci neanche. Alemagno/1. “Ai magistrati interessa mettere la situazione in cui Alemanno non c’entra niente, perlomeno è un imbecille che si è circondato da ladri, malfattori, malversatori” (Massimo Carminati intercettato dai pm di Roma nel 2012-2014). “Dimostrerò la mia estraneità, ne uscirò a testa alta” (Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, FdI, 2-12). Punta tutto sull’infermità mentale. Alemagno/2. “Tranquilli, proverò la mia innocenza” (Alemanno, 2-12). Come scrisse Montanelli nel ’93 a proposito di Cirino Pomicino: “Stiamo col fiato sospeso: coi tanti guai che abbiamo, ci mancherebbe anche quello della sua innocenza”. Leggi a orologeria. “Italicum, mossa di Renzi: ‘Approviamolo subito, ma in vigore nel 2016’” (Corriere della sera, 3-12). Italicum interruptus. L’EX BOSS DELLA MAGLIANA Antonio Mancini racconta chi è il “Re” di Roma: “Lo conosco dalla fine degli anni 70, ha in mano il regno criminale di Renatino De Pedis, è il suo erede, tiene tutti i fili, dalla politica alla criminalità. E vi dico: riuscirà a uscire innocente da questa storia” Ferrucci w pag. 6 - 9 con il racconto di Lupacchini Lo scouting dello scout. “CARMINATI, LO CONOSCO BENE” w EDITORIALE w Se un politico invece di blandirci ci parlasse onestamente w L’INCHIESTA w L’allarme: farmaci e cure studiati soltanto per gli uomini “Scouting tra gli ex 5Stelle. I renziani ottimisti: ‘Un po’ di gente verrà’” (Corriere della sera, 3-12). Alle brutte, se non si convincono, gli mandiamo er Guercio. Lavori pesanti. “Vuole che le mostri le mani? Ma certo, ecco qui, guardi pure, controlli: unghie spezzate, nemmeno l’ombra di smalto. Sa quant’è che non vado dall’estetista?” (Alessandra Moretti, eurodeputata Pd, candidata a governatore del Veneto, 30-11). Mani rubate all’agricoltura. Segue a pag. 18 w CACCIA AI TESORI w Dentro i relitti con il mago Goddio “Cari italiani, Donne e cuore: diciamo la verità: discriminate anche in corsia è colpa nostra” “Come trovai i lingotti d’oro di Napoleone” di Ferruccio Sansa di Chiara di Marco Merola C iscriminate perfino nel cuore. È la prima causa di morte anche per le donne. Ma le medicine sono studiate soprattutto per gli uomini. E negli ospedali i medici spesso sono preparati per riconoscere i sintomi “maschili”. Il racconto dei nostri lettori. » pag. 10 - 11 ari italiani la colpa è anche nostra”. Immaginate un politico che esordisse così. Immaginate un Presidente della Repubblica che ce lo dicesse in faccia nel discorso di Capodanno, mentre guardiamo distratti intrippandoci » pag. 18 con lo zampone. D Daina olsi le alghe dalla targa di bronzo e vidi scritto: Dauphin Royal. Subito non capii, T era il vecchio nome dell’Orient, la nave con il tesoro di Napoleone”. Parla Franck Goddio, il più grande ricercatore di tesori.» pag. 14 - 15 4 MAFIA CAPITALE LUNEDÌ 8 DICEMBRE 2014 DIARIO DELLA GIORNATA CONTRORDINE “RIDATECI I SOLDI” Il Prefetto: “Ancora nulla di deciso” Marino: “Il Comune sarà parte civile” “Per Roma potrebbero esserci tre ipotesi, dopo la valutazione delle carte dell'inchiesta: o un accesso agli atti, o lo scioglimento o una terza via che prevede di non intervenire essendo in corso l'attività giudiziaria”, così il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, ieri ha sancito che tutte le vie sono ancora aperte per le istituzioni della capitale investite dall’inchiesta sul “Mondo di mezzo”. Nonostante Pecoraro si fosse sbilanciato in una intervista a Il Tempo nei giorni scorsi, insomma, niente sarà deciso a breve e non prima di un incontro col ministro dell’Interno Angelino Alfano: “Allo stato non è stato deciso nemmeno l’invio dei commissari prefettizi”. Il Campidoglio si costituirà parte civile nei processi che scaturiranno dall’inchiesta su “Mafia capitale”. Lo ha annunciato ieri il sindaco Ignazio Marino, ospite de L’Arena di Raiuno: “Per quanto riguarda tutto ciò che è stato sottratto, il Comune si costituirà parte civile perché vogliamo che quei soldi tornino alla città. Spero che Pignatone metta queste persone in prigione e poi butti le chiavi”. Il primo cittadino ha poi smentito che l’ex procuratore capo, Giancarlo Caselli, arriverà alla commissione Trasparenza del Comune: “È un caro amico, col quale ho parlato in questi giorni, e una persona a cui chiedo consiglio, ma in questo momento non credo ci sia un suo trasferimento a Roma”. SPALLONI ALL’OPERA Alemanno e le valige di soldi in Patagonia di Antonio Massari Q uei soldi in Patagonia e lo strano furto mai denunciato. La posizione di Gianni Alemanno, nell’indagine sulla “mafia capitale”, è ricca di dettagli che portano il Ros dei carabinieri ad annotare un episodio di “presunta esportazione di valuta in Argentina da parte dell’ex Sindaco di Roma, Gianni Alemanno”. È IL 31 GENNAIO 2014 il Ros dei Carabinieri intercetta una conversazione, negli uffici della Fondazione Integrazione. Ecco i protagonisti del dialogo: Luca Odevaine, uomo forte della giunta guidata da Walter Veltroni nel settore immigrazione, Mario Schina, consigliere della cooperativa “Il percorso”, che si occupa di campi rom, e Sandro Coltellacci, collaboratore di Salvatore Buzzi, patron delle cooperative rosse in affari con Massimo Carminati. È Coltellacci a toccare il tema più caldo della conversazione, parlando di un soggetto che, in passato, ha avuto dei problemi con Alemanno e che avrebbe “spallonato” dei soldi all'estero. “Abita qua ... dentro a 'sto palazzo ...”, dice Odevaine, “che fijo de ’na mignotta ... ha litigato con Alemanno … per soldi se sò scannati ... ma sai che Alemanno si è portato via ... ha fatto ... quattro viaggi ... lui ed il figlio con le valigie piene de soldi in Argentina ... se sò portati ... con le valigie piene de contanti ... ma te sembra normale ... che un sindaco ...”. Schina pone un interrogativo: “E nessuno l'ha controllato?”. “No”, risponde Odevaine, “ è passato al varco riservato ... iun attore per me ...”. “Io invece”, continua Odevaine, “pensavo che... se li portava via tutti lui ...”. “Sembrava sembrava ... che il sindaco non toc- casse ...”, replica Schina, “invece 'a toccati...”. LA CONVERSAZIONE prose- gue su uno strano furto subìto da Alemanno. “Poi – dice Odevaine – ad un certo punto ... deve essere successo qualche casino ... perché ad un certo punto a Alemanno gli hanno fatto uno strano furto a casa ... “. “Cercavano qualche pezzo de carta ...”, interviene Schina, e Odevaine conclude: “Cercavano ... eh si secondo me ce ... credo che hanno litigato perché Alemanno ha pensato che ce li ha mandati questo ...”. I Carabinieri hanno verificato che il 15 ottobre 2013, Alemanno ha davvero subito un furto in casa, ma non l’ha denunciato: “tale reato – scrive il Ros – però non trova riscontro in banca dati in quanto non risultano essere state sporte denunce né da Giovanni Alemanno né dalla moglie convivente Isabella Rauti. Lo staff di Alemanno replica con una nota la versione dell'ex sindaco: “Si tratta di una millanteria totalmente infondata. Non ho portato mai soldi all'estero tantomeno in Argentina. Io sono l’unico sindaco di Roma che al termine del suo mandato è più povero di quando ha cominciato perAl centro della pagina l’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno; a sinistra Luca Odevaine e Salvatore Buzzi IN UN DIALOGO TRA ODEVAINE E ALTRI DUE, LA RIVELAZIONE: PORTAVA DENARO IN ARGENTINA. L’EX SINDACO SMENTISCE: “SEMPLICI VIAGGI” Ansa in Argentina ci sono stato per pochi giorni con la mia famiglia e un folto gruppo di amici a capodanno 2011-2012 per andare a vedere i ghiacciai della Patagonia”. ché ho dovuto vendere una casa e aprire un mutuo per pagare i debiti della campagna elettorale. Nella fattispecie il furto di cui si parla è avvenuto ad ottobre 2013 e basta aprire google per constatare che è stato ampiamente pubblicizzato. Per quanto riguarda il viaggio NON SI TRATTA però dell'unico riferimento a denaro circolato negli ambienti legati ad Alemanno. L’accusa sostiene infatti che le tangenti siano passate direttamente attraverso la segreteria dell’ex sindaco: “Massimo Carminati e Salvatore Buzzi”, si legge negli atti d'indagine, “erogavano a ROMA E FIORENTINA Pradè, il boss e il mondo del pallone di Loredana Di Cesare e indagini su “mafia capitale” puntano anche L al mondo del calcio. E in particolare ai rapporti tra Massimo Carminati e Daniele Pradé, ex direttore sportivo della Roma, oggi in forza alla Fiorentina. Non soltanto amicizia, secondo gli investigatori, ma “interessi comuni” che meritano di essere verificati con attenzione. Come vedremo, il rapporto tra il “cecato” e il mondo dello calcio romano, non riguarda soltanto Pradé. Ma sul rapporto con Pradé gli inquirenti intendono fare ulteriore luce: “Carminati – scrive il Ros dei carabinieri in un'informativa – è risultato in contatto con il direttore sportivo della squadra di serie A Fiorentina Calcio, Daniele INTERESSI IN COMUNE IL DS NON È INDAGATO MA IL ROS VUOLE APPROFONDIRE. IANNILLI E IL PRESTITO DA CHIEDERE A LIPPI E AQUILANI Pradé, con il quale fissa telefonicamente appuntamenti per incontrarsi presso studi legali”. IL DIRETTORE sportivo non risulta tra gli indagati ma gli investigatori annotano che “i due - Pradé e Carminati appaiono avere un rapporto amicale e interessi in comune che meritano di essere approfonditi”. Il Fatto Quotidiano ha contattato Pradé, per conoscere la sua versione dei fatti, e il direttore sportivo della Fiorentina ha confermato la conoscenza di Carminati ma smentito di aver mai avuto interessi in comune con lui. Gli investigatori sono convinti, invece, che questi interessi meritino un approfondimento. Di certo, c'è che i due si sentono al telefono, fissando incontri per organizzare pranzo o cene e Carminati propone di “andare a mangiare insieme .. alla piazzetta nostra”. Pradè, prima di dirigere la Fiorentina, è stato per 13 anni a Roma, dove la famiglia Sensi lo promuove direttore sportivo. Si trasferisce a Firenze, per dirigere la squadra toscana, nel 2012 e nel settembre dello stesso anno Daniele Pradé chiama Carminati che si “complimenta per la campagna acquisti della Fiorentina”. NON È L'UNICO rapporto tra Carminati e gliambienti calcistici legati alla Roma. Mario Corsi, conduttore della trasmissione radiofonica sportiva Te lo do io Tokio, meglio noto come Marione, ultra della Roma. La sua amicizia con il guercio è datata nel tempo: anche lui apparteneva all'organizzazione fascista dei Nar (Nucleo armato rivoluzionario). In un'intercettazione Carminati e Marione commentano la vittoria di Ignazio Marino al Comune di Roma e “il cecato” dice: “Adesso si va a bussacchiare”. L'obiettivo di Carminati è chiaro: bisogna presentarsi dai nuovi eletti per incassare appalti pubblici, e Corsi commenta: “Adesso è ora de tira’ le reti”. Del resto, Carminati è in buoni rapporti anche con la famiglia Sensi, cioè la vecchia proprietà della As Roma Calcio. Ed è stato proprio Marione a favorire il contatto con Marco Staffoli, “figura in vista nel panorama capitolino – scrive il Ros – per essere il marito di Rosella Sensi, ex presidente dell’AS Roma”. Anche in questo caso, come per Pradé, gli investigatori sottolineano che i rapporti non si limitano alla convivialità ma comprendono “specifiche progettualità imprenditoriali alle quali Staffoli aderiva fattivamente”. Il centrocampista giallorosso Daniele De Rossi, invece, è in contatto con l'altro “re di Roma” Giovanni De Carlo, che chiama la notte del 30 settembre 2013 dopo una lite in un locale. “Avevo pensato che quello aveva chiamato qualche coattone… ho detto famme senti’ Giovanni”, gli dice De Rossi che, scrive il Ros, “assieme al IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ LUNEDÌ 8 DICEMBRE 2014 5 “NO ALLO SCIOGLIMENTO” MOVIMENTO CINQUE STELLE Il governo: “Il sindaco deve restare” De Vito: “Nessun ingresso in giunta” Il governo s’aggrappa a Ignazio Marino per gestire il caos seguito all’inchiesta “Mondo di mezzo”. Lo ha confermato ieri il ministro Maria Elena Boschi a Sky: “È giusto individuare le responsabilità ma attenzione a tirare in mezzo il comune di Roma: per arrivare al commissariamento ci vogliono estremi di legge precisi e qui non ci sono. Marino deve restare e governare bene. Anche perché non è lui a essere indagato, ma Alemanno”. A chi gli chiede di dimettersi, è stato lo stesso primo cittadino a replicare: “Non ci penso proprio. Berlusconi mi attacca? Dico solo che sta scontando una pena ed è pure il premier che rifiutò di sciogliere il comune di Fondi per mafia”. “Escludiamo ogni eventualità di ingresso in Giunta o, men che meno, di ‘appoggio esterno’. Il M5S romano si propone come unica alternativa di governo di questa città. Ribadiamo che siamo l’unica forza politica pulita e completamente estranea a queste vicende”. Così ha scritto il capogruppo del Movimento 5 Stelle in Campidoglio, Marcello De Vito, su Facebook, aggiungendo: “È falso che la decisione di rifiutare la vicepresidenza sia stata calata ‘dall’alto’: è stata una scelta esclusiva dei consiglieri comunali e municipali. La presidenza dell’Assemblea capitolina spettava all’unica forza politica estranea alle vicende”. GLI INCONTRI SEGRETI CON L’UOMO DI B. Mokbel studiava la fuga in Guinea per lui e Dell’Utri di Marco Lillo e Valeria Pacelli L Gianpiero Monti” ingenti “somme di denaro”. L’obiettivo era influenzare l'assegnazione delle opere pubbliche e Gianpiero Monti all’epoca, non era soltanto “l’addetto alla segreteria particolare del Sindaco presso Roma Capitale”, ma anche e infatti, sostiene l’accusa, le tangenti passavano direttamente attraverso la segreteria di Gianni Alemanno. “Massimo Carminati e Salvatore Buzzi”, si legge negli atti d'indagine, “erogavano a Gianpiero Monti” ingenti “somme di denaro”. e intercettazioni dell’inchiesta sulla Mafia Capitale svelano i tentativi di Mario Diotallevi, figlio di Ernesto, di agganciare la massoneria mediante il ‘maestro Alfredo Di Prinzio’ e anche ‘sedicenti servizi segreti’, mediante Fabio Carignola. E poi c’è un retroscena inedito sulla fuga di Marcello Dell’Utri: un incontro dell’allora senatore Pdl con Gennaro Mockbel, tre mesi prima dell’arresto in Libano. Dalle intercettazioni telematiche dello smart phone di Mockbel, risulta un interessamento per la Guinea un mese prima della fuga di Dell’Utri che prevedeva come ultima tappa il paese centroafricano, se non fosse scattato l’arresto a Beirut il 12 aprile. L’8 novembre 2013, come è noto, la Polizia sente puzza di bruciato: Alberto Dell’Utri e Fabio Mancuso, un imprenditore siciliano si fanno intercettare al ristorante Assunta Madre di Roma. Si scopre così che Alberto Aquilani con la maglia della Fiorentina e il direttore sportivo Daniele Pradè LaPresse compagno di squadra Mehdi Benatia, aveva avuto poco prima una discussione in un locale e temendo conseguenze aveva pensato a De Carlo”. E GIOVANNONE si dimostra contento del pensiero: “Chiamame sempre… bravo! Hai fatto bene Danie’, amico mio…”. Il nome di un altro calciatore della Roma compare nell'informativa del Ros. È Alberto Aquilani. A citarlo è Marco Iannilli, proprietario della villa di Sacrofano, in cui dimora Carminati. Il proprietario fittizio della villa di Carminati vuole chiedere un prestito - 250 mila euro – da versare al fisco per chiudere la vicenda della casa sottoposta a sequestro e pensa di rivolgersi oltre che ad Aquilani anche all'intermediario calcistico Davide Lippi, figlio dell'ex ct della nazionale, Marcello: “Perché se a me me li presta Alberto e Davide, che cazzo mi vonno di? Mi spiego? Uno fa il giocatore e piglia quattro milioni l'anno, l'altro fa il procuratore e ne piglia altri due l'anno...”. Mokbel (condannato in primo grado a 15 anni per lo scandalo Fastweb) e Marcello Dell’Utri (condannato a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa) sarebbero dovuti fuggire insieme in Nuova Guinea. Secondo il fratello, Silvio Berlusconi avrebbe potuto aiutare Marcello con un contributo di 5 milioni a una onlus. Mokbel smentì tutto. Il 14 aprile al direttore de Il Tempo disse: “Non conosco Dell’Utri. L’UOMO DI MAFIA CAPITALE DICEVA: “NON CONOSCO IL SENATORE”. MA I CARABINIERI L’HANNO VISTO CON LUI E SPIATO LE SUE RICERCHE SULL’AFRICA O meglio, l’ho conosciuto a una mostra, perché entrambi abbiamo una passione per l’arte. Credo fosse nel 2009. (...) Non l’ho mai sentito direttamente”. L’inchiesta romana lo smentisce. “Dell’Utri Marcello - si legge nell’informativa dei Carabinieri del ROS del marzo 2014 - aveva incontrato Mokbel Gennaro il 21 gennaio 2014”. NON SOLO. Prima della fuga Mockbel aveva incontrato al ristorante “Osteria da Claudio il Localino” anche il fratello gemello, Alberto Dell’Utri, che oggi al Fatto dice: “Fu solo un incontro casuale”. I dettagli dei due incontri sono contenuti nella parte segreta dell’indagine. A dimostrazione del legame del duo Dell’Utri-Mockbel con la Guinea il ROS cita invece un’altra circostanza. La notizia di Dell’Utri latitante viene pubblicata il 12 aprile, ma già l’8 marzo 2014 Mockbel comincia a smanettare sul web e - scoprono gli investigatori che lo monitorano - cerca su Wikipedia notizie su Corisco e Bijagos, isole della Guinea. Poi Mokbel cerca notizie su “Roberto Berardi imprenditore arrestato”, si tratta di un italiano che, dopo essere stato socio per qualche mese del figlio del presidente della Guinea, è finito nel carcere fatiscente di Bata dove è recluso dal gennaio 2013. Anche Berlusconi è citato indirettamente da Mario Diotallevi. Il 21 febbraio del 2013 Ernesto Diotallevi parla con il figlio. Il Ros li monitora e scrive di avere già raccolto “elementi oggettivi: l’indiscusso e documentato spessore criminale di Diotallevi Ernesto, che si conferma quale ‘formale referente’ di ‘Cosa Nostra’ sulla Capitale; la continua interazione con elementi di primo piano della criminalità romana ed in particolare Carminati Massimo”. Secondo i Carabinieri i figli Mario e Leonardo “costituirebbero, la ‘facciata pulita’, nell’ambito delle strategie di impresa”. L’anziano Ernesto è stanco e dice: “Me so rotto er cazzo che tutto quello che sto a fa nun conta un cazzo.. me sento preso per culo, me sento vecchio”. Pensa di fare affari con un tipo che gli offre bigliettoni da un milione di dollari ma il figlio è scettico sulla loro autenticità e gli consiglia “glieli damo all’amico tuo della CIA”, tale Giuseppe. Il figlio Mario invece programma affari e investimenti immobiliari. Ha conosciuto un sedicente colonnello, in realtà il faccendiere Paolo Oliverio, che potrebbe dargli una mano. Questo è il dialogo: Ernesto Diotallevi (E): ma quello dei Servizi? Mario Diotallevi (M): Si .. (E): .. ma chi sarebbe quello che stà vicino al Presidente? (M): Si lui stà vicino al Presidente (Berlusconi?, ndr) per altre cose però ... cioè lui .. la cosa è particolare .. (E): ... ma quello del figlio ... de quello che ... (M): quello è Carignola, è n’altra cosa, quello non je li poi fà sti discorsi. ... (E): perchè j’hai chiesto pure a quello? (M): noo .. è lui ha detto: ‘no magari glielo possiamo imbastire adesso dopo le elezioni in un certo modo prima è difficile Mario sai di qua e di là’... Mario Diotallevi parla con il In alto Marcello Dell’Utri; sotto Gennaro Mokbel Ansa padre di due persone legate ai servizi: quello che si è rifiutato di aiutarlo è Fabio Carignola, che farebbe parte dei servizi (“quelli seri, quelli del Presidente”, dice Mario Diotallevi) e non è identificato. Anche se c’è un Fabio Carignola che è stato considerato dai siti di gossip una vecchia fiamma dell’europarlamentare di FI Barbara Matera e di altre stelline tv. PAOLO OLIVERIO invece, secondo Diotallevi Jr, sarebbe dovuto diventare capo della Gendarmeria vaticana. Invece è stato poi arrestato per il sequestro grottesco di due sacerdoti dei Padri Camilliani e per una storia di evasione fiscale. Oliverio era legato a Flavio Carboni, a sua volta arrestato nello scandalo P3, che coinvolgeva anche Denis Verdini. Mario Diotallevi racconta al papà di avere chiesto a Fabio Carignola informazioni su Paolo Oliverio. L’amico dei ‘servizi seri del presidente’ descrive così Oliverio: “Cura un certo tipo di finanza infatti quello s’è avvici- nato a Carboni quando, che questo sta con Berlusconi, quando Verdini j’ha fatto pja i venti milioni de l’eolico, hai capito?”. A quel punto, sentito il nome di Verdini e Berlusconi, Ernesto Diotallevi è entusiasta: “Annamo và ... portamelo te .. mo me lo sposo (a questo punto ricorda che lo aveva conosciuto al processo, Ndr). È quello che al processo m’è venuto intorno a salutà”. E Mario conferma: “Bravo, perchè è stato messo là .. (incomprensibile) .. perchè non volevano che se piasse tutti i soldi Carboni (nell’affare eolico, Ndr) ce l’hanno messo i politici”. Poi aggiunge: “Lui era un uomo di Verdini, l’uomo di Comincioli (ex senatore scomparso nel 2011, molto legato a Silvio Berlusconi, Ndr) eh e dei servizi .. poi ha litigato con Marco”. Ernesto Diotallevi chiede: “Allora conosce pure de Giovanni?”. E il figlio: “Sì ... sa chi è (...) ma non abbiamo parlato ... io evito le cose del genere”. Ernesto Diotallevi: “Perchè Giovanni era riuscito a entrà .. a scavarcà Carboni e stava bene con Comincioli”. Conclude Mario Diotallevi: “Sì, papà questa è Guardia di Finanza .. punto ... che lavora per loro ... pei politici ... per quella schiera del Presidente (Berlusconi, Ndr) ecco perchè vicino a Carboni .. poi ha fatto qualche crepa a qualcuno a Roma”. Dove ‘crepa’, a Roma, sta per fregatura. Chissà se Paolo Oliverio che lo ha portato in giro per Roma (“ci avevamo la radio davanti e il lampeggiante, mi ha portato in ufficio con l’autista me so sentito sto cazzo”) non abbia dato una crepa anche al figlio di Ernesto Diotallevi. 6 MAFIA CAPITALE LUNEDÌ 8 DICEMBRE 2014 La fiction? “Quella è una buffonata” MASSIMO CARMINATI, nelle intercettazioni di “Mafia capitale” risponde alla domanda di Cristiano Guarnera su quale sia la migliore ricostruzione della storia della Banda della Magliana: “…romanzo criminale, eh…”. Guarnera: “Ma il film o la serie?...”. Carminati: “Il film ...sì la serie è una buffonata”. Positivo il giudizio sul libro di Giancarlo De Cataldo: “...il libro è abbastanza veritiero. .”. Meglio di tutti la ricostruzione di History Channel. Carminati: “...quella è una storia vera”. Il documentario si basa sulle testimonianze dei protagonisti. Come Renzo Danesi, uno dei fondatori, che la definisce “un'esperienza criminale irripetibile". Nata nel 1977 e inizialmente dedita alle rapine e ai sequestri di persona, la Banda diventa una potente e ramificata organizzazione criminale che comincia a scricchiolare nel 1983, quando un affiliato decide di pentirsi e racconta tutto. La lunga agonia che ne segue porta gli amici di un tempo a sterminarsi l'uno con l'altro. L’OMICIDIO È il 2 febbraio del 1990 quando Enrico De Pedis viene ucciso a Roma Fotogramma ANTONIO MANCINI EX BOSS DELLA BANDA DELLA MAGLIANA RACCONTA TUTTO DEL NUOVO “RE DI ROMA”: “È L’EREDE DI DE PEDIS, NE HA PRESO IL POSTO DOPO LA SUA MORTE” di Alessandro Ferrucci inviato a Jesi A “Sopra Carminati c’è un insospettabile” ntonio Mancini conosce Carminati da “quando aveva tutti e due gli occhi boni”. Fine Anni 70, la Banda della Magliana stava conquistando Roma: pallottole, droga, botte, poker e locali. Roma sapeva, la giustizia ancora no. Tra Danilo Abbruciati, Enrico De Pedis detto Renatino, Abatino e gli altri, tra loro, c’era anche lui, Mancini, uno dei boss, uno abituato “a drizzare i torti”, uno che la strada la batteva dalla fine dei Sessanta “quando ho iniziato la mia vita da bandito”. Ora ha 68 anni, vive a Jesi, si occupa di sociale, è un uomo libero, ha ricostruito la sua verità in un libro scritto con Federica Sciarelli, il suo soprannome era, ed è, Accattone, perché è da sempre un lettore di Pier Paolo Pasolini. Ma se Pasolini sapeva ma non aveva le prove, lui sa perché c’era. E il nuovo Re di Roma l’ha visto crescere. Lei da anni indica in Carminati, la persona più importante per la criminalità della Capitale. Quindi non è stupito dell’arresto... Per niente, la più grossa sorpresa, anzi l’unica, sono i termini che utilizza Massimo. Io me lo ricordo come una persona educata, riservata, taciturna, conosceva l’italiano, ora si aggrappa a espressioni forti che non gli appartenevano. Lì, tra i fascisti, gli sbruffoni erano Cristiano Fioravanti, fratello di Valerio, e Alessandro Alibrandi, non lui. Ha imparato... Sì, per stare nel mondo di mezzo devi mantenere certi atteggiamenti, devi plasmarti a seconda di con chi parli. La prima volta che lo ha incrociato? Prima di vederlo, ne conoscevo la fama, era tenuto in considerazione da tutti, stimato, mi raccontavano di un suo omicidio a un tabaccaio su ordine di Giuseppucci. Poi un’altra volta De Pedis mi disse che era stato sempre Carminati a far parte del commando che ha ammazzato Pecorelli (giornalista ucciso nel 1979). Si intuiva la stoffa del leader? Inizialmente no, per me era un ragazzo d’azione. Ma è stato bravo a riempire il vuoto lasciato da Renatino De Pedis dopo la sua morte. C’è sempre Lei eri amico di De Pedis... un ripulito Eravamo come fratelli, passavamo quasi tutte le domeniche insieme, dalla colazione in poi, appuntamento fisso alla pasticceria Andreotti, e lì partiva il suo show. Quale show? Si attaccava al telefono e iniziava il giro di chiamate: dal magistrato all’imprenditore. E mentre parlava gli veniva automatico chinarsi. Una volta gli dissi: ‘A Renà, me stai a fa vergognà, tacci tua, stai sempre piegato'. Cosa le rispose? ‘Oggi sto piegato io, domani tocca a loro’. Sa cosa penso? Se Renatino non fosse stato ucciso, oggi starebbe in Parlamento, minimo sottosegretario. Lui è morto incensurato. Eppure ha ammazzato la gente con me, ha rapinato con me, è stato dentro, ma è riuscito a farsi ripulire tutto. altro colpo e la ricompravo. Ho speso tutto. De Pedis invece si è comprato locali, ristoranti, discoteche, era padrone di Campo dei Fiori. E secondo lei, oggi, quei soldi chi se li magna? Me lo dica lei. a comandare, a stare I prestanome e la moglie. Io me li ma-gna-vo! sopra, senza i ripuliti non andremmo da nessuna parte, fermi alle rapine Quando l’ho conosciuto mi ha stupito il suo modo di imparare in silenzio Secondo lei c’è qualcuno sopra Carminati? C'è sempre qualcuno dei ripuliti a comandare, a stare sopra, senza i ripuliti non andremmo da nessuna parte, fermi alle rapine. Anche per questo nella Banda c’è stata la frattura tra noi della Magliana e quelli di Testaccio. Diverse visioni? Loro avevano preso le sembianze mafiose, esattamente quelle che gli inquirenti hanno scoperto ora. Noi della Magliana eravamo dei banditi da strada, amavamo le rapine, senza guardarci le spalle, senza compromessi. Volevo una Ferrari? Un colpo e la compravo. Me la sequestravano? Sti cazzi, un Sembra il campione del Manchester, George Best, quando dichiarava: “Ho speso molti soldi per alcool, donne e macchine veloci... il resto l'ho sperperato”. Esatto. In quegli anni ascoltavo musica rock, leggevo l'Unità e Pasolini, mentre gli altri della Banda frequentavano Califano, tra donne e droga. La criminalità a Roma è arrivata con la Banda? Ma no. La gente moriva anche prima, non come quando ci siamo stati noi, ma certe situazioni c’erano già, gli Abbruciati, Diotallevi avevano già colpito. Diotallevi è l’altro big di oggi. Uno dei più grossi. Perché Carminati è l’erede di De Pedis? Di tutti gli altri che c’erano attorno a Renato, era l’unico ad avere lo spessore giusto, appellava De Pedis come “presidente”, ci sono le intercettazioni a raccontarlo, ed era l’unico a poter riacchiappare i fili delle varie componenti. Cosa intende? Ha presente quante e quali prove avevano su di lui rispetto all’omicidio Pecorelli? Chiunque altro, me compreso, sarebbe stato condannato. Da De Pedis a Carminati, e oltre Carminati? Ci sono altri nomi, altri ex della Banda, basta voler vedere come stanno i fatti... IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ 1977 L’ANNO DI NASCITA DEL SODALIZIO CRIMINALE IL PRIMO A CADERE era stato ”er Negro”, alias Franco Giuseppucci, assassinato il 13 settembre 1980. Due anni dopo, Danilo Abbruciati cadrà ucciso in uno scontro a fuoco. I membri della banda si sono sbranati da soli. LUNEDÌ 8 DICEMBRE 2014 1983 L’ARRESTO DEL “SORCIO” E IL PRIMO PENTIMENTO 7 1990 LA MORTE DI ENRICO DE PEDIS DETTO “RENATINO” AI VERTICI Un trio di boss: Franco Giuseppucci, Enrico De Pedis, Maurizio Abbatino; a sinistra Antonio Mancini durante l’arresto e Mancini oggi; sotto l’omicidio di Abbruciati nel 1982 Ansa IL LIBRO A sinistra il libro scritto da Mancini insieme a Federica Sciarelli; accanto Ernesto Diotallevi, subito dopo Gennaro Mokbel Ansa Lei divide testaccini e Magliana. Alla fine loro non erano più criminali classici, erano imprenditori. Sa quanto guadagnava De Pedis? 180 milioni al giorno con le slot machine. Al giorno. Figurati adesso. Quei soldi dove sono finiti? Ce li hanno loro, gli sono serviti per acquisire potere. Rispetto a voi, hanno vinto loro, i loro compromessi. Eh certo. E le dico una cosa: Carminati esce, prima di quanto potete immaginare, altrimenti dovrebbero incarcerare mezzo mondo. A lei la politica l’ha mai aiutata? (Ride). Ero incarcerato a Pianosa, vita terribile. Così dico ai miei: portatemi via, voglio cambiare galera. Dopo pochi giorni, mi chiama il capo-reparto, mi fa sedere e mi domanda: ‘Ma tu al ministero chi cazzo hai? Mi stanno a fa due coglioni così per farti mandare via’. Ero diretto a Busto Arsizio, in confronto una reggia. Lui ha preso in mano tutti i fili suoi amici. Una volta Belsito (ex terrorista, condannato a quattro ergastoli) venne a rifugiarsi, e senza nulla temere si mise a giocare con delle bombe a mano. Come se nulla fosse? dell’organizzazione, Nulla. E ne aveva un borsone pieno, fino a quando mi sono incazzato e gli ho detto ‘oh, ma che stai a fa’!’ tutti i rapporti con E lui? i servizi segreti, la politica, i colletti bianchi. Per questo ne uscirà pulito, non lo condanneranno E chi aveva al ministero? Arrivavamo ai piano più alti, ai vertici assoluti, gente mai stata condannata nonostante le dichiarazioni mie e di Fabiola Moretti (ex compagna di Abbruciati, amica di De Pedis e vicina a Mancini). Carminati insieme a Buzzi ha toccato trasversalmente la politica, sorpreso? No, è normale. Anche noi facevamo lo stesso, anche noi eravamo agli antipodi sugli ideali politici, ma in certe situazioni le divisioni si superavano. talizzati dalla politica”. Noi eravamo il terzo mondo di Carminati, quello in basso; mentre oggi quello di mezzo, e quello sopra, si utilizzano a vicenda, per questo dico che Carminati ne uscirà pulito: il mondo di sopra si salverà, e porterà con sè il mondo di mezzo e ucciderà il mondo di sotto. Nel vostro gruppo, quanto era importante Carminati? Mi rispose: ‘Sono pronte per i carabinieri nel caso ci vengano sotto o per un posto di blocco’. Per i testaccini era l’unico ad avere le chiavi per entrare dentro l’armeria del ministero della Sanità. Era il garante. Anche i boss dovevano passare da lui, per noi della Magliana quel ruolo era ricoperto da Sicilia, per questo l’ho tirato in mezzo rispetto alla strage di Bologna. De Pedis cosa diceva di Carminati? Cosa c’entra? Innamorato, si fidava in tutto. Ma non solo Renato, anche gli altri boss lo adoravano nonostante fosse un ragazzetto. Il fucile ritrovato alla stazione stava nella nostra armeria, e lui aveva le chiavi e lui già stava dentro a certe storie di Servizi... Ernesto Diotallevi? Servizi segreti. Lo conosco dagli Anni 70, era rapinatore insieme ad Abbruciati. Sì, i testaccini avevano questi rapporti, avevano in mano tutte le costellazioni legate alla parte pulita, o presunta pulita, della società. Mokbel? Mi faceva da guardaspalle insieme ad Antonietto D’Inzillo, gli davo dieci milioni di lire a settimana. I colletti bianchi... I Casamonica? In qualche modo la Magliana ha perso. Sì, loro. A differenza di noi si muovevano con un passo più lungo. Negli Anni 80 non erano niente, l’unico un po’ conosciuto era Guerino. Eravamo un peso, ci hanno scaricato. Nelle intercettazioni si dice: “Noi famo i soldi con gli immigrati, sono meglio della droga”. Quei pezzenti gli hanno permesso di diventare quello che è, gli hanno salvato il culo. Non ci credo, non è possibile. È una questione di bacino d’utenza, con la droga fai numeri più alti, dodici poveri negri e qualche campo rom non può pareggiare l’utilizzo degli stupefacenti. La droga e le armi ti fanno comandare una piazza, e lì fai la differenza. In giro c’è anche Nicoletti, considerato il cassiere della Magliana. Oltre alla droga, non si parla mai di donne. Sapeva che era dei Nar? Vero. Ed è strano, molto strano. Eccome, quando ero latitante davo appoggio anche ai Lei una volta ha dichiarato: “Siamo stati usati e strumen- Carminati ha detto: ‘Quelli della banda erano dei pezzenti... Non il mio, degli altri sì, compreso De Pedis. Nicoletti è ancora potente? Perché, lo hanno intaccato? Gli puoi anche sequestrare 200 milioni di euro, sono niente. Non sono stato chiaro: questi non spariranno mai, e vedrete se ho ragione o meno. Twitter: @A_Ferrucci 8 MAFIA CAPITALE LUNEDÌ 8 DICEMBRE 2014 I criminali diventati degli eroi di Max Paiella CHE FIGHI Tempo fa a Testaccio ascoltavo due adolescenti che parlavano con entusiasmo di una fiction: La Banda della Magliana. "Er libbanese nun se discute, ho anche comprato l'accendino e l'adesivo con "il freddo" COME NASCE LA BANDA M aledetti anni Settanta. Il giorno si apriva con gli studenti che assaltavano le camionette della polizia e si chiudeva con una sparatoria o la rapina al caveau di una banca. La banda della Magliana esordì il 16 maggio 1977 con il sequestro del gioielliere Roberto Giansanti, liberato 52 giorni dopo grazie a un riscatto di 350 milioni. Quattro mesi dopo fu rapito il duca Massimiliano Grazioli Lante della Rovere, per il rilascio la famiglia pagò due miliardi e mezzo ma lui non tornò a casa. Buona parte di quei soldi, cifra enorme all'epoca, fu investita nell'acquisto di una partita di cocaina. Fino a quel momento sulla piazza romana non c'era mai stata un'organizzazione criminale, a farla da padrone in quel periodo erano i Marsigliesi, i banditi con la erre moscia che avevano importato nella capitale le rapine a mano armata e i sequestri di persona. velarne la pericolosità. Della mafia a Roma oggi se ne parla con sgomento, ma forse la notizia passerà in secondo piano, come su "Un Marziano a Roma" di E. Flajano. “À marziano, facce ride!". Le infiltrazioni mafiose a Roma sono come le infiltrazioni di umidità. Basta una mano di bianco e passa la paura. MISTERI Ragazzi di strada tra banchieri e stragi di Stato di Rita Di Giovacchino che picchia a sangue "Er Patata" o "Er Catena". Da come li descrivevano, sembravano 2 eroi. Incredibile, quand'ero piccolo parlavo con lo stesso entusiasmo di Tirammolla o del Signor Bonaventura, ma La banda in questione è tristemente reale, basta l'intercettazione di un pregiudicato spregiudicato per ri- IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ Roma in quel periodo? Aveva appena finito il liceo scientifico, all'istituto J.F Kennedy in zona Monteverde, doveva aveva conosciuto Giusva Fioravanti, Alessandro Alibrandi e Franco Anselmi e con loro si accingeva a fondare i Nar. Anselmi sarà ucciso l'anno dopo nel corso di una rapina, Alibrandi nel 1982 in un conflitto a fuoco con la polizia. Nei quattro anni che seguirono si resero responsabili di 33 omicidi cui vanno aggiunti gli 85 morti della strage alla stazione di Bologna. La loro strada si intrecciò presto con la mala romana, a fare da tramite furono Giuseppucci e Alibrandi. Non andò bene a nessuno dei due, anche er Negro fu ucciso nel 1980 in una faida con i pesciaroli. Uno dei problemi era dove nascondere le armi, Marcellone aveva un amico che lavorava al ministero della Sanità, il custode Biagio Alesse si offrì di tenere i borsoni negli scantinati. L'unico dei “neri” che poteva avervi accesso era il Cecato, ormai considerato l'artificiere del gruppo. Lì fu trovata la pistola che uccise Pecorelli, una 7,65 con il calcio ricoperto di madreperla, e una partita di proiettili Gevelot, in dotazione alla Nato, utilizzati per l'omicidio del giornalista. Carminati fu processato e assolto, i dubbi non sono mai stati fugati. In quel periodo frequentava Semerari, psichiatra di fama e nostalgico del nazismo, ricercatissimo per le perizie che scagionavano criminali incalliti. Ma la sua testa rotolò in un secchio a Ottaviano, davanti al castello di Cutolo, vittima di uno scontro interno alla camorra. Prima che ciò avvenisse aveva organizzato a Poggio Mirteto corsi di formazione per ideologizzare i rapinatori sulla “guerra non ortodossa”. Con Semerari si sfiorò l'incidente, Crispino rapì Paolo Aleandri, il suo assistente, per aver fatto sparire un borsone con le armi. Carminati gli offrì in cambio due mitra e lo riportò a casa. Il gesto piacque a De Pedis. IL LORO RAPITO più famoso fu Giovanni Bulgari, il gioielliere di via Condotti. Nello stesso palazzo c'era la sede dell' Onpam, dietro la quale la P2 di Gelli sembra muovesse i primi passi. I Marsigliesi godevano della sua copertura? Il giudice Vittorio Occorsio era a un passo dalla verità quando fu ucciso il 10 luglio 1976 da Pierluigi Concutelli. Pochi mesi dopo fu arrestato Albert Bergamelli, gangster da copertina: “Faccio parte di una grande famiglia che saprà difendermi”, disse. Poveretto, la famiglia aveva già cambiato cavallo, Danilo Abbruciati, ex pugile, era un pezzo grosso della malavita romana, reduce dal clan di Francis Turatello per qualche tempo aveva bazzicati i Marsigliesi ed era pronto a diventarne l'erede. Non a caso lo chiamavano Er Camaleonte A organizzare il sequestro del duce Grazioli era UNO DEI PRIMI a farsi spazio fu stato un suo amico, Franco GiuAntonio Mancini, l'Accattone, seppucci, detto Er Negro per la carnagione scura e la passione IL TESTIMONE DEI che si portò dietro Nicolino Selis, seguace di Cutolo, ma c'era per le svastiche e i busti di Musanche Claudio Sicilia , o' Vesuviasolini. A 30 anni era il ras di San MARSIGLIESI IL Cosimato e stava mettendo inno, e Gianfranco Urbani, Er SOTTOBOSCO ERA sieme un gruppo di rapinatori Pantera, che vantava contatti con la n'drangheta. Ed Edoardo cresciuti tra Trastevere e Testac- LA LOTTA Toscano, l'Operaietto, legato a cio. Nacque la prima “batteria” e Michele Senese che gli faceva da presto si unì a loro Maurizio Ab- POLITICA, GRAZIE spalla ma presto ingigantì ambatino, a 23 anni già capo di un mazzando i i cutoliani. I romani gruppetto che orbitava nella zo- ALLA QUALE I erano molto disinvolti nel tratna della Magliana, quartiere CRIMINALI tare con altre organizzazioni, spuntato come un fungo tra l'Eur e l'Ostiense, grazie al nuoperfino Cosa Nostra. Il sospetto vo Piano regolatore. Il verde COMUNI è che la nascente holding godesse di particolari protezioni nel spianato dalle ruspe e palazzoni RIUSCIVANO A mondo politico, nella massonefitti come alveari, ma la banda ne ria e nei servizi segreti, e anche prese il nome perché in questo NASCONDERSI E A quartiere anonimo era facile innel Vaticano. Domenico Sica la contrarsi . Un altro gruppo gra- CRESCERE ribattezzò Agenzia del crimine. vitava all'Alberone e faceva capo A Campo de' Fiori si aggirava un mafioso importante, il suo coma Marcello Colafigli, ragazzone pito era entrare in contatto con dalla gran mole che organizzava la gente “giusta”. Era Pippo Cale tifoserie di Opposta Fazione. All' Alberone ritroviamo molti protagonisti di lò, il boss conosceva già Domenico Balducci, detto Mafia Capitale, anche Riccardo Brugia, braccio Memmo er Cravattaro, con cui aveva diviso un periodo in carcere. Memmo aveva per ufficio un nedestro di Carminati. Sono partiti al grido di “pijamose Roma” e se la sono gozietto di elettrodomestici dove aveva appiccato presa davvero. Se vogliamo ricostruire la storia di un cartello: “Qui si vendono soldi”. Andava a troquesta banda che per 40 anni ha controllato ogni varlo spesso Flavio Carboni, imprenditore sardo attività, dai sequestri di persona al gioco d'azzar- sempre a corto di quattrini. Ma ben introdotto in do, dalle rapine al traffico degli stupefacenti, per Vaticano e in via dell'Anima, ufficio gestito dal poi salire su, su fino ai piani alti della politica e dei giovane Paolo Berlusconi. consigli di amministrazione non possiamo anche Il primo ad essere ammazzato fu Memmo er Cranoi che partire di qui. Qualcuno è vivo, qualcuno è vattaro il 21 ottobre 1981 davanti alla sua villa almorto, la filosofia di Carminati. Che faceva il Re di l'Aventino dove stavano per arrivare gli ospiti per oliando quando Danilo le aveva detto: “E' l'abbacchio di Pecorelli”. Lei si era infuriata: “Me lo dici così e se ce trovano l'impronta mia? La potevi buttà”.”Ma come sei signora”, rispose beffardo. Non sapremo mai da chi è stato ucciso Pecorelli .Tutti assolti, Carminati e Angelo La Barbera, Andreotti e il fedele Vitalone, che furono processati e perfino condannati a 24 anni, sentenza poi cancellata in Cassazione. In aula Fabiola, pressata da Vitalone, arrivò a togliersi le scarpe con i tacchi, il fratello Vilfredo era di sicuro più basso ma lei non vacillò: “Anche quel giorno avevo un completo di pelle verde e i tacchi alti, lo andai a prendere al Palazzaccio, lui mi regalò perfino un anello”. La strage a Bologna, sotto Emanuela Orlandi e il ponte a Londra dove Calvi venne trovato morto L'UOMO DEL VATICANO. Renatino si fidava di Fabiola, erano amici fin da ragazzini, quando andavano a caccia di vipere al Gianicolo. La donna del boss era un'altra, Sabrina Minardi, la bellissima ex moglie di Bruno Giordano, il bomber della Lazio che aveva lasciato per amore di De Pedis. “Mi metteva in mano valige Vuitton piene di banconote, non tornare a casa se non hai spesi tutti i soldi. Io andavo da Bulgari, Prada, aprivo la borsa...sa mio marito è un tipo così”. Nessuno sapeva resisterle, neppure il banchiere dagli occhi di ghiaccio; “Ci siamo conosciuti a una festa in casa di Carboni, la mattina dopo Calvi suonò il campanello, io scesi, avevo soltanto una vestaglietta addosso. Poi mi regalò una villa a Montecarlo”. Il nome di De Pedis è legato all'ultimo segreto della Magliana, la scomparsa di Emanuela Orlandi, storia nota e abusata. La ragazzina sparì il 22 giugno 1984 davanti alla chiesa di Sant'Apollinare, nel 2010 Sabrina ha raccontato che a rapirla la festa dei 18 anni della figlia. MORTI E MISTERI era stato Renatino morto ormai Era ben introdotto a palazzo di da 20 anni. Quando ormai pengiustizia Memmo, e pure amico MAI RISOLTI IL sava di avercela fatta il passato è di Francesco Pazienza che lo tornato a bordo di uno scooter, NOME MAGLIANA portava in giro sugli aerei del ad ammazzarlo è stato MarcelCai, la flotta del servizio segreto COMPARE SEMPRE: lone, l'accordo di dividere tutto a militare, benché fosse latitante. “stecca para” non era più valido, Ma aveva fatto uno sgarro a Ca- DALL’OMICIDIO sosteneva Renatino, ma i vecchi lò, si era tenuto 150 milioni, i siamici non glielo avevano perdociliani non perdonano. A ucci- CALVI A LONDRA nato. Di Emanuela Sabrina racderlo, raccontò Crispino, era conta: “Il mandante era MarcinALLA STRAGE kus, io l'ho vista, l'ho portata in stato Abbruciati, prima di lasciarlo a terra gli strappò il borVaticano”. Perché l'hanno rapisello, dalle indagini sulla sua DI BOLOGNA FINO ta?”Chi doveva capì, capiva, comorte spuntò anche un assegno AL SEQUESTRO me per Calvi”. Sembra che chi del Presidente, ovvero Andreotdoveva capire fosse Papa Woti, finito nelle tasche del boss Di DI EMANUELA jtyla, troppi soldi a Varsavia aveCristina. L'ex amico dei Marsivano svuotato le casse dell'Ambrosiano. Cosa nostra aveva vigliesi si era fatto mafioso? In fa- ORLANDI sto bruciare nel crack 250 mima di “punciuto” in verità era Ernesto Diotallevi. “Papà chi è il liardi, la banda della Magliana superboss a Roma”, gli chiede il 16. A gestire la trattativa era stafiglio in una delle intercettazioto Renatino: “ Lo sapevano tutti ni: “Teoricamente so' io, materialmente Giovanni che era l'uomo del Vaticano, andavamo a cena da De Carlo”. Lo hanno “posato” Il Camaleonte è Andreotti, loro si chiudevano nello studio, io remorto la mattina del 27 aprile 1982 quando, ele- stavo con la moglie tanto caruccia”. L'accordo fu gante nel cappotto cammello, andò a Milano a trovato, sembra, ma atti notarili, planimetrie e sparare a Roberto Rosone. Calvi aveva già dato le mutui sono spariti. De Pedis era morto da nove dimissioni e quel vice ficcava il naso ovunque. anni, quando il 17 luglio del '99 Carminati riuscì a Puntò la pistola, fece a tempo a colpirlo a una gam- penetrare nel caveau della Banca di Roma a Piazba, ma la guardia del corpo fu più veloce di lui e lo zale Clodio, area protetta del Tribunale con un ferì mortalmente mentre si allontanava in moto. blindato dei carabinieri. Per lo strano furto, in cui Racconterà Fabiola Moretti, che era la sua donna, sparirono soldi e segreti, fu condannato a 4 anni. che Abbruciati aveva in casa la pistola con cui era Stupirsi? Perché, l'unico vero erede della Banda stato ucciso Pecorelli, l'aveva smontata lei, la stava della Magliana era lui. IL RACCONTO IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ Allora, mettiamola in modo che tu possa capire. Cos’è più morale della parcella, ridistribuzione del profitto criminale, a favore della classe borghese: i tuoi gioielli, le tue pellicce, i tuoi abiti griffati, ma da Il lavoro di giudice w Peccherei di cinismo se negassi di aver coltivato sempre, nel mio lavoro, l’ambizione di essere «decisivo»: se un idraulico mediocre è pur sempre utile agli altri, un giudice mediocre, il quale si LUNEDÌ 8 DICEMBRE 2014 crogioli in un a routine effimera, banale, convenzionale senza mai spendersi in qualcosa di decisivo, è da disprezzare. (Banda della Magliana, Koinè Nuove Edizioni, Roma 2004) L’avvocato della banda Al diavolo Socrate scelgo il Fettuccina dove credi che vengano?” di Otello Lupacchini C os’è peggio, a tuo giudizio, patire un’ingiustizia o subirla?» «Secondo me, subir- Chi è GIUDICE DELLA MAGLIANA In magistratura dal 1979, Otello Lupacchini è stato pretore a Riesi, giudice di Corte d’Assise a Bologna, giudice istruttore e gip al Tribunale di Roma. È componente della Commissione per l’applicazione delle speciali misure di protezione ai testimoni ed ai collaboratori di giustizia. È stato il giudice che istruì il primo processo alla banda della Magliana e si è occupato, fra l’altro, degli omicidi del giudice Mario Amato, del banchiere Roberto Calvi e della strage di Bologna. la.» «E cos’è più malvagio, commettere un’ingiustizia o patirla?» «Commetterla.» Le battute del dialogo di Socrate e Polo, risuonavano nella testa di Sebastiano Maineri, tra un diretto sinistro e un altro, mentre il pesante punghig bang si allontanava da lui, per poi ripiombargli sui guantoni pronti a pararne l’impatto nel punto preciso in cui, a lettere bianche sul cuoio nero, spiccava il nome della ditta produttrice: «St. Peter Ltd.» Come ogni mattina, l’avvocato penalista si allenava per tre quarti d’ora nella palestra personale, per installare la quale si era rivolto alla famosa ditta inglese di attrezzature sportive, in modo che appoggi, manubri, guantoni, tuta protettiva, casco, indumenti ginnici e sportivi, tutto, insomma, recasse ben visibile il nome di San Pietro in caratteri gotici. Strani gli scherzi della memoria: nulla più delle proposizioni socratiche era lontano dalla Weltanshauung dell’avvocato Sebastiano Maineri, convinto, come il giovane Polo, che la retorica, svincolata dall'etica, potesse migliorare il benessere di chi se ne fosse valso senza eccessivi scrupoli. Diretto sinistro! Destro! Sinistro! «Su!», s’incoraggiò con la voce «Un bel gancio, adesso. Uppercut destro!». «Cos’hai detto? Non sento bene… quel maledetto sacco di sabbia che cigola…», la voce di Elettra lo richiamò alla realtà. «Niente, parlavo con me stesso. Sai...», aggiunse ridendo «stavo battendo Leon Spinks. Uuuuu!». Senza farsi distrarre dal riflesso opaco dell’amante che si lasciava scivolare adagio, sino al mento, nella schiuma azzurrina del bagno, rimandatogli da un grande specchio di Murano incastonato in un mosaico di conchiglie, continuava a picchiare e il sudore gli imbrattava già la canottiera e spuntava dalle maglie delle mutandine di lana. Ma Socrate non lo lasciava in pace. «Chi si sottrae alla giustizia e alle sue punizioni si comporta come un bambino che cerchi di sottrarsi alla sua medicina, perché non si rende conto che serve per guarirlo». Finalmente, una volta sotto la doccia, sbottò: «Come diavolo farei a spiegare ai miei clienti che la punizione è una medicina per l'anima? Come diavolo potrei dire loro che subire una punizione benché spiacevole sarà comunque utile, senza che mi prendano a calci?… Ma che dico, a calci? M’ammazzerebbero e scioglierebbero nell’acido!» Attratta da quella crisi isterica, Elettra saltò fuori all’improvviso dalla vasca e irruppe nella stanza da bagno di lui rivestita di sughero e ardesia nera. «Cerca di liberarti della tua clientela, avvocato!», gli disse, con aria placida, ma risoluta. «Tanto più arrivi in alto, tanti più clienti vuoi avere. Te ne freghi se sono buoni o cattivi, ma la notte ti sento mugolare e digrignare i denti. E non sopporto più i tuoi occhi, in cui si legge la paura, che esplorano il soffitto nella semioscurità...». «In ogni uomo, anche il più abietto, vi è sempre un principio da difendere…». «Ma per cortesia… Non fare il furbo, Sebastiano! Risparmiami il pippone dei princìpi garantistici». «Allora, mettiamola in modo che anche tu possa capire. Cos’è più morale della parcella, ridistribuzione del profitto criminale, a favore della classe borghese: i tuoi gioielli, le tue pellicce, i tuoi abiti griffati, la nostra barca, le auto, i cavalli, la casa in montagna, la villa al mare, questa bicocca, ma da dove credi che vengano? Certo, quando si scelgono i clienti, non si può andare troppo per il sottile, vagliandone la fama di onestà, piuttosto che soppesandone il patrimonio. A che servirebbe un cliente che non sia un lestofante e magari anche povero? Non servirebbe a niente! È chi non rispetta mai le leggi, che dà invece molto da fare al suo patrono: nega che quel che è stato dato sia stato mai dato; è sempre in lite; rapace, imbroglione, ha un patrimonio accumulato con l’usura, l’estorsione, l’omicidio, magari, e con gli spergiuri…». Sebastiano Maineri, all’improvviso, tacque. Tra uno scroscio e l’altro dell’acqua della doccia, aveva udito uno scompiglio nell’ingresso e Mario, il maggiordomo, che protestava stridulo e sprez- zante: «Bestioni, maleducati! Ma no… no! … Brutti bastardi!… Con quale diritto… Ma chi siete? Vi proibisco. No!… Ma no!... Signor avvocato, signore…». Trasalì, fece sbandare con un violento uppercut il punching bag, si irrigidì ammutolito dallo stupore e, solo all’ultimo momento, ritraendo meccanicamente il busto, evitò il ritorno del sacco di cuoio, che gli ripiombava addosso. In quel momento, ricacciando indietro Mario, Banana e Fettuccina irrompevano nella palestra. L’avvocato corse a chiudere la porta della stanza da bagno dove era rimasta l’amante: «Non ti muovere, resta dove sei Elettra cara. Mi raccomando…», quindi rivoltosi ai due scagnozzi del Succhia, ruggì: «Che fate, qui?». Intanto teneva gli occhi puntati sul Banana, che avanzava pacato verso di lui e gli diceva: «Avvoca’, il Succhia ha bisogno di lei, ci ha le guardie a bottega…» «Ci devi venire dietro!» tradusse senza troppi complimenti il Fettuccina, mentre Elettra lo chiamava: «Ma insomma, che sta succedendo, Sebastiano? Sebastiano!» Il tirapiedi si diresse verso la stanza da bagno, ma Maineri fu pronto a sbarrargli il passo e a sferrargli un pugno, che l’altro schivò alzando il braccio orrendamente tatuato: «Avvocato! Avvocato!...» «Va bene, va bene… vengo con voi. Ma vi proibisco di…» Banana e Fettuccina assentirono in silenzio e gli si incollarono dietro, mentre lui usciva dalla palestra. «Mi lascerete, almeno, vestire da solo?», ringhiò prima che le porte di specchi si richiudesIERI E OGGI L’arresto sero silenziose dietro di Maurizio Abbatino nel di lui rimandandone 1992. Un passato mai consubito all’infinito il cluso davvero. Ansa torso muscoloso che luccicava nella mezzaluce, il volto livido d’ira, le pinne frementi del naso, le labbra tutte odio su cui brillava una leggera schiuma, lo sguardo gelido e terribile che si scrutava fisso. «Al diavolo!», esplose una volta che fu solo, «Oggi, il Succhia non mi lascerà in pace, non mi concederà un attimo di respiro, non mi consentirà di fare nulla di ciò che avrei voluto fare. Intanto, mi ha ingabbiato e sequestrato. Dovrò spendermi in sua difesa, mettendo avanti cavilli contorti e complicati. Potrei dire quanto necessario per chiudere un qualche accordo, ma figuriamoci se il Succhia vorrà negoziare?». E nel frattempo andava assumendo un’aria seria e indossava un anonimo vestito… da avvocato. «Al diavolo, al diavolo al diavolo! Che s’ha da fare per imporsi in politica! Ma tant’è. Quanto più i clienti sono disonesti e ricchi, tanto più sono graditi. Meglio se numerosi!». 9 VOX POPULI “Meglio se ti levi dalle palle” di Alessandro Ferrucci ROMA Nella Capitale c’è la mafia, così dicono le indagini. Ramificata, inserita, visibile, sfrontata, potente, così raccontano le tante intercettazioni. Uno dei quartieri più battuti era Prati, e in Prati chiediamo ai passanti natalizi cosa ne pensano di questa vicenda e se conoscevano qualcuno dei coinvolti. Marco, 55 anni, lavoro ignoto. “Ma che voi?” Una risposta. “Ma vedi d’annattene”. Gianni, 36 anni, barista. “È arrivato il freddo”. Mica tanto. “Se vuoi te offro un caffé o un thé, ma niente più”. Valerio, 43 anni, lavoro ignoto. “Sono tutte cazzate”. Come fa a esserne così sicuro? “Ho detto che sono tutte cazzate”. Margherita, 65 anni, pensionata. “Ma che è successo?” C’è la mafia a Roma. “No, macché...”. Romina, 69 anni, pensionata. “Non posso, mi aspetta mio nipote”. Ma un secondo! “No, no, quello si stranisce subito”. Chicco, 25 anni, aspirante pugile. “Tu cerchi guai”. Direi di no. “Te lo dico io, tu cerchi guai grossi, e se continui li trovi pure”. Francesco, 65 anni, ricco. “La verità? Ridendo o scherzando lo sapevano tutti, o meglio: lo sapeva chi ha un po’ di occhi e un po’ di cervello”. Antonio, 72 anni, pensionato. “Io non ce sto a capì niente. Però qui in zona è pieno de macchinoni”. Gabriele, 29 anni, in cerca di lavoro. “E allora?”. A posto... Paola, 32 anni, estetista. “Non sono di Prati”. Va bene, ma un giudizio? “Eh....” Guarda l’amica, ride e se ne va. Doriano, 41 anni, tecnico. “Uno lo conosco, ed è una brava persona, aiuta chi ha dei problemi”. Barbara, 39 anni, senza lavoro per scelta. “Sai che ti dico, certe cose si sapevano, ma non è mai fregato niente a nessuno. E ora vado in palestra”. Amedeo, 51 anni, personal trainer. “Come ti chiami?” Alessandro. “Ecco, Alessà, hai già un’età nella quale dovresti aver capito quando è il momento di andare via”. Rocco, 38 anni, coltivatore. “Non leggo i giornali”. Twitter: @A_Ferrucci
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