08 12 14 Il Fatto Quotidiano

Lunedì 8 dicembre 2014 – Anno 6 – n° 338
Ma mi faccia
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma - tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
e 1,40 – Arretrati: e 2,00 - Spedizione abb. postale D.L. 353/03
(Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) - Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
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Colonna sonora della settimana w il piacere
Thegiornalisti : “Forever delle Haim è un
misto tra indie pop, dance anni ‘80 e
Michael Jackson. Melodie perforanti”
a cura di Martina
Castigliani
Ascolta su w www.ilfattoquotidiano.it
LA GIORNATA DI IERI
w POLITICA w A
Parma il sindaco non cerca lo strappo
palese. Il leader risponde dal blog: “No passi indietro”
w MAFIA
CAPITALE w Per l’ex sindaco di Roma si parla
di valigette in Patagonia. L’ex senatore verso la Guinea
In 400 insieme a Pizzarotti Obiettivo fuga di Dell’Utri
Grillo li stoppa: sono vivo Alemanno: soldi all’estero
De Carolis » pag. 2
Lillo, Massari e Pacelli » pag. 5
di Marco
Travaglio
Nuovo
Centro Detenu-
ti/1. “A volte non bastano le leggi per stroncare il
malaffare e la corruttela. Bisogna fare attenzione alla selezione della classe politica,
introducendo e prevedendo
anche all’interno
degli stessi partiti dei codici etici di
valutazione della
propria
futura classe
dirigente” (Renato
Schifani, Ncd, Giornale di Sicilia, 7-12).
Altrimenti, inavvertitamente, si rischia di far entrare qualche onesto.
Nuovo Centro Detenuti/2.
“Roma è una città sana” (Angelino Alfano, Ncd, ministro
dell'Interno, 4-12). A parte
un pugno di pm e qualche
carabiniere del Ros, ma li
stiamo cercando.
Nuovo Centro Detenuti/3.
“Prescrizione, l’Ncd anticipa
il governo: ‘Sì ai tempi bloccati, ma poi processo breve’”
(Repubblica, 4-12). Così breve che non cominci neanche.
Alemagno/1. “Ai magistrati
interessa mettere la situazione in cui Alemanno non
c’entra niente, perlomeno è
un imbecille che si è circondato da ladri, malfattori,
malversatori”
(Massimo
Carminati intercettato dai
pm di Roma nel 2012-2014).
“Dimostrerò la mia estraneità, ne uscirò a testa alta”
(Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, FdI, 2-12).
Punta tutto sull’infermità
mentale.
Alemagno/2.
“Tranquilli,
proverò la mia innocenza”
(Alemanno, 2-12). Come
scrisse Montanelli nel ’93 a
proposito di Cirino Pomicino: “Stiamo col fiato sospeso: coi tanti guai che abbiamo, ci mancherebbe anche
quello della sua innocenza”.
Leggi a orologeria. “Italicum, mossa di Renzi: ‘Approviamolo subito, ma in vigore nel 2016’” (Corriere della
sera, 3-12). Italicum interruptus.
L’EX BOSS
DELLA MAGLIANA
Antonio Mancini
racconta chi è
il “Re” di Roma:
“Lo conosco dalla fine
degli anni 70,
ha in mano il regno
criminale di Renatino
De Pedis, è il suo
erede, tiene
tutti i fili,
dalla politica
alla criminalità.
E vi dico: riuscirà
a uscire innocente
da questa storia”
Ferrucci w pag. 6 - 9
con il racconto di Lupacchini
Lo scouting dello scout.
“CARMINATI,
LO CONOSCO BENE”
w EDITORIALE w Se
un politico invece
di blandirci ci parlasse onestamente
w L’INCHIESTA w L’allarme:
farmaci e
cure studiati soltanto per gli uomini
“Scouting tra gli ex 5Stelle. I
renziani ottimisti: ‘Un po’ di
gente verrà’” (Corriere della
sera, 3-12). Alle brutte, se
non si convincono, gli mandiamo er Guercio.
Lavori pesanti. “Vuole che le
mostri le mani? Ma certo, ecco qui, guardi pure, controlli: unghie spezzate, nemmeno l’ombra di smalto. Sa
quant’è che non vado
dall’estetista?” (Alessandra
Moretti, eurodeputata Pd,
candidata a governatore del
Veneto, 30-11). Mani rubate
all’agricoltura.
Segue a pag. 18
w CACCIA
AI TESORI w Dentro
i relitti con il mago Goddio
“Cari italiani,
Donne e cuore:
diciamo la verità: discriminate
anche in corsia
è colpa nostra”
“Come trovai
i lingotti d’oro
di Napoleone”
di Ferruccio Sansa
di Chiara
di Marco Merola
C
iscriminate perfino nel cuore. È la prima causa di
morte anche per le donne. Ma le medicine sono
studiate soprattutto per gli uomini. E negli ospedali i
medici spesso sono preparati per riconoscere i sintomi
“maschili”. Il racconto dei nostri lettori. » pag. 10 - 11
ari italiani la colpa è anche nostra”. Immaginate un
politico che esordisse così. Immaginate un Presidente
della Repubblica che ce lo dicesse in faccia nel discorso di
Capodanno, mentre guardiamo distratti intrippandoci
» pag. 18
con lo zampone.
D
Daina
olsi le alghe dalla targa di bronzo e vidi
scritto: Dauphin Royal. Subito non capii,
T
era il vecchio nome dell’Orient, la nave con il
tesoro di Napoleone”. Parla Franck Goddio, il
più grande ricercatore di tesori.» pag. 14 - 15
4
MAFIA CAPITALE
LUNEDÌ 8 DICEMBRE 2014
DIARIO DELLA GIORNATA
CONTRORDINE
“RIDATECI I SOLDI”
Il Prefetto: “Ancora nulla di deciso”
Marino: “Il Comune sarà parte civile”
“Per Roma potrebbero esserci tre ipotesi, dopo la valutazione delle carte dell'inchiesta: o un accesso agli
atti, o lo scioglimento o una terza via che prevede di non
intervenire essendo in corso l'attività giudiziaria”, così il
prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, ieri ha sancito che
tutte le vie sono ancora aperte per le istituzioni della
capitale investite dall’inchiesta sul “Mondo di mezzo”.
Nonostante Pecoraro si fosse sbilanciato in una intervista a Il Tempo nei giorni scorsi, insomma, niente sarà
deciso a breve e non prima di un incontro col ministro
dell’Interno Angelino Alfano: “Allo stato non è stato
deciso nemmeno l’invio dei commissari prefettizi”.
Il Campidoglio si costituirà parte civile nei processi che
scaturiranno dall’inchiesta su “Mafia capitale”. Lo ha annunciato ieri il sindaco Ignazio Marino, ospite de L’Arena di
Raiuno: “Per quanto riguarda tutto ciò che è stato sottratto, il Comune si costituirà parte civile perché vogliamo
che quei soldi tornino alla città. Spero che Pignatone metta
queste persone in prigione e poi butti le chiavi”. Il primo
cittadino ha poi smentito che l’ex procuratore capo, Giancarlo Caselli, arriverà alla commissione Trasparenza del
Comune: “È un caro amico, col quale ho parlato in questi
giorni, e una persona a cui chiedo consiglio, ma in questo
momento non credo ci sia un suo trasferimento a Roma”.
SPALLONI ALL’OPERA
Alemanno e le valige
di soldi in Patagonia
di Antonio
Massari
Q
uei soldi in Patagonia e lo strano furto
mai denunciato. La
posizione di Gianni
Alemanno, nell’indagine sulla
“mafia capitale”, è ricca di dettagli che portano il Ros dei carabinieri ad annotare un episodio di “presunta esportazione di valuta in Argentina da
parte dell’ex Sindaco di Roma,
Gianni Alemanno”.
È IL 31 GENNAIO 2014 il Ros
dei Carabinieri intercetta una
conversazione, negli uffici della Fondazione Integrazione.
Ecco i protagonisti del dialogo: Luca Odevaine, uomo forte della giunta guidata da Walter Veltroni nel settore immigrazione, Mario Schina, consigliere della cooperativa “Il
percorso”, che si occupa di
campi rom, e Sandro Coltellacci, collaboratore di Salvatore Buzzi, patron delle cooperative rosse in affari con Massimo Carminati. È Coltellacci
a toccare il tema più caldo della conversazione, parlando di
un soggetto che, in passato, ha
avuto dei problemi con Alemanno e che avrebbe “spallonato” dei soldi all'estero.
“Abita qua ... dentro a 'sto palazzo ...”, dice Odevaine, “che
fijo de ’na mignotta ... ha litigato con Alemanno … per
soldi se sò scannati ... ma sai
che Alemanno si è portato via
... ha fatto ... quattro viaggi ...
lui ed il figlio con le valigie
piene de soldi in Argentina ...
se sò portati ... con le valigie
piene de contanti ... ma te
sembra normale ... che un sindaco ...”.
Schina pone un interrogativo:
“E nessuno l'ha controllato?”.
“No”, risponde Odevaine, “ è
passato al varco riservato ...
iun attore per me ...”. “Io invece”, continua Odevaine,
“pensavo che... se li portava via
tutti lui ...”. “Sembrava sembrava ... che il sindaco non toc-
casse ...”, replica Schina, “invece 'a toccati...”.
LA CONVERSAZIONE prose-
gue su uno strano furto subìto
da Alemanno. “Poi – dice
Odevaine – ad un certo punto
... deve essere successo qualche casino ... perché ad un certo punto a Alemanno gli hanno fatto uno strano furto a casa ... “. “Cercavano qualche
pezzo de carta ...”, interviene
Schina, e Odevaine conclude:
“Cercavano ... eh si secondo
me ce ... credo che hanno litigato perché Alemanno ha
pensato che ce li ha mandati
questo ...”.
I Carabinieri hanno verificato
che il 15 ottobre 2013, Alemanno ha davvero subito un
furto in casa, ma non l’ha denunciato: “tale reato – scrive il
Ros – però non trova riscontro
in banca dati in quanto non
risultano essere state sporte
denunce né da Giovanni Alemanno né dalla moglie convivente Isabella Rauti.
Lo staff di Alemanno replica
con una nota la versione dell'ex sindaco: “Si tratta di una
millanteria totalmente infondata. Non ho portato mai soldi
all'estero tantomeno in Argentina. Io sono l’unico sindaco di Roma che al termine
del suo mandato è più povero
di quando ha cominciato perAl centro della pagina
l’ex sindaco di Roma,
Gianni Alemanno;
a sinistra Luca
Odevaine
e Salvatore Buzzi
IN UN DIALOGO
TRA ODEVAINE
E ALTRI DUE,
LA RIVELAZIONE:
PORTAVA DENARO
IN ARGENTINA.
L’EX SINDACO
SMENTISCE:
“SEMPLICI VIAGGI”
Ansa
in Argentina ci sono stato per
pochi giorni con la mia famiglia e un folto gruppo di amici
a capodanno 2011-2012 per
andare a vedere i ghiacciai della Patagonia”.
ché ho dovuto vendere una casa e aprire un mutuo per pagare i debiti della campagna
elettorale. Nella fattispecie il
furto di cui si parla è avvenuto
ad ottobre 2013 e basta aprire
google per constatare che è stato ampiamente pubblicizzato.
Per quanto riguarda il viaggio
NON SI TRATTA però dell'unico riferimento a denaro circolato negli ambienti legati ad
Alemanno. L’accusa sostiene
infatti che le tangenti siano
passate direttamente attraverso la segreteria dell’ex sindaco:
“Massimo Carminati e Salvatore Buzzi”, si legge negli atti
d'indagine, “erogavano a
ROMA E FIORENTINA
Pradè, il boss e il mondo del pallone
di Loredana
Di Cesare
e indagini su “mafia capitale” puntano anche
L
al mondo del calcio. E in
particolare ai rapporti tra
Massimo Carminati e Daniele Pradé, ex direttore
sportivo della Roma, oggi in
forza alla Fiorentina. Non
soltanto amicizia, secondo
gli investigatori, ma “interessi comuni” che meritano
di essere verificati con attenzione. Come vedremo, il
rapporto tra il “cecato” e il
mondo dello calcio romano, non riguarda soltanto
Pradé. Ma sul rapporto con
Pradé gli inquirenti intendono fare ulteriore luce:
“Carminati – scrive il Ros
dei carabinieri in un'informativa – è risultato in contatto con il direttore sportivo della squadra di serie A
Fiorentina Calcio, Daniele
INTERESSI
IN COMUNE
IL DS NON È
INDAGATO MA IL
ROS VUOLE
APPROFONDIRE.
IANNILLI E IL
PRESTITO DA
CHIEDERE A LIPPI
E AQUILANI
Pradé, con il quale fissa telefonicamente
appuntamenti per incontrarsi presso studi legali”.
IL DIRETTORE sportivo non
risulta tra gli indagati ma gli
investigatori annotano che
“i due - Pradé e Carminati appaiono avere un rapporto
amicale e interessi in comune che meritano di essere
approfonditi”. Il Fatto Quotidiano ha contattato Pradé,
per conoscere la sua versione dei fatti, e il direttore
sportivo della Fiorentina ha
confermato la conoscenza
di Carminati ma smentito di
aver mai avuto interessi in
comune con lui. Gli investigatori sono convinti, invece,
che questi interessi meritino
un approfondimento. Di
certo, c'è che i due si sentono
al telefono, fissando incontri per organizzare pranzo o
cene e Carminati propone di
“andare a mangiare insieme
.. alla piazzetta nostra”. Pradè, prima di dirigere la Fiorentina, è stato per 13 anni a
Roma, dove la famiglia Sensi lo promuove direttore
sportivo. Si trasferisce a Firenze, per dirigere la squadra toscana, nel 2012 e nel
settembre dello stesso anno
Daniele Pradé chiama Carminati che si “complimenta
per la campagna acquisti
della Fiorentina”.
NON È L'UNICO rapporto
tra Carminati e gliambienti
calcistici legati alla Roma.
Mario Corsi, conduttore
della trasmissione radiofonica sportiva Te lo do io Tokio,
meglio noto come Marione,
ultra della Roma. La sua
amicizia con il guercio è datata nel tempo: anche lui apparteneva all'organizzazione fascista dei Nar (Nucleo
armato rivoluzionario). In
un'intercettazione Carminati e Marione commentano la vittoria di Ignazio Marino al Comune di Roma e
“il cecato” dice: “Adesso si
va a bussacchiare”. L'obiettivo di Carminati è chiaro:
bisogna presentarsi dai
nuovi eletti per incassare
appalti pubblici, e Corsi
commenta: “Adesso è ora
de tira’ le reti”. Del resto,
Carminati è in buoni rapporti anche con la famiglia
Sensi, cioè la vecchia proprietà della As Roma Calcio.
Ed è stato proprio Marione
a favorire il contatto con
Marco Staffoli, “figura in vista nel panorama capitolino
– scrive il Ros – per essere il
marito di Rosella Sensi, ex
presidente dell’AS Roma”.
Anche in questo caso, come
per Pradé, gli investigatori
sottolineano che i rapporti
non si limitano alla convivialità ma comprendono
“specifiche
progettualità
imprenditoriali alle quali
Staffoli aderiva fattivamente”.
Il centrocampista giallorosso Daniele De Rossi, invece,
è in contatto con l'altro “re
di Roma” Giovanni De Carlo,
che chiama la notte del 30
settembre 2013 dopo una lite in un locale. “Avevo pensato che quello aveva chiamato qualche coattone… ho
detto famme senti’ Giovanni”, gli dice De Rossi che,
scrive il Ros, “assieme al
IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ
LUNEDÌ 8 DICEMBRE 2014
5
“NO ALLO SCIOGLIMENTO”
MOVIMENTO CINQUE STELLE
Il governo: “Il sindaco deve restare”
De Vito: “Nessun ingresso in giunta”
Il governo s’aggrappa a Ignazio Marino per gestire il caos
seguito all’inchiesta “Mondo di mezzo”. Lo ha confermato
ieri il ministro Maria Elena Boschi a Sky: “È giusto individuare le responsabilità ma attenzione a tirare in mezzo il
comune di Roma: per arrivare al commissariamento ci vogliono estremi di legge precisi e qui non ci sono. Marino
deve restare e governare bene. Anche perché non è lui a
essere indagato, ma Alemanno”. A chi gli chiede di dimettersi, è stato lo stesso primo cittadino a replicare:
“Non ci penso proprio. Berlusconi mi attacca? Dico solo
che sta scontando una pena ed è pure il premier che rifiutò
di sciogliere il comune di Fondi per mafia”.
“Escludiamo ogni eventualità di ingresso in Giunta o,
men che meno, di ‘appoggio esterno’. Il M5S romano si
propone come unica alternativa di governo di questa
città. Ribadiamo che siamo l’unica forza politica pulita
e completamente estranea a queste vicende”. Così ha
scritto il capogruppo del Movimento 5 Stelle in Campidoglio, Marcello De Vito, su Facebook, aggiungendo:
“È falso che la decisione di rifiutare la vicepresidenza
sia stata calata ‘dall’alto’: è stata una scelta esclusiva
dei consiglieri comunali e municipali. La presidenza
dell’Assemblea capitolina spettava all’unica forza politica estranea alle vicende”.
GLI INCONTRI SEGRETI CON L’UOMO DI B.
Mokbel studiava
la fuga in Guinea
per lui e Dell’Utri
di Marco Lillo
e Valeria Pacelli
L
Gianpiero Monti” ingenti
“somme di denaro”. L’obiettivo era influenzare l'assegnazione delle opere pubbliche e
Gianpiero Monti all’epoca,
non era soltanto “l’addetto alla
segreteria particolare del Sindaco presso Roma Capitale”,
ma anche e infatti, sostiene
l’accusa, le tangenti passavano
direttamente attraverso la segreteria di Gianni Alemanno.
“Massimo Carminati e Salvatore Buzzi”, si legge negli atti
d'indagine, “erogavano a
Gianpiero Monti” ingenti
“somme di denaro”.
e
intercettazioni
dell’inchiesta sulla Mafia Capitale svelano i
tentativi di Mario Diotallevi, figlio di Ernesto, di agganciare la massoneria mediante il ‘maestro Alfredo Di
Prinzio’ e anche ‘sedicenti servizi segreti’, mediante Fabio
Carignola. E poi c’è un retroscena inedito sulla fuga di
Marcello Dell’Utri: un incontro dell’allora senatore Pdl con
Gennaro Mockbel, tre mesi
prima dell’arresto in Libano.
Dalle intercettazioni telematiche dello smart phone di Mockbel, risulta un interessamento
per la Guinea un mese prima
della fuga di Dell’Utri che prevedeva come ultima tappa il
paese centroafricano, se non
fosse scattato l’arresto a Beirut
il 12 aprile.
L’8 novembre 2013, come è
noto, la Polizia sente puzza di
bruciato: Alberto Dell’Utri e
Fabio Mancuso, un imprenditore siciliano si fanno intercettare al ristorante Assunta Madre di Roma. Si scopre così che
Alberto Aquilani
con la maglia della
Fiorentina e il
direttore sportivo
Daniele Pradè LaPresse
compagno
di
squadra
Mehdi Benatia, aveva avuto
poco prima una discussione
in un locale e temendo conseguenze aveva pensato a De
Carlo”.
E GIOVANNONE si dimostra
contento del pensiero:
“Chiamame sempre… bravo! Hai fatto bene Danie’,
amico mio…”. Il nome di
un altro calciatore della Roma compare nell'informativa del Ros. È Alberto Aquilani. A citarlo è Marco Iannilli, proprietario della villa
di Sacrofano, in cui dimora
Carminati. Il proprietario
fittizio della villa di Carminati vuole chiedere un prestito - 250 mila euro – da
versare al fisco per chiudere
la vicenda della casa sottoposta a sequestro e pensa di
rivolgersi oltre che ad Aquilani anche all'intermediario
calcistico Davide Lippi, figlio
dell'ex ct della nazionale,
Marcello: “Perché se a me
me li presta Alberto e Davide, che cazzo mi vonno di?
Mi spiego? Uno fa il giocatore e piglia quattro milioni
l'anno, l'altro fa il procuratore e ne piglia altri due l'anno...”.
Mokbel (condannato in primo
grado a 15 anni per lo scandalo
Fastweb) e Marcello Dell’Utri
(condannato a sette anni per
concorso esterno in associazione mafiosa) sarebbero dovuti fuggire insieme in Nuova
Guinea. Secondo il fratello, Silvio Berlusconi avrebbe potuto
aiutare Marcello con un contributo di 5 milioni a una
onlus.
Mokbel smentì tutto. Il 14
aprile al direttore de Il Tempo
disse: “Non conosco Dell’Utri.
L’UOMO DI MAFIA
CAPITALE DICEVA:
“NON CONOSCO
IL SENATORE”.
MA I CARABINIERI
L’HANNO VISTO
CON LUI E SPIATO
LE SUE RICERCHE
SULL’AFRICA
O meglio, l’ho conosciuto a
una mostra, perché entrambi
abbiamo una passione per l’arte. Credo fosse nel 2009. (...)
Non l’ho mai sentito direttamente”. L’inchiesta romana lo
smentisce. “Dell’Utri Marcello
- si legge nell’informativa dei
Carabinieri del ROS del marzo
2014 - aveva incontrato Mokbel Gennaro il 21 gennaio
2014”.
NON SOLO. Prima della fuga
Mockbel aveva incontrato al ristorante “Osteria da Claudio il Localino” anche il fratello gemello, Alberto Dell’Utri, che
oggi al Fatto dice: “Fu solo un
incontro casuale”. I dettagli dei
due incontri sono contenuti
nella parte segreta dell’indagine. A dimostrazione del legame del duo Dell’Utri-Mockbel
con la Guinea il ROS cita invece un’altra circostanza. La
notizia di Dell’Utri latitante
viene pubblicata il 12 aprile,
ma già l’8 marzo 2014 Mockbel
comincia a smanettare sul web
e - scoprono gli investigatori
che lo monitorano - cerca su
Wikipedia notizie su Corisco e
Bijagos, isole della Guinea.
Poi Mokbel cerca notizie su
“Roberto Berardi imprenditore
arrestato”, si tratta di un italiano che, dopo essere stato socio
per qualche mese del figlio del
presidente della Guinea, è finito nel carcere fatiscente di Bata
dove è recluso dal gennaio
2013. Anche Berlusconi è citato indirettamente da Mario
Diotallevi. Il 21 febbraio del
2013 Ernesto Diotallevi parla
con il figlio. Il Ros li monitora e
scrive di avere già raccolto “elementi oggettivi: l’indiscusso e
documentato spessore criminale di Diotallevi Ernesto, che
si conferma quale ‘formale referente’ di ‘Cosa Nostra’ sulla
Capitale; la continua interazione con elementi di primo piano
della criminalità romana ed in
particolare Carminati Massimo”.
Secondo i Carabinieri i figli
Mario e Leonardo “costituirebbero, la ‘facciata pulita’,
nell’ambito delle strategie di
impresa”. L’anziano Ernesto è
stanco e dice: “Me so rotto er
cazzo che tutto quello che sto a
fa nun conta un cazzo.. me sento preso per culo, me sento vecchio”. Pensa di fare affari con
un tipo che gli offre bigliettoni
da un milione di dollari ma il
figlio è scettico sulla loro autenticità e gli consiglia “glieli
damo all’amico tuo della CIA”,
tale Giuseppe. Il figlio Mario
invece programma affari e investimenti immobiliari. Ha conosciuto un sedicente colonnello, in realtà il faccendiere
Paolo Oliverio, che potrebbe
dargli una mano. Questo è il
dialogo:
Ernesto Diotallevi (E): ma
quello dei Servizi?
Mario Diotallevi (M): Si ..
(E): .. ma chi sarebbe quello che
stà vicino al Presidente?
(M): Si lui stà vicino al Presidente (Berlusconi?, ndr) per altre cose però ... cioè lui .. la cosa
è particolare ..
(E): ... ma quello del figlio ... de
quello che ...
(M): quello è Carignola, è n’altra cosa, quello non je li poi fà
sti discorsi. ...
(E): perchè j’hai chiesto pure a
quello?
(M): noo .. è lui ha detto: ‘no
magari glielo possiamo imbastire adesso dopo le elezioni in
un certo modo prima è difficile
Mario sai di qua e di là’...
Mario Diotallevi parla con il
In alto Marcello Dell’Utri; sotto Gennaro Mokbel Ansa
padre di due persone legate ai
servizi: quello che si è rifiutato
di aiutarlo è Fabio Carignola,
che farebbe parte dei servizi
(“quelli seri, quelli del Presidente”, dice Mario Diotallevi)
e non è identificato. Anche se
c’è un Fabio Carignola che è
stato considerato dai siti di
gossip una vecchia fiamma
dell’europarlamentare di FI
Barbara Matera e di altre stelline tv.
PAOLO OLIVERIO invece, secondo Diotallevi Jr, sarebbe
dovuto diventare capo della
Gendarmeria vaticana. Invece
è stato poi arrestato per il sequestro grottesco di due sacerdoti dei Padri Camilliani e per
una storia di evasione fiscale.
Oliverio era legato a Flavio Carboni, a sua volta arrestato nello
scandalo P3, che coinvolgeva
anche Denis Verdini. Mario
Diotallevi racconta al papà di
avere chiesto a Fabio Carignola
informazioni su Paolo Oliverio. L’amico dei ‘servizi seri del
presidente’ descrive così Oliverio: “Cura un certo tipo di finanza infatti quello s’è avvici-
nato a Carboni quando, che
questo sta con Berlusconi,
quando Verdini j’ha fatto pja i
venti milioni de l’eolico, hai capito?”.
A quel punto, sentito il nome
di Verdini e Berlusconi, Ernesto Diotallevi è entusiasta:
“Annamo và ... portamelo te ..
mo me lo sposo (a questo punto ricorda che lo aveva conosciuto al processo, Ndr). È
quello che al processo m’è venuto intorno a salutà”. E Mario
conferma: “Bravo, perchè è stato messo là .. (incomprensibile) .. perchè non volevano che
se piasse tutti i soldi Carboni
(nell’affare eolico, Ndr) ce
l’hanno messo i politici”. Poi
aggiunge: “Lui era un uomo di
Verdini, l’uomo di Comincioli
(ex senatore scomparso nel
2011, molto legato a Silvio Berlusconi, Ndr) eh e dei servizi ..
poi ha litigato con Marco”.
Ernesto Diotallevi chiede: “Allora conosce pure de Giovanni?”. E il figlio: “Sì ... sa chi è (...)
ma non abbiamo parlato ... io
evito le cose del genere”. Ernesto Diotallevi: “Perchè Giovanni era riuscito a entrà .. a scavarcà Carboni e stava bene con
Comincioli”. Conclude Mario
Diotallevi: “Sì, papà questa è
Guardia di Finanza .. punto ...
che lavora per loro ... pei politici ... per quella schiera del
Presidente (Berlusconi, Ndr)
ecco perchè vicino a Carboni ..
poi ha fatto qualche crepa a
qualcuno a Roma”.
Dove ‘crepa’, a Roma, sta per
fregatura. Chissà se Paolo Oliverio che lo ha portato in giro
per Roma (“ci avevamo la radio
davanti e il lampeggiante, mi
ha portato in ufficio con l’autista me so sentito sto cazzo”)
non abbia dato una crepa anche
al figlio di Ernesto Diotallevi.
6
MAFIA CAPITALE
LUNEDÌ 8 DICEMBRE 2014
La fiction?
“Quella è una
buffonata”
MASSIMO CARMINATI, nelle intercettazioni di “Mafia capitale” risponde alla domanda di Cristiano Guarnera su quale sia la migliore
ricostruzione della storia della Banda della Magliana: “…romanzo criminale, eh…”. Guarnera: “Ma il film o la serie?...”. Carminati: “Il film ...sì
la serie è una buffonata”. Positivo il giudizio sul libro di Giancarlo De
Cataldo: “...il libro è abbastanza veritiero. .”. Meglio di tutti la ricostruzione di History Channel. Carminati: “...quella è una storia vera”.
Il documentario si basa sulle testimonianze dei protagonisti. Come
Renzo Danesi, uno dei fondatori, che la definisce “un'esperienza criminale irripetibile". Nata nel 1977 e inizialmente dedita alle rapine e ai
sequestri di persona, la Banda diventa una potente e ramificata organizzazione criminale che comincia a scricchiolare nel 1983, quando
un affiliato decide di pentirsi e racconta tutto. La lunga agonia che ne
segue porta gli amici di un tempo a sterminarsi l'uno con l'altro.
L’OMICIDIO È il 2
febbraio del 1990 quando
Enrico De Pedis viene ucciso a Roma Fotogramma
ANTONIO
MANCINI EX BOSS
DELLA BANDA
DELLA MAGLIANA
RACCONTA TUTTO
DEL NUOVO
“RE DI ROMA”:
“È L’EREDE
DI DE PEDIS,
NE HA PRESO
IL POSTO DOPO
LA SUA MORTE”
di Alessandro
Ferrucci
inviato a Jesi
A
“Sopra Carminati
c’è un insospettabile”
ntonio Mancini
conosce Carminati da “quando aveva tutti e due gli
occhi boni”. Fine Anni 70, la
Banda della Magliana stava conquistando Roma: pallottole, droga, botte, poker e locali. Roma sapeva, la
giustizia ancora no. Tra Danilo Abbruciati, Enrico De
Pedis detto Renatino, Abatino e gli altri, tra loro, c’era
anche lui, Mancini, uno dei boss, uno abituato “a drizzare i torti”, uno che la strada la batteva dalla fine dei
Sessanta “quando ho iniziato la mia vita da bandito”.
Ora ha 68 anni, vive a Jesi, si occupa di sociale, è un
uomo libero, ha ricostruito la sua verità in un libro
scritto con Federica Sciarelli, il suo soprannome era, ed
è, Accattone, perché è da sempre un lettore di Pier Paolo
Pasolini. Ma se Pasolini sapeva ma non aveva le prove, lui
sa perché c’era. E il nuovo Re di Roma l’ha visto crescere.
Lei da anni indica in Carminati, la persona più importante per la criminalità della Capitale. Quindi non è stupito dell’arresto...
Per niente, la più grossa sorpresa, anzi l’unica, sono i
termini che utilizza Massimo. Io me lo ricordo come
una persona educata, riservata, taciturna, conosceva
l’italiano, ora si aggrappa a espressioni forti che non gli
appartenevano. Lì, tra i fascisti, gli sbruffoni erano Cristiano Fioravanti, fratello di Valerio, e Alessandro Alibrandi, non lui.
Ha imparato...
Sì, per stare nel mondo di mezzo devi mantenere certi
atteggiamenti, devi plasmarti a seconda di con chi parli.
La prima volta che lo ha incrociato?
Prima di vederlo, ne conoscevo la fama, era tenuto in
considerazione da tutti, stimato, mi raccontavano di un
suo omicidio a un tabaccaio su ordine di Giuseppucci.
Poi un’altra volta De Pedis mi disse che era stato sempre
Carminati a far parte del commando che ha ammazzato
Pecorelli (giornalista ucciso nel 1979).
Si intuiva la stoffa del leader?
Inizialmente no, per me era un ragazzo d’azione. Ma è
stato bravo a riempire il vuoto lasciato
da Renatino De Pedis dopo la sua morte.
C’è sempre
Lei eri amico di De Pedis...
un ripulito
Eravamo come fratelli, passavamo quasi tutte le domeniche insieme, dalla colazione in poi, appuntamento fisso alla
pasticceria Andreotti, e lì partiva il suo
show.
Quale show?
Si attaccava al telefono e iniziava il giro
di chiamate: dal magistrato all’imprenditore. E mentre parlava gli veniva automatico chinarsi. Una volta gli dissi: ‘A
Renà, me stai a fa vergognà, tacci tua, stai
sempre piegato'.
Cosa le rispose?
‘Oggi sto piegato io, domani tocca a loro’. Sa cosa penso? Se Renatino non fosse stato ucciso, oggi starebbe in Parlamento, minimo sottosegretario. Lui è
morto incensurato. Eppure ha ammazzato la gente con me, ha rapinato con
me, è stato dentro, ma è riuscito a farsi
ripulire tutto.
altro colpo e la ricompravo. Ho speso tutto.
De Pedis invece si è comprato locali, ristoranti, discoteche, era padrone di Campo dei
Fiori. E secondo lei, oggi, quei soldi chi se li
magna?
Me lo dica lei.
a comandare, a stare
I prestanome e la moglie. Io me li
ma-gna-vo!
sopra, senza i ripuliti non
andremmo da nessuna
parte, fermi alle rapine
Quando l’ho conosciuto
mi ha stupito il suo modo
di imparare in silenzio
Secondo lei c’è qualcuno sopra Carminati?
C'è sempre qualcuno dei ripuliti a comandare, a stare sopra,
senza i ripuliti non andremmo da nessuna parte, fermi alle
rapine. Anche per questo nella Banda c’è stata la frattura tra
noi della Magliana e quelli di Testaccio.
Diverse visioni?
Loro avevano preso le sembianze mafiose, esattamente quelle che gli inquirenti hanno scoperto ora. Noi della Magliana
eravamo dei banditi da strada, amavamo le rapine, senza
guardarci le spalle, senza compromessi. Volevo una Ferrari?
Un colpo e la compravo. Me la sequestravano? Sti cazzi, un
Sembra il campione del Manchester, George
Best, quando dichiarava: “Ho speso molti soldi per alcool, donne e macchine veloci... il resto l'ho sperperato”.
Esatto. In quegli anni ascoltavo musica rock,
leggevo l'Unità e Pasolini, mentre gli altri della
Banda frequentavano Califano, tra donne e
droga.
La criminalità a Roma è arrivata con la Banda?
Ma no. La gente moriva anche prima, non
come quando ci siamo stati noi, ma certe
situazioni c’erano già, gli Abbruciati, Diotallevi avevano già colpito.
Diotallevi è l’altro big di oggi.
Uno dei più grossi.
Perché Carminati è l’erede di De Pedis?
Di tutti gli altri che c’erano attorno a Renato, era l’unico
ad avere lo spessore giusto, appellava De Pedis come
“presidente”, ci sono le intercettazioni a raccontarlo, ed
era l’unico a poter riacchiappare i fili delle varie componenti.
Cosa intende?
Ha presente quante e quali prove avevano su di lui
rispetto all’omicidio Pecorelli? Chiunque altro, me
compreso, sarebbe stato condannato.
Da De Pedis a Carminati, e oltre Carminati?
Ci sono altri nomi, altri ex della Banda, basta voler
vedere come stanno i fatti...
IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ
1977
L’ANNO DI NASCITA
DEL SODALIZIO
CRIMINALE
IL PRIMO A CADERE era stato
”er Negro”, alias Franco Giuseppucci, assassinato il 13 settembre
1980. Due anni dopo, Danilo Abbruciati cadrà ucciso in uno scontro a fuoco. I membri della banda
si sono sbranati da soli.
LUNEDÌ 8 DICEMBRE 2014
1983
L’ARRESTO DEL
“SORCIO” E IL PRIMO
PENTIMENTO
7
1990
LA MORTE DI ENRICO
DE PEDIS DETTO
“RENATINO”
AI VERTICI
Un trio di boss: Franco
Giuseppucci, Enrico De Pedis, Maurizio Abbatino;
a sinistra Antonio Mancini durante l’arresto
e Mancini oggi; sotto l’omicidio di Abbruciati
nel 1982 Ansa
IL
LIBRO
A sinistra
il libro
scritto
da Mancini
insieme
a Federica
Sciarelli;
accanto
Ernesto
Diotallevi,
subito dopo
Gennaro
Mokbel
Ansa
Lei divide testaccini e Magliana.
Alla fine loro non erano più criminali
classici, erano imprenditori. Sa quanto
guadagnava De Pedis? 180 milioni al
giorno con le slot machine. Al giorno.
Figurati adesso.
Quei soldi dove sono finiti?
Ce li hanno loro, gli sono serviti per acquisire potere.
Rispetto a voi, hanno vinto loro, i loro
compromessi.
Eh certo. E le dico una cosa: Carminati
esce, prima di quanto potete immaginare, altrimenti dovrebbero incarcerare
mezzo mondo.
A lei la politica l’ha mai aiutata?
(Ride). Ero incarcerato a Pianosa, vita
terribile. Così dico ai miei: portatemi via,
voglio cambiare galera. Dopo pochi giorni, mi chiama il capo-reparto, mi fa sedere e mi domanda: ‘Ma tu al ministero
chi cazzo hai? Mi stanno a fa due coglioni
così per farti mandare via’. Ero diretto a
Busto Arsizio, in confronto una reggia.
Lui ha preso
in mano tutti i fili
suoi amici. Una volta Belsito (ex terrorista, condannato a quattro ergastoli)
venne a rifugiarsi, e senza nulla temere si
mise a giocare con delle bombe a mano.
Come se nulla fosse?
dell’organizzazione,
Nulla. E ne aveva un borsone pieno, fino a
quando mi sono incazzato e gli ho detto
‘oh, ma che stai a fa’!’
tutti i rapporti con
E lui?
i servizi segreti,
la politica, i colletti
bianchi. Per questo
ne uscirà pulito, non
lo condanneranno
E chi aveva al ministero?
Arrivavamo ai piano più alti, ai vertici assoluti, gente
mai stata condannata nonostante le dichiarazioni mie e
di Fabiola Moretti (ex compagna di Abbruciati, amica di
De Pedis e vicina a Mancini).
Carminati insieme a Buzzi ha toccato trasversalmente la
politica, sorpreso?
No, è normale. Anche noi facevamo lo stesso, anche noi
eravamo agli antipodi sugli ideali politici, ma in certe
situazioni le divisioni si superavano.
talizzati dalla politica”.
Noi eravamo il terzo mondo di Carminati, quello in basso;
mentre oggi quello di mezzo, e quello sopra, si utilizzano a
vicenda, per questo dico che Carminati ne uscirà pulito: il
mondo di sopra si salverà, e porterà con sè il mondo di
mezzo e ucciderà il mondo di sotto.
Nel vostro gruppo, quanto era importante Carminati?
Mi rispose: ‘Sono pronte per i carabinieri
nel caso ci vengano sotto o per un posto di
blocco’.
Per i testaccini era l’unico ad avere le chiavi per entrare
dentro l’armeria del ministero della Sanità. Era il garante.
Anche i boss dovevano passare da lui, per noi della Magliana quel ruolo era ricoperto da Sicilia, per questo l’ho
tirato in mezzo rispetto alla strage di Bologna.
De Pedis cosa diceva di Carminati?
Cosa c’entra?
Innamorato, si fidava in tutto. Ma non
solo Renato, anche gli altri boss lo adoravano nonostante fosse un ragazzetto.
Il fucile ritrovato alla stazione stava nella nostra armeria, e
lui aveva le chiavi e lui già stava dentro a certe storie di
Servizi...
Ernesto Diotallevi?
Servizi segreti.
Lo conosco dagli Anni 70, era rapinatore
insieme ad Abbruciati.
Sì, i testaccini avevano questi rapporti, avevano in mano
tutte le costellazioni legate alla parte pulita, o presunta
pulita, della società.
Mokbel?
Mi faceva da guardaspalle insieme ad Antonietto D’Inzillo, gli davo dieci milioni di
lire a settimana.
I colletti bianchi...
I Casamonica?
In qualche modo la Magliana ha perso.
Sì, loro. A differenza di noi si muovevano con un passo più
lungo.
Negli Anni 80 non erano niente, l’unico un po’ conosciuto
era Guerino.
Eravamo un peso, ci hanno scaricato.
Nelle intercettazioni si dice: “Noi famo i soldi con gli immigrati, sono meglio della droga”.
Quei pezzenti gli hanno permesso di diventare quello che
è, gli hanno salvato il culo.
Non ci credo, non è possibile. È una questione di bacino
d’utenza, con la droga fai numeri più alti, dodici poveri
negri e qualche campo rom non può pareggiare l’utilizzo
degli stupefacenti. La droga e le armi ti fanno comandare
una piazza, e lì fai la differenza.
In giro c’è anche Nicoletti, considerato il cassiere della Magliana.
Oltre alla droga, non si parla mai di donne.
Sapeva che era dei Nar?
Vero. Ed è strano, molto strano.
Eccome, quando ero latitante davo appoggio anche ai
Lei una volta ha dichiarato: “Siamo stati usati e strumen-
Carminati ha detto: ‘Quelli della banda erano dei pezzenti...
Non il mio, degli altri sì, compreso De Pedis.
Nicoletti è ancora potente?
Perché, lo hanno intaccato? Gli puoi anche sequestrare 200
milioni di euro, sono niente. Non sono stato chiaro: questi
non spariranno mai, e vedrete se ho ragione o meno.
Twitter: @A_Ferrucci
8
MAFIA CAPITALE
LUNEDÌ 8 DICEMBRE 2014
I criminali
diventati
degli eroi
di Max Paiella
CHE FIGHI Tempo fa a Testaccio ascoltavo
due adolescenti che parlavano con entusiasmo di una fiction: La Banda della Magliana.
"Er libbanese nun se discute, ho anche comprato l'accendino e l'adesivo con "il freddo"
COME NASCE LA BANDA
M
aledetti anni Settanta. Il giorno si
apriva con gli studenti che assaltavano le camionette della polizia e si
chiudeva con una sparatoria o la rapina al caveau di una banca. La banda della Magliana esordì il 16 maggio 1977 con il sequestro
del gioielliere Roberto Giansanti, liberato 52 giorni dopo grazie a un riscatto di 350 milioni. Quattro mesi dopo fu rapito il duca Massimiliano Grazioli Lante della Rovere, per il rilascio la famiglia
pagò due miliardi e mezzo ma lui non tornò a
casa. Buona parte di quei soldi, cifra enorme all'epoca, fu investita nell'acquisto di una partita di
cocaina. Fino a quel momento sulla piazza romana non c'era mai stata un'organizzazione criminale, a farla da padrone in quel periodo erano i
Marsigliesi, i banditi con la erre moscia che avevano importato nella capitale le rapine a mano
armata e i sequestri di persona.
velarne la pericolosità. Della mafia a Roma
oggi se ne parla con sgomento, ma forse la
notizia passerà in secondo piano, come su
"Un Marziano a Roma" di E. Flajano. “À marziano, facce ride!". Le infiltrazioni mafiose a
Roma sono come le infiltrazioni di umidità.
Basta una mano di bianco e passa la paura.
MISTERI
Ragazzi di strada
tra banchieri
e stragi di Stato
di Rita Di Giovacchino
che picchia a sangue "Er Patata" o "Er Catena". Da come li descrivevano, sembravano
2 eroi. Incredibile, quand'ero piccolo parlavo
con lo stesso entusiasmo di Tirammolla o del
Signor Bonaventura, ma La banda in questione è tristemente reale, basta l'intercettazione di un pregiudicato spregiudicato per ri-
IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ
Roma in quel periodo? Aveva appena finito il liceo
scientifico, all'istituto J.F Kennedy in zona Monteverde, doveva aveva conosciuto Giusva Fioravanti, Alessandro Alibrandi e Franco Anselmi e
con loro si accingeva a fondare i Nar. Anselmi sarà
ucciso l'anno dopo nel corso di una rapina, Alibrandi nel 1982 in un conflitto a fuoco con la polizia. Nei quattro anni che seguirono si resero responsabili di 33 omicidi cui vanno aggiunti gli 85
morti della strage alla stazione di Bologna. La loro
strada si intrecciò presto con la mala romana, a
fare da tramite furono Giuseppucci e Alibrandi.
Non andò bene a nessuno dei due, anche er Negro
fu ucciso nel 1980 in una faida con i pesciaroli.
Uno dei problemi era dove nascondere le armi,
Marcellone aveva un amico che lavorava al ministero della Sanità, il custode Biagio Alesse si offrì
di tenere i borsoni negli scantinati. L'unico dei
“neri” che poteva avervi accesso era il Cecato, ormai considerato l'artificiere del gruppo. Lì fu trovata la pistola che uccise Pecorelli, una 7,65 con il
calcio ricoperto di madreperla, e una partita di
proiettili Gevelot, in dotazione alla Nato, utilizzati
per l'omicidio del giornalista. Carminati fu processato e assolto, i dubbi non sono mai stati fugati.
In quel periodo frequentava Semerari, psichiatra
di fama e nostalgico del nazismo, ricercatissimo
per le perizie che scagionavano criminali incalliti.
Ma la sua testa rotolò in un secchio a Ottaviano,
davanti al castello di Cutolo, vittima di uno scontro interno alla camorra. Prima che ciò avvenisse
aveva organizzato a Poggio Mirteto corsi di formazione per ideologizzare i rapinatori sulla “guerra non ortodossa”. Con Semerari si sfiorò l'incidente, Crispino rapì Paolo Aleandri, il suo assistente, per aver fatto sparire un borsone con le
armi. Carminati gli offrì in cambio due mitra e lo
riportò a casa. Il gesto piacque a De Pedis.
IL LORO RAPITO più famoso fu Giovanni Bulgari,
il gioielliere di via Condotti. Nello stesso palazzo
c'era la sede dell' Onpam, dietro la quale la P2 di
Gelli sembra muovesse i primi passi. I Marsigliesi
godevano della sua copertura? Il giudice Vittorio
Occorsio era a un passo dalla verità quando fu ucciso il 10 luglio 1976 da Pierluigi Concutelli. Pochi
mesi dopo fu arrestato Albert Bergamelli, gangster da copertina: “Faccio parte di una grande
famiglia che saprà difendermi”, disse. Poveretto,
la famiglia aveva già cambiato cavallo, Danilo Abbruciati, ex pugile, era un pezzo grosso della malavita romana, reduce dal clan di Francis Turatello
per qualche tempo aveva bazzicati i Marsigliesi ed
era pronto a diventarne l'erede. Non a caso lo chiamavano Er Camaleonte
A organizzare il sequestro del duce Grazioli era
UNO DEI PRIMI a farsi spazio fu
stato un suo amico, Franco GiuAntonio Mancini, l'Accattone,
seppucci, detto Er Negro per la
carnagione scura e la passione IL TESTIMONE DEI che si portò dietro Nicolino Selis, seguace di Cutolo, ma c'era
per le svastiche e i busti di Musanche Claudio Sicilia , o' Vesuviasolini. A 30 anni era il ras di San MARSIGLIESI IL
Cosimato e stava mettendo inno, e Gianfranco Urbani, Er
SOTTOBOSCO
ERA
sieme un gruppo di rapinatori
Pantera, che vantava contatti
con la n'drangheta. Ed Edoardo
cresciuti tra Trastevere e Testac- LA LOTTA
Toscano, l'Operaietto, legato a
cio. Nacque la prima “batteria” e
Michele Senese che gli faceva da
presto si unì a loro Maurizio Ab- POLITICA, GRAZIE
spalla ma presto ingigantì ambatino, a 23 anni già capo di un
mazzando i i cutoliani. I romani
gruppetto che orbitava nella zo- ALLA QUALE I
erano molto disinvolti nel tratna della Magliana, quartiere
CRIMINALI
tare con altre organizzazioni,
spuntato come un fungo tra
l'Eur e l'Ostiense, grazie al nuoperfino Cosa Nostra. Il sospetto
vo Piano regolatore. Il verde COMUNI
è che la nascente holding godesse di particolari protezioni nel
spianato dalle ruspe e palazzoni RIUSCIVANO A
mondo politico, nella massonefitti come alveari, ma la banda ne
ria e nei servizi segreti, e anche
prese il nome perché in questo NASCONDERSI E A
quartiere anonimo era facile innel Vaticano. Domenico Sica la
contrarsi . Un altro gruppo gra- CRESCERE
ribattezzò Agenzia del crimine.
vitava all'Alberone e faceva capo
A Campo de' Fiori si aggirava un
mafioso importante, il suo coma Marcello Colafigli, ragazzone
pito era entrare in contatto con
dalla gran mole che organizzava
la gente “giusta”. Era Pippo Cale tifoserie di Opposta Fazione.
All' Alberone ritroviamo molti protagonisti di lò, il boss conosceva già Domenico Balducci, detto
Mafia Capitale, anche Riccardo Brugia, braccio Memmo er Cravattaro, con cui aveva diviso un periodo in carcere. Memmo aveva per ufficio un nedestro di Carminati.
Sono partiti al grido di “pijamose Roma” e se la sono gozietto di elettrodomestici dove aveva appiccato
presa davvero. Se vogliamo ricostruire la storia di un cartello: “Qui si vendono soldi”. Andava a troquesta banda che per 40 anni ha controllato ogni varlo spesso Flavio Carboni, imprenditore sardo
attività, dai sequestri di persona al gioco d'azzar- sempre a corto di quattrini. Ma ben introdotto in
do, dalle rapine al traffico degli stupefacenti, per Vaticano e in via dell'Anima, ufficio gestito dal
poi salire su, su fino ai piani alti della politica e dei giovane Paolo Berlusconi.
consigli di amministrazione non possiamo anche Il primo ad essere ammazzato fu Memmo er Cranoi che partire di qui. Qualcuno è vivo, qualcuno è vattaro il 21 ottobre 1981 davanti alla sua villa almorto, la filosofia di Carminati. Che faceva il Re di l'Aventino dove stavano per arrivare gli ospiti per
oliando quando Danilo le
aveva detto:
“E' l'abbacchio di Pecorelli”. Lei si era
infuriata: “Me
lo dici così e se
ce
trovano
l'impronta
mia? La potevi
buttà”.”Ma come sei signora”,
rispose beffardo. Non sapremo
mai da chi è stato ucciso Pecorelli .Tutti assolti, Carminati e
Angelo La Barbera, Andreotti e
il fedele Vitalone, che furono
processati e perfino condannati
a 24 anni, sentenza poi cancellata in Cassazione. In aula Fabiola, pressata da Vitalone, arrivò a togliersi le scarpe con i tacchi, il fratello Vilfredo era di sicuro più basso ma lei non vacillò: “Anche quel giorno avevo un
completo di pelle verde e i tacchi
alti, lo andai a prendere al Palazzaccio, lui mi regalò perfino
un anello”.
La strage a
Bologna, sotto Emanuela
Orlandi e il
ponte a Londra dove Calvi venne trovato morto
L'UOMO DEL VATICANO. Renatino si fidava di Fabiola, erano
amici fin da ragazzini, quando
andavano a caccia di vipere al
Gianicolo. La donna del boss era
un'altra, Sabrina Minardi, la bellissima ex moglie di Bruno Giordano, il bomber della Lazio che
aveva lasciato per amore di De
Pedis. “Mi metteva in mano valige Vuitton piene di banconote,
non tornare a casa se non hai
spesi tutti i soldi. Io andavo da
Bulgari, Prada, aprivo la borsa...sa mio marito è un tipo così”.
Nessuno sapeva resisterle, neppure il banchiere dagli occhi di
ghiaccio; “Ci siamo conosciuti a
una festa in casa di Carboni, la
mattina dopo Calvi suonò il
campanello, io scesi, avevo soltanto una vestaglietta addosso.
Poi mi regalò una villa a Montecarlo”. Il nome di De Pedis è
legato all'ultimo segreto della
Magliana, la scomparsa di Emanuela Orlandi, storia nota e abusata. La ragazzina sparì il 22 giugno 1984 davanti alla chiesa di
Sant'Apollinare, nel 2010 Sabrina ha raccontato che a rapirla
la festa dei 18 anni della figlia. MORTI E MISTERI
era stato Renatino morto ormai
Era ben introdotto a palazzo di
da 20 anni. Quando ormai pengiustizia Memmo, e pure amico MAI RISOLTI IL
sava di avercela fatta il passato è
di Francesco Pazienza che lo
tornato a bordo di uno scooter,
NOME
MAGLIANA
portava in giro sugli aerei del
ad ammazzarlo è stato MarcelCai, la flotta del servizio segreto COMPARE SEMPRE: lone, l'accordo di dividere tutto a
militare, benché fosse latitante.
“stecca para” non era più valido,
Ma aveva fatto uno sgarro a Ca- DALL’OMICIDIO
sosteneva Renatino, ma i vecchi
lò, si era tenuto 150 milioni, i siamici non glielo avevano perdociliani non perdonano. A ucci- CALVI A LONDRA
nato. Di Emanuela Sabrina racderlo, raccontò Crispino, era
conta: “Il mandante era MarcinALLA
STRAGE
kus, io l'ho vista, l'ho portata in
stato Abbruciati, prima di lasciarlo a terra gli strappò il borVaticano”. Perché l'hanno rapisello, dalle indagini sulla sua DI BOLOGNA FINO
ta?”Chi doveva capì, capiva, comorte spuntò anche un assegno AL SEQUESTRO
me per Calvi”. Sembra che chi
del Presidente, ovvero Andreotdoveva capire fosse Papa Woti, finito nelle tasche del boss Di DI EMANUELA
jtyla, troppi soldi a Varsavia aveCristina. L'ex amico dei Marsivano svuotato le casse dell'Ambrosiano. Cosa nostra aveva vigliesi si era fatto mafioso? In fa- ORLANDI
sto bruciare nel crack 250 mima di “punciuto” in verità era Ernesto Diotallevi. “Papà chi è il
liardi, la banda della Magliana
superboss a Roma”, gli chiede il
16. A gestire la trattativa era stafiglio in una delle intercettazioto Renatino: “ Lo sapevano tutti
ni: “Teoricamente so' io, materialmente Giovanni che era l'uomo del Vaticano, andavamo a cena da
De Carlo”. Lo hanno “posato” Il Camaleonte è Andreotti, loro si chiudevano nello studio, io remorto la mattina del 27 aprile 1982 quando, ele- stavo con la moglie tanto caruccia”. L'accordo fu
gante nel cappotto cammello, andò a Milano a trovato, sembra, ma atti notarili, planimetrie e
sparare a Roberto Rosone. Calvi aveva già dato le mutui sono spariti. De Pedis era morto da nove
dimissioni e quel vice ficcava il naso ovunque. anni, quando il 17 luglio del '99 Carminati riuscì a
Puntò la pistola, fece a tempo a colpirlo a una gam- penetrare nel caveau della Banca di Roma a Piazba, ma la guardia del corpo fu più veloce di lui e lo zale Clodio, area protetta del Tribunale con un
ferì mortalmente mentre si allontanava in moto. blindato dei carabinieri. Per lo strano furto, in cui
Racconterà Fabiola Moretti, che era la sua donna, sparirono soldi e segreti, fu condannato a 4 anni.
che Abbruciati aveva in casa la pistola con cui era Stupirsi? Perché, l'unico vero erede della Banda
stato ucciso Pecorelli, l'aveva smontata lei, la stava della Magliana era lui.
IL RACCONTO
IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ
Allora, mettiamola
in modo che tu possa
capire. Cos’è più morale
della parcella, ridistribuzione
del profitto criminale, a
favore della classe borghese:
i tuoi gioielli, le tue pellicce,
i tuoi abiti griffati, ma da
Il lavoro di giudice w Peccherei di cinismo
se negassi di aver coltivato sempre, nel mio
lavoro, l’ambizione di essere «decisivo»: se
un idraulico mediocre è pur sempre utile
agli altri, un giudice mediocre, il quale si
LUNEDÌ 8 DICEMBRE 2014
crogioli in un a routine effimera, banale,
convenzionale senza mai spendersi in
qualcosa di decisivo, è da disprezzare.
(Banda della Magliana, Koinè Nuove
Edizioni, Roma 2004)
L’avvocato della banda
Al diavolo Socrate
scelgo il Fettuccina
dove credi che vengano?”
di Otello
Lupacchini
C
os’è peggio, a tuo giudizio, patire un’ingiustizia
o
subirla?»
«Secondo me, subir-
Chi è
GIUDICE DELLA MAGLIANA
In magistratura dal 1979, Otello
Lupacchini è stato pretore a Riesi,
giudice di Corte d’Assise a Bologna,
giudice istruttore e gip al Tribunale
di Roma. È componente della Commissione per l’applicazione delle
speciali misure di protezione ai testimoni ed ai collaboratori di giustizia. È stato il giudice che istruì il
primo processo alla banda della
Magliana e si è occupato, fra l’altro,
degli omicidi del giudice Mario
Amato, del banchiere Roberto Calvi e della strage di Bologna.
la.»
«E cos’è più malvagio, commettere un’ingiustizia o patirla?»
«Commetterla.»
Le battute del dialogo di Socrate
e Polo, risuonavano nella testa di
Sebastiano Maineri, tra un diretto sinistro e un altro, mentre il
pesante punghig bang si allontanava da lui, per poi ripiombargli sui guantoni pronti a pararne
l’impatto nel punto preciso in
cui, a lettere bianche sul cuoio
nero, spiccava il nome della ditta
produttrice: «St. Peter Ltd.» Come ogni mattina, l’avvocato penalista si allenava per tre quarti
d’ora nella palestra personale,
per installare la quale si era rivolto alla famosa ditta inglese di attrezzature
sportive, in modo che appoggi, manubri, guantoni, tuta protettiva, casco, indumenti ginnici e
sportivi, tutto, insomma, recasse ben visibile il
nome di San Pietro in caratteri gotici.
Strani gli scherzi della memoria: nulla più
delle proposizioni socratiche era lontano
dalla Weltanshauung dell’avvocato Sebastiano Maineri, convinto, come il giovane
Polo, che la retorica, svincolata dall'etica,
potesse migliorare il benessere di chi se ne
fosse valso senza eccessivi scrupoli.
Diretto sinistro! Destro! Sinistro! «Su!», s’incoraggiò con la voce «Un bel gancio, adesso. Uppercut destro!».
«Cos’hai detto? Non sento bene… quel maledetto sacco di
sabbia che cigola…», la voce
di Elettra lo richiamò alla
realtà.
«Niente, parlavo con me stesso. Sai...», aggiunse ridendo
«stavo battendo Leon Spinks.
Uuuuu!».
Senza farsi distrarre dal riflesso opaco dell’amante che si lasciava scivolare adagio, sino
al mento, nella schiuma azzurrina del bagno, rimandatogli da un grande specchio di
Murano incastonato in un
mosaico di conchiglie, continuava a picchiare e il sudore
gli imbrattava già la canottiera e spuntava dalle maglie delle mutandine di lana. Ma Socrate non lo lasciava in pace.
«Chi si sottrae alla giustizia e
alle sue punizioni si comporta
come un bambino che cerchi
di sottrarsi alla sua medicina,
perché non si rende conto che
serve per guarirlo».
Finalmente, una volta sotto la
doccia, sbottò: «Come diavolo farei a spiegare ai
miei clienti che la punizione è una medicina per
l'anima? Come diavolo potrei dire loro che subire
una punizione benché spiacevole sarà comunque
utile, senza che mi prendano a calci?… Ma che
dico, a calci? M’ammazzerebbero e scioglierebbero nell’acido!»
Attratta da quella crisi isterica, Elettra saltò fuori
all’improvviso dalla vasca e irruppe nella stanza
da bagno di lui rivestita di sughero e ardesia nera.
«Cerca di liberarti
della tua clientela, avvocato!», gli disse, con
aria placida, ma risoluta. «Tanto più arrivi
in alto, tanti più clienti vuoi avere. Te ne
freghi se sono buoni o
cattivi, ma la notte ti
sento mugolare e digrignare i denti. E non
sopporto più i tuoi occhi, in cui si legge la
paura, che esplorano
il soffitto nella semioscurità...».
«In ogni uomo, anche
il più abietto, vi è sempre un principio da
difendere…».
«Ma per cortesia…
Non fare il furbo, Sebastiano! Risparmiami il pippone dei
princìpi garantistici».
«Allora, mettiamola in modo che anche tu
possa capire. Cos’è più morale della parcella, ridistribuzione del profitto criminale, a favore della classe borghese: i tuoi
gioielli, le tue pellicce, i tuoi abiti griffati,
la nostra barca, le auto, i cavalli, la casa in
montagna, la villa al mare, questa bicocca,
ma da dove credi che vengano? Certo,
quando si scelgono i clienti, non si può
andare troppo per il sottile, vagliandone la
fama di onestà, piuttosto che soppesandone il patrimonio. A che servirebbe un cliente che non sia un lestofante e magari anche povero? Non servirebbe a niente! È chi non rispetta
mai le leggi, che dà invece molto da fare al suo
patrono: nega che quel che è stato dato sia stato
mai dato; è sempre in lite; rapace, imbroglione,
ha un patrimonio accumulato con l’usura,
l’estorsione, l’omicidio, magari, e con gli spergiuri…».
Sebastiano Maineri, all’improvviso, tacque. Tra
uno scroscio e l’altro dell’acqua della doccia, aveva udito uno scompiglio nell’ingresso e Mario, il
maggiordomo, che protestava stridulo e sprez-
zante: «Bestioni, maleducati! Ma no… no! …
Brutti bastardi!… Con quale diritto… Ma chi
siete? Vi proibisco. No!… Ma no!... Signor avvocato, signore…». Trasalì, fece sbandare con un
violento uppercut il punching bag, si irrigidì ammutolito dallo stupore e, solo all’ultimo momento, ritraendo meccanicamente il busto, evitò il
ritorno del sacco di cuoio, che gli ripiombava
addosso. In quel momento, ricacciando indietro
Mario, Banana e Fettuccina irrompevano nella
palestra.
L’avvocato corse a chiudere la porta della stanza
da bagno dove era rimasta l’amante: «Non ti
muovere, resta dove sei Elettra cara. Mi raccomando…», quindi rivoltosi ai due scagnozzi del
Succhia, ruggì: «Che fate, qui?». Intanto teneva
gli occhi puntati sul Banana, che avanzava pacato
verso di lui e gli diceva: «Avvoca’, il Succhia ha
bisogno di lei, ci ha le guardie a bottega…»
«Ci devi venire dietro!» tradusse senza troppi
complimenti il Fettuccina, mentre Elettra lo
chiamava: «Ma insomma, che sta succedendo,
Sebastiano? Sebastiano!»
Il tirapiedi si diresse verso la stanza da bagno, ma
Maineri fu pronto a sbarrargli il passo e a sferrargli un pugno, che l’altro schivò alzando il braccio orrendamente tatuato: «Avvocato! Avvocato!...»
«Va bene, va bene… vengo con voi. Ma vi proibisco di…»
Banana e Fettuccina assentirono in silenzio e gli
si incollarono dietro, mentre lui usciva dalla palestra.
«Mi lascerete, almeno, vestire da solo?», ringhiò
prima che le porte di
specchi si richiudesIERI E OGGI L’arresto sero silenziose dietro
di Maurizio Abbatino nel
di lui rimandandone
1992. Un passato mai consubito all’infinito il
cluso davvero. Ansa
torso muscoloso che
luccicava nella mezzaluce, il volto livido
d’ira, le pinne frementi del naso, le
labbra tutte odio su
cui brillava una leggera schiuma, lo
sguardo gelido e terribile che si scrutava
fisso.
«Al diavolo!», esplose una volta che fu
solo, «Oggi, il Succhia non mi lascerà
in pace, non mi concederà un attimo di
respiro, non mi consentirà di fare nulla
di ciò che avrei voluto fare. Intanto, mi
ha ingabbiato e sequestrato.
Dovrò
spendermi in sua difesa, mettendo avanti cavilli contorti e
complicati. Potrei
dire quanto necessario per chiudere un
qualche accordo, ma
figuriamoci se il Succhia vorrà negoziare?». E nel
frattempo andava assumendo un’aria seria e indossava un anonimo vestito… da avvocato. «Al
diavolo, al diavolo al diavolo! Che s’ha da
fare per imporsi in politica! Ma tant’è.
Quanto più i clienti sono disonesti e ricchi,
tanto più sono graditi. Meglio se numerosi!».
9
VOX POPULI
“Meglio
se ti levi
dalle
palle”
di Alessandro Ferrucci
ROMA Nella Capitale c’è
la mafia, così dicono le indagini. Ramificata, inserita, visibile, sfrontata, potente, così raccontano le
tante
intercettazioni.
Uno dei quartieri più battuti era Prati, e in Prati
chiediamo ai passanti
natalizi cosa ne pensano
di questa vicenda e se conoscevano qualcuno dei
coinvolti.
Marco, 55 anni, lavoro
ignoto. “Ma che voi?”
Una risposta. “Ma vedi
d’annattene”.
Gianni, 36 anni, barista.
“È arrivato il freddo”. Mica tanto. “Se vuoi te offro
un caffé o un thé, ma
niente più”.
Valerio, 43 anni, lavoro
ignoto. “Sono tutte cazzate”. Come fa a esserne
così sicuro? “Ho detto
che sono tutte cazzate”.
Margherita, 65 anni,
pensionata. “Ma che è
successo?” C’è la mafia a
Roma. “No, macché...”.
Romina, 69 anni, pensionata. “Non posso, mi
aspetta mio nipote”. Ma
un secondo! “No, no,
quello si stranisce subito”.
Chicco, 25 anni, aspirante pugile. “Tu cerchi
guai”. Direi di no. “Te lo
dico io, tu cerchi guai
grossi, e se continui li trovi pure”.
Francesco, 65 anni, ricco.
“La verità? Ridendo o
scherzando lo sapevano
tutti, o meglio: lo sapeva
chi ha un po’ di occhi e un
po’ di cervello”.
Antonio, 72 anni, pensionato. “Io non ce sto a capì
niente. Però qui in zona è
pieno de macchinoni”.
Gabriele, 29 anni, in cerca di lavoro. “E allora?”. A
posto...
Paola, 32 anni, estetista.
“Non sono di Prati”. Va
bene, ma un giudizio?
“Eh....” Guarda l’amica, ride e se ne va.
Doriano, 41 anni, tecnico.
“Uno lo conosco, ed è
una brava persona, aiuta
chi ha dei problemi”.
Barbara, 39 anni, senza
lavoro per scelta. “Sai che
ti dico, certe cose si sapevano, ma non è mai
fregato niente a nessuno.
E ora vado in palestra”.
Amedeo, 51 anni, personal trainer. “Come ti chiami?” Alessandro. “Ecco,
Alessà, hai già un’età nella quale dovresti aver capito quando è il momento
di andare via”.
Rocco, 38 anni, coltivatore. “Non leggo i giornali”.
Twitter: @A_Ferrucci