La rassegna di oggi

RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – venerdì 19 settembre 2014
(Gli articoli della presente rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito
internet del quotidiano. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
Indice articoli
REGIONE (pag. 2)
Garanzia Giovani: 7 mila iscritti (M. Veneto)
Guerra degli stipendi Insiel, sit-in, ma niente sciopero (M. Veneto)
Riforma sanitaria, soccorso alfaniano (Piccolo)
L’offensiva dei sindaci del centrodestra (Piccolo)
Nuovo patto federale con il Fvg. Roma al verde, non molla i soldi (Gazzettino)
CRONACHE LOCALI (pag. 7)
Acciaieria, una speranza per i lavoratori (M. Veneto Udine)
Anticipi ai cassintegrati, inferno burocratico (Gazzettino Udine)
Ideal Standard mette fretta alla cooperativa (Gazzettino Pordenone)
Piano da 25 milioni, Savio sfida la crisi (M. Veneto Pordenone)
Tasse, la corsa alla Tasi "regala" posti di lavoro (Gazzettino Pordenone)
REGIONE
Garanzia Giovani: 7 mila iscritti (M. Veneto)
UDINE Il deputato Walter Rizzetto (M5S) critica “Garanzia Giovani”, il piano della Ue per combattere
la disoccupazione giovanile (15-29 anni) e finanziato attraverso il Fondo sociale europeo, ma in
regione l’applicazione del programma comunitario è migliore rispetto al resto d’Italia. Interrogazione.
L’onorevole grillino parte dall’ultimo bollettino sullo stato del Piano pubblicato dal Ministero del
lavoro per attaccare lo stato di applicazione di “Garanzia Giovani” e chiedere al titolare del dicastero
Giuliano Poletti misure urgenti per renderlo più efficace. «Il progetto – spiega Rizzetto - si sta
rivelando un autentico fallimento in fase operativa. I dati allo scorso 4 settembre parlano di 179 mila
439 giovani registrati a fronte di appena 15 mila 165 posti disponibili e un bacino di potenziali
beneficiari pari a 2 milioni 300 mila unità inattive. Il numero modesto delle iscrizioni al programma ha,
tra le varie motivazioni, il fatto che la maggior parte dei ragazzi e degli imprenditori non lo conosce
perché è mancata un’efficace campagna di comunicazione da parte del Governo». Una serie di errori
che, per il deputato del M5S, sono da imputarsi alla struttura stessa del Piano pensato per combattere
una disoccupazione giovanile che nel nostro Paese supera il 40%. «Molte offerte di lavoro – ha
concluso - si riferiscono a posizioni che richiedono dai cinque ai dieci anni di esperienza ed è
paradossale considerando come il piano sia rivolto a ragazzi e ragazze al primo approccio con il mondo
del lavoro. L’attuazione di “Garanzia Giovani”, inoltre, non è ancora operativa in tutte le Regioni e di
conseguenza i servizi non sono disponibili su tutto il territorio. Ricordo che la Ue ha stanziato qualcosa
come 6 miliardi di euro – di cui 1 miliardo e 500 milioni soltanto per l’Italia -, ma il nostro Paese
ancora una volta si è dimostrato inadeguato se confrontato al resto del continente». Regione. Numeri
certamente non confortanti quelli presentati da Rizzetto, ma la situazione, stando alle cifre in mano
all’assessore regionale al Lavoro Loredana Panariti e aggiornati allo scorso 11 settembre, migliora se
dall’Italia ci si sposta all’interno dei confini friulani. Poco più di una settimana fa risultavano iscritti al
Piano 6 mila 785 ragazzi che rappresentano il 2,9% del totale su scala nazionale. «Sono numeri
assolutamente non trascurabili – spiega Panariti – soprattutto se teniamo in considerazione come la
percentuale di adesioni rappresenti circa il doppio di quella che normalmente ci viene garantita dallo
Stato al momento del riparto degli ammortizzatori sociali in deroga. Il riscontro positivo è figlio del
grande lavoro, anche a livello di comunicazione, che abbiamo svolto sul territorio coinvolgendo le
diverse realtà locali». La platea di potenziali utilizzatori, inoltre, si amplia se si tiene in considerazione
il programma regionale “People” che, sommato a “Garanzia Giovani”, porta il computo totale dei fondi
a disposizione a poco meno di 40 milioni di euro. «Lo spettro d’azione - chiosa l’assessore - arriva a
quasi 10 mila persone». Mattia Pertoldi
Guerra degli stipendi Insiel, sit-in, ma niente sciopero (M. Veneto)
UDINE Si appellano alla Regione, continueranno nelle loro manifestazioni di protesta, ma, almeno per
ora, i dipendenti friulani di Insiel non minacciano lo sciopero – a differenza dei loro colleghi triestini nel caso in cui l’azienda dovesse effettivamente procedere all’inizio del recupero delle somme erogate
indebitamente nel corso del 2013. Una posizione diversa, quella manifestata ieri dai lavoratori friulani
della società nel corso del sit-in di protesta organizzato di fronte alla sede udinese della Regione, e
sicuramente meno dura rispetto a quanto contenuto nel comunicato emesso mercoledì dalla Fiom
giuliana. «Personalmente capisco come la posizione dell’azienda – ha spiegato Antonella Raddi delle
Rsu di Insiel – sia delicata. Ci attende un autunno caldo, questo è certo, visto il nuovo Piano industriale
e la contrattazione per il nuovo accordo integrativo, ma prima di proclamare l’astensione dal lavoro ci
vuole calma e pazienza. Anche perché in questo caso il problema ricade completamente sulla Regione,
non sulla società». La richiesta dei sindacati all’assessore Panontin si muove, essenzialmente, lungo
due direzioni: il blocco dell’inizio delle procedure di recupero dei 350 mila euro (oltre oneri
previdenziali) indebitamente incassati dai dipendenti e una sorta di sanatoria legislativa. «Non stiamo
chiedendo che ci venga attribuito – ha continuato Raddi – quanto ci spetterebbe in base al contratto
nazionale dei metalmeccanici per il 2013 e che non ci è mai stato dato, ma soltanto che la nostra
situazione venga affrontata alla stessa maniera di casi precedenti». Nel concreto le Rsu contestano la
posizione secondo cui la Regione sarebbe obbligata a recuperare il denaro dalle leggi in materia
economica varate dall’ex Governo Monti. «Imporre la restituzione – ha spiegato Raddi – sarebbe
sbagliato perché il comma del testo che la stabiliva è stato abrogato dalla legge di Stabilità e la
Regione, quindi, agirebbe in maniera retroattiva per una somma di denaro irrisoria per il bilancio del
Fvg». E per sottolineare la disparità di trattamento col passato, Raddi porta due esempi di recenti leggi
regionali. «Il Consiglio all’unanimità – ha spiegato – ha stabilito come gli amministratori di Comuni e
Province che abbiano percepito prima dell’ultimo assestamento di bilancio una maggiorazione delle
indennità non debbano subire alcun taglio. E prima ancora, a giugno, ha permesso con una legge ad hoc
agli enti locali di assumere personale, sia pure a tempo determinato, in deroga al Patto di stabilità. Non
capiamo, quindi, perché Panontin non possa applicare lo stesso metro di giudizio anche per i dipendenti
di Insiel». In stand-by, ma comunque con forti preoccupazioni, infine, la posizione sul nuovo Piano
dell’azienda. Mattia Pertoldi
Riforma sanitaria, soccorso alfaniano (Piccolo)
di Gianpaolo Sarti TRIESTE Si allarga la maggioranza in Consiglio regionale. Ncd è pronto a votare la
riforma della Sanità partorita dalla giunta Serracchiani, provvedimento chiave di questa prima parte di
legislatura. «C’è un buon 70% di possibilità», dichiara il capogruppo Alessandro Colautti. La stampella
degli alfaniani in queste settimane ha contribuito non poco a impacchettare il documento finale:
l’emendamento nodale, su cui di fatto poggia l’intero impianto normativo, porta la loro firma. È il
passaggio chiarificatore, dopo i continui rimbrotti di Forza Italia all’assessore Maria Sandra Telesca,
che suggella la fusione tra aziende sanitarie e ospedaliero- universitarie a Udine e Trieste; lì dove si
dice che «entro due anni dall’entrata in vigore della legge l’Azienda per l’assistenza sanitaria n. 1
Triestina e l’Azienda per l’assistenza sanitaria n. 4 Friuli Centrale incorporano, rispettivamente,
l’Azienda ospedaliero-universitaria Ospedali riuniti di Trieste e l’Azienda ospedaliero- universitaria
Santa Maria della Misericordia di Udine subentrando nelle relative funzioni, secondo modalità definite
con protocolli di intesa tra la Regione e le Università interessate». Un emendamento scritto non a caso
dal ministero della Sanità guidato da Beatrice Lorenzin, sponda Ncd, in collaborazione con la Regione
e il gruppo consiliare in Fvg per aggirare lo scoglio della possibile incostituzionalità del testo. Un’altra
norma paracadute, anche questa preparata dagli alfaniani, andrà a mettere ordine sulle funzioni
dell’ente chiamato a gestire i servizi e le spese in tutta la regione. «Abbiamo rilevato il problema su
questi due punti, che sono il cuore della legge, e lavorato con Lorenzin per superarli», sottolinea
Colautti. «Sul voto conclusivo da parte nostra c’è apertura: 70% sì, ma mi riservo di arrivare alla fine –
spiega – comunque ci saranno anche altri emendamenti che prepareremo assieme al Pd». Una nuova
maggioranza? «Per questa riforma evidentemente sì. Va detto – evidenzia il capogruppo – che dopo la
rottura nazionale (con Berlusconi, ndr) è cambiato l’atteggiamento. Per il futuro su altre leggi vediamo,
non appoggeremo Serracchiani per partito preso ma guarderemo ai contenuti». Colautti non nasconde,
tuttavia, le sue perplessità su altri punti del provvedimento che giudica tutto sommato «timido» ma che
in fondo «non è male». «Ncd come impegno non sta dalla parte della ricerca del facile consenso –
viene precisato in un comunicato sottoscritto anche dal collega Paride Cargnelutti – ma da quella in cui
si lavora per contribuire a rendere questa Regione e questo Paese più efficiente e fiducioso. Il nostro
punto nave è valutare nel merito le riforme, ora quella della Sanità del Fvg, e su questa rotta ci
muoveremo». L’altro dato politico è che il gruppo, in tema di Sanità, spacca l’opposizione: sulle altre
due norme, quella di Forza Italia e dell’ex presidente Tondo, si asterrà. «Non conoscevo neppure quei
due testi, me li son trovati qua, – afferma Colautti – non li condivido, non posso sostenerli». Nel resto
del centrodestra hanno un’altra idea. «La riforma non sta in piedi – insiste il capogruppo forzista
Riccardo Riccardi – se ti occupi del trapianto del cuore non puoi gestire pure le badanti. E poi se la
nostra Sanità è un’eccellenza, perché cambiano tutto? Dietro c’è una ragione ideologica, quella di
Rotelli che immagina di curare la gente con le prediche». Duro l’intervento di Luca Ciriani (FdI): «È
una legge politica, a Serracchiani non interessa niente se questa riforma farà risparmiare, anche perché
su questo non ci sono evidenze. La sua è un’operazione di potere senza scrupoli». Ieri la terza
commissione ha esaurito il rito del dibattito generale e oggi prenderà in mano l’analisi dell’articolato.
Telesca ha rassicurato sul ruolo delle università, in tema di didattica: «Per gli studenti aumentano le
opportunità di esperienza sul territorio, anche a livello domiciliare e con la collaborazione dei medici di
famiglia. L’obiettivo, con questa legge, è usare meglio le risorse spostandole alle aziende sanitarie».
L’offensiva dei sindaci del centrodestra (Piccolo)
UDINE «I Comuni gettano al vento 20 milioni di euro? La verità è che Stato e Regione, sui vincoli del
patto di stabilità, danno indicazioni sempre troppo in ritardo». Piero Mauro Zanin, sindaco di
Talmassons, difende i 71 colleghi che non hanno saputo spendere le risorse a disposizione nel 2013. E,
in un intervento condiviso con Renato Carlantoni di Tarvisio e Pierluigi Molinaro di Forgaria, chiede
un «cambio di passo» su uno dei principali nodi per gli enti locali. Ettore Romoli, sindaco di Gorizia e
presidente del Cal, ha aperto il caso criticando la Regione: comportamento troppo «buonista» aver
scontato le sanzioni del 50% nei confronti delle amministrazioni che, l’anno scorso, non hanno
utilizzato ben 20 milioni a disposizione per opere e investimenti. Ma Zanin non ci sta: «I nostri Comuni
hanno liquidità per centinaia di migliaia di euro, frutto di risparmi e di corretta amministrazione, che
non possiamo utilizzare per pagare i debiti e per far partire lavori pubblici a causa del “famigerato”
patto di stabilità. Chi è rimasto al palo lo ha fatto semplicemente per una questione di tempi: se i
parametri ci vengono comunicati a metà anno e i bilanci non possono essere fatti prima dell’estate, tra
appalto, mutuo e affidamento lavori c’è il rischio concreto di arrivare in ritardo». Tema amministrativo
all’interno di una ragionamento politico che i tre sindaci – a capo di un movimento del territorio che
affianca ma anche incalza la leadership regionale di Forza Italia – rilanciano da un lato per contestare il
«centralismo» della giunta Serracchiani, dall’altro per sollecitare un centrodestra che continuano a
vedere piuttosto spento. «Una proposta politica alternativa a Serracchiani, in Friuli Venezia Giulia e
non solo – sostengono Zanin, Carlantoni e Molinaro –, avrà un futuro se la smetterà di tenere posizioni
attendiste e tattiche del “cercheremo e faremo” e saprà elaborare una linea politica strategica e di
prospettiva». Il ruolo dei sindaci? «Dobbiamo metterci in discussione ed evolvere verso una nuova
proposta politica che vada al di là dei nostri confini amministrativi e degli interessi, pur legittimi, della
comunità». Un passo avanti, dunque. Una sorta di autocandidatura, con ruoli certamente ancora da
definire, in vista delle elezioni 2018. «La strada non è quella di un centralismo esasperato, come
sembra vogliano Renzi e la Serracchiani – insistono i tre primi cittadini –, ma quella di una nuova
autonomia che coniughi lavoro, taglio della spesa pubblica, autodeterminazione e rappresentanza». Un
esempio concreto è quello dei debiti della pubblica amministrazione, «promessa mancata di Renzi»:
«Noi sindaci, se messi nelle condizioni, sapremmo pagare molto prima dei 210 giorni di media dello
Stato i debiti verso i nostri fornitori, e questo potrebbe dare un impulso alla crescita, al lavoro e allo
sviluppo delle comunità». (m.b.)
Nuovo patto federale con il Fvg. Roma al verde, non molla i soldi (Gazzettino)
Antonella Lanfrit UDINE - Per dirla in breve: il nuovo patto federale tra il Friuli Venezia Giulia e
Stato, quello che dovrebbe modificare il Patto Tremonti-Tondo del 2010 e la clausola per la quale la
Regione deve a Roma 370 milioni l'anno, è bloccato dai malconci bilanci nazionali. Non che «la
tessitura dell'ordito», parole dell'assessore regionale Francesco Peroni, si sia interrotta, ma il punto
finale è continuamente rimandato. «Il lavoro per giungere a siglare nuovi rapporti finanziari con lo
Stato non si è mai interrotto, perché i nostri tecnici sono in costante collegamento con le strutture
ministeriali preposte», aggiorna l'assessore. Il fatto è che si è arrivati a una «larga condivisione», ma
non a quella totale. Il nodo gordiano della trattativa per la verità è abbastanza semplice: la Regione
vorrebbe non dover versare a Roma i soldi pattuiti nel 2010 per un contributo di solidarietà del Friuli
Venezia Giulia a un processo federalista che non si è mai avviato. La «solidarietà» richiesta da Roma
vale 370 milioni l'anno, una cifra che la Regione arriverà a dare nella sua interezza a regime, tra circa
una quindicina d'anni. Dopo cioè che avrà finito di detrarre gli arretrati che lo Stato le deve per l'altro
punto fondamentale contenuto nel Patto Tremonti-Tondo, cioè il versamento da Roma alla Regione
delle compartecipazioni ai tributi versati dai pensionati Inps: 483 milioni l'anno e un arretrato di 910
milioni.
Un peso eccessivo, quei 370 milioni, soprattutto perché dal 2010 a oggi lo Stato - nonostante il tributo
solidale - ha continuato a chiedere alla Regione un sacco di soldi in aggiunta, per mantenere in
equilibrio il bilancio statale brandendo il principio di coordinamento della finanza pubblica, che
inchioda alle esigenze statali anche le Regioni a Statuto speciale. Insomma, dopo che lo stesso Renzo
Tondo da governatore nel febbraio 2012 aveva provato a rinegoziare il Patto con l'allora premier Mario
Monti (ricevendo per altro un «sì»), ora la scommessa è riuscire a far restare quei soldi solidali nel
bilancio del Friuli Venezia Giulia potendoli però spendere (sono accantonati in attesa di soluzione della
tenzone e non si possono toccare) senza doversi accollare funzioni aggiuntive in cambio. «Sul tavolo
della contrattazione - conferma infatti Peroni - il tema di funzioni in più in cambio di una rinuncia
romana a incassare non è stato posto. Sin qui non è stato tema negoziale».
Si scioglierà, al fine, quel Patto del 2010? Nella volontà politica governativa «c'è un'apertura, si vuole
una soluzione che penalizzi meno la Regione - conferma Peroni -. Tuttavia, se l'intento è confortante, la
volontà politica si misurerà a risultato raggiunto. Prima no». Tale volontà, ammette lo stesso assessore,
deve infatti fare i conti con i tecnici di Viale XX Settembre (cioè il Ministero dell'Economia), i quali
ricordano ai politici le continue scadenze: legge di stabilità, richiami dell'Europaà. «Non possiamo
nasconderci che sul negoziato in parte pesa il problema delle coperture», spiega Peroni. Come si fa,
cioè, a non chiedere i soldi al Friuli Venezia Giulia, e ormai la cifra sfiora il miliardo, se nelle casse
statali non c'è il corrispettivo da mettere dove serve? E non è tutto.
«Può sembrare paradossale», considera anche l'assessore, ma «c'è uno scoglio tecnico. Occorre cioè
capire come sia possibile trattare la faccenda da un punto di vista contabile, perché quei soldi lo Stato
non li ha accertati nel suo bilancio, essendo congelati nel nostro, e non è semplice retroagire».
Conclusione? Peroni è moderatamente ottimista, anche se «i flussi contabili non sono facili da
dipanare» e «bisogno trovare un modo affinché non si crei una ?scoperturà nel bilancio statale
nell'immediato futuro». Tocca attendere, insomma. Anche per il nuovo piano industriale di Friulia che,
annunciato nei mesi scorsi, non è stato ancora presentato. Dovrebbe ridisegnare tutto il sistema delle
partecipate finanziarie e a esso sta attendendo il presidente della società, Pietro Del Fabbro.
CRONACHE LOCALI
Acciaieria, una speranza per i lavoratori (M. Veneto Udine)
SAN GIORGIO «Se Evraz ha un piano di investimenti per lo stabilimento di San Giorgio di Nogaro,
venga a raccontarcelo: i lavoratori vogliono tornare lavorare ed essere una risorsa e non un costo per lo
Stato! Chiediamo al vicepresidente della Regione Fvg, Sergio Bolzonello un incontro urgente, e al
sindaco di San Giorgio che si faccia promotore di un tavolo utile alla ricerca di percorsi alle proposte
oggi presentate da Evraz». Questi alcuni degli slogan coniati dai lavoratori di Ebp di San Giorgio di
Nogaro che ieri sulla strada di accesso alla Zona industriale, con il sostegno di Fim. Cis, Fiom- Cgil e
Uilm- Uil, del sindacato dei pensionati di Cisl, di diverse delegazioni di aziende come la Faber di
Cividale, la Tecnosider, la Ots, Metinveest, e Nunki Steel di San Giorgio, hanno manifestato ieri la loro
preoccupazione sul futuro del sito sangiorgino, ribadendo con forza che «il tempo delle riflessioni è
finito! A meno di due mesi della fine della cigs, 140 lavoratori e le loro famiglie vogliono conoscere il
loro futuro». Va sottolineato che la Meetinvest, avrebbe confermato di aver presentato una relazione
tecnica nella quale manifestava il suo interesse per Epb, dopo aver visitato l’impianto: pare che
l’interesse sia stato cassato. Intanto si sarebbe aperto uno spiraglio sulla vicenda: pare infatti che a
seguito dell'intervento dell'ambasciatore italiano a Mosca, Cesare Maria Ragaglini, l'azienda avrebbe
finalmente rotto «l'assordante silenzio di questi ultimi mesi«, con una lettera di intenti, nella quale
attraverso, Pavel Tatyanin, senior vice presidente responsabile gestione patrimoniale internazionale,
avrebbe sottolineato che non sarebbe assolutamente nei piani relativi di Evraz la liquidazione del
laminatoio. Non solo, avrebbe ribadito l'intenzione del Gruppo russo di riprendere la produzione nel
sito di San Giorgio nel 2015, effettuando investimenti di ristrutturazione per rendere più competitivo
l'impianto friulano, per il quale intenderebbe chiedere “sussidio” allo Stato, italiano ovviamente.
Tatyanin avrebbe anche ribadito che lo stabilimento sangiorgino ha sempre costituito una parte
importante del Gruppo Evraz e punto di riferimento per l’eccellenza operativa dei loro laminatoi nel
resto del mondo. Affermando anche che per mantenere operativo l'impianto spenderebbero 200 mila
euro al mese, pur in una situazione instabile e sfavorevole del mercato dell’acciaio europeo non
permette ad Evraz di mantenere in funzione la fabbrica per le consistenti perdite economiche che
subirebbe. Ma gli intenti di Evraz non convincono i lavoratori esasperati dalle difficoltà economiche (a
causa di mancata documentazione ai lavoratori non sono state riconosciute le detrazioni personali per
carichi familiari e nemmeno la riduzione del cuneo fiscale, 80 euro di Renzi, che possono superare per
le famiglia i 350 euro, e a chi ha chiesto le motivazioni di questo “errore” si è sentito rispondere che
dovrà chiedere il rimborso nel 730 di luglio 2015) che da circa 16 mesi vivono con 670- 800 euro al
mese. Dubbi anche del sindacato, Barbaro della Cisl e Balzarini della Cgil, sulle reali intenzioni di
Evraz, che per questo ha chiesto un incontro urgente con la Regione. Francesca Artico
Anticipi ai cassintegrati, inferno burocratico (Gazzettino Udine)
Paola Treppo Sempre più in ritardo l’erogazione mensile dell’assegno di cassa integrazione, situazione
che crea tantissima difficoltà ai lavoratori, in particolare ai cassaintegrati Caffaro di Torviscosa, ancora
in attesa di incassare i ratei di gennaio 2014, mese in cui è stato sottoscritto l’accordo di cig in sede
ministeriale. «Siamo convinti che questo stato di cose non possa essere accettato in alcun paese che
vuole dirsi civile - dice Augusto Salvador, segretario di FecmaCisl Udine - All’origine del problema
c’è sicuramente l’organizzazione del lavoro del ministero, che presenta tempi biblici, dai 6 agli 8 mesi,
per emettere i decreti conseguenti agli accordi». Per il sindacalista, su questo punto o il ministero
accelera i tempi e potenzia il servizio, o è necessario trovare delle soluzioni anche a livello regionale.
«Oppure - dice - bisogna garantire ai lavoratori in cassa a zero ore delle forme di anticipazione, come
prevederebbe l’accordo regionale vigente siglato tra Regione Fvg, sindacati e banche di credito
cooperativo; il condizionale è d’obbligo perché lo stesso accordo oggi è in gran parte inapplicabile».
Perche? «A seconda dello sportello bancario presso il quale si reca il lavoratore cambiano le modalità
riguardo il tipo di documentazione da presentare». In particolare la dichiarazione che accerta lo status
di cassaintegrato a zero ore deve essere corredata da una dichiarazione che attesti il valore del rateo che
il lavoratore percepirà. «A tutt’oggi - sottolinea Salvador - non c’è nessuno in grado di fornire tale
certificazione. Il ministero, interpellato, dice giustamente che la sua è un’azione di mera approvazione
della cassa integrazione e che la competenza rispetto agli importi del rateo è dell’Inps. Peccato che
L’Inps, non avendo sottoscritto l’accordo regionale sull’anticipazione della cassa, non emette e non
formalizza queste dichiarazioni ai lavoratori». Per parte loro le aziende, che sono certamente in grado
di stabilire lo status di cassaintegrato a zero ore, trasmettono all’Inps i relativi dati attraverso il modello
previsto dal sistema informatico. «Ciliegina sulla torta, per inviare all’Inps gli “sr41”, cioè questi
modelli, bisogna attendere l’approvazione del decreto dal ministero, che arriva dopo 6-8 mesi. È un
esempio di inferno burocratico». Cosa fare? «L’Inps sottoscriva prima possibile l’accordo sull’anticipo
e venga reso più stringente, e certo, il volume dei documenti richiesti al lavoratore cassaintegrato.
Stabilendo cosi finalmente una linea di verità tra quello che si promette e quello che si fa».
Ideal Standard mette fretta alla cooperativa (Gazzettino Pordenone)
PORDENONE - (d.l.) Stavolta i ruoli si sono invertiti: è stata l’Ideal Standard a chiamare - oggi
dovrebbe partire la lettera formale - la cooperativa Ceramiche IdealSacla per chiedere la disponibilità a
un incontro. Per la data è stato ipotizzato un periodo, sul quale l’impresa ha dato la propria
disponibilità, dal 6 al 13 ottobre prossimi. In realtà la cooperativa, e anche il sindacato, aveva
informalmente chiesto al management aziendale già nel corso dell’ultimo incontro ministeriale la
settima scorsa di programmare un incontro a breve per poter affrontare tutte le questioni ancora aperte.
Questioni (capannone, impianti, volumi, marchi) che non sono afgfatto di poco conto per l’eventiuale
rilancio produttivo per mano della futura cooperativa alla quale hanno aderito quasi trecento lavoratori.
Inoltre, sempre ieri, l’azienda ha chiesto al sindacato la disponibilità per un incontro ministeriale il
giorno 20 ottobre. Il summit dovrebbe servire per chiudere la procedura di mobilità obbligatoria e per
siglare la prosecuzione della cassa integrazione in deroga fino alla fine dell’anno. La procedura di
mobilità - secondo l’azienda - dovrebbe essere chiusa entro ottobre, così come prevede l’accordo di
luglio. Anche se, con l’allungamento della cassa, i licenziamenti scatterebbero solo con il primo
gennaio 2015.
Piano da 25 milioni, Savio sfida la crisi (M. Veneto Pordenone)
La Savio macchine tessili punta a investire, in loco e all’estero, per rimanere competitiva sul mercato
internazionale - che sta subendo rallentamenti - e sbaragliare la concorrenza. Due i punti cardine del
piano di sviluppo aziendale: un investimento di 25 milioni di euro nel prossimo triennio per quattro
progetti che riguardano l’intero gruppo e l’acquisizione della Elitech, realtà industriale del settore
meccanotessile ubicata in Repubblica Ceca, in cui trova impiego una cinquantina di lavoratori. Un
acquisto importante dal punto di vista tecnologico e di ampliamento della gamma dei prodotti. La
storica azienda di Pordenone, che dà lavoro a 450 maestranze, ha illustrato i progetti alle
organizzazioni sindacali nell’incontro di ieri. L’obiettivo principale dell’impresa è investire per
aumentare il fatturato e la qualità delle produzioni. Per quanto riguarda i progetti previsti per il
prossimo triennio, Savio ha fatto sapere che uno dei quattro, in particolare, se andrà a buon fine, porterà
ricadute positive sul sito di Pordenone. Gli altri interessano, invece, le altre realtà del gruppo. I dettagli
non sono stati illustrati, in quanto l’azienda l’ha ritenuto prematuro. Nell’incontro, comunque, non s'è
discusso solamente di piani di sviluppo, ma anche di difficoltà - piccole - legate all’andamento del
mercato generale: si parla di un possibile calo della domanda. «Ci sono dei segnali di rallentamento del
mercato internazionale delle macchine tessili che non consentono a tutte le aziende, compresi i
concorrenti di Savio, di avere visibilità a lungo termine sul fronte degli ordini - ha fatto sapere il
sindacalista di Cisl Gianni Piccinin -. Allo stato attuale, Savio ha una visibilità di quattro/cinque
settimane: da metà ottobre è possibile che si opti per la chiusura collettiva di un paio di giornate, che
non sappiamo ancora con che tipo di strumento copriremo». Il sindacalista ha tenuto a precisare che
«non c’è nulla di allarmante. Stiamo parlando di un’azienda che sta bene e investe per essere
competitiva. Le ultime giornate di cassa ordinaria risalgono al 2009». Quanto all’acquisizione della
Elitech, Piccinin ha sottolineato che «è un investimento strategico, prima di tutto dal punto di vista
tecnologico. Si tratta infatti di una realtà che produce macchinari di qualità e con buone professionalità
all’interno. L’obiettivo di Savio è ampliare la produzione con pezzi evoluti dal punto di vista
tecnologico e dall’alto valore aggiunto, così da sbaragliare la concorrenza». Giulia Sacchi
Tasse, la corsa alla Tasi "regala" posti di lavoro (Gazzettino Pordenone)
Lara Zani Tutti i Comuni della provincia (fatta eccezione per il capoluogo, che avendo approvato a
marzo il bilancio di previsione ha preceduto gli altri anche nel pagamento della prima rata) hanno
tagliato per tempo il traguardo delle delibere sulle aliquote Tasi (la nuova tassa sui servizi individuali),
ma fra i contribuenti i dubbi restano molti e i Caf, i centri di assistenza fiscale, si preparano, anche con
apposite assunzioni, a una difficile maratona di qui al 16 ottobre. Innanzitutto, come spiega Daniele
Morassut, presidente del Sistema servizi Cisl, uno dei Caf operanti in provincia, fra i cittadini non c'è
ancora la chiara consapevolezza di questa tassa e dell'obbligo di pagarla. Non a caso, anche fra i
pordenonesi sono stati molti coloro che hanno mancato la scadenza di metà luglio e stanno correndo ai
ripari ora, ovviamente con le relative sanzioni.
«Inoltre - aggiunge ancora Morassut - sembrano essere pochi i Comuni che intendono inviare ai
cittadini i bollettini precompilati. Alcuni inseriranno nel sito il programma per effettuare il calcolo, ma
non tutti sono in grado di utilizzarlo. Gli altri dovranno rivolgersi ai Caf e ai Comuni per ottenere aiuto
nei conteggi e nella stampa dei moduli». Per questo il Caf ha aperto la sua agenda per raccogliere le
domande di appuntamento e si prepara a un lavoro non facile, soprattutto perché la tassa è del tutto
nuova e non esiste uno storico. «Ci stiamo attrezzando sia nella sede centrale che in quelle periferiche continua Morassut - Una volta che avremo un'idea del numero di domande, che prevediamo essere
migliaia, effettueremo anche le necessarie assunzioni di personale per far fronte alla necessità».
Diverse le scelte compiute dalle amministrazioni della provincia in materia di aliquote e di detrazioni: a
beneficiare delle aliquote più basse sono coloro che risiedono nei paesi della pedemontana, come l'1
per cento di Barcis, mentre si arriva al 2,5 per mille, per esempio, ad Arzene e a Morsano. Fra le
soluzioni individuate dai Comuni ci sono la differente ripartizione della quota fra proprietari e inquilini,
le riduzioni per coloro che risiedono all'estero per gran parte dell'anno o che cedono l'immobile in
comodato a familiari, l'azzeramento della tassa per gli immobili ex Iacp o per gli anziani che fissino la
loro residenza in strutture di ricovero.