La rassegna di oggi

RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – venerdì 5 dicembre 2014
(Gli articoli della presente rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito
internet del quotidiano. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
LA RASSEGNA DI OGGI VIENE PUBBLICATA IN EDIZIONE RIDOTTA
Indice articoli
REGIONE (pag. 2)
Scontro sui letti tolti agli ospedali (Gazzettino)
In Finanziaria zero euro per le chiese (Piccolo)
Prestito sociale bloccato. Segnalazione a Bankitalia (M. Veneto)
Sel lancia la campagna del reddito minimo: «Un bonus per integrare gli aiuti» (Gazzettino)
Fiom e Fim contro la presidenza Puksic (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 6)
I portinai licenziati. Gsa: privi dei titoli (M. Veneto Udine)
Imu, sindaci in rivolta. Renzi rinvia tutto (M. Veneto Udine)
Romanello, un altro rinvio in tribunale per i creditori (M. Veneto Udine)
L’Emisfero passa di mano. Incognita per il personale (M. Veneto Pordenone)
Pompieri, spiraglio per la nuova sede (Gazzettino Pordenone)
Nei primi 9 mesi dell’anno assunzioni in ripresa (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Vigili del fuoco: più informatizzazione, meno carichi di lavoro (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
REGIONE
Scontro sui letti tolti agli ospedali (Gazzettino)
Elisabetta Batic UDINE - Scontro in Consiglio regionale sulla programmazione dei posti letto negli
ospedali del Friuli Venezia Giulia. A battere il pugno sul tavolo, durante l'audizione di ieri in 3.
Commissione a Trieste, è stato il sindaco di Sacile Roberto Ceraolo: la previsione, infatti, azzera gli
attuali 62 posti letto (tra ordinari e day hospital) del nosocomio così come azzerati sono gli 82 posti
letto dell'Ospedale di Gemona del Friuli, i 12 di Maniago e i 49 di Cividale. Cereaolo ha preteso che
quanto promesso dall'assessore alla salute Maria Sandra Telesca trovi uguale riscontro nelle schede
tecniche. Ma ad alzare la voce è stato anche il sindaco di Gemona Paolo Urbani che alla Giunta ha
chiesto che i propri cittadini trovino gli stessi standard di sicurezza antisismica nelle altre strutture
ospedaliere «e nell'attesa che sia così - ha rilanciato - l'ospedale di Gemona non può essere chiuso».
«Apriamo un tavolo di trattativa» ha proposto Renzo Tondo (Ar).
I dati relativi alla programmazione dei posti letto sono stati forniti dal direttore centrale Adriano
Marcolongo (assente l'assessore Telesca colpita da un grave lutto famigliare): gli attuali 4.852 (4.329
pubblici e 523 privati) diventano 4.784 (4.348 in ospedale tra pubblici e privati e 436 in Rsa di
riabilitazione estensiva). Nel dettaglio: tra ordinari e day hospital i posti letto del Burlo Garofolo di
Trieste passano da 175 a 136; Cattinara e Maggiore (da 843 a 652); Gorizia e Monfalcone (da 411 a
418); Latisana e Palmanova (da 311 a 296); San Daniele e Tolmezzo (da 383 a 426); Santa Maria della
Misericordia (da 1016 a 954); Gervasutta (da 104 a 120); Santa Maria degli Angeli (da 497 a 508); San
Vito al Tagliamento e Spilimbergo (da 245 a 240) e il Cro di Aviano (da 139 a 130). Ad impuntarsi
sull'assenza dell'assessore e sull'inopportunità di affrontare l'argomento nel periodo in cui il Consiglio è
impegnato con la Finanziaria è stato il centrodestra ottenendo, dopo un vivace scambio di opinioni, il
rinvio del parere sulla delibera approvata in Giunta lo scorso 7 novembre.
«Non solo il centrodestra non ha una proposta alternativa - commenta Giulio Lauri (Sel) - ma pur di
ostacolare l'avvio della riforma, si appiglia a pretesti formali». La senatrice Federica Chiavaroli (Ncd),
che sarà relatrice alla Legge di Stabilità del Governo, ha invece fatto proprio l'emendamento di
salvaguardia dell'autonomia finanziaria regionale redatto dai gruppi di opposizione «affinchè anche il
Fvg riceva un trattamento paritario alle altre Regioni autonome». La Finanziaria 2015, intanto, è stata
licenziata dalla prima Commissione e sarà all'attenzione dell'Aula dal 15 al 18 dicembre: tra le
modifiche approvate, la più rilevante riguarda il finanziamento per le start up dei distretti culturali
(120mila euro) e delle residenze (circa 70mila) in vista dei regolamenti attuativi della legge 16/2014;
50 mila euro per incentivare la diffusione della cultura cinematografica nelle aree montane svantaggiate
e 50 mila euro all'anno dal 2015 al 2017 per l'Info servizio civile (rinnovato l'accordo con le Acli) ed
un contributo straordinario di 100mila euro all'Associazione sportiva Sci Club '70 di Trieste per le
spese di promozione e organizzazione dei campionati italiani che si tengono a Tarvisio.
In Finanziaria zero euro per le chiese (Piccolo)
di Gianpaolo Sarti TRIESTE «È proprio una Finanziaria di sinistra questa...», sogghignava un
consigliere di maggioranza nei giorni scorsi, entrando in Commissione. Non scherzava, evidentemente.
Perché dal taglia e cuci del bilancio, “sfuggono” anche i fondi per le chiese. Dopo le scuole paritarie,
rimandate ai contributi della manovra estiva, ecco l’altra vittima sacrificale della giunta Serracchiani.
Capitolo 3435, “chiese”: 1 milione e 300 mila in assestamento nel 2014, zero nel 2015. Anche qui,
però, l’impegno dell’esecutivo a provvedere a luglio prossimo. Ma se per il sostegno alle paritarie, per
lo più cattoliche, la Regione intende garantire 500 mila euro nella manovra estiva, sulla cifra da
assegnare per i progetti di ristrutturazione delle opere di culto resta il punto di domanda. Il milione e
300 mila euro non è affatto assicurato. «Faremo come l’anno scorso – premette l’assessore Mariagrazia
Santoro – interverremo in estate, ma non posso sbilanciarmi sulla somma perché dovremo vedere quali
saranno le disponibilità». La giunta ha appena erogato il milione e 300 mila di luglio, in seguito a un
protocollo di intesa siglato recentemente con le parrocchie, chiamate a indicare le priorità. Soldi però
lontani anni luce al fabbisogno effettivo dell’intero Friuli Venezia Giulia: nella sola diocesi di Trieste,
ad esempio, le richieste ammontano ad almeno 14 milioni. Il centrodestra fa uno più uno: oltre
all’azzeramento (momentaneo) per le paritarie, lo schema si ripete per le chiese. Ma con ulteriori
margini di incertezza su quanto la giunta investirà in assestamento. «Un pregiudizio ideologico in
entrambi i casi», sbotta il consigliere di Fi Bruno Marini. «Se non si danno risorse alle scuole cattoliche
si impedisce agli istituti di programmare l’attività del prossimo anno, oltre a mettere in difficoltà le
famiglie a pagare le rette. Lo stesso scenario si ripete sulle chiese – incalza il forzista – visto che il
capitolo è privo di fondi. Tutto ciò di fronte a quel milione e 300 mila euro dati a luglio che,
sinceramente, è una cifra ridicola». La coordinatrice regionale di Fi Sandra Savino, riferendosi al taglio
provvisorio alle paritarie, teme di trovarsi davanti a una «scelta talebana». «Azzerare il capitolo
significa imprimere un marchio ideologico di stampo illiberale. Serracchiani – rincara Savino –
penalizza la libertà dei genitori. Si tratta di una decisione politica di estrema arroganza, che calpesta il
buon senso, perché così facendo si conduce tutto il sistema dell’istruzione paritaria verso una lenta
agonia in quanto, mancando i finanziamenti alle famiglie, il calo delle iscrizioni è inevitabile». Il tema
preoccupa il consigliere del Misto Giovanni Barillari, ex Udc: «Un atteggiamento vessatorio perché
non siamo affatto in contrazione di risorse. Non capisco quindi perché si voglia proseguire su questa
linea. Preparerò un emendamento che sottoporrò al Consiglio con il quale propongo il ripristino dei
fondi». Nel frattempo la prima commissione ha votato a maggioranza l’intero articolato della manovra,
ora pronta per l’aula. L’opposizione è pronta a dare battaglia: Fi, Ncd-Fdl, Ar, Misto, che si sono
incontrati ieri in Consiglio, prepareranno una sorta di “controfinanziaria” sui temi del fisco e del
lavoro. «Il centrodestra, sempre più unito, ha concordato la linea strategica da adottare in modo da
apportare una reale scossa in favore del mondo produttivo», afferma il capogruppo di Ar Renzo Tondo.
«Lavoreremo assieme ai nostri uffici per predisporre pochi ma mirati ed efficaci emendamenti che
saranno illustrati dal relatore unico individuato nel vicepresidente del Consiglio Paride Cargnelutti.
Quella del centrosinistra – conclude Tondo – è una Finanziaria ordinaria, di rassegnazione senza scelte
adeguate». Le scelte dell’esecutivo suscitano lo sdegno anche del coordinamento regionale di Forza
Italia giovani, che definisce «inaccettabile e vergognoso» lo stanziamento all’associazione Kappa Vu
«che ha al suo vertice una persona che nega la tragedia delle foibe».
Prestito sociale bloccato. Segnalazione a Bankitalia (M. Veneto)
di Stefano Polzot UDINE Che la normativa disciplinante il prestito sociale alle cooperative sia da
modificare, ormai, purtroppo a danni già provocati, è una consapevolezza diffusa. Che sia necessario
verificare se le regole attuali siano state rispettate nei casi di Coop Carnica e Coop Operaie è
un’opinione che coinvolge alcuni risparmiatori che hanno deciso di effettuare una segnalazione alla
Banca d’Italia. Lo stesso Movimento per la difesa dei cittadini, che si sta particolarmente attivando
sulla vicenda dei depositi congelati dalla società di Tolmezzo (quasi 3 mila risparmiatori e fondi
bloccati per 26,5 milioni di euro) ha chiesto che venga aperto un tavolo di confronto con Bankitalia e la
Regione per fare chiarezza sulla vicenda. Ma da dove nasce la richiesta di accertamenti da parte della
Banca d’Italia? Dai dubbi che sorgono sul rispetto della deliberazione del Comitato interministeriale
per il credito e il risparmio del 3 marzo 1994 che disciplina la raccolta del prestito sociale. La norma
stabilisce che la raccolta del risparmio dei soci non deve eccedere il limite del triplo del patrimonio
risultante dall’ultimo bilancio approvato. Quali erano i parametri di Coop Carnica? Lo si legge nella
relazione degli amministratori. Il prestito sociale, al 31 dicembre scorso, ammontava a 30 milioni 358
mila 146 euro, mentre il patrimonio netto era di 12 milioni 998 mila 547 euro. Rapporto rispettato, tutto
a posto. Ma non c’è proprio nessun dubbio da chiarire? La segnalazione a Bankitalia alla quale si fa
riferimento contesta il patrimonio netto di riferimento: della singola società o consolidato delle società
del gruppo, inclusa Immobilcoopca ai quali è stato girato parte del patrimonio immobiliare? Nel
secondo caso, il parametro sarebbe venuto meno, perché il patrimonio si riduce di un sesto. Ma c’è di
più. Nel bilancio 2013 è iscitta a patrimonio - e quindi lo aumenta - una rivalutazione degli immobili
strumentali in base alla legge 147 del 2013 per 2,9 milioni di euro, una scelta giudicata prudenziale,
aumentando il valore dei beni di 1,5 milioni e riducendo il fondo ammortamento per 1,4 milioni. In
sostanza Coop Carnica ha dato fondo a tutte le possibili rivalutazioni immobiliari iscrivendo
plusvalenze nel rendiconto economico per 8,7 milioni in 2 anni, ma non solo, anche rivalutando altri
immobili per 2,9 milioni incrementando il patrimonio netto e quindi la possibilità di raccogliere prestito
sociale. Senza questa aggiunta il rapporto tra patrimonio netto e prestito sociale sarebbe stato al limite.
Il tutto è confortato da perizie di stima, al centro ora della revisione straordinaria da parte della
Regione, perché è chiaro che la valutazione degli immobili ai fini del bilancio risulta decisiva dal punto
di vista delle garanzie ora che c’è stata la richiesta di concordato preventivo. A margine un dato
contabile che non può che balzare agli occhi. Le plusvalenze immobiliari derivanti dall’operazione
Immobilcoopca (8,7 milioni in due anni) che hanno permesso nel 2012 e nel 2013 di contenere le
perdite a 1,7 e 2,1 milioni sono state inserite a rendiconto nel valore della produzione, facendo
emergere un margine operativo (Ebitda) pur sempre in rosso ma non così drammaticamente come
sarebbe stato se queste due voci fossero finite tra i proventi straordinari come apparirebbe più corretto
visto che non si tratta di un fatto ordinario di gestione. Come dire un’operazione di maquillage che fa
rizzare i capelli agli esperti di bilancio per dimostrare che la gestione non era così profondamente in
rosso.
Sel lancia la campagna del reddito minimo: «Un bonus per integrare gli aiuti» (Gazzettino)
UDINE - Sel in campo con una campagna di sensibilizzazione ad ampio raggio, destinata nelle
intenzioni ad autoalimentarsi, affinché sia istituito il reddito minimo nel 2015 anche in Friuli Venezia
Giulia. Ne hanno dato conto ieri a Udine il coordinatore regionale Marco Duriavig e il componente del
coordinamento nazionale Marco Furfaro. «Il senso della campagna - ha spiegato Duriavig - è quello di
raccogliere le testimonianze di tutti i cittadini che si riconoscono in questa proposta, al fine di capire
quanto sia importante l'istituzione del reddito minimo per contrastare la povertà, promuovere
l'integrazione sociale e garantire una qualità di vita adeguata alla dignità della persona».
Ricordando che nella legge Finanziaria regionale che il Consiglio regionale si appresta ad approvare
sono previsti 10 milioni a copertura di un imminente provvedimento normativo per sostenere i meno
abbienti, il coordinatore regionale di Sel ha anticipato che «stiamo lavorando a un testo normativo
previsto per gennaio, al fine di far partire una forma di sostegno ai cittadini attraverso la garanzia del
reddito minimo. Un supporto che - ha specificato - integri le forme di assistenza già esistenti, come ad
esempio il bonus per gli asili nido, prevedendo una caratteristica forte soprattutto dentro le politiche del
lavoro». Sel ritiene che, ha aggiunto Furfaro già candidato alle europee nella lista Tsipras, «sia
possibile trovare un sistema virtuoso che dia la dignità non solo della reintegrazione al lavoro, ma
anche di poter dire no al ricatto del lavoro nero». A.L.
Fiom e Fim contro la presidenza Puksic (M. Veneto)
UDINE Non ritengono adeguata l’indicazione di Simone Puksic alla presidenza di Insiel. E lo dicono
con chiarezza le Rsu interne all’azienda, sia dalla Fiom-Cgil sia della Fim-Cisl. E anche loro sollevano
un possibile conflitto d’interessi. «La Rsu Fim-Cisl di Trieste esprime la propria perplessità per
l’intempestività di questo atto ritenendo siano altre le priorità di Insiel. Si rileva che a oggi – scrivono
Mario Buttignoni, Tino Pratticò e Lidija Radovanovic – manca del tutto l’indicazione del nuovo
direttore generale, figura di assoluto rilievo, la cui nomina era stata garantita dall’assessore Paolo
Panontin entro dicembre. In un momento difficile per la vita della società, esprimiamo preoccupazione
per quello che riteniamo l’ennesimo ingiustificato atto di ingerenza politica sulla gestione
dell’azienda». Dure le parole della Fiom. «Era noto che Puksic fosse addetto alla segreteria
dell’assessore Panontin, oltre che responsabile del Distretto industriale delle tecnologie digitali (Ditedi)
e che si fosse occupato di Go on Fvg. Il suo lavoro e la sua responsabilità in Ditedi ci pongono dubbi su
possibili incongruenze rispetto al suo nuovo ruolo, perché Ditedi rappresenta le aziende private del
Fvg. Il conflitto d’interessi – scrive la Fiom – sembra evidente e se la scelta sarà confermata sarà la
dimostrazione del disinteresse della politica verso il bene pubblico e a favore dei privati».
CRONACHE LOCALI
I portinai licenziati. Gsa: privi dei titoli (M. Veneto Udine)
«L’università di Udine è vicina ai lavoratori non confermati in servizio dalla ditta vincitrice
dell’appalto del servizio di portineria e di vigilanza, e respinge tutte le accuse, apprese dalla stampa,
della cooperativa sociale Noncello e della Legacoop sociali». Così l’ateneo replica alla vicenda che ha
per protagonisti 14 lavoratori, appartenenti alla categoria “svantaggiata”, disoccupati dal 1° dicembre
perché non in possesso dei requisiti richiesti dalla nuova società. «L’ateneo ha sottoscritto, dopo la
sentenza definitiva del Consiglio di Stato, il contratto con la ditta aggiudicataria dell’appalto, che è
obbligata a rispettare tutte le clausole contrattuali», spiega l’università in una nota, assicurando «che
vigilerà attentamente sul rispetto di questi obblighi, ma non può entrare nel merito di scelte e decisioni
che non competono all’ateneo». Il secondo classificato della gara, Cns capofila, ha fatto ricorso al Tar,
che ha dato parzialmente ragione al ricorrente. La Gsa è allora ricorsa in appello al Consiglio di Stato,
che ha rovesciato la sentenza del Tar Fvg, «in quanto la Cns non avrebbe potuto partecipare al bando
per mancanza di un requisito e quindi neanche presentare ricorso». A quel punto, l’ateneo non ha
potuto fare altro che stipulare il contratto di appalto con la ditta aggiudicataria. «L’università è
comunque vicina ai lavoratori che al momento hanno perso il loro impiego e sta facendo quanto in suo
potere per consentire l’assunzione di tutti, anche se questa resta comunque una scelta della società che
ha vinto l’appalto». Dal canto suo, la Gsa giudica «una farsa» quella messa in atto da Gianluigi Bettoli,
della Legacoop sociali. «Il presidente di un’associazione datoriale ha parlato confusamente, nella sede
delle LegaCoop Fvg, degli interessi dei 14 lavoratori oggi esclusi dall’assunzione, mischiandoli con gli
interessi della cooperativa che ha perso l’appalto, la Noncello - replica la Spa di Tavagnacco -. È però
palese come l’unico interesse a cuore a Bettoli sia quello della Noncello, da lui in precedenza
presieduta. Da giorni invia proclami a chiunque, minacciando Gsa e facendo trasparire comportamenti
omissivi da parte dell’università, addirittura reinterpretando il senso della sentenza: un terzo grado di
giudizio in salsa cooperativistica». La Spa spiega di aver assunto tutti i lavoratori dotati di idonee
abilitazioni, mentre non ha potuto fare lo stesso per quelli che non le avevano. Come stabilito dal
capitolato d’appalto, «tutti i lavoratori precedentemente impiegati dalla Noncello sono
«prioritariamente» oggetto di salvaguardia sociale e hanno quindi diritto al riassorbimento, ma non se
privi di abilitazioni professionali minime, utili ai fini dell’impiego nella delicata mansione di addetto
alla sicurezza, che si trova spesso a contatto con una giovane utenza». L'appalto vinto, poi, non è a
cosiddetto “vincolo sociale”, quindi Gsa non sarebbe tenuta a impiegare personale socialmente
svantaggiato. «Nessun atteggiamento discriminatorio nei confronti di chicchessia, normodotati o
svantaggiati - recita una nota di Gsa -. Tutto il personale con le abilitazioni obbligatorie al lavoro,
inclusi gli svantaggiati, è stato assunto e lavora alle nostre dipendenze dal 1° dicembre. E il personale
svantaggiato assunto da Gsa ha un costo pieno, a differenza del precedente impiego in Coop Noncello».
Ora la Gsa, tramite lo studio Ponti, presenterà querela nei confronti di Bettoli «per il reato di
diffamazione». L’sms di “licenziamento”, infatti, non è stato stato inviato dal Gruppo Servizi Associati
Spa, ma dal segretario della Cisl, Athos di Stefano, ai propri iscritti, «ed è stato capziosamente
ricondotto alla nostra società in sede della conferenza stampa all’unico scopo di denigrare e diffamare
il nostro buon nome». Rosalba Tello
Imu, sindaci in rivolta. Renzi rinvia tutto (M. Veneto Udine)
di Antonio Simeoli TOLMEZZO Imu sui terreni agricoli. Il Governo blocca tutto e assicura di essere
pronto a rivedere la norma. Che ha provocato una repentina sommossa tra i comuni d’Italia, in primis
quelli friulani, tanto che, come accade poche volte, categorie, enti locali, partiti di ogni schieramento,
associazioni di cittadini si sono messe sul piede di guerra per cercare di evitare quello che ritengono un
ulteriore odioso balzello beffa. Ora è tutto rinviato. Stiano tranquilli i migliaia di titolari di terreni
agricoli in Friuli, non dovranno pagare nulla entro il 16 dicembre, come stabilito originariamente dal
Governo Renzi a fine novembre, nè assalire con telefonate allarmate gli uffici dei tributi dei propri
comuni. Rinviato, non cancellato. Perchè il Governo si è detto pronto a rivedere la tassa, riequilibrarla,
rimodulare le esenzioni, ma la tassa ci sarà eccome. È ovvio, la coperta è corta. Lo Stato ha bisogno di
soldi, tanti soldi, per far quadrare i conti. E li va a cercare dappertutto, anche dove trovarli è un
ginepraio. Per questo i Comuni si sono sentiti presi in giro dal Governo. Il decreto pubblicato sulla
Gazzetta ufficiale il 28 novembre e firmato da tre ministri, Alfano (Interno) Padoan (Economia) e
politiche agricole (Martina) prevede, infatti, che i Comuni debbano versare allo Stato la parte della
tassa che non sono riusciti a riscuotere dai cittadini. Insomma, i comuni mandano i bollettini ai
proprietari, una parte di questi non paga e l’ente locale deve mettere la differenza. «Una cosa lunare»
attacca il sindaco di Buja, uno dei paesi più colpiti in provincia di Udine dal provvedimento con oltre
100 mila euro da dover recuperare. «Renzi ha dato gli 80 euro - spiega il sindaco Stefano Bergagna - e
ora cerca con questi strumenti di riprenderseli: è una cosa inaccettabile. Qui scoppia una rivolta, chi va
a dire ai cittadini che devono ancora pagare? Peraltro una tassa che non è prevista nelle delibere dei
loco comuni?». Infatti uno dei paradossi di questa storia dell’Imu sui terreni agricoli è anche questo.
Spiega Paolo Urbani, sindaco di Gemona: «Il decreto dice che dovremo recuperare sui terreni agricoli
139 mila euro di Imi, ma non sappiamo l’aliquota che dovrà essere predisposta per raggiungere questa
cifra. E i miei cittadini potrebbero chiedere conto del perché chiediamo di pagare una tassa comunale
che non è prevista nella delibera della giunta comunale, provvedimento che non può essere preso
dall’oggi al domani». Restiamo a Gemona. Sella Sant’Agnese è una località montana sopra la città.
Bene, il Comune sta attuando un riordino fondiario in quella zona. Il Friuli è terra d’emigrazione. lassù
ci sono proprietà divise in 144 parti, con frazioni riconducibili a persone da anni residenti all’estero.
Come fare a recuperare i soldi? Casi simili ci sono in tutti i comuni friulani. «Impossibile - tuona il
sindaco di Comeglians, Flavio De Antoni - qui abbiamo tanti proprietari residenti all’estero, non
sappiamo come fare». Il piccolo centro carnico dovrà versare a Roma “solo” 11 mila euro. Ma è uno di
quei centri beffati dalla norma. «Il decreto esclude dal pagamento - spiega il primo cittadino - i comuni
oltre i 600 metri di quota (e quindi solo Cercivento, Drenchia, Forni Avoltri, Forni di Sopra, Forni di
Sotto, Lauco Ligosullo, Malborghetto, Paularo, Prato Carnico, Ravascletto, Rigolato, Sauris, Tarvisio e
Treppo Carnico ndr), ma la sede del mio Comune è a 550 metri di quota. E più in alto sono tutte le
frazioni: una beffa». Da Faedis, Attimis, Povoletto, tra i comuni più colpiti fino a Ovaro («quella tassa
è una cosa indegna», tuona il sindaco Mara Beorchia), ieri per tutto il giorno si è sperato almeno in un
rinvio, altrimenti far quadrare bilanci che già fanno fatica a stare in piedi sarebbe stato impossibile. E
poco prima delle 15 ieri da Montecitorio è arrivata la buona notizia. Almeno parziale. «Il Governo
informa che sta provvedendo a una modifica delle modalità relative all’applicazione del decreto legge
66/2014 relative all’Imu agricola, con l’obiettivo di rinviarne il pagamento stabilito per il 16 dicembre
2014». Parole del settosegretario all’economia Pierpaolo Baretta, che ha risposto così a una serie di
interrogazioni parlamentari. Meno rassicurante il ministro Martina che dice: «stiamo lavorando per
garantire il miglior equilibrio della tassa». Insomma, l’Imu sui terreni agricoli non si paga. Ma è solo
un rinvio.
Romanello, un altro rinvio in tribunale per i creditori (M. Veneto Udine)
CAMPOFORMIDO Doveva essere l’epilogo per la Cartiera Romanello ieri al tribunale di Milano, ma
la mancanza di un documento ha fatto slittare ancora l’adunanza dei creditori. Ancora nel limbo dunque
l’omologa del concordato. Un atroce prolungare l’agonia o tempo per uno spiraglio di ripresa? Tutto è
racchiuso in un mare di conti e nelle volontà delle sedi che contano. All’attenzione di Friulia ci sarebbe
un piano per la ripresa. Il tempo dirà se si permetterà di lasciare oltre un centinaio di famiglie sul
lastrico e abbandonare un sito industriale al degrado ambientale. In attesa dell’omologa. Ieri si sarebbe
dovuta chiudere la votazione sul concordato dei creditori chirografari (banche e fornitori) verso cui la
proprietà ha debiti. Il sentore era che fosse d’accordo la maggior parte dei creditori, nonostante la
previsione di ottenere briciole anche per somme ingenti (un fornitore dell’Est avanza oltre 2 milioni).
Ma una carta ancora una volta ha fatto ritardare la decisione finale; non è nota la nuova scadenza. Tre
anni di calvario. Era gennaio 2012 quando la Cartiera Verde di botto ha dovuto fermare le due
macchine. Nulla faceva presagire il dramma, con portafoglio ordini attivo. Ma la verità è un buco di
quasi 50 milioni. Per i 148 lavoratori si apre la procedura della cassa integrazione ordinaria per 6 mesi:
la crisi sarà momentanea, si diceva, interverrà una nuova società a supporto. Nei mesi seguenti uno
stillicidio di speranze disattese. Quattro le società vagamente interessate a comprare o prendere in
affitto, nessuna ha concretizzato. Intanto, per i dipendenti si apre la cassa integrazione straordinaria per
2 anni. Alcuni sono riusciti a ricollocarsi in qualche modo, ne sono rimasti 119 in mobilità. Il presidio.
Per evitare di consegnare ai ladri e ai barboni lo stabilimento di Basaldella, una quarantina di
dipendenti si sono alternati per oltre 2 anni a custodire la fabbrica giorno e notte gratuitamente, ora con
un compenso messo a disposizione dalla società di leasing che ha in carico le macchine produttrici.
L’accordo è rinnovato di mese in mese. Facile prevedere che il sito, che è in mezzo alle case e aperto
sulla tangenziale, se incustodito possa diventare ricettacolo di ogni sorta di vandalismo e degrado. Una
speranza. «Non abbiamo risposta dalla Regione sul futuro della cartiera», spiegano il sindacalista Paolo
Morocutti (Cgil) e Lino Callegaro, Rsu. Anche il sindaco di Campoformido Monica Bertolini ha
contattato la presidente Debora Serracchiani pochi giorni fa ponendo la stessa domanda. Intanto, da
fuori regione rimbalza l’indiscrezione che la proprietà avrebbe presentato un piano economico
all’attenzione di Friulia, con il concorso di un imprenditore del settore, per il riavvio di una macchina.
Serve nell’immediato un nuovo generatore, spesa per 5 milioni. Paola Beltrame
L’Emisfero passa di mano. Incognita per il personale (M. Veneto Pordenone)
Il centro commerciale Emisfero di Fiume Veneto cambia proprietà. Tra i tre centri commerciali che
Unicomm ha ceduto a Orion capital managers c’è anche quello che il gruppo di Marcello Cestaro ha
aperto in provincia di Pordenone nel maggio del 2008. A riportare notizia della vendita, che era
nell’aria da un po’, è il Sole 24 ore. Il quotidiano economico spiega che per la cessione dei tre centri
commerciali – gli altri sono il Palladio shopping center di Vicenza (61 mila metri quadri e 89 negozi) e
l’Emisfero di Monfalcone (30 mila metri quadri e 46 negozi). La vendita – secondo il quotidiano
economico l’intesa sarebbe stata raggiunta per una cifra vicina ai 200 milioni di euro – sarebbe dovuta
alla necessità di ridurre una esposizione debitoria importante: 458,7 milioni di euro a fronte di un
patrimonio immobiliare che valutato – nel consolidato del gruppo Unicomm spa – in 596 milioni di
euro. La vendita di fatto riguarda solo le mura del centro commerciale perché la gestione
dell’ipermercato, in tutti e tre i complessi immobiliari, rimarrà in capo a Unicomm con un contratto
d’affitto di lungo termine. Il centro commerciale di Fiume Veneto (36 mila metri quadrati e 63 negozi),
occupa circa 400 persone, 170 nell’ipermercato, le rimanenti nelle gallerie di negozi, di cui 7 hanno
una superficie media. La società in questi ultimi tre anni ha visto ridurre l’utile operativo lordo, che
comunque resta positivo, ma aumentare l’esposizione debitoria. L’operazione crea un riequilibrio nei
conti e consente alla società di proseguire la propria espansione. Ma il cambio di mano potrebbe
comportare conseguenze per l’occupazione? Segnali al momento non ce ne sono ma la preoccupazione
c’è. A novembre i rappresentanti sindacali della Filcams Cgil di Pordenone, Udine e Gorizia hanno
incontrato i responsabili delle risorse umane e il responsabile delle vendite del gruppo Unicomm.
«Della cessione apprendiamo dalla stampa. La preoccupazione comunque c’è – dice la segretaria
provinciale Daniela Duz – perché Pordenone, in termini di calo dei consumi, è la provincia che soffre
di più». In occasione dell’incontro si era parlato di un interesse di Orion per Fiume Veneto, senza però
entrare nel merito della vendita. A precise domande del sindacato – che si occupa del personale
dell’ipermercato –, rispetto a possibili riorganizzazioni, la proprietà ha dato rassicurazioni. «Ci siamo
lasciati con l’impegno di entrare nel merito del piano per Fiume Veneto in un successivo incontro, a
fine gennaio – prosegue Duz –, ma al momento, a fronte di precisi quesiti, c’è stato garantito che non
sono previste riduzioni del personale». Bisognerà capire se con l’anno nuovo le strategie di Unicomm
potranno subire variazioni al punto da richiedere una riorganizzazione del punto vendita in termini
occupazionali. Il centro commerciale di Fiume Veneto in questi sei anni di vita è divenuto il principale
polo commerciale della provincia anche perché nelle immediate vicinanze sono sorti nel frattempo altri
esercizi di media distribuzione che hanno completato la gamma dell’offerta di prodotti e servizi. Il fatto
poi che sia stato realizzato all’imbocco della bretella autostradale della A 28 e della Cimpello-Sequals,
ha favorito questo sviluppo. Tuttavia il proliferare di piastre alimentari a breve distanza una dall’altra,
ha sicuramente ridotto le potenzialità dell’ ipermercato, tanto più in una fase di progressiva e costante
riduzione dei consumi. Neppure le aperture straordinarie sembrano aver invertito questa tendenza.
(m.mi.)
Pompieri, spiraglio per la nuova sede (Gazzettino Pordenone)
Santa Barbara, tempo di festa e bilanci per i vigili del fuoco. Tempo - come sottolinea il nuovo
comandante Doriano Minisini (31 anni di servizio) - di ristrettezze economiche, di organici ridotti
all’osso e dove anche la caserma è diventata inadeguata. La struttura di via Interna risale agli anni ’70
ed è ormai obsoleta, priva di norme di sicurezza e costosa perchè non risponde alle esigenze di
risparmio energetico. È di proprietà privata e la riduzione unilaterale da parte dello Stato degli affitti
non ha mitigato la situazione. Minisini ha annunciato che c’è uno spiraglio per un trasferimento nella
caserma Monti (la scorsa settimana a Pordenone c’era un funzionario ministeriale per un sopralluogo).
«Nell’ambito della spending review - ha poi sottolineato nel suo discorso per la cerimonia della patrona
dei pompieri - non possiamo certo esimerci dal rimetterci in gioco come struttura. Ciò che appare
sconosciuto è il modo con il quale si possa risparmiare con un’analisi costi-benefici in un settore così
delicato com’è quello della tutela del cittadino». Minisini ha sottolineato che il lieve incremento degli
uomini nelle sedi periferiche non soddisfa le esigenze della collettività: «Mancano troppi uomini,
soprattutto nei Comandi medio-piccoli quale quello di Pordenone, dalle 3 squadre, composte da 5
uomini ciascuna degli anni ’80/90, ci si è ridotti a un’unica squadra».
Minisini intende giocare la carta dei vigili volontari a servizio discontinuo, che gli permetterebbe di
aprire la sede di Sacile («Mi auspico in tempi brevissimi»). Non sono mancate le frecciate ai tagli del
personale: «Siamo pochi per poter offrire alla collettività un servizio il più efficiente e capillare
possibile, siamo tanti, troppi, perché siamo statali e, per definizione da “decimare” come numero, o
“sgonfiare” come stipendio». Ieri il comandante ha premiato tre dei suoi uomini: Daniele Sandrin, ora
in pensione, Ivana Dalla Vecchia e Gino Turchet. Ha poi riepilogato l’attività annuale. Sono stati
effettuati 3.986 interventi di soccorso, con una media di quasi 12 al giorno (25.878 ore lavorative), di
cui 2.617 dalla sede centrale di Pordenone e 1369 dai distaccamenti di San Vito, Spilimbergo e
Maniago. L’attività di prevenzione incendi riguarda 16.500 pratiche di cui oltre 1.400 lavorate; 2015 le
nuove richieste di controllo; 240 i progetti esaminati; 756 i sopralluoghi, 57 verifiche della sicurezza
nei luoghi di lavoro; 230 attività di vigilanza antincendio in teatri e manifestazioni pubbliche e
sportive; 26 i corsi antincendio, di formazione e aggiornamento.
Nei primi 9 mesi dell’anno assunzioni in ripresa (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Francesco Fain Più assunzioni che cessazioni. La Provincia prende con i piedi di pombo gli ultimi
dati dei Centri per l’impiego ma si tratta pur sempre di numeri positivi dopo una marea di report
caratterizzati da numeri negativi e segni “meno”. Nel 2013 le assunzioni erano state 19.708, mentre le
cessazioni furono 20.598 (lo scarto, negativo, era di -890). Nei primi tre trimestri del 2014, invece, le
assunzioni sono state 15.573 e le cessazioni 14.647: pertanto, sono di più le persone entrate nel mondo
del lavoro rispetto a quelle che lo hanno lasciato. Come sempre, a recitare la parte del leone è
Monfalcone. Le assunzioni, infatti, sono così ripartite: 8.366 al Centro per l’impiego monfalconese
(54%) e 7.207 al Cpi di Gorizia (46%). Non manca il rovescio della medaglia. Ormai il posto-fisso è
una chimera: costituisce il 20 per cento del totale. Il resto) sono tutti contratti a tempo determinato. «È
evidente la differenza importante tra contatti a tempo indeterminato e contratti a tempo determinato sia
in termini quantitativi sia per la sostanziale mobilità dei primi. Per i tempi determinati - spiega
l’assessore provinciale al Lavoro, Ilaria Cecot - va rilevata una significativa variazione in prossimità
della stagione estiva (lavoro stagionale) per poi scendere nel quarto trimestre e tornare stabili nel primo
trimestre 2014». Il flusso delle assunzioni si è presentato altrettanto stabile nei primi due trimestri del
2013. Il terzo trimestre (luglio-settembre 2014) ha evidenziato un’importante flessione positiva
compatibile con la stagionalità di alcuni settori (vedi ristorazione ed agricoltura). Dopo il picco
stagionale si assiste ad una significativa flessione negativa che porta le nuove assunzioni sensibilmente
al disotto dei livelli dei primi due trimestri per poi risalire, riconfermando la tendenza iniziale che si
attesta intorno a quota 4.900 in termini assoluti: ciò a significare che le flessioni positive sono
certamente da ritenersi frutto della stagionalità e quindi è verosimile pensare (data la conseguente
flessione negativa) il ricorso importante al lavoro stagionale. «Nel 2014 - aggiunge l’assessore Cecot il valore delle assunzioni è in crescita in tutti tre i trimestri». Le persone assunte nei primi tre trimestri
2014, dicevamo, sono state 15.573 di cui il 57% uomini, pari a 8.862, e il 43% donne, pari a 6.711.
Vediamo le provenienze: le nuove assunzioni hanno riguardato, per il 15%, persone provenienti da
paesi extra Ue, pari a 2.294, mentre l’85% delle nuove assunzioni (pari a 13.279 assunzioni) riguarda
persone che risiedono nell’Unione europea. Delle 2.294 assunzioni di persone provenienti da Paesi non
comunitari il 70%, pari a 1.608, è avvenuto nel Monfalconese mentre il 30%, pari a 686 assunzioni, è
avvenuto nel Goriziano. Le assunzioni decrescono nel trimestre successivo indicando la tendenza a
ricorrere al lavoro a termine o flessibile. Il primo trimetre 2014 indica una netta ripresa delle assunzioni
per gli uomini che ritornano così ai livelli di occupazione del primo trimestre 2013. Anche nel secondo
e terzo trimestre 2014 il trend è in ascesa fino a raggiungere i livelli dell’equivalente periodo del 2013.
Vigili del fuoco: più informatizzazione, meno carichi di lavoro (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Stefano Bizzi «Abbiamo digitalizzato i procedimenti interni e questo ci ha permesso di ridurre i
carichi di lavoro. Siamo riusciti a recuperare efficienza nel rapporto uomo/tempo disponibile e stiamo
lavorando sul confronto con le istituzioni; anche con quelle slovene, insieme alle quali stiamo
riempiendo di contenuti operativi i protocolli già avviati. In questo mio primo anno a Gorizia ho
trovato sul territorio ottime ed efficaci collaborazioni da parte di si occupa di soccorso a livello
provinciale: il confronto permette di migliorare». In occasione della festa di corpo, il comandante
provinciale dei Vigili del Fuoco Luigi Diaferio ha fatto ieri il punto della situazione. In via Paolo
Diacono la giornata dedicata alla patrona Santa Barbara, protettrice di chiunque rischi di morire di
morte violenta ed improvvisa, è iniziata con la deposizione di una corona d'alloro ai piedi del
monumento ai caduti a cui è seguita la messa celebrata nella palestra dell'ex scuola media Locchi dal
vescovo emerito di Trieste Eugenio Ravagnani. Il tradizionale resoconto con i dati dell'attività svolta
nel corso del 2014 è stato rinviato a fine anno, al suo posto il comandante ha voluto riportare ai tanti
ospiti presenti la testimonianza di un vigile del fuoco in pensione. Il racconto ha riguardato un
intervento dell'ormai lontano 2 settembre 1965 quando il Tagliamento in piena ruppe gli argini
allagando la zona del parco Gaspari di Latisana. «È il resoconto di un intervento come tanti, nulla di
speciale, nulla di eroico, ma rappresenta appieno i valori su cui fondiamo i nostri comportamenti e le
nostre azioni e su cui vorrei concentrare la mia riflessione», ha sottolineato Diaferio aggiungendo: «Il
senso del dovere, l’abnegazione, lo spirito di sacrificio, la solidarietà, la generosità, la competenza, la
scrupolosità, la preparazione professionale, la responsabilità: sono questi i nostri talenti». Nel corso
della giornata sul piazzale del comando provinciale sono rimasti in esposizione per i cittadini che
hanno voluto visitare la caserma tanto i mezzi oggi in servizio, quanto quelli storici. Durante la
mattinata i bambini delle scuole goriziane hanno potuto assistere anche ad un'esercitazione del gruppo
cinofilo di recupero.