William Van Andringa - Lettere e Filosofia

Dal sacrificio al banchetto:
rituali e topografia della casa romana1
William Van Andringa
«Ogni porta ha due facce, l’una guarda i passanti, l’altra il dio Lare». Questa frase di Ovidio riassume l’essenziale2. Nella città romana, l’interno della casa era in primo luogo lo spazio
degli dèi Lari, cosa che viene documentata particolarmente dal dossier pompeiano, essenziale
per lo studio della religione domestica. A Pompei, in effetti, i larari sono assai ben identificabili,
diversamente da molti siti archeologici, e permettono di individuare con una relativa precisione i committenti e i destinatari dei culti della casa. L’architettura religiosa ha beneficiato della
stessa attenzione, consentendo l’elaborazione di corpus affidabili3. Resta tuttavia un ambito che
è rimasto a nostro avviso poco esplorato, ovvero la disposizione dei santuari nelle case. Ora, il
tema è essenziale, poiché, come per la sfera pubblica, l’organizzazione dei luoghi di culto può
darci informazioni sulle rappresentazioni del sacro all’interno dello spazio domestico.
Che dire della disposizione dei santuari all’interno delle abitazioni? Che dire della presenza dei Lari e del genio del paterfamilias in differenti luoghi della casa? Che ci facevano i
Lari fuori della cucina, loro spazio privilegiato (essi sono gli dèi del focolare)? Così come si
ritiene che la disposizione degli spazi in una domus avesse un preciso senso sociale e ideologico, analogamente la disposizione dei luoghi di culto dovrebbe rispondere a delle regole sociali
e religiose.
Da un punto di vista metodologico, elencare i santuari domestici in funzione dei luoghi di
ubicazione non è tuttavia sufficiente: le classificazioni più sopra citate mostrano in effetti che
quasi tutti gli spazi della casa erano direttamente interessati, vestibolo, atrio, peristilio, cucina,
viridarium, cosa di per sé poco soddisfacente (Boyce classifica così 5 larari nel vestibolo, 61
nell’atrio, 59 nel peristilio, 49 nel viridarium, 86 nella cucina). In verità, tali raggruppamenti
finiscono per confondere le evidenze verificate caso per caso sul terreno. Sembra al contrario
che le strategie religiose adottate in seno allo spazio domestico, per varie che fossero nella specificità, erano scelte in funzione delle realtà topografiche; esse rispettavano regole precise, capaci
di darci informazioni sul rituale celebrato nella casa e sulla personalità stessa degli dèi Lari o del
genio del padrone di casa.
Dov’erano dunque installati i luoghi di culto domestici? Una ricerca condotta in alcune
insulae ben documentate e conservanti pitture in loco ha mostrato che il santuario principale era
1
Ce texte reprend en italien un chapitre de Van Andringa 2009, pp. 217-244. Mes remerciements à Maddalena
Bassani pour son invitation et pour la traduction de l’article ainsi qu’à l’ensemble des participants de la table ronde
pour leurs amicales remarques. Je profite également de l’occasion pour remercier P.-G. Guzzo et A. D’Ambrosio de
leur soutien aux différentes missions effectuées sur le site.
2
Ov. fast. I, 89-144.
3
Boyce 1937; Fröhlich 1991; Haddad 1998; Bassani 2008; Giacobello 2008.
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Fig. 1 - Pompei. Larario della Casa del Menandro posizionato nell’atrium.
collocato generalmente nell’atrio, spazio di rappresentanza per eccellenza della casa romana. È
là che il dominus riceveva clientes e visitatori, che erano esposti i ritratti e gli archivi della gens,
che erano celebrati i principali rituali della vita della famiglia4 (passaggio all’età adulta, matrimonio, esposizione della morte, etc.). È dunque naturalmente là che dimoravano gli dèi protettori
della casa, il pantheon domestico composto dal genio del paterfamilias associato agli dèi Lari e
alle altre divinità alle quali il dominus doveva prioritariamente rendere omaggio allorché rientrava in casa5 (fig. 1). Nelle grandi residenze lo statuto particolare del luogo di culto – che era in
qualche caso il santuario dei Penati – era sottolineato dal carattere monumentale della struttura,
perlopiù un alto podium sormontato da un’edicola con frontone ubicata in un angolo del locale,
come nella Casa del Menandro (I 10, 4), nella Casa delle Pareti Rosse (VIII 5, 37), nella Casa di
Obellius Firmus (IX 14, 4) o nelle case IX 1, 22 (Epidius Sabinus), V 1, 26 (Caecilius Iucundus),
IX 3, 5 (Marcus Lucretius), etc.
Il modello valeva ugualmente per le abitazioni più modeste dove specialmente l’atrio ospitava il santuario degli dèi domestici: la nicchia realizzata nel muro è del resto spesso decorata da
una facciata con frontone alla maniera dei templi, come nelle case VI 14, 5; VI 14, 39 (in questo
caso la nicchia è doppia, forse per ricevere in una il genio del padrone di casa, nell’altra gli dèi
Lari?); IX 7, 20; IX 1, 7; VI 7, 3; V 4, 9; I 2, 17; V 4, 3; IX 2, 26.
Se l’atrio deve essere considerato come un luogo privilegiato per l’installazione dei larari,
il problema è complicato dalla presenza di altri luoghi di culto nella casa, perlopiù attribuiti
agli stessi dèi, visto che si trovano i Lari e il Genio del proprietario. Nella Casa di Caius Iulius
Polibius per esempio (IX 13, 1-3), l’attenzione è attirata dalla scena religiosa dipinta nella cu4
Wallace-Hadrill 1994, pp. 82-87, p. 127, p. 184.
Cato Res rust. 2, 1.
5
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cina, che mostra i Lari attorno a un sacrificio6 (fig. 2).
Il focolare dell’abitazione è in effetti la loro dimora
principale. Tuttavia, la presenza nell’atrio di un’alta e
grande cavità sormontata da una nicchia indica che i
Lari potevano anche prendere posto in questo spazio,
in compagnia questa volta degli altri dèi domestici.
Diamo alcuni altri esempi che permettono di
essere più precisi. Nella Casa di Sutoria Primigenia (I 13, 2), troviamo censiti tre luoghi di culto,
ma la loro dislocazione non lascia alcuna sorpresa7.
Nel giardino si trova una nicchia consacrata a Minerva, dea che faceva parte del pantheon familiare,
mentre i Lari occupavano il loro posto abituale, la
cucina dove presiedevano al focolare. Nell’atrium
fu realizzata una larga nicchia, la cui pittura assai
rovinata sembra mostrare il genio del paterfamilias. Aggiungiamo, per completezza, che l’armadio
scoperto nello stesso locale conteneva una statuetta
in terracotta che rappresentava una dea reclinata,
identificata recentemente con Bona Dea8. È allora
verosimile che il santuario dell’atrium fosse destinato ad accogliere il pantheon domestico attorno al
genio del padrone di casa.
Fig. 2 - Pompei. Pittura raffigurante i Lari della
La ripetizione degli dèi Lari fuori della cucina,
cucina della Casa di C. Iulius Polybius.
osservata in varie abitazioni, si spiega facilmente9:
se il loro luogo di culto principale era il focolare, il
loro ruolo riconosciuto di protettori del territorio della casa li rendeva, a lato del genius, titolari
indiscutibili del santuario domestico in origine ubicato nell’atrium.
Non si tratta, evidentemente, di regole rigide: il modello era adattato alle situazioni topografiche. Nella casa degli Amorini dorati (VI 16, 7), il larario monumentale era disposto
non nell’atrio, ma sotto il portico del peristilio, che costituiva evidentemente il luogo di rappresentanza della casa: l’atrio in effetti è decentrato, stretto e non offre alcun asse visuale sul
resto della casa. Un altro esempio ci pare rappresentativo, quello della Casa del Principe di
Napoli (VI 15, 7-8). Il larario, un alto podio sormontato da un’edicola con frontone a imitazione dell’architettura di un tempio, fu in tal caso installato nel giardino. Là ancora, la ragione
ci pare legata tanto alle realtà topografiche quanto alla natura stessa degli dèi Lari. L’atrio
è, come per la casa precedente, decentrato e oscuro. L’apertura della cucina direttamente su
questo locale pare confermare che lo spazio di rappresentanza non è l’atrium, ma il peristilio,
fra l’altro accessibile dalla strada. Un fatto particolarmente sorprendente sta nella collocazione del larario. Questo fu in effetti volutamente decentrato verso la destra del muro del
viridarium. La ragione è semplice e risiede essenzialmente nella natura dei Lari, come ha già
sottolineato Stocka10. Dalla collocazione del monumento, i Lari potevano sorvegliare la quasi
6
Giacobello 2008, pp. 216-217 e p. 250.
Giacobello 2008, p. 156 ss.
8
Stefani 2000.
9
Giacobello 2008, p. 59 ss.
10
Stocka 1984.
7
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Fig. 3 - Pompei. Larario della Casa d’Obellius Firmus. I Lari potevano sorvegliare la cassaforte.
Fig. 4 - Pompei. Pittura della cucina della Casa di Sutoria Primigenia. La riunione familiare raffigurata durante il sacrificio annuale agli dei Lari.
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totalità delle stanze dell’abitazione. Era esso stesso uno dei loro ruoli principali: legati per
definizione al territorio della casa, loro funzione primaria era la sorveglianza. Così, presso
Obellius Firmus, come nella Casa IX 2, 26, i Lari e gli altri dèi domestici avevano il forziere
nel loro campo visivo diretto (fig. 3).
Altri criteri potevano entrare in gioco, come il carattere funzionale dello spazio d’accoglienza. L’atrium o il peristilio erano in origine adattati alla riunione della familia in occasione di
sacrifici importanti, per esempio per il compleanno del padrone di casa. Una pittura conservata
nella cucina della Casa di Sutoria Primigenia (I 13, 2) permette d’avere un’idea dell’importanza
dell’uditorio11 (fig. 4): una quindicina di persone circa per una abitazione media. Vi sono pochi
dubbi che tale gruppo non si riunisse attorno al focolare domestico o nel giardino occupato da
un triclinio in muratura, ma proprio nell’atrio, lo spazio più adeguato a tali riunioni. Esse infatti
potevano essere occasione di un sacrificio di un maiale come attestano le raffigurazioni di tagli
di maiale preparati, dipinti sui muri della cucina.
Se i Lari accompagnavano il genio del dominus e gli altri dèi dell’abitazione in un santuario
installato nell’atrio o nel peristilio, il loro spazio privilegiato restava il focolare della cucina: Boyce
cataloga così non meno di 86 larari nelle cucine delle abitazioni. L’identificazione degli dèi onorati è ogni volta confermata dalla presenza di pannelli dipinti che rappresentano scene generiche,
illustranti i Lari attorno al genio del paterfamilias, accompagnati dai tradizionali serpenti. Come
abbiamo visto, la presenza dei Lari nelle cucine si spiega facilmente: essi sono per definizione gli
dèi del focolare. L’altra ragione talora proposta è meno chiara. L’esistenza dei Lari nelle cucine
è spesso collegata con il ceto servile che frequentava assiduamente tali luoghi. Si avrebbe dunque là un luogo di culto specifico per gli schiavi, cosa che spiegherebbe lo sdoppiamento della
coppia di Lari all’interno dell’abitazione, come
per esempio nelle case VII 14, 5; IX 2, 17; I 10, 4
(Casa del Menandro).
Nella domus di Obellius Firmus (IX 14,
2/4), il tempio principale degli dèi domestici si
trova nell’atrio e un santuario secondario nella cucina. Questo secondo, come ogni volta, è
più semplice. Si tratta di una nicchia che reca
l’immagine del genio con la cornucopia – che
si identifica con il genio del paterfamilias. Da
ciascun lato della nicchia erano dipinti i due
Lari; al di sotto, si trova il serpente che funge
da indicatore del luogo di culto, il porco, animale sacrificato agli dèi gemelli e una rappresentazione di banchetto. Questa duplicazione
dei luoghi di culto si trova in una casa assai
più piccola (IX 9, c), con una nicchia realizzata
nella parete del peristilio (la casa non dispone
dell’atrium). La ricca decorazione in stucco che
decora la cavità e che rappresenta la facciata di
un tempio non lascia alcun dubbio sullo sta- Fig. 5 - Pompei. Casa di Sutoria Primigenia: le parti del
tuto del luogo di culto: si tratta del santuario maiale sacrificato ai Lari.
11
Van Andringa 2009, pp. 253-256.
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principale dell’abitazione. Il larario della cucina è di tutt’altra natura. Per prima cosa, non è
visibile alcun apprestamento particolare, essendo composto l’apparato religioso solamente da
pitture che occupano le pareti nord e ovest del locale. Il rituale si faceva direttamente sulla fiamma della cucina dedicata agli dèi Lari. L’originalità consta qui nei disegni legati direttamente alle
attività di cucina. Si distinguono in effetti una testa di maiale, due spiedini, l’uno con una salsiccia (piuttosto che con un’anguilla, com’è stata interpretata solitamente), l’altra con dei piatti
di costata. Sono sospese, ugualmente, alcune salsicce essicate e una serie di cinque uccelli appesi
per il becco. Questa natura morta è del tutto simile alle tavole trovate nelle cucine, come presso
Sutoria Primigenia (I 13, 2, fig. 5).
Circa queste tavole che mostrano i Lari associati a parti del maiale, si ritiene che:
1. I Lari associati o meno al genio del paterfamilias (i due culti garanti della concordia
domestica) sono gli dèi rappresentati quasi esclusivamente nella cucina della casa, non essendo
mai presenti le altre divinità.
2. Le tavole associate ai Lari, nella cucina, fanno riferimento alle preparazioni culinarie
concernenti essenzialmente il maiale.
3. Queste preparazioni culinarie riguardano sia le carni fresche (gli spiedini), sia i preparati sotto sale (la testa mozzata del maiale, il prosciutto, la salsiccia) consumati dunque tutto
l’anno.
4. Il maiale è propriamente la vittima preferita dei Lari.
Da queste differenti osservazioni, si può concludere in prima istanza che i Lari erano a Pompei i protettori ufficiali del focolare della casa, essendo quest’ultimo il simbolo
dell’abitazione permanente, ma si può aggiungere che, nelle cucine, i Lari presiedevano alla
preparazione del cibo, in particolare alla preparazione del maiale che era loro sacrificato regolarmente12. La carne fresca era quindi cucinata alla griglia per il banchetto che seguiva il
sacrificio. Questo è lo stesso pranzo che è rappresentato nella Casa di Obellius Firmus. Il
personaggio in piedi al centro della scena non è altri che il padrone di casa che fa un brindisi,
come vuole l’usanza, agli dèi protettori della casa. Così si può spiegare l’associazione, propria delle cucine, dei Lari e dei tagli di maiale preparati, che non ha un rapporto preciso con
la religiosità degli schiavi. I Lari proteggevano proprio tutta la casata, ovvero la famiglia del
padrone e dei suoi schiavi13. Di contro, l’usanza voleva che il padrone di casa sovraintendesse
ai sacrifici domestici eccetto i culti svolti in compito, agli incroci, e soprattutto in foco, sul
focolare, ovvero sul luogo destinato ai Lari14. Ecco perché gli schiavi lavorando ai fornelli si
sono appropriati del larario della cucina. Lo testimonia questo graffito trovato in una cucina15
(II 1, 1): Felix Laribus / con[se]c[rat] votum. La preghiera è rivolta agli dèi nel loro santuario,
essendo l’offerta gettata sulla fiamma del focolare da cottura, cioè alcuni grani di sale, un
po’ di farina o qualche altro alimento. Sembrerebbe allora eccessivo vedere nella cucina un
luogo di culto destinato agli schiavi mentre il santuario principale, nell’atrio o nel peristilio,
sarebbe destinato al padrone. Questo entrerebbe in contraddizione con le caratteristiche della
religione domestica, sottomessa interamente all’autorità del padre di famiglia. L’associazione
dei Lari con pitture che raffigurano quarti e tagli di maiale preparati mostra in tutta evidenza
che gli dèi domestici avevano tutt’altra ragione di trovarsi là piuttosto che quella di essere in
prossimità degli schiavi.
12
Plaut. Aul. 1 e II, 7, 16. Cfr. Foss 1997.
Cfr. Giacobello 2008, p. 110 ss.
14
Cato agr. 5, 3.
15
CIL IV, 9887.
13
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In altri termini, tutto si svolge come se la ripetizione dei santuari in seno alla casa avesse
anche un senso rituale, come se partecipasse della topografia del sacro adattato al sacrificio.
Almeno le rappresentazioni dipinte illustrano il sacrificio più importante, quello del porco,
vittima preferita dei Lari16 (e del genio del paterfamilias). I differenti apprestamenti religiosi localizzati nella casa costituiscono in effetti altrettanti marcatori delle principali fasi del sacrificio.
Il porco era macellato davanti al larario principale nell’atrium, talvolta anche, secondo i casi,
nel peristilio o nel giardino, poi esso era cotto nella cucina, sempre sotto lo sguardo dei Lari
e del genio del paterfamilias. Le carni fresche erano cotte sotto forma di spiedini; il rimanente
era preparato in salagione per il resto dell’anno. Pendevano allora nella moscaiola prosciutti
e salsicce, la testa del maiale in cui si andava a incidere la carne, sempre sotto la sorveglianza
degli dèi. Dei serpenti si ergono così all’entrata delle cantine della Casa dell’Efebo, della Casa
d’Arianna, o della Casa delle Nozze d’Argento.
Seguiamo ancora i Lari, questa volta nel triclinio. Il Satyricon di Petronio mostra che si
potevano portare le statuette dei Lari a tavola17. Il dossier archeologico pompeiano indica che
le sistemazioni potevano essere anche permanenti. Nella Casa di Trebio Valente (III 2, 1), una
nicchia ricavata nel muro del peristilio permetteva di portare un omaggio ai Lari al momento
dei pasti. La casa I 12, 15 presenta ugualmente un larario in “strapiombo” sul triclinium: le immagini dei due Lari incorniciano la nicchia trovata vuota. Nell’albergo I 11, 16, tutti i convitati
potevano alzare il loro bicchiere in ringraziamento verso le due nicchie installate nell’angolo
della stanza, davanti al triclinium. Chiaramente, durante i pasti, altri dèi potevano essere evocati
come mostra una statuetta di Minerva ritrovata nella nicchia che dava sul triclinium della Casa
di Sutoria Primigenia. Fondamentalmente, tre criteri potevano intervenire nell’istallazione dei
larari:
1.
il primo e verosimilmente più importante era religioso (i Lari nella cucina presso il focolare
o a lato del genio del paterfamilias, nell’atrio presso i ritratti di famiglia);
il secondo era funzionale (sorveglianza, celebrazione dei rituali);
il terzo era sociale, da cui la dislocazione dei luoghi di culto riservata di preferenza
nell’atrium, alla vista di tutti. Dalla collocazione nella casa dei Lari e del genio del capo
famiglia, principali dèi domestici, si deve insomma dedurre che la topografia domestica era
anche affare religioso (De domo sua, 109): «Cosa c’è di più sacro che la dimora di ciascun
cittadino ?», s’interroga Cicerone. «È il luogo dei suoi altari, dei suoi focolari, dei suoi dèi
Penati, dei suoi sacrifici, delle sue devozioni, delle sue cerimonie». È da tempo riconosciuto che l’organizzazione della casa romana aveva un legame preciso con lo statuto e il rango
del proprietario; la dislocazione dei larari indica che essa era anche un riflesso diretto dei
comportamenti religiosi dei suoi abitanti.
2.
3.
16
Plaut. Rud. 1206 s.; Tib. I, 10, 15 s.
Petr. Sat. 60 s.; Verg. Aen. V, 62; Hor. Od. IV, 5, 3 e IV, 5, 31.
17
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Wallace-Hadrill A. 1994, Houses and Society in Pompeii and Herculanum, Princeton University Press.
Les photographies sont de l’auteur, sur concession del Ministero per i Beni e le attività Culturali – Soprintendenza
Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei. Toute reproduction, par quelque moyen que ce soit, reste
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