. SANITÀ Nicola Capozzo, urologo dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, sta operando in città grazie all’accordo col Pugliese-Ciaccio «La convenzione rappresenta un risparmio» Sono iniziati gli interventi per curare i piccoli pazienti che soffrono di riflusso vescico-uretrale Daniela Amatruda Una delle malattie urologiche più frequenti tra i bambini è il reflusso vescico-ureterale che col tempo può lasciare danni a livello renale. A soffrirne, infatti, sono due bambini su cento in Italia. Da anni, la tecnica più utilizzata è il trattamento endoscopico che consiste nell’allungare artificialmente il tunnel sottomucoso presente in vescica in modo da ricreare il sistema a valvola che impedisce il reflusso di urina verso i reni. L’intervento è mininvasivo ed è stato realizzato, per la prima volta a Catanzaro, con un bambino di tre anni dal dott. Nicola Capozza, di origini calabresi, urologo dell’ospedale pediatrico “Bambino Gesù” di Roma e tra gli specialisti del Centro pediatrico nato dalla convenzione con la Regione Calabria e l’Ospedale “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro. Prosegue la nostra indagine sull’attività del Centro a pochi mesi dalla sua inaugurazione. Qualche settimana fa ci siamo occupati dell’ambulatorio di ortopedia pediatrica con il chirurgo Gaetano Pagnotta che aveva da poco operato con “metodo Ponseti” un neonato con piede torto , una procedura nuova per l’ospedale catanzarese. Il trattamento utilizzato da Capozza per il reflusso vescico-uretrale oltre ad essere di facile utilizzo per il chirurgo, permette ai piccoli degenti di tor- Una sala operatoria durante un intervento nare a casa anche nella stessa giornata. Nel 2001, la Food and Drug Administration (Fda) ha autorizzato il materiale da utilizzare per la terapia iniettabile nel trattamento di questo tipo di reflusso. Da allora, il trattamento endoscopico è diventato sempre più popolare in tutto il mondo anche per il fatto di essere biodegradabile rispetto altri materiali. L’autorizzazione è stata possibile proprio grazie ad uno studio condotto dal “Bambino Gesù” di Roma. A raccon- Il dott. Nicola Capozza tarlo, per Gazzetta del Sud, il dott. Capozza: «Questo trattamento endoscopico non è innovativo in senso stretto perché io ho iniziato nel 1986, siamo già arrivati a 5 mila procedure del genere. Nel corso degli anni sono cambiati i materiali e le tecniche, ma a Catanzaro non è stato mai eseguito. In Calabria, solo a Cosenza è stato già effettuato. Tengo particolarmente a questa terapia perché è stata il fiore all’occhiello della mia attività personale ed anche del “Bambino Gesù”. Con Atlanta e Dublino, il “Bambino Gesù” è uno dei tre centri leader al mondo per numero di procedure eseguite. Negli anni ’90, infatti, il nostro studio fu esaminato dalla Fda che, dopo circa 15 giorni di ispezione, ha ritenuto valide le nostre ricerche ed ha proceduto con l’autorizzazione del materiale da utilizzare». Dott. Capozza, l’ecografica prenatale può aiutare a limitare i danni della patologia? «È importante la diagnosi precoce, specie nei casi gravi perchè l’ecografia prenatale ci aiuta a sospettare la possibile anomalia. Ma a mio avviso bisognerebbe effettuare anche l’ecografia nei primi mesi di vita del bambino, il problema è che con l’attuale sistema sanitario i costi sono a carico dell’utente. Su questo punto il dibattito è molto acceso, alcune regioni hanno esteso a tutti questo tipo di esami, così come avviene per le anche, ma è un concetto che prenderà presto strada». In tema di dibattito, sono diverse le correnti di pensiero sulla convezione nata tra il “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro, la Regione ed il “Bambino Gesù”. Lei cosa ne pensa? «Innanzitutto penso che la convenzione rappresenti per la regione un risparmio, una razionalizzazione delle risorse e non una spesa. I costi dei trasferimenti tra regioni per le prestazioni sanitarie ne è l’esempio lampante: credo che l’investimento sia di gran lunga inferiore rispetto a quella che è la spesa. Il primo obiettivo è quello di recuperare questa utenza ed invogliarla a restare fornendo le stesse eccellenze. Il nostro apporto servirà a gettare le basi per integrare nuovi sistemi e tecniche e, nel contempo, formare medici e paramedici presenti. Questo ospedale, è un terreno fertile per trapiantare le esperienze maturate perché da parte dei colleghi vi è una grande apertura ed ho trovato uno staff eccellente, a tutti i livelli. E poi sarà una formazione bidirezionale, perché medici ed infermieri verranno a lavorare anche a Roma. Per quanto riguarda le polemiche relative al livello degli interventi eseguiti, credo sia giusto iniziare in modo graduale. Sarebbe avventuroso iniziare subito con operazioni di alta complessità, ma li faremo». LA MAMMA DI UN BAMBINO GIÀ OPERATO Chi critica questo centro lo faccia dopo averlo visto «Invito tutti coloro che hanno criticato questo Centro, a vedere con i propri occhi di cosa parlano». È l’appello di una mamma che lo scorso venerdì ha portato il suo bambino di tre anni a sottoporsi al trattamento endoscopico per il reflusso vescico- ureterale di cui soffre dalla nascita, eseguito dal dott. Nicola Capozza, urologo dell’ospedale pediatrico “Bambino Gesù” di Roma e tra gli specialisti del Centro pediatrico. «Dopo due anni di cure antibiotiche ed un intervento a Cosenza andato male – ha raccontato la donna – nel Centro pediatrico ho ricevuto l’assistenza e le cure giuste per il mio bambino: il dott.Capozza mi ha spiegato ogni dettaglio dell’intervento lasciandomi il tempo di capire e di fidarmi dopo l’esperienza negativa. Mi ha dato anche un opuscolo da leggere con calma, a casa, insieme a mio marito. Sia il dott. Capozza che i medici e gli infermieri della chirurgia pediatrica mi hanno dimostrato una pazienza ed una comprensione mai vista. Mi sono sentita sicura di lasciare mio figlio nelle loro mani. Subito dopo l’intervento –- ha spiegato la donna – Capozza è venuto da me per comunicarmi l’esito e per tranquillizzarmi. A Cosenza non è stato così: non mi hanno dato alcuna spiegazione per l’esito negativo, mi hanno detto solo di andare a giugno per ripetere l’intervento, ma non sono più tornata». La signora ha anche spiegato come è avvenuto il passaggio al Centro pediatrico. «Dopo l’esperienza negativa volevo andare a Roma o Genova, perché sono centri specializzati, ma temporeggiavo perché non avevo la disponibilità economica per affrontare il viaggio, anche perché significa partire almeno quattro o cinque volte: per la visita, l’intervento e i controlli. Per questo motivo, l’anno scorso avevo scelto Cosenza, perché era più vicina da raggiungere. Poi mia suocera – ha concluso la signora – ha saputo del Centro e della presenza degli stessi specialisti del “Bambino Gesù”. Dopo la prima visita, ho capito subito che potevo fidarmi». (d.a.)
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