«NON FIORI, MA OPERE DI BENE» UN LINGUAGGIO ESSENZIALE CHE LA MORTE IMPONE, E CHE CI TROVA IMPREPARATI Carlo Cibien, csp Ho cercato di spiegare – inutilmente – che il film Die gro¨sse stille, girato nella Grande Chartreuse da Philip Gro¨ning, non e` un testo sul «silenzio» (o sul bisogno di silenzio nella civilta` contemporanea), ma semplicemente la rappresentazione degli infiniti altri modi di esprimersi e di comunicare che sono a nostra disposizione e che noi solitamente trascuriamo. Un modo paradossalmente drastico per farci ascoltare le altre «parole» paragonabile all’operazione didattica che si mette in atto quando, per far cogliere meglio la diegesi iconografica, la gestualita` e gli elementi del montaggio, si proietta un testo cinetico audiovisivo escludendo il canale sonoro. Certo, siamo poco esercitati alla percezione e decodificazione dei modi di esprimersi «altri» rispetto alle egemoni forme logo-grafiche. Una distinzione ulteriore va fatta subito circa il genere del «percettore», se sia cioe` uomo o donna, anche se questo genere di distinguo puo` irritare il clero – formalmente maschile – tendenzialmente maschilista 1. Tutto cio` che ruota attorno alla morte impone un supplemento d’ascolto, cosı` come accade per tutto cio` che ruota attorno a una nascita. Nel caso del morire e della morte: come puo` il morente chiedere a chi lo assiste una maggiore intensita` relazionale se questi non sa intenderne il bisogno? 2. La supDa una lettura sociologica dei risultati della ricerca: CISF-CENTRO INTERNA- CEI-UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DELLA FAMIGLIA, La pastorale familiare in Italia. Una ricerca nazionale a dieci anni dal Direttorio di pastorale familiare, a cura di P. BOFFI, San Paolo, Cinisello B. 2005, si evince una permanente diffidenza da parte del clero nei confronti della famiglia in generale e della donna poi, essendo questa la componente piu` presente sia nella pastorale catechistica, sia nell’insegnamento della religione. Utile la lettura di G. LO RUSSO, Maschile e femminile di fronte alla morte, in L. CROZZOLI AITE (ed.), Sara` cosı` lasciare la vita?, Paoline Editoriale Libri, Milano 2001, pp. 163-168. 2 Cosı` la Lo Russo, in Maschile e femminile, citato sopra: «‘‘Dottore, non sono piu` le sue cure cio` di cui ho bisogno. Mi serve lei’’. Questo il diretto, inequivocabile messaggio di Anna all’oncologo, che si accaniva con ennesimi tentativi per contrastare il cancro devastante. L’audacia di questa richiesta eccessiva disorienta il medico». Ho esperienza di qualche prete che ha preferito defilarsi di fronte al contatto personale, anche silenzioso, con il morente, limitandosi a quello «professionale»; 1 ZIONALE STUDI FAMIGLIA 93/6(2006) Rivista Liturgica 904-911 plica del morente al vivente e` spesso troppo dignitosa e quasi impercettibile, senza parole, ma non per questo muta, e chiede di recargli l’unica cosa possibile, necessaria e vera: la presenza attenta, viatico favorevole 3. Questo bisogno di «esperire presenza», da parte del morente, puo` essere tacita propedeutica al morire per il vivente, e quindi esplicita scuola al vivere meglio l’istante presente. Sono messaggi non scritti e non detti che postulano un’abilita` di lettura e di risposta sincera; una corrispondenza che chiede verita` anche dopo, quando, e.g., tolta la maschera della buona educazione imposta dal lutto, ci si dovra` dividere l’eredita` del defunto. La morte, come stimolo ad adeguarsi alla «verita`», e` per il vivente un’occasione permanente di discernimento. La fenomenologia della morte ci indica i livelli di apprendimento di tale «verita`» da parte delle socioculture contemporanee, dei singoli e dei nuclei sociali ai quali appartengono 4. Fatte queste premesse, e` possibile parlare della comunicazione non verbale attorno alla morte e ai funerali. 1. LA COMUNICAZIONE NON VERBALE ATTORNO AL MORTO Spiega Fornari: «L’aspetto piu` straordinario del lutto e` costituito dal fatto che il morto, nel momento in cui cessa di mandare informazioni in quanto e` diventato cadavere, accende l’anima dei viventi provocando una serie di processi culturali che potremo cercare di chiarire prendendo in esame le diverse quattro forme di lutto: la normale, la depressiva, la paranoicale e la maniacale» 5. sull’argomento cf. P.G. RAUZI, La morte secolarizzata nella societa` moderna, in CROZZOLI AITE (ed.), Sara` cosı` lasciare la vita?, cit., pp. 152-162, in particolare: «Un termine che invece ricorre piu` volte in modo significativo e` silenzio. Si tratta... del silenzio esistenziale della comunita` che non sa cosa dire di fronte alla morte; e, qualche volta, del silenzio o, meglio, del desiderio di poter tacere manifestato esplicitamente dal celebrante che non sa trovare parole per dire qualcosa di convincente per se´ e per confortare chi lo ascolta» (p. 158). 3 Significativo e` il titolo originale – diventato poi sottotitolo nell’edizione italiana – del volume di C. JOMAIN, Vivere l’ultimo istante. Morire nella tenerezza, EP, Cinisello B. 1986. A proposito dell’apparente incomunicabilita` del morente, appunta: «L’esperienza e la ricerca in questo senso mi confermano che non si perde tempo a stare vicino a un malato incosciente... a manifestargli la nostra presenza con gesti affettuosi» (p. 124). 4 Assai utile, a questo proposito, la lettura di alcuni contributi contenuti in M. SPINELLA - G. CASSANMAGNAGO - M. CECCONI (edd.), La morte oggi, Feltrinelli, Milano 1985, che raccoglie gli interventi tenuti al Convegno Internazionale omonimo; in particolare: L. LOMBARDI SATRIANI, La morte e il silenzio, pp. 131-141; F. FORNARI, La morte e il lutto, pp. 159-165; G. DORFLES, Tre appunti su morte e figurazione, pp. 219-220; G. CANELLA, Mors construens, pp. 221-230. 5 FORNARI, La morte e il lutto, cit., p. 159. Si veda anche il capitolo introduttivo dell’ormai classico F. ORMEA, Superamento della morte. Contributo al dialogo tra credenti e non credenti, Gribaudi, Torino 1970, pp. 7-37. «Non fiori, ma opere di bene» [85] 905 Se la posizione normale e` quella di chi sa di essere morto per il morto – in quanto il morto e` ormai incapace di percepire la mia vita – ma di poterlo ancora vivere in se´ in una sorta di deflagrazione simbolica della presenza(assenza); il lutto depressivo e` invece quello che accomuna il vivo al morto (dalla forma estrema del morire con lui, al limitarsi a rivestirsi del colore del lutto). Le altre due elaborazioni del lutto tendono al patologico in quanto tentativi (ovviamente votati al fallimento) di «ammazzare« direttamente o indirettamente la morte. Purtroppo, sembra che oggi, con la morte, avvenga un distacco della memoria anche nel sopravvissuto. Paradossale, nella sua tragicita` «ossimorica», fu il saluto che il presidente degli Stati Uniti riservo` alla mortifera bomba atomica: «The baby is born!». La morte – o l’«arma di distruzione di massa», frutto dell’ingegno umano – e` salutata come vita, e a farlo e` il capo di una grande ed emblematica nazione. All’orizzonte, silenziosamente – il silenzio dell’assenza totale –, potrebbe apparire l’immagine del mondo come cimitero globale, senza vita e senza lutto. Se la civilta` agricola aveva a che fare con realta` vive (animali, vegetali), la civilta` industriale e` sommersa da hardware (ferramenta) che si accende e si spegne e che si trasforma in protesi a seconda delle necessita` dell’utente, dandogli l’illusione di dilatare all’infinito le potenzialita` del suo corpo e assecondando in lui il «delirio d’immortalita`». Gli oggetti tecnologici si rinnovano e, nella loro rapida obsolescenza, gli consentono l’illusione dell’onnipotenza. Queste «cose» simulerebbero una morte senza lutto, e chi volesse farne oggetto della memoria sarebbe tendenzialmente orientato al feticismo (conservazione fanatica di oggetti) piu` che all’esperienza religiosa. Un percorso analogo – pur con i necessari «distinguo» – ha seguito talvolta la gestione del suffragio: da espressione metatemporale dell’aga´pe all’interno corpo ecclesiale, a possesso e diritto individuale, oggetto commerciabile e sottoposto a listino. Proviamo a considerare le ricadute – non sempre solo implicite – di una tale realta` non verbale, ma altamente comunicativa, sulla cultura religiosa odierna. Domanda: «Cos’e` la morte oggi?». Risposta: «Sono migliaia di euro da versare alle onoranze funebri, al prete, al fioraio, al marmista, al tipografo, al comune...». E cosı`, silenziosamente, la morte assume il senso di una doppia de´baˆcle: affettiva ed economica. Unico conforto puo` essere la valorizzazione della spesa come «soddisfazione» 6 degli eventuali cattivi trattamenti nei confronti della persona che e` morta: cio` che non si e` fatto in vita, lo si fa – come 6 Il termine e` usato qui con le stesse modalita` delle Premesse del Rito della penitenza: «c) Soddisfazione. La vera conversione diventa piena e completa con la soddisfazione per le colpe commesse, l’emendamento della vita e la riparazione dei danni arrecati... in modo che ognuno ripari nel settore in cui ha mancato, e curi il suo male con una medicina efficace» (n. 6). 906 [86] Carlo Cibien riparazione – in morte. Tutto cio` puo` liberare la psiche dei sopravvissuti da molti sensi di colpa. Mi limito a considerare la nostra area geografica, perche´ altrove le cose potrebbero andare diversamente. Anche gli annunci della morte avvenuta 7, i rituali sociali che si associano 7 La superficialita` dei protocolli ritualizzati, fa sı` che su «L’Osservatore Romano» la morte di un prelato venga sempre annunciata con la formula: «Lutto nell’episcopato. E` giunta la dolorosa notizia della pia morte di Sua Eccellenza Reverendissima...». E non e` dato capire se il dolore della notizia stia nella «pia» morte, o se la morte di un prelato sia per definizione «pia». D’altro canto, esistono siti (alla voce «lutto») che offrono belle e confezionate le frasi per un biglietto di condoglianza. Se ne da` un’ampia esemplificazione di seguito, sottolineando quelle che hanno un tono religioso. «(Seleziona con il mouse la frase che ritieni piu` appropriata per l’occasione, se opportuno personalizzala ed incollala nel modulo di invio cartolina sostituendo il teso [sic] di esempio presente): Purtroppo accade in un solo momento cio` che non vorremmo accadesse mai. Il vostro dolore e anche il nostro. | Ci uniamo al vostro cordoglio. |‘‘Per uno che muore tutto il mondo finisce, anche se va avanti’’. (L. Goldoni) | Spero che la certezza che le anime dei buoni sono fra la braccia di Dio, ti dia conforto in questo doloroso momento. | Vivra` sempre nei nostri cuori NN che cosı` inaspettatamente ci ha lasciati. | La triste notizia ci ha veramente scossi. | Sentite condoglianze. | Nella terribile solitudine del dolore vi esprimiamo il nostro piu` accorato cordoglio. | Ci stingiamo [sic] a voi in questa terribile disgrazia. Noi che abbiamo avuto il privilegio di conoscere NN, le sue qualita` e la sua forza, proprio per il rispetto che gli dobbiamo, cercheremo di fare in [sic] modello del suo ricordo. Uniti al vostro dolore, la famiglia NN. | Vicini nel dolore, porgiamo sentite condoglianze. | Non possiamo esprimere il dolore avuto nell’apprendere la triste notizia. Sentite condoglianze. | Manchera` tanto a tutti noi, ma restera` sempre vivo nei nostri ricordi. | Spero che, in questo doloroso momento, tu possa trovare il coraggio di non chiedere a Dio perche´ te lo ha tolto, ma ringraziarlo per avertelo dato. | Non dimenticheremo la grande dignita` della vita semplice e silenziosa di NN confermata dalla serenita` del suo trapasso: che ci possa essere d’esempio, nel dolore e nella perdita. | Affranti per la disgrazia che vi ha colpiti, partecipiamo al vostro pianto. | Non ci sono parole per esprimere quanto siamo addolorati per la scomparsa di NN. Il nostro cuore e` con voi. | Sapendo quanto fosse profondo l’affetto che vi univa, prego che Dio vi dia la forza per superare questo triste momento. | ‘‘Ogni creatura e` come erba e tutta la sua gloria e` come un fiore di campo. Appassisce l’erba e cade il fiore perche´ lo Spirito del Signore ha spirato sopra di esso’’. (Isaia, 40, 4-8 [sic]). | ‘‘Gesu` le disse: ‘‘Io sono la Resurrezione e la Vita; chi ha fede in me, anche se muore, tornera` a vivere’’. (Giovanni [sic]) | ‘‘La morte e` un mostro, un mostro che caccia dal gran teatro (della vita) uno spettatore attento, prima della fine di una rappresentazione che lo interessa infinitamente’’. (Casanova) | Che la fede e la preghiera ci aiutino tutti a rendere meno inconsolabile il ricordo ed il rimpianto di NN | Veramente dispiaciuti per l’improvviso trapasso al sonno eterno del vostro caro, vi siamo sinceramente vicini. | Un pensiero ti aiuti in questo momento difficile: quel Dio, in cui NN ha riposto la sua grande fede, l’ha gia` accolto in Paradiso accanto ai vostri cari che lo hanno preceduto. | Nell’inconsolabile rimpianto di NN, non so ora pensare che a dei fiori perche´ mi sentiate partecipe e vicino al vostro lutto. | Gli animi forti e costanti non si avviliscono nella sfortuna, vi sono vicino e soffro con voi. Tutto il mio cordoglio. | Purtroppo il destino e` un mare senza sponde che con improvvisa furia ci sommerge e ci annulla. Coraggio fatevi forza «Non fiori, ma opere di bene» [87] 907 alla morte 8, le descrizioni del «morire» nelle pagine di cronaca nera 9 tendono a concentrare l’attenzione sulla periferia del fenomeno: le colpe e le sofferenze dei vivi, trascurando o – per contro – idealizzando il morire dei morti. 2. LA COMUNICAZIONE NON VERBALE ATTORNO AL MORTO «CRISTIANO» Delle molte separazioni che il vivente incontra nel corso della sua vita, la morte e` certamente la piu` straziante, e puo` diventare tragica se la sia sperimenta in solitudine 10. Molti preferiscono prepararsi ad affrontarla con una serena conversazione-riflessione che permetta loro di chiarirsi le idee 11: vi siamo vicini con il nostro piu` vivo cordoglio. | La grande tragedia che ha colpito la vostra famiglia e` per noi motivo di dolore, vogliate gradire le nostre piu` sentite condoglianze. | ‘‘Voglio morire prima di essere morta’’. | So che le parole sono ben poca cosa in momenti come questo, ma il mio cuore e` con voi. | Purtroppo chi scompare improvvisamente ci lascia sgomenti e prostati [sic] nel dolore. Coraggio speriamo che il nostro caro nel regno dei cieli abbia pace e serenita`. Tutto il nostro cordoglio. | ‘‘Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella Casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore ed ammirare il suo Santuario’’. (Salmo 26) | ‘‘Non si perdono mai colore [sic] che amiamo, perche´ possiamo amarli in colui che non si puo` perdere’’. (Agostino) | ‘‘Nella vita, se uno vuol capire, ma capire veramente, come stanno le cose di questo mondo, deve morire almeno una volta’’. (G. Bassani) | ‘‘La morte non e` un male, perche´ libera l’uomo da tutti i mali’’. (G. Leopardi) | Mi dispiace non esserti vicino in questo momento cosı` penoso, lascia almeno che le mie parole ti portino un po’ di conforto». 8 Si pensi ai morti in guerra e ai «funerali di stato» e alla retorica che immancabilmente li accompagna; quando si sa benissimo che solo i giovani possono essere attivamente impegnati dove c’e` un conflitto armato e, soprattutto, che vi possono morire – anche per «fuoco amico» – e che proprio perche´ rischioso, il lavoro del soldato ha un buon stipendio che, se tutto va bene, consente poi una sistemazione decente. Si sa pure che a motivo della stupidita` umana – grande alleata della morte, insieme alla guerra – questo genere di lavori sono diventati da sempre inevitabili. 9 Si pensi ai tanti modi dell’ostensione massmediatica della morte: violenta e procurata dalla «malavita», per «mala sanita`», per «depressione post partum»; per gli eccessi, fra i quali c’e` quello del tutto nuovo, l’«eccesso di velocita`»; ai macabri annunci di morte nella segnaletica stradale dissuasiva. Tutti modi per «dire» la morte e il morire e per abituarvici. 10 Cf. S. SPINSANTI (ed.), Le separazioni nella vita. Aspetti psicologici e spirituali, Cittadella , Assisi 1985. 11 Gli esempi sono molti, da Socrate al piu` recente U. ECO, Sugli inconvenienti e i vantaggi della morte, in ID., A passo di gambero. Guerre calde e populismo mediatico, Bompiani, Milano 2006, pp. 344-349, passando per G. TESTORI, Conversazione con la morte, Rizzoli, Milano 1978; ma chi non ha parlato della morte con un amico vero? 908 [88] Carlo Cibien «Solo chi ha provato cosa significa la morte in seconda persona comprende la realta` della propria morte e ne sa forse ante-vivere, pre-sentirne l’effettivita`, l’imminenza, il cointeressamento personale [...] Chi mi ama veramente, intimamente, vedra` la morte cosı` come l’ho vista io solo attraverso la mia morte, solo dopo che si sara` attuata la mia morte, solo quando io non ci saro` piu`» 12. Il convenire per celebrare la morte di una persona cara e` connotato nei libri liturgici con richiami alla «maternita`» della Chiesa 13, e i riti che la Chiesa adotta per dare onore al corpo del morto permettono, nella loro essenzialita`, di contestualizzare in questi termini l’ultimo dialogo e il discorso silenzioso che il morto tiene a una comunita` riunita accanto a lui da tempo e, ora, per accompagnarlo nel suo viaggio al luogo del riposo 14. La Chiesa ha, dunque, gli strumenti per dissipare ogni possibile «solitudine del morente» 15. Cio` che occorre sottolineare con forza e` la portata etica contenuta nel dato analettico dell’esperienza umano-cristiana che precede le esequie. La sottolineatura si fa urgente proprio in quanto capace di contrastare le dinamiche «postmoderne» centripete se non addirittura dispersive. In altre parole, la Chiesa ha – fin dal momento in cui accoglie il nuovo nato nel suo grembo – la potenzialita` di far sperimentare al singolo, e ai nuclei sociali ai quali appartiene, la forza del mistero pasquale in tutta la sua dirompente ricchezza. Non per niente l’Introduzione al Rito delle esequie si apre con l’affermazione: «La liturgia cristiana dei funerali e` una celebrazione del mistero pasquale di Cristo Signore». Ma anche l’Introduzione generale dell’Iniziazione cristiana si apre con lo stesso concetto: «Per mezzo dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, gli uomini... celebrano, con tutto il popolo di Dio, il memoriale della morte e risurrezione del Signore». E non potrebbe essere diversamente. Il momento cruciale del funerale non e` solo impegnativo per il morto; lo 12 Cf. ORMEA, Superamento della morte, cit., pp. 22-24. Mi limito a citare i punti di partenza e di arrivo che l’autore collega attraverso la riflessione di V. Melchiorre su un testo di L. Pirandello. 13 Sull’argomento cf. il titolo 2. di C. CIBIEN, Il linguaggio non verbale nell’Ordo exsequiarum, in «Rivista Liturgica» 83 (1996) 740-752. Il Rito delle esequie ne fa cenno fin dal Decreto della Sacra Congregazione per il culto divino: «Con i riti delle esequie la pia Madre Chiesa...»; e poi subito, nel n. 1 dell’Introduzione: «Nelle esequie, la Chiesa prega che i suoi figli... E` per questo che la Chiesa, madre pietosa...». 14 Cf. CIBIEN, Il linguaggio non verbale, cit.; in quell’occasione mi occupai anche della Comunicazione non verbale nella Preghiera eucaristica, in «Rivista Liturgica» 83 (1996) 721-732. 15 Espressione presa in prestito dallo scritto omonimo di N. ELIAS, La solitudine del morente, Il Mulino, Bologna 1985. «Non fiori, ma opere di bene» [89] 909 e` pure per la comunita` che – affidandolo a Dio – in quello stesso momento sottopone anche se stessa al giudizio di Dio. Essa viene esaminata e deve rispondere a Dio sul fatto di essere stata o meno «madre» per quel figlio. Non e` difficile scoprire come le parole, i gesti, gli oggetti – intesi come apparato testuale messo in opera nelle esequie cristiane – rischino di disgregarsi sotto il peso dell’inconsistenza contenutistica messa a dura prova dall’evento sacramentale. Non e` difficile capire che tutta la componente non verbale, a partire dai manifesti che annunciano la morte, dal materiale della cassa che contiene il corpo del morto, ai drappi e agli abiti che indicano il lutto, ai complessi rituali messi in atto secondo un cerimoniale precostituito; tutto rischia di diventare una macabra messa in scena di segno negativo; una «presa in giro» fatta spettacolo di pessimo gusto, se non risulta essere piena di senso vero, ricco, vitale; se non risulta essere anamnesi di eventi salvifici di cui la comunita` si e` fatta costantemente e pienamente ministra. Poiche´ si continua a morire senza sosta, anche l’appello che ogni funerale rivolge alla Chiesa e` ininterrotto. E quando si dice Chiesa, non s’intende evocare un’entita` astratta senza nomi propri di persona, ma ci si riferisce a un corpo vitale e organico, strutturato secondo una gerarchia di ministeri uniti e orientati dalla potenza dello Spirito. Lo Spirito: il silenzio-parlanteamante. Al di la` delle parole contenute nei testi eucologici, di cui altri si sono gia` occupati, i riti delle esequie, per il fatto stesso di essere posti in essere, chiedono alla comunita` cristiana il massimo della verita` possibile: la comunita` cristiana si specchia nella morte, vuoto di senso, e se non riesce a riempirlo, ne e` come assorbita e neutralizzata. Se invece lo specchio s’illumina del fulgore della vita della comunita`, se i fili non risultano definitivamente spezzati, se il dolore – inevitabile – e` tuttavia superato dallo slancio orante dei fratelli e delle sorelle del morto, se i gesti affettuosi e persistenti della comunione ecclesiale si possono ora vedere riflessi tutti assieme – dalla nascita alla morte di chi lascia la comunita` –, allora hanno senso tutte le osservazioni fatte a proposito di Praenotanda e di Rito delle esequie 16. Tutte le riflessioni condotte fin qui ci vengono dal discorso silenzioso che ogni nostro fratello o sorella defunti ci rivolge presenziando al proprio funerale e prestando l’ultimo servizio, in qualita` di testimone credibile, a favore dell’intera assemblea. Ma anche l’assemblea, se non e` distratta dal dolore, vive il proprio ministero di comunione e con la presenza e l’assenso riempie di senso le parole del sacerdote: «Nelle tue mani, Padre clementissimo, consegniamo l’anima del nostro fratello N. con la sicura speranza che risorgera` nell’ultimo giorno insieme a tutti i morti in Cristo. Ti rendiamo grazie, o Signore, per tutti i benefici che gli hai dato in questa vita...». 16 Non si ripete qui l’esame di Praenotanda e di Rito delle esequie sufficientemente dettagliato presente in CIBIEN, Il linguaggio non verbale, cit., pp. 740-752. 910 [90] Carlo Cibien E` l’atto «eucaristico» di una comunita` sacerdotale credente che offre definitivamente alla clemenza del Padre una parte di se´ in Cristo. E` il grande «rito di passaggio» che coinvolge tutti e che collega i due mondi: temporale e metatemporale lasciando tracce di fuoco in chi vi prende parte coscientemente, attivamente e piamente. Rito fatto di cammini e di tappe, di desiderio e di impegni concreti per chi rimane e ha appreso un’ulteriore lezione sul valore del tempo ricevuto in dono, e sul valore dei fratelli e delle sorelle che ancora gli sono accanto. C. C. Piazza Soncino, 5 20092 Cinisello Balsamo (MI) [email protected]
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