ESTRATTO DA ACER RICERCA RILETTURA DI CONTRIBUTI INTERNAZIONALI ACER © IL VERDE EDITORIALE MILANO Articolo originale Smiley E.T., 2008. Comparison of methods to reduce sidewalk damage from tree roots. Arboriculture and Urban Forestry, 34(3):179-183. uando, nella progettazione degli spazi urbani, non si destina, per negligenza o per necessità, sufficiente spazio per la crescita e lo sviluppo degli apparati radicali degli alberi, è probabile il verificarsi di conflitti tra piante e costruito. Questi fenomeni riguardano l’intrusione di radici nei sottoservizi, nelle tubature sotterranee e nelle strutture fognarie ma, soprattutto, il sollevamento e il danneggiamento delle pavimentazioni del manto stradale e dei marciapiedi. Negli Stati Uniti il costo di riparazione dei danni alle pavimentazioni è stato stimato, alcuni anni fa, tra i 70 e i 100 milioni di dollari all’anno. Q I fattori determinanti Sebbene i meccanismi che portano all’interferenza tra radici e pavimentazioni non siano ancora stati definitivamente chiariti, si ipotizza che, soprattutto nel caso di superfici scure e impervie come l’asfal- 79 • ACER 2/2014 to, il suolo immediatamente sottostante la copertura sia più umido e caldo. La maggiore umidità, a causa della condensazione di vapore acqueo e dell’interruzione dell’evaporazione dell’acqua dal suolo operata dalla pavimentazione, e la temperatura più alta alla fine dell’inverno e in autunno, stimolano la crescita radicale verso la superficie, soprattutto in ambiente urbano ove il suolo sottostante è spesso asfittico e compattato. Le diverse specie arboree differiscono nel loro potenziale di danneggiamento delle pavimentazioni: il pino domestico (Pinus pinea) in particolare , ma anche il pioppo (Populus spp.), il noce alato del Caucaso (Pterocarya fraxinifolia), l’olmo siberiano (Ulmus pumila) l’acero norvegese (Acer pseudoplatanus), e la metasequoia (Metasequoia glyptostroboides) sono spesso associati a danneggiamenti anche gravi del co(2) struito . Tuttavia, se le radici sono spesso colpevoli di tali danni, bisogna sottolineare che, frequentemente, rotture e sollevamenti si verificano perché strade, marciapiedi e pavimentazioni non sono state adeguatamente progettate e ingegnerizzate per funzionare adeguatamente in un paesaggio che contiene, Danni di Acer saccharinum a marciapiede e tornello. fortunatamente, alberi. Esistono alcuni metodi per limitare i conflitti anche in contesti in cui non è possibile ampliare la superficie non pavimentata della buca d’impianto (probabilmente il metodo più efficace); il lavoro di Tom Smiley riporta un interessante confronto tra questi sistemi. Le tesi a confronto La sperimentazione ha messo a confronto i seguenti si- stemi per evitare i conflitti: 1) barriere verticali lineari Deeproot, Tree Root Universal Barrier (UB 18-2, Deep-Root Partners, San Francisco, CA) spesse 2,032 mm e profonde 45 cm; 2) barriere verticali costituite da un foglio di polietilene spesse 0,15 mm e profonde 45 cm. Tali barriere servono per indirizzare le radici verso gli strati di suolo più profondi, riducendo il contatto ▼ Continua la rilettura critica delle ricerche internazionali. In questo numero si analizza una sperimentazione americana sui metodi per evitare i danni da radici alle pavimentazioni del manto stradale e dei marciapiedi VALERIO COZZI Radici vs pavimentazioni Diverse metodologie sperimentate per limitare i conflitti tra radici degli alberi e costruito in ambiente urbano: A) pannelli antiradice Deeproot; B) telo in polietilene; C) pannelli in polietilene estruso; D) ghiaia; E) suolo strutturale. ACER RICERCA RILETTURA DI CONTRIBUTI INTERNAZIONALI FIGURA 1 - EFFETTI DEI METODI TESTATI (VALORI ESPRESSI IN MM) 3 900 80 70 60 50 40 A 2,5 7 1,5 1 15 ab b b 10 400 200 0 5 Controllo Suolo strutturale Schiuma Ghiaia 0 Polietilene 1000 800 600 b b b c c Controllo ab 20 Suolo strutturale ab Schiuma 30 25 ab D Ghiaia 1800 1600 1400 1200 a Polietilene C Deeproot 0 35 B 30 20 10 0 0,5 Deeproot ▼ con le pavimenti e, quindi, danneggiamenti e sollevamenti. Inoltre, secondo l’autore, non riducono la stabilità della pianta anzi la incrementano poiché promuovono l’appro(6) fondimento delle radici ; 3) strato orizzontale spesso 10 cm di ghiaia lavata di diametro 2,5-3,75 cm al di sotto della pavimentazione in cemento. La ghiaia, per la bassa capacità di ritenzione idrica e scambio cationico, è un substrato poco attrattivo per la crescita radicale, soprattutto in suoli ben drenati; 4) apposizione di due pannelli orizzontali sovrapposti di polietilene estruso (schiuma) (Foamular 150), per uno spessore totale di 10 cm, al di sotto della pavimentazione in cemento. Questi pannelli, comunemente usati per l’isolamento termico delle abitazioni, sono stati testati per la prima volta da Smiley come misura preventiva al danneggiamento delle pavimentazioni; 5) apposizione di uno strato orizzontale di suolo strutturale, costituito da un mix di ghiaia e argilla (2,5/1, v/v), dallo Effetti dei vari metodi testati su: A) sollevamento delle pavimentazioni a opera delle radici; B) fessurazioni o rotture delle pavimentazioni; C) diametro medio delle radici nei primi 20 cm sotto la pavimentazione; D) superficie di contatto tra radici e pavimentazioni. Lettere diverse indicano differenze significative tra le tesi con P<0,05, usando il metodo Student-Newman-Keuls per la separazione delle medie (modificato da Smiley, 2008). spessore di 10 cm, al di sotto della pavimentazione in cemento. I suoli strutturali sono stati messi a punto per ridurre la compattazione dei suoli urbani senza diminuirne la capacità di carico; 6) controllo: pavimentazione in cemento posata direttamente sul suolo. Risultati ottenuti Le barriere verticali Deeproot, l’apposizione dello strato Cenni metodologici Sito sperimentale: Bartlett Tree Research Laboratory, Charlotte, NC, USA. Durata dell’esperimento: 10 anni Specie utilizzata: Platanus x acerifolia Willd., 4 cm di diametro del fusto all’impianto, messi a dimora nel febbraio 1996 in due file parallele con un sesto d’impianto di 6 m. Tipo di suolo: franco, moderatamente drenato e non compattato. Infrastrutture realizzate: Un marciapiede in cemento (spessore 10 cm) è stato installato, a 50 cm dal colletto dei platani. A tale scopo, sono stati rimossi 10 cm (tesi con barriere verticali) o 20 cm (tesi con barriere orizzontali) di suolo. Le barriere orizzontali (ghiaia, schiuma) sono state posizionate prima di stendere il cemento; quelle verticali subito dopo, con attenzione a posizionare il bordo superiore al livello della pavimentazione. Disegno sperimentale: blocchi randomizzati con 6 tesi e 5 repliche Misurazioni effettuate: l’innalzamento della pavimentazione a opera delle radici è stato misurato inserendo nel suolo una barra di acciaio in modo che la parte superiore della barra fosse a livello del pavimento. Dopo 10 anni dalla posa, l’innalzamento è stato calcolato per differenza tra l’altezza iniziale e quella finale. Crepe e fessurazioni sono state valutate visualmente (due classi: presenti o assenti) dopo 10 anni dalla posa. Alla fine dell’esperimento, la pavimentazione e l’immediato sottosuolo (20 cm) utilizzando acqua ad alta pressione per misurare il diametro delle radici e la loro superficie a contatto con la pavimentazione. Le radici con diametro inferiore a 2,5 cm non sono state considerate. di ghiaia e quella dei pannelli di schiuma sono risultati i metodi più opportuni per limitare il sollevamento e, soprattutto, il danneggiamento della pavimentazione sovrastante (figura 1-A, B). Le cause di ciò vanno ricercate sia nella riduzione del diametro medio delle radici localizzate nei primi 20 cm di profondità del terreno, osservata principalmente in presenza di barriere verticali (figura 1-C), sia nella riduzione della superficie di contatto tra radici e pavimento (figura 1-D). La ghiaia, già usata con successo in Olanda e negli Stati Uniti come sottofondo per pavimentazioni, seppur non abbia ridotto, rispetto al controllo, il diametro e il numero delle radici superficiali (primi 20 cm di suolo), si è dimostrata un eccellente metodo per ridurre crepe, fessurazioni e sollevamenti del manto stra- ACER 2/2014 • 80 81 • ACER 2/2014 ALESSIO FINI suolo strutturale. I risultati non positivi sono inoltre da imputarsi al ridotto spessore impiegato: infatti viene raccomandata l’installazione di almeno 60 cm di tale substrato, di gran lunga superiore ai 10 cm utilizzati nell’esperimento. Il lavoro di Smiley ha dimostrato come sia possibile ridurre i danni causati dagli apparati radicali alle pavimentazioni mediante un’opportuna progettazione del sito d’impianto. Tra i metodi comparati dall’autore, l’installazione di barriere verticali antiradice rigide, l’apposizione di uno strato di ghiaia inerte o di pannelli di polietilene estruso al di sotto della pavimentazione sono quelli che hanno fornito i migliori risultati. Se l’efficacia dello strato ghiaioso trova am(1; pie conferme in letteratura 3) , le evidenze sull’efficacia dei pannelli verticali sono contra(1, 4) stanti . Infatti, nel lungo periodo (> sei anni), è possibile che le radici, superato il bordo inferiore della barriera, tendano a risalire in superficie, interferendo così con la pavimentazione. Sebbene quindi le barriere possano posticipare il conflitto, non sembrano un rimedio risolutivo. Ciò è stato verificato in suoli poco drenati, pesanti e compattati: il che ha spinto a ipotizzare che l’efficacia delle barriere verticali sia minore proprio in quei contesti in cui sarebbero più (3) utili . Tuttavia, mentre l’apposizione della ghiaia o della schiuma richiede massicci interventi di modifica del sito d’impianto, tali da essere raccomandabili esclusivamente prima della messa a dimora delle piante, i pannelli possono essere installati anche dopo la messa a dimora (ma pri- FRANCESCP FERRINI Conclusioni VALERIO COZZI dale. Similmente, ottimi risultati sono stati ottenuti mediante l’uso di pannelli di polietilene estruso. Infatti, sebbene numerose radici siano state ritrovate all’interno degli strati di schiuma, esse non sono mai entrate in contatto con la pavimentazione. Quando le radici superficiali, cresciute nei pannelli di poliuretano estruso o al di sotto di essi, aumentano di diametro, la pressione da loro esercitata viene dissipata dallo strato schiumoso. Le barriere antiradici (sia verticali lineari sia in polietilene) hanno ridotto il diametro medio delle radici superficiali e anche la superficie di contatto radice-pavimento (figura 1-C, D). Tuttavia, i loro risultati in termini di salvaguardia della pavimentazione sono molto diversi (figura 1-A, B). Qualora si installino barriere verticali antiradice, per avere i migliori risultati, è perciò opportuno, secondo questo lavoro, installare pannelli dotati di un bordo superiore rinforzato (per esempio Deeproot) che, da un lato impedisca al pannello di sprofondare gradualmente nel suolo col passare del tempo, dall’altro impedisca alle radici di insinuarsi, al di sopra del bordo superiore della barriera, a diretto contatto con la pavimentazione stessa. Infine, l’impiego di suolo strutturale ha stimolato la produzione di radici superficiali, a contatto con la pavimentazione, di maggior diametro, rispetto alle altre tesi, e conseguentemente, non si è dimostrato un metodo particolarmente efficace per ridurre i danni causati dagli apparati radicali a strade e marciapiedi. A differenza dello strato in ghiaia, infatti, la presenza di suolo nella matrice sassosa stimola la crescita radicale all’interno del Dall’alto, danni ai marciapiedi a Chicago (Illinois, USA) e causati da Pinus pinea; pavimentazione a Lubiana (Slovenia). ma che le radici si affranchino al di fuori della superficie non pavimentata). Qualora si pensi di installare barriere verticali, si deve effettuare un’analisi del suolo per verificarne tessitura e drenaggio, ed è consigliabile installare barriere profonde almeno 45 cm, che risultano più efficaci rispetto a quelle di profondità infe(5; 1) riore (per es. di 30 cm) . Alessio Fini Dispaa, Università di Firenze Bibliografia 1) Gilman E.F., 2006. Deflecting roots near sidewalks. Arboriculture and Urban Forestry, 32(1):18-23. 2) McPherson G.E., Ferrini F., 2010. Trees are good, but… Arborist News, 19(5):58-60. 3) Morgenroth J., 2008. A review of root barrier research. Arboriculture and Urban Forestry, 34(2):84-88. 4) Pittenger D., Hodel D., 2009. Six-year evaluation of circular root barriers on two tree species. Arboriculture and Urban Forestry, 35(1):41-46. 5) Smiley T.E., 2005. Root growth near vertical root barriers. Arboriculture and Urban Forestry, 31(3):150-152. 6) Smiley T.E., Key A., Greco C., 2000. Root barriers and windthrow potential. Journal of Arboriculture, 26(4):213-217. Per il contributo originale: www.ilverdeeditoriale.com/ ricerche_R.aspx
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