DON CAMILLO VERSO IL GIUBILEO (Danilo Zanella) L’indizione del ‘Giubileo straordinario della misericordia’, aveva provocato in don Camillo stupore, agitazione e subito qualche grana. Il sindaco Peppone, invece, era rimasto piuttosto indifferente anche perché era appassionato solo dalle feste dell’Unità con bandiere rosse, falce a martello con polenta e costiccine ai ferri. Ma non stette zitto: “Don Camillo bisogna proprio andare a Roma per meritare il paradiso?”. “Beh, Peppone sappi che poco conta farci pellegrini a Roma o in altri luoghi stabili, se non affrontiamo il viaggio più difficile: farci pellegrini verso il proprio cuore ‘maltrattato’, e che possiamo paragonare alla ‘scatola nera’ degli aerei, dove è registrata tutta la nostra vita nel bene e nel male”, replicò don Camillo. E Peppone: “Ho letto, che durerà dal prossimo dicembre fino al novembre del prossimo anno. Speriamo che i governanti mandino a rottamare certi pullman scassati, veri cimeli di guerra”. E il don a conferma: “Stavolta ha ragione il signor sindaco: per il trasporto dei pellegrini non possono correre le solite poche corriere così affollate da far restare in piedi anche l’autista!”. Il noto maestro elementare del paese che non era certo un ‘baciabanchi’, elevò il discorso: “Sò che il primo Giubileo fu voluto da papa Bonifacio VIII°, che non era certo uno stinco di santo, e che sostituì papa Celestino che aveva rinunciato. Si ispirò al Giubileo ebraico, descritto nel Levitico dell'Antico testamento, che si celebrava ogni cinquanta anni, lasciando riposare la terra, liberando gli schiavi, e le proprietà ritornavano ai proprietari originari, superando le disuguaglianze”. Don Camillo apprezzò l’intervento e si portò in canonica. Lì si incontrò con un gruppo di giovanottoni dell’entourage, che fra loro stavano dibattendo e snobbando l’evento: “e facciamo anche sto’ Giubileo, tanto non cambierà nulla!”. Il don intervenne subito, proprio per evitare che la polemica si gonfiasse, come quando una palla di neve rischia di diventare una valanga, e sbottò: ”Che ne sapete voi dell’imprevedibile azione della grazia del cielo? Non so’ se avete mai letto il famoso libro: “’Dio esiste: Io l'ho incontrato”. E’ l’autobiografia del francese Andrè Frossard che da ‘ateo perfetto’ – come amava definirsi - come in un lampo, divenne credente!”. Arturo campanaro, colpito dalla testimonianza, chiese a don Camillo se poteva saperne di più. E al parroco non sembrava vero di poter continuare nel suo reportage: “Il ventenne Andrè, entrò per curiosità in una Cappella del quartiere latino di Paris alle 5,10 per uscirne alle 5 e un quarto in Compagnia di una ‘amicizia’ che non era di questa terra. Trovandosi di fronte a «cose» mai viste: il Santissimo Sacramento esposto in alto, tra fiori e candele luminose. Entratovi scettico e ateo… preoccupato di ben altre cose che di un Dio che non pensava neppure più di negare. Confesserà: “all’improvviso si scatenò una serie di prodigi che smantelleranno in un istante l’essere assurdo che ero: Sì, Dio esiste. E io l’ho incontrato!”. Quando don Camillo chiuse la serracinesca, tutti si fecero pensierosi. Remo, il figlio di Peppone, che ‘remava’ piuttosto poco nella barca della chiesa, sembrava coinvolto, e il parroco gli chiese: ”E tu Remo, ricevuta la Cresima, lo sai di essere diventato “soldato di Cristo?". E lui: "Certo che lo sò!, anche se mi vede da queste parti solo a Natale e a Pasqua”. E don Gaspare: “Soldato di Cristo, ma forse facente parte dei servizi segreti?”. Non mancò una risata generale. Ma, qualche settimana dopo, a tormentare don Camillo, spuntò un altro gruppo, da far invidia ai ‘talebani’, formato da cattolici intransigenti, non certo ecumenici, sempre preoccupati dei vizi degli altri. Fermi all’”Extra Ecclesiam nulla salus: fuori della Chiesa non c’è salvezza” si sentivano gli unici ‘salvati’. Don Camillo non mancò di tuonare verso quegli incalliti refrattari. Ma ecco che a sorpresa videro arrivare il vescovo diocesano, che subito si immerse nel dibattito. Compresa la mentalità degli interlocutori, per rendersi convincente incominciò a narrare la storia di un ateo che per tutta la vita aveva cercato Dio, ma non era riuscito a trovarlo. Dopo un’esistenza esemplare, venne che morì, e nell’incontrare S. Pietro nell’al di là, incominciò a tremare sapendo che era giunta l’ora di fare i conti. Invece, dopo un breve ‘giudizio’, si sentì accolto e accompagnato a passeggiare felicemente per il paradiso, incontrando prima dei bravi musulmani, poi dei generosi induisti, così pure dei felici buddisti… Nell’ateo cresceva sempre più la meraviglia e S. Pietro gli spiegò che erano persone che in vita si erano comportate così bene da potersi considerare come dei veri ‘cristiani anonimi’ o da cristiani inconsapevoli!”. Così, mentre procedevano giunsero presso un alto muro da dove provenivano canti melodiosi. “chi sono”, chiese l’ateo. E S.Pietro: “Fate piano: sono i cattolici che pensano di essere soli!”. Monsignore, in visita alle parrocchie per verificare come stavano gestendo la fase pregiubilare, volle seriamente precisare: “Il Giubileo è un periodo di conversione per tutti, durante il quale la Chiesa concede l'Indulgenza, cioè la ‘remissione della pena per i peccati’ commessi. Ritornando a Dio con tutto il cuore (Confessione-conversione), con le gambe (pellegrinaggio), con le labbra (la preghiera) e con le braccia (la carità solidale). Se con l’aiuto della grazia ci muoveremo così, la Porta santa non solo la apriremo ma la ‘sfonderemo’ e la conversione sarà simile a un’autentica rivoluzione dell’amore”. Ma ecco, che non poteva mancare la domanda: “Cosa vuol dire remissione della ‘ pena’ per i peccati?”. Neanche farlo a posta, dal vicino Oratorio arrivò una pallonata che frantumò la vetrata della sala. Don Gaspare chiese subito scusa al Vescovo, invitandolo a perdonare quei ragazzi. Monsignore, prese la palla al balzo e disse: “Vedete ora abbiamo perdonato i ragazzi della vetrata caduta a pezzi. Ma il perdono non ricostruisce il vetro rotto. Bisogna riparare!”. Una mamma che aveva da poco sofferto un pesante lutto in famiglia, chiese: ”Ma le Messe che faccio celebrare per mio figlio sono di riparazione per i peccati della sua vita?”. “Certo signora – rispose il Vescovo – la preghiera e ogni atto di penitenza e di carità diventa riparazione per il male che abbiamo compiuto, sia per noi che per gli altri”. Le domande si facevano incalzanti e don Camillo volle precisare che una Confessione fatta in maniera integrale, con pieno dispiacere e un buon proposito, possiamo sperare di essere perdonati delle nostre colpe e purificati anche della ‘pena temporale’, cioè dalle scorie del male. A questo punto, a qualcuno gli era venuto il mal di testa, ma il Vescovo volle comunque concludere in bellezza: “L’Anno Santo chiede a tutti il distacco totale dal peccato. E il Papa indicendo un Giubileo autorizza che si possa attingere al vero tesoro della Chiesa: cioè ai meriti di Cristo, della Madonna e dei santi noti e ignoti. Così noi possiamo godere della santità di cui è arricchita la Comunità cristiana per rigenerarci oggi, ed evitare in futuro l’esperienza della Purificazione nell’anticamera del Paradiso”. Don Camillo, soddisfatto in pieno, concluse come sempre: “Un giorno un cardinale voleva rincuorare Pio IX, ricordandogli che la ‘barca di Pietro’, secondo la promessa di Gesù, non sarebbe mai stata preda della tempesta. Ma il papa di botto, rispose: "È vero, ma il Signore non ha parlato dell'equipaggio!. Ora, da Pio IX a Papa Francesco ci è dato un ‘salvagente’ meraviglioso: l’Anno Santo della misericordia!”.
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