Concordato preventivo: la valutazione della proposta è riservata ai creditori Tribunale Rovigo, decreto 08.07.2014 (Leonardo Serra) Alla luce di quanto disposto dall'art. 184, comma 2, L.F., in forza del quale il concordato della società ha efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili anche quando il loro patrimonio rimane estraneo rispetto alla procedura, è rimessa ai creditori la valutazione circa la convenienza della proposta concordataria rispetto alla liquidazione fallimentare, ancorché quest'ultima appaia più conveniente, poiché comprende anche il patrimonio dei soci illimitatamente responsabili. Sono questi i principi sanciti nel decreto 8 luglio 2014 del Tribunale di Rovigo chiamato a pronunciarsi sull'impugnativa promossa dal commissario giudiziale all'uopo nominato ex art. 165 L.F. che aveva dedotto, ai sensi dell'art. 173 L.F. l'insussistenza dei presupposti per ricorrere alla procedura concordataria da parte di una società a responsabilità limitata. La proposta di concordato avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile, in quanto la domanda aveva previsto di mettere a disposizione della massa creditoria sia i beni della società sia i beni personali del socio illimitatamente responsabile. Il commissario giudiziale ha pertanto eccepito che la soluzione proposta dalla società avrebbe posto sullo stesso piano i creditori privilegiati ex art. 2778, n. 18, c.c. degradati per incapienza patrimoniale ed i creditori chirografari. Tale situazione era inoltre in contrasto anche con quanto previsto dall'art. 148 L.F. in forza del quale il fallimento della società si estende anche ai soci illimitatamente responsabili. Nel caso di estensione del fallimento ex art. 148 L.F., i creditori privilegiati che vantano un diritto di credito nei confronti della società hanno infatti la possibilità di soddisfarsi sui beni personali dei soci con preferenza rispetto ai creditori chirografari, beneficiando di un trattamento migliore rispetto a quanto previsto nel concordato preventivo. Il Tribunale Rovigo ha dunque aperto d'ufficio, a norma dell'art. 173, comma 1, L.F., la procedura incidentale per la revoca dell'ammissione al concordato preventivo in ragione delle contestazioni sollevate dal commissario giudiziale che ha eccepito la violazione dell'art. 160 L.F., poiché la proposta concordataria avrebbe in definitiva determinato la formazione di una unica classe di creditori a svantaggio dei creditori privilegiati, i quali, all'esito della procedura, si sarebbero venuti a trovare in concorso con i creditori chirografari nella distribuzione di somme: i creditori privilegiati avrebbero invece avuto diritto di partecipare in via esclusiva su dette somme in caso di fallimento della società. Il Giudice non ha tuttavia condiviso le eccezioni sollevate dal commissario giudiziale. Il Tribunale di Rovigo ricorda innanzitutto che, salvo patto contrario, a norma dell'art. 180, comma 2, L.F., il concordato preventivo della società ha efficacia anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, sebbene il loro patrimonio rimanga estraneo alla procedura concordataria. L'omologazione e l'esecuzione del concordato producono pertanto un effetto esdebitatorio anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, in quanto il pagamento della percentuale concordataria ha effetto liberatorio anche nei loro confronti. Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza, nel caso di mancato pagamento integrale delle percentuali indicate nella proposta di concordato con cessione di beni, il Giudice non avrebbe però alcuna possibilità di sindacato sull'aspetto pratico ed economico della proposta e dunque sulla correttezza dell'indicazione della misura di soddisfacimento percentuale offerta ai creditori. L'indicazione della percentuale di pagamento non sarebbe quindi vincolate in quanto il Giudice non avrebbe la possibilità di sindacare sulla non corrispondenza tra le percentuali indicate e quelle concretamente realizzate alla luce di quanto disposto dall'art. 186 L.F. (Cass. Civ. 23 giugno 2011, n. 13817). In altri termini, nel concordato preventivo con cessione di beni, l'indicazione della percentuale di pagamento ai creditori e dell'epoca di presumibile liquidazione svolge una funzione essenzialmente informativa, ma non costituisce un obbligo per il debitore, il quale è unicamente tenuto a mettere a disposizione dei creditori i beni liberi da vincoli ignoti che ne impediscano la liquidazione o che ne alterino considerevolmente il valore (Trib. Venezia 11 giugno 2012). Il Tribunale di Rovigo ha dunque escluso che, nel caso di specie, possa essere applicabile sia il rimedio della risoluzione ed annullamento del concordato per inadempimento ai sensi dell'art. 186 L.F. , sia l'azione esecutiva nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, qualora i creditori chirografari o privilegiati degradati vengano soddisfatti in una misura percentuale inferiore rispetto a quella indicata nella proposta di concordato. Il Giudice ha dunque ha respinto la tesi difensiva sostenuta dal commissario giudiziale, non ritenendo sussistente la violazione dell'art. 160 L.F. dal momento che la scelta di accettare o meno il trattamento meno soddisfacente del concordato preventivo rispetto a quello fallimentare è un al giudizio di convenienza riservato ai creditori, giacché il patrimonio personale del socio illimitatamente responsabile non è soggetto a concorso. Il Tribunale di Rovigo ha pertanto escluso di dover disporre la revoca del concordato preventivo. (Altalex, 21 agosto 2014. Nota di Leonardo Serra) / fallimento / concordato preventivo / proposta / valutazione / creditori / Leonardo Serra / Tribunale di Rovigo Decreto 8 luglio 2014 REPUBBLICA ITALIANA IL TRIBUNALE DI ROVIGO riunito in camera di consiglio nelle persone dei sigg. magistrati: Dott.ssa Adalgisa Fraccon, Presidente Dott. Mauro Martinelli, Giudice relatore ed estensore Dott. Fabio Saga, Giudice nella causa rubricata sub n. R.G. 27/2013 Conc. Prev. ha pronunciato il seguente DECRETO Il Commissario giudiziale ha riferito, ai sensi dell’art. 173, ultimo comma l.f., di ritenere insussistenti i presupposti, fin dal deposito della proposta, per la ammissione al concordato preventivo e, per tali condivise argomentazioni, il Tribunale ha aperto d’ufficio la procedura volta alla revoca della ammissione al concordato. L’assunto del commissario è che la proposta concordataria sarebbe inammissibile perché mettendo la parte a disposizione della massa creditoria i beni sociali e quelli del socio illimitatamente responsabile Giovanni Coltro (individuati come finanza esterna), si tratterebbero nello stesso modo i creditori privilegiati degradati per incapienza patrimoniale (privilegiati ai sensi dell’art. 2778 n. 18 c.c.) e i creditori chirografari, in violazione dell’art. 160, II comma l.f. Tale conclusione è stata prospettata dal commissario in virtù del disposto dell’art. 148 l.f., in forza del quale il fallimento della società comporta il fallimento anche dei soci illimitatamente responsabili, così consentendo ai creditori privilegiati sociali di soddisfarsi sui beni personali dei soci con preferenza rispetto ai creditori chirografari, con trattamento, dunque, migliorativo rispetto a quanto prospettato nel concordato preventivo. Rappresentando numericamente la miglior soddisfazione del ceto creditorio privilegiato nell’ipotesi fallimentare rispetto a quella concordataria, il commissario ha inteso evidenziare la violazione dell’art. 160, II comma l.f. con conseguente necessità di revoca della ammissione alla procedura concordataria (“l’iniziativa della società debitrice di formare un’unica classe di creditori penalizza oltremodo i creditori privilegiati incapienti posto che quest’ultimi, all’esito delle operazioni di concordato, si troverebbero in concorso con i creditori chirografari nella distribuzione di somme cui avrebbero diritto, invece, di percepire in via esclusiva in caso di fallimento”). Il Tribunale, individuando il fumus della tesi del commissario, ha introdotto il procedimento incidentale volto alla revoca dalla ammissione al concordato. La resistente si è costituita deducendo – per le ragioni condivise di seguito esposte – l’infondatezza della tesi del commissario (cfr. punto 9 a p. 8 della memoria del 20 giugno 2014), chiedendo, in via subordinata, la revoca del procedimento in forza di una nuova proposta concordataria depositata. All’udienza del 4 luglio 2014 la parte resistente ha puntualizzato come la domanda principale fosse di rigetto del procedimento di revoca per insussistenza dei presupposti giuridici e, solo in via subordinata, di revoca per cessazione della materia del contendere per formulazione di una nuova proposta. Rileva, in primo luogo, il Tribunale come tale precisazione impedisca di esaminare e prendere compiutamente posizione sullo spinoso problema giuridico della possibilità del ricorrente di modificare la proposta concordataria durante il giudizio di cui all’art. 173 l.f. In senso contrario si è, infatti, espressa la giurisprudenza di merito edita (cfr. Trib. Napoli 4 dicembre 2012; Tribunale di Parma 2 ottobre 2012; Tribunale di Latina 30 luglio 2012; Corte di Appello di Milano 29 giugno 2011), rinvenendo nel procedimento de quo un’autonomia strutturale – rafforzata dal richiamo all’art. 15 l.f. – incompatibile con la possibilità di modifica della proposta, dato lo stato di limbo nel quale si trova il procedimento concordatario e la natura indisponibile della fase processuale di revoca. E’ pur vero che la peculiare ipotesi di revoca per difetto originario delle condizioni di ammissibilità sembrerebbe lasciare spazi interpretativi maggiori di compatibilità tra la modifica elisiva dei limiti originanti la potenziale revoca ed il procedimento di cui all’art. 173 l.f., data la riconosciuta possibilità di modificazione fino al momento della votazione ex art. 175, II comma l.f., ma è altresì vero che le ragioni strutturali evidenziate dalla giurisprudenza richiamata non avrebbero nemmeno ragion d’essere nell’ambito del procedimento per condotte frodatorie, dato che la frode rimane di per sé a prescindere da una modifica della proposta concordataria – inidonea ad escludere, anche congiunta ad una rinuncia al concordato, l’illiceità della condotta -, mentre proprio nelle ipotesi non sanzionatorie di revoca per difetto originario o sopravvenuto dei requisiti oggettivi di ammissibilità, assumono un significato giustificante la asserita incompatibilità. Il tema, comunque, non può definitivamente trovare esegesi e soluzione, poiché la domanda principale impone di esaminare se realmente la proposta di concordato originaria fosse ammissibile; resta, in ogni caso, preclusa la disamina di una proposta concordataria eventuale e subordinata, perché è evidente che vi è illogicità giuridica tra la disamina dei presupposti della prima domanda, la cui accertata assenza darebbe luogo alla revoca del concordato, e la valutazione della nuova proposta che, a seguito della revoca, non sarebbe ammissibile. Ciò doverosamente premesso, occorre evidenziare come la prospettazione del commissario – in un primo tempo sommariamente condivisa dal Tribunale – non possa trovare accoglimento. Quantunque sia incontestabile che la procedura fallimentare (nonché quella esecutiva ordinaria, in virtù di quanto disposto dall’art. 2291 c.c.) garantirebbe ai creditori privilegiati degradati un trattamento migliore rispetto a quella concordataria – con ciò recependosi integralmente i rilievi del commissario – non è condivisibile l’interpretazione del presupposto giuridico fondante l’assunto. L’art. 184, II comma l.f., infatti, prevede che, salvo patto contrario, il concordato della società abbia effetto anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, quantunque il loro patrimonio resti estraneo alla procedura (cfr. Cass., 30 agosto 2001, n. 11343: “La disposizione contenuta nell'art. 184 legge fall., che estende ai Soci illimitatamente responsabili di società di persone l'efficacia remissoria del concordato preventivo, si riferisce ai debiti sociali, nel senso che il pagamento della percentuale concordataria ha effetto liberatorio anche nei loro confronti, senza con ciò determinare l'estensione della procedura al patrimonio dei soci, che resta estraneo ad essa”); in altri termini, l’omologazione del concordato e la sua esecuzione producono un effetto esdebitatorio anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili. Ad un primo esame potrebbe, comunque, ipotizzarsi che l’eventuale mancato adempimento integrale delle percentuali indicate nel concordato in sede liquidatoria, consentirebbe – per la percentuale insoddisfatta – di rivalersi sui beni dei soci illimitatamente responsabili, sicché l’apporto di un bene nella massa concordataria violerebbe l’art. 160, II comma l.f., attribuendo somme di denaro ai creditori chirografari prima dell’integrale soddisfazione di quelli privilegiati. Tuttavia tale valutazione è smentita dall’orientamento espresso dalla Suprema Corte (Cass., S.U. 23 gennaio 2013, n. 1521: “Nel concordato preventivo con cessione dei beni, non rientra nell'ambito del giudizio di fattibilità esercitabile dal giudice un sindacato sull'aspetto pratico ed economico della proposta e, quindi, sulla correttezza della indicazione della misura di soddisfacimento percentuale offerta ai creditori. In questo tipo di concordato, infatti, la percentuale di pagamento eventualmente prospettata non è vincolante, non essendo prescritta da alcuna disposizione ed essendo al contrario sufficiente l'impegno a mettere a disposizione dei creditori i beni dell'imprenditore liberi da vincoli ignoti che ne impediscono la liquidazione o ne alterino apprezzabilmente il valore, fatta ovviamente salva la possibilità che il debitore assuma una specifica obbligazione in tal senso”; Cass., 23 giugno 2011, n. 13817, coerentemente con il tenore della modifica del disposto dell’art. 186 l.f.) in forza del quale salvo espressa garanzia di soddisfazione di una percentuale - nel concordato liquidatorio non vi è alcuna possibilità di sindacato sulla non corrispondenza tra le percentuali indicate e quelle concretamente realizzate (cfr. Cass., 23 giugno 2011, n. 13817: “in tema di concordato preventivo con cessione dei beni, dopo la riforma fallimentare di cui al decreto legge 14 marzo 2005, n. 35 e successive modificazioni, l'indicazione della percentuale di pagamento ai creditori e dell'epoca di presumibile liquidazione corrisponde essenzialmente ad una funzione informativa, idonea ad integrare la determinatezza e l'intelligibilità della proposta stessa, ma non entra - almeno di regola e salvo diversa esplicitazione - in modo diretto a far parte altresì degli obblighi assunti del debitore stesso, come sarebbe nel concordato misto, in cui ai creditori viene garantita una data percentuale di soddisfacimento; ne consegue che unico obbligo assunto dal debitore è quello di porre a disposizione dei creditori i beni liberi da vincoli ignoti che ne impediscano la liquidazione ovvero ne alterino in modo sensibile il valore, spettando ai creditori, che ne condividano la valutazione, accettare il rischio di un diverso esito della liquidazione stessa, comparandone la complessiva convenienza sulla base delle alternative praticabili”; cfr. anche Trib. Vicenza, 11 giugno 2012 in http://www.ilcaso.it/), sicché l’eventuale soddisfazione dei creditori chirografari o privilegiati degradati in misura inferiore a quella indicata, non legittimerebbe il ricorso allo strumento di cui all’art. 186 l.f., né l’azione esecutiva nei confronti dei soci illimitatamente responsabili (cfr. Cass., 30 agosto 2001, n. 11343): conseguentemente non può determinarsi la violazione dell’art. 160, II comma l.f., poiché non è possibile la aggressione giuridica dei beni dei soci illimitatamente responsabili (suggerisce qualche spunto di riflessione diverso Cass. 6 novembre 2013, n. 24970). Il trattamento deteriore del concordato rispetto alla soluzione fallimentare resta, dunque, nell’alveo del giudizio di convenienza riservato ai creditori, posto che l’apporto del socio illimitatamente responsabile non deve essere necessariamente utilizzato nel rispetto delle cause di prelazione, dato che il patrimonio personale del socio non è assoggettato al concorso. P.Q.M. 1. DICHIARA non doversi dar luogo alla revoca del concordato; 2. FISSA nuovamente l’adunanza dei creditori sulla originaria proposta concordataria per il giorno 10 ottobre 2014 alle ore 12,00; 3. MANDA al Commissario per la comunicazione ai creditori. Si comunichi alle parti a cura della Cancelleria e al P.M. Rovigo, 8 luglio 2014 Il Giudice Estensore La Presidente ( da www.altalex.it )
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