- Appunti di analisi convessa

Appunti di analisi convessa
Tommaso R. Cesari
APPUNTI NON UFFICIALI1
(Analisi convessa - corso di Libor Vesely)
1
Nota del redattore
Questi appunti sono stati scritti da me durante il Corso (A.A. 2012-2013).
Sono assoluta-
mente indipendenti dall'iniziativa del Docente. Di queste carte non è fornita alcuna garanzia
esplicita o implicita di correttezza o di completezza. In particolare, è assai probabile che risultino presenti numerosi errori delle tipologie più svariate, in primo luogo concettuali, dovuti
all'imperizia del curatore. Si sottolinea inoltre che non vi è stato da parte mia alcuno sforzo
per rendere gli argomenti formalmente corretti, né tanto meno per dare loro una veste chiara
e lineare. Usate dunque le informazioni qui contenute a vostro rischio e pericolo.
Tommaso R. Cesari
Indice
1
2
3
Insiemi e involucri
Il Teorema di Carathéodory . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2
Spazi vettoriali topologici (s.v.t.)
Mappe ani e funzioni convesse
24
Continuità di funzioni convesse (in spazi normati) . . . . . . . . .
29
3.1.1
32
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Ottimizzazione convessa
38
Teoremi di Hahn-Banach (o di separazione)
. . . . . . . . . . . .
38
4.2
Punti estremi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
41
4.4
4.2.1
<Assente lunedì 8 aprile e venerdì 12 aprile 2013> . . . .
49
4.2.2
Lunedì 15 aprile 2013 - Topologie deboli . . . . . . . . . .
49
4.2.2.1
49
Convergenza di net e successioni deboli e deboli*
Teorema di Helly, applicazioni e parenti
. . . . . . . . . . . . .
Altre applicazioni del terema di Helly
. . . . . . . . . . .
51
56
Funzioni convesse notevoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
60
4.4.1
Funzione indicatrice
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
60
4.4.2
Funzionale di Minkowski (Minkovski gauge) . . . . . . . .
65
Ottimizzazione di funzioni convesse
5.1
Minimizzazione di funzioni convesse
5.2
I punti più vicini
5.2.1
7
Funzioni semicontinue
4.1
4.3.1
6
4
12
18
4.3
5
. . . . . . . . . . . . . . . . . .
Categorie di Baire
3.1
4
4
1.1
70
. . . . . . . . . . . . . . . .
70
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
71
Centri di Chebyshev . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
76
Disuguaglianza integrale di Jensen
79
6.1
Immagine di una misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
86
6.1.1
88
Applicazioni delle disuguaglianza integrale di Jensen . . .
Funzioni convesse di una variabile reale
7.1
7.2
89
Derivabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
89
7.1.1
92
Subdierenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Derivabilità seconda
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
93
INDICE
8
9
3
Dierenziabilità di funzioni convesse in spazi normati
98
8.1
Nozioni generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
98
8.2
Subdierenziale (in generale)
Appendice
9.1
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103
119
Reti o successioni generalizzate (Net) . . . . . . . . . . . . . . . . 119
9.1.1
<Assente lunedì 8 aprile e venerdì 12 aprile 2013> . . . . 121
9.1.2
Lunedì 15 aprile 2013
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121
Capitolo 1
Insiemi e involucri
Denizione 1 (Notazione). Tranne che quando diversamente specicato, si
supporrà che tutti gli spazi vettoriali nominati in queste dispense siano spazi
vettoriali reali.
1.1
Il Teorema di Carathéodory
Denizione 2 (Segmento, retta). Sia
x, y ∈ X .
X
uno spazio vettoriale reale e siano
Si deniscono come segue i segmenti
[x, y]
:= { (1 − t) x + ty | t ∈ [0, 1]} ,
[x, y)
:=
[x, y] \ {y}
e la retta
↔
xy
:= { (1 − t) x + ty | t ∈ R} .
Osservazione 3. Chiaramente, per ogni
x, y ∈ X
si ha
[x, y] = [y, x] .
Denizione 4 (Insieme lineare/ane/convesso). Siano
reale e
A⊂X
• A
è ane se per ogni
per ogni
•
A è un sottospazio vettoriale
α, β ∈ R si ha αx + βy ∈ A;
è lineare se
e per ogni
• A
α, β ∈ R,
uno spazio vettoriale
tali
α, β ∈ R,
di
↔
X,
i.e. se per ogni
x, y ∈ A si ha xy ∈ A, i.e. se per
che α + β = 1, si ha αx + βy ∈ A;
A è convesso se per ogni
e per ogni
ogni
x, y ∈ A
x, y ∈ A
e
x, y ∈ A si ha [x, y] ∈ A, i.e. se per ogni x, y ∈ A
α, β ≥ 0 e α + β = 1, si ha αx + βy ∈ A.
tali che
Osservazione 5. Chiaramente lineare
viceversa.
X
non vuoto. Si dice che
⇒
ane
⇒
convesso, ma non valgono i
1.1 Il Teorema di Carathéodory
Esercizio 6. Siano
X
5
uno spazio vettoriale reale e
A ⊂ X
non vuoto.
Si
dimostri che
1.
A
è lineare se e solo se
2.
A
è ane se e solo se
A
A
è ane e
0 ∈ A.
è il traslato di un insieme lineare (e tale insieme
lineare è unico).
3. Se
A
è ane e
L
è un traslato di
A,
allora
dim (A) = dim (L).
4. L'intersezione di una famiglia arbitraria di insiemi lineari (/ani/convessi)
è un insieme lineare(/ane/convesso).
Denizione 7 (Involucro lineare/ane/convesso). Siano
riale reale e
•
A⊂X
\
{ L ⊂ X | L ⊃ A, L lineare} ;
involucro ane, l'insieme
aff (A) :=
•
uno spazio vetto-
involucro lineare, l'insieme
span (A) :=
•
X
non vuoto. Si deniscono
\
{ Λ ⊂ X | Λ ⊃ A, Λ af f ine} ;
involucro convesso, l'insieme
conv (A) :=
\
{ C ⊂ X | C ⊃ A, C convesso} .
Denizione 8 (Dimensione e codimensione (algebrica)). Siano
vettoriale reale e
A⊂X
X
uno spazio
non vuoto. Si denisce dimensione (algebrica) di
A
dim (A) := dim (aff (A)) .
Se
X
è uno spazio vettoriale nito dimensionale e
si denisce codimensione (algebrica) di
A
è un suo sottospazio ane,
A
codim (A) = dim (X) − dim (A) .
Osservazione 9. Per ogni
a∈A
si ha
dim (aff (A)) = dim (span (A − a)) .
Denizione 10 (Iperpiano). Sia
sionale.
Si dice che
H ⊂ X
X
uno spazio vettoriale reale nito dimen-
è un iperpiano se
H
è ane e
codim (H) =
1.
Denizione 11 (Duale algebrico). Sia
nisce duale algebrico di
X
X
uno spazio vettoriale reale. Si de-
l'insieme
X # := { ϕ : X → R | ϕ e` lineare} .
Gli elementi di
X#
prendono il nome di funzionali lineari.
1.1 Il Teorema di Carathéodory
Teorema 12. Siano
Allora
H
X
6
uno spazio vettoriale reale nito dimensionale e
⇔ esistono ϕ ∈ X # \ {0} e α ∈ R tali che
H ⊂ X.
è un iperpiano
H = ϕ−1 (α) .
Dimostrazione. Si dimostrano separatamente le due implicazioni.
⇒)
x0 ∈ H
Sia
arbitrario. Allora
L := H − x0
v ∈ X \ L tale
`x ∈ L tali che
che, per ogni
Pertanto esiste
esiste unico
è lineare di codimensione
x∈X
esiste unico
tx ∈ R
1.
ed
x = `x + tx v.
Si consideri il funzionale lineare
→
ϕ:X
R,
x 7→
ϕ−1 (0) = L,
Per quanto detto,
ϕ (x) := tx .
da cui
H = L + x0 = ϕ−1 (0 + ϕ (x0 )) = ϕ−1 (ϕ (x0 )) .
⇐)
ϕ ∈ X # \ {0} e α ∈ R tali che H = ϕ−1 (α). Poiché ϕ 6= 0 esiste
y0 ∈ X tale the ϕ (y0 ) 6= 0. Senza perdere in generalità, si supponga
dunque che ϕ (y0 ) = α. Allora
Siano
L = H − y0 = ϕ−1 (α − α) = ϕ−1 (0) ,
ϕ−1 (0). Si vuole dimostrare che ϕ−1 (0)
ha codimensione unitaria. Sia v ∈ X tale che ϕ (v0 ) = 1 (chiaramente un
tale v0 esiste). Allora per ogni x ∈ X si ha
cioè
H
è un traslato del nucleo
= x − ϕ (x) v0 +ϕ (x) v0 .
|{z}
{z
}
|
x
∈ϕ
/ .1 (0)
∈ϕ−1 (0)
Denizione 13. Siano
1. se
2. se
λ1 , . . . , λn ∈ R,
X
uno spazio vettoriale reale e
si dice che
λ1 , . . . , λ n ∈ R e
Pn
j=1
Pn
i=1
λi xi
x1 , . . . , x n ∈ X ;
è una combinazione lineare ;
λj = 1, si dice che
Pn
i=1
λ i xi
è una combinazione
ane ;
3. se
λ1 , . . . , λn ∈ [0, +∞)
e
Pn
j=1
λj = 1,
si dice che
Pn
i=1
λi xi
è una
combinazione convessa.
Proposizione 14. Siano
Allora
X uno spazio vettoriale reale e A ⊂ X non vuoto.
A è convesso ⇔ A contiene ogni combinazione convessa dei suoi elementi
(di qualsiasi lunghezza).
1.1 Il Teorema di Carathéodory
7
Dimostrazione. Si dimostrano separatamente le due implicazioni.
⇐)
Segue direttamente dalla denizione di insieme convesso.
⇒)
Si procede per induzione sulla lunghezza delle combinazioni convesse. La
combinazione di un punto vale banalmente, quella di due punti per denizione di convessità. Si assuma che la tesi valga per combinazioni con-
k punti. Si ssino allora arbitrariamente x1 , . . . , xk+1 ∈ X e
Pk+1
λ1 , . . . , λk+1 ∈ [0, +∞) con
j=1 λj = 1. Senza perdere in generalità
(se no la tesi è banalmente vericata) si può supporre λk+1 6= 1, ovvero
λk+1 ∈ [0, 1). Si ha dunque
vesse di
k+1
X
λi xi =
i=1
k
X
λi xi + λk+1 xk+1 .
i=1
Osservando che
k
X
λi = 1 − λk+1 ,
i=1
si ha
(1 − λk+1 )
k
X
i=1
|
λi
xi +λk+1 xk+1 ∈ A
| {z }
1 − λk+1
∈A
{z
}
∈A per ip. d0 induz.
A
perché
è convesso.
Proposizione 15. Siano
Allora
A
è ane
⇔A
X
uno spazio vettoriale reale e
A ⊂ X
non vuoto.
contiene ogni combinazione ane dei suoi elementi (di
qualsiasi lunghezza).
Dimostrazione. Si utilizza lo stesso trucco utilizzato nella dimostrazione della
proposizione precedente, con atttenzione ad indicizzare gli
λk+1 6= 1
Teorema 16. Siano
X
uno spazio vettoriale reale e
conv (A) = {combinazioni
Dimostrazione. Sia
C
α, β ≥ 0
e
in modo tale che
n
X
i=1
non vuoto. Allora
A} .
C ⊃PA. Inoltre C è
m
λi xi e j=1 µj yj in C ,
il membro di destra. Chiaramente
α + β = 1,
α
A⊂X
convesse di elementi di
convesso, infatti prese due combinazioni convesse
se
xj
(altrimenti si ricade in casi banali).
Pn
i=1
allora
λi xi + β
m
X
j=1
µj yj =
n
X
i=1
αλi xi +
m
X
j=1
βµj yj
1.1 Il Teorema di Carathéodory
8
A,
è una combinazione lineare di elementi di
che
n
X
αλi +
i=1
m
X
βyj = α
j=1
n
X
con coecienti non negativi e tali
λi +β
yj = α + β = 1.
i=1
j=1
| {z }
| {z }
=1
=1
x ∈ C , poiché x è una combinazione
A ⊂ conv (A), allora x è (più in generale) una
combinazione convessa di elementi di conv (A). Ma la Proposizione14 garantisce
Pertanto
C ⊃ conv (A).
m
X
convessa di elementi di
Viceversa, per ogni
A
e
che gli insiemi convessi siano chiusi rispetto a combinazioni convesse, dunque
C ⊂ conv (A).
Teorema 17. Siano
X
uno spazio vettoriale reale e
aff (A) = {combinazioni
ani di elementi di
Teorema 18 (di Carathéodory). Siano
d∈N
e
A⊂X
conv (A)
A⊂X
X
A} .
spazio vettoriale reale di dimensione
non vuoto. Allora
= {combinazioni convesse di elementi di Adi


d+1
d
X

X
=
λi xi xi ∈ A, λi ≥ 0,
λj = 1 .


i=0
conv (A) ⊂ C .
lunghezza al più
d + 1}
j=0
Dimostrazione. Ovvia la ⊃.
dimostrrare
non vuoto. Allora
Sia
Sia C l'insime
x ∈ conv (A),
x=
n
X
ad ultimo membro.
Si vuole
λ i xi
i=0
convessa. Sel
Sia
n > d.
n ≤ d, x ∈ C ,
eventualmente aggiungendo dei coecienti nulli.
x0 = 0
x1 , . . . , x n
Per semplicare la dimostrazione, si può supporre che
(basta traslare e la convessità è invariante per traslazioni).
sono linearmente dipendenti, dunque esistono
Pn
Allora
α1 , . . . , αn ∈ R,
non tutti nulli,
i=1 αi xi = 0. Senza perdere in generalità si supponga inotre che
Pn
i=1 αn ≥ 0 (altrimenti è sucienta moltiplicare tutti gli αi per −1). Per ogni
t ≥ 0 allora
n
X
tale che
x=
i=1
Se
(λi − tαi ) xi .
| {z }
=:µi
αi ≤ 0, allora per ogni i ∈ {1, . . . , n}, µi ≥ λi ≥ 0. Se αi > 0, µi ≥ 0
t ≤ λi /αi . Sia dunque
λi λi
t :=
i
∈
{0,
.
.
.
,
n}
,
α
>
0
= 0,
i
αi αi0
solo se
se e
1.1 Il Teorema di Carathéodory
per qualche
i0 ,
dunque
µi0 = 0.
9
Allora
x=
n
X
µi xi .
i=1
i6=i0
Osservando che
s :=
n
X
µi =
i=1
i6=i0
n
X
λi −t
x=
n
X
i=1
i6=i0
αi ≤ 1.
i=1
i=1
| {z }
| {z }
≤1
Pertanto
n
X
=0
µi xi + (1 − s) x0
|{z}
=0
è una combinazione convessa di (al più)
n
punti, cioè di un punto in meno di
quella di partenza. Iterando il ragionamento si arriva a
≤ d+1
punti. Come
si vede nell'esempio successivo può succedere che siano necessari esattamente
d+1
punti.
Esempio 19. Nel piano, dati tre punti non allineati, tutte le combinazioni
convesse di due dei tre punti costituiscono i lati del triagolo aventi i tre punti
come vertici. Le combinazioni convesse dei tre punti costituiscono invece tutto
il triangolo (pieno!), ovvero l'involucro convesso dei tre punti.
Corollario 20. Sia
X
X
uno spazio normato
compatto e non vuoto. Allora
conv (K)
1 reale nito dimensionale.
Sia
K⊂
è compatto.
d := dim (X). Per il Teorema di Carathéodory


d
d
X

X
conv (K) =
λi yi y0 , . . . , yd ∈ K, λ1 , . . . , λd ∈ [0, 1] ,
λj = 1 .


i=0
j=0
Dimostrazione. Sia
Posto
Λ :=


λ := (λ0 , λ1 , . . . , λd ) ⊂ Rd+1

si ha chiaramente
Λ chiuso in Rd+1
e

d

X
λ1 , . . . , λd ,
λj = 1 ,

j=0
Λ ⊂ [0, 1]
d+1
, dunque
Λ compatto in Rd+1 .
Si noti allora che, posta
F : Λ × K d+1
→
(λ, (y0 , . . . , yd )) 7→
X,
F ((λ, (y0 , . . . , yd ))) :=
d
X
λi yi ,
i=0
1 Sarebbe
suciente uno spazio vettoriale topologico (in modo che le operazioni sia-
no continue) di Hausdor.
topologico.
Vedi sezione successiva per la denizione di spazio vettoriale
1.1 Il Teorema di Carathéodory
F
Λ × K d+1
è continua,
10
è compatto (per il Teorema di Tychono ) e
conv (K) = F Λ × K d+1 ,
dunque anche
conv (K)
Teorema 21. Sia
X
è compatto.
uno spazio vettoriale normato reale. Allora le seguenti
aermazioni sono equivalenti:
1.
X
è di Banach;
2. ogni serie di elementi di
semplicemente in
X
che converge assolutamente in
X,
converge
X.
Dimostrazione (idea). Si dimostrano separatamente le due implicazioni.
1. ⇒ 2.)
Sia
{xn }n∈N ⊂ X ,
dunque
2. ⇒ 1.)
Sia
P+∞
kxn k < +∞. Allora, se n, m ∈ N, n ≤ m,
X
n
+∞
X
X
m
kSm − Sn k := xj −
xi ≤
kxi k ,
j=1
i=n+1
i=1
ha
{Sn }n∈N
{xn }n∈N ⊂ X
con
n=1
si
è di Cauchy.
di Cauchy. Allora esiste una successione
crescente, tale che, per ogni
k, m, n ∈ N,
con
kxn − xm k ≤ 1/2k
{n (k)}k∈N ⊂ N
m, n ≥ n (k)
si ha
(∗) .
Si deniscano allora
y1
.
.
.
yk
.
.
.
:= xn(1) ,
.
.
.
.
.
.
:= xn(k) − xn(k−1)
.
.
.
.
.
.
P+∞
(∗) per ogni k ∈ N si ha kyk k ≤ 1/2k−1 , dunque k=1 kyk k < +∞,
P+∞
cui
k=1 yk converge. Osservando che per ogni m ∈ N
Da
Sm = xn(1) +
m
X
da
xn(k) − xn(k−1) = xn(m) .
k=2
Quindi la successione
{xn }n∈N ,
che è di Cauchy, ha una sottosuccessione
convergente. Da questo segue che
X
è uno spazio di Banach.
2 Dimostrare
questa ultima aermazione!
{xn }n∈N
2
è convergente
e dunque che
1.1 Il Teorema di Carathéodory
11
Esempio 22. In spazi vettoriali innito dimensionali, non è detto che l'involucro convesso di insiemi compatti sia a sua volta compatto. Si consideri lo spazio
di Banach
`2 :=


+∞
x = (xn )n=1

e per ogni
n ∈ N,
Chiaramente
K
⊂ R kxk :=
+∞
X
!1/2
2
|xn |
n=1
< +∞



n
sia
en := (0, . . . , 0, 1, 0, 0, . . .) ∈ `2 . Sia
1 K=
en n ∈ N ∪ {0} .
n
è compatto in
`2 .
Si noti che
+∞
X
1
= 1.
2n
n=1
Si consideri la combinazione convessa innita
x :=
+∞
X
1 1
e .
n n n
2
n=1
`2 poiché converge assolutamente. Si noti che x ∈
/ conv (K),
infatti il supporto di x contiene un'innità numerabile di punti e conv (K) contiene solo successioni a supporto nito, in quanto ogni elemento di K è diverso
PN
n
da zero in un unico numero naturale. Detta, per ogni N ∈ N, σN :=
n=1 1/2 ,
Questa converge in
si ha
x
N
X
1 1
e
n
N →+∞
2n n
n=1
N
X
1 1
1
=
lim σN
e
n ,
N →+∞
2 n σN n
n=1
{z
}
|
=
lim
=:cN ∈conv(K)
dunque, osservando che esistono i limiti
x=
lim σN cN =
N →+∞
lim σN lim cN ,
N →+∞
{z }
N →+∞
|
=1
si ha
x=
pertanto
conv (K)
lim cN ∈ conv (K),
N →+∞
non è chiuso, dunque non è compatto. È proprio la chiusura
la proprietà che viene a mancare nel caso generale.
1.2 Spazi vettoriali topologici (s.v.t.)
1.2
12
Spazi vettoriali topologici (s.v.t.)
Denizione 23 (Interno). Siano
indica con
int (A) l'insieme
(X, τ )
uno spazio topologico e
dei punti interni dell'insieme
A.
A ⊂ X.
Si
Talvolta si scriverà
int(X,τ ) (o con un abuso di notazione intX (A)) per specicare
A è riferito alla topologia dello spazio topologico (X, τ ).
che l'interno di
Denizione 24 (Spazio vettoriale topologico (s.v.t.)). Uno spazio vettoriale
topologico (s.v.t.)
reale,
τ
reale è una coppia
(X, τ )
dove
X
è uno spazio vettoriale
è una topologia e le seguenti applicazioni sono continue
S :X ×X
→ X,
(x, y) 7→ S ((x, y)) := x + y,
M :R×X
→ X,
(t, x) 7→ M ((t, x)) := tx.
Osservazione 25 (Importante). Sia
sono omeomeorsmi di
delle funzioni
S, M ,
X
su
X
uno s.v.t.,
x 7→
x + y0 ,
x 7→
t0 x
X,
y0 ∈ X , t0 ∈ R \ {0}.
Allora
infatti loro e le loro inverse sono restrizioni
che sono continue. Dunque l'insieme degli intorni di ogni
punto è in corrispondenza biunivoca con l'insieme degli intorni dell'origine. In
formule, detto per ogni
x0 ∈ X
U (x0 ) := { V ⊂ X | x0 ∈ int (V )}
si ha
U (x0 ) = { x0 + V | V ∈ U (0)} .
Proposizione 26. Sia
tale che
X
uno s.v.t. reale. Per ogni
U ⊂ U (0)
esiste
V ∈ U (0)
V + V ⊂ U.
S (0, 0) = 0 ∈ U
S (V × V ) ⊂ U .
Dimostrazione. Basta osservare che
Esiste dunque
V ∈ U (0)
tale che
e
S
è continua in
(0, 0).
Osservazione 27. Si rilegga l'osservazione precedente nel caso di spazi normati.
ε > 0 esiste un δ > 0 tale che Bδ (0) + Bδ (0) ⊂ Bε (0),
ε > 0 esiste un δ > 0 tale che per ogni x, y ∈ X con
kxk , kyk < δ , si ha kx + yk < ε. Dalla disuguaglianza triangolare segue che
un qualunque δ < ε/2 funziona. La proprietà dimostrata nella proposizione
Questa dice che per ogni
ovvero che per ogni ogni
precedente esprime dunque, in forma più debole, la disuguaglianza triangolare.
Esercizio 28. Sia
che per ogni
t ≥ t0
X
V ∈ U (0), x ∈ X . Si dimostri che esiste t0 > 0 tale
x ∈ tV . Un insieme con questa proprietà prende il nome
s.v.t.,
si ha
di insieme assorbente ). Negli s.v.t. dunque, tutti gli intorni sono assorbenti.
1.2 Spazi vettoriali topologici (s.v.t.)
Teorema 29. Sia
3
algebrico
tra
X
e
X
Rd
13
T2 con dim (X) = d. Allora ogni isomorsmo
è un isomorsmo di spazi vettoriali topologici .
uno s.v.t.
Osservazione 30. Se lo s.v.t.
4
non è
T2
esistono dei controesempi al teorema
precedente.
Corollario 31. Siano
X
e
Y
X, Y
s.v.t.
T2
della stessa dimensione (nita!). Allora
sono isomor (come s.v.t.).
Osservazione 32. A meno di isomorsmi,
Rd
è l'unico s.v.t.
T2
di dimensione
d.
Osservazione 33. Succede una cosa analoga per gli spazi normati. Poiché su
d
R
tutte le norme sono equivalenti, ogni isomorsmo algebrico tra uno spazio
normato e
Rd
è un isomorsmo di spazi normati. Per ogni
α ∈ Rd
si può infatti
denire una norma
|||α||| = T −1 (α)X ,
dove
T
è l'isomorsmo.
Teorema 34. Sia
Y
X
s.v.t.
T2 , Y ⊂ X
sottospazio con
dim (Y ) < +∞.
Allora
è chiuso.
Osservazione 35. Di nuovo, se
Corollario 36. Sia
conv (K)
X
Y
non fosse
T2 , K ⊂ X
T2
il teorema non sarebbe valido.
compatto, con
dim (K) < +∞.
Allora
è compatto.
Dimostrazione. Poiché
dente
s.v.t.
X
Y = span (K)
ha dimensione nita, dal teorema prece-
è chiuso. Per il Corollario 20, risulta dunque
e di conseguenza compatto in
conv (K)
compatto in
Y
X.
Osservazione 37. Per esempio, questo vale per
K
nito (perché siamo in uno
spazio di Hausdor, dunque ogni punto è chiuso).
Denizione 38 (Interno relativo). Siano
X
s.v.t. e
A⊂X
non vuoto. Si scrive
x0 ∈ ri (A)
e si dice che
x0 appartiene all'interno relativo di A se x0 ∈ intaff(A) (A). Si
x0 come elemento nello spazio ane aff (A) e si considera l'interno
topologia di aff (A).
considera cioè
rispetto alla
Teorema 39. Siano
Allora
X
s.v.t. e
ri (C) 6= ∅.
3 Applicazione
4 Cioè è anche
biunivoca e lineare.
omeomorsmo.
C ⊂X
non vuoto, con
0 < dim (C) < +∞.
1.2 Spazi vettoriali topologici (s.v.t.)
14
0 ∈ C.
d = dim (span (C)).
Dimostrazione. Senza perdere in generalità (basta traslare) sia
Siano
Y := aff (C) = span (C) (perché contiene 0 ∈ C )
{u1 , . . . , ud } ⊂ C base per Y . Si denisca allora
Esiste
T : Rd
e
→ Y,
(α1 , . . . , αd ) 7→ T ((α1 , . . . , αd )) :=
d
X
αi ui .
i=1
Per il Teorema 29,
T
è un isomorsmo di s.v.t., dunque
T −1 (C) ⊃ {0, e1 , . . . , ed } =: E
e di conseguenza anche


T −1 (C) ⊃ conv (E) = (α1 , . . . , αn ) ∈ Rn


n

X
∀i ∈ {1, . . . n} , αi ≥ 0,
αj ≤ 1 ,

j=1
ma l'insieme ad ultimo membro ha punti interni in
Rd ,
dunque
intY (C) 6=
∅.
Denizione 40 (Chiusura convessa). Siano
denisce chiusura convessa di
A
in
X
X
s.v.t. e
A⊂X
non vuoto. Si
(o involucro convesso chiuso di
A
in
X)
l'insieme
conv (A) :=
\
Proposizione 41. Sia
{ C ⊂ X | C convesso, C chiuso, C ⊃ A} .
X
uno s.v.t.
e
C ⊂ X
convesso.
Allora anche
C
è
convesso.
∈ C . Si vuole
x , y ∈ C vicini ad x
0
0 0
punto z ∈ [x , y ] vicino
Dimostrazione (idea). Si ssino arbitrariamente due punti x, y
0 0
vericare che
y
z.
ed
a
[x, y] ⊂ C .
Si prendano allora due punti
rispettivamente e per ogni
Proposizione 42. Sia
X
z ∈ [x, y]
uno s.v.t. e
si trovi un
A⊂X
non vuoto. Allora
conv (A) = conv (A).
Dimostrazione. Per denizione e per la proposizione precedente è chiaro che
conv (A) ⊂ conv (A). Poiché conv (A) ⊃ A,
dunque conv (A) = conv (A) ⊃ conv (A).
ed è convesso,
conv (A) ⊃ conv (A),
Denizione 43 (Insieme totalmente limitato/precompatto). Siano
X spazio
E ⊂ X non vuoto. Si dice che E è totalmente limitato (o precompatto )
se per ogni ε > 0 esiste F ⊂ E nito tale che, per ogni x ∈ E esiste y ∈ F tale
che d (x, y) < ε.
metrico e
1.2 Spazi vettoriali topologici (s.v.t.)
15
Osservazione 44. In spazi normati la denizione precedente si può riscrivere
come segue. Per ogni
ε>0
esiste un insieme nito
E ⊂ F + Bε (0) =
[
F ⊂E
tale che
Bε (y) ,
y∈F
dove
Bε ( · )
rappresenta la bolla aperta centrata in
·
e di raggio
ε.
Alla luce di
questa osservazione è possibile dare un'analoga denizione negli spazi vettoriali
topologici.
Denizione 45 (Insieme totalmente limitato/precompatto). Siano
E ⊂ X non vuoto. Si dice che E è totalmente limitato
ogni V ∈ U (0) esiste F ⊂ E nito tale che E ⊂ F + V .
Osservazione 46. Equivalentemente si può scrivere
X
s.v.t. e
(o precompatto ) se per
F ⊂ X.
Osservazione 47. Esiste una teoria (detta degli spazi uniformi) che racchiude
sia la teoria degli spazi metrici che degli s.v.t.
ma è molto formale e non ci
si lavora molto bene, quindi in questo corso si preferirà enunciare i risultati
separatamente per spazi metrici e spazi vettoriali topologici.
Teorema 48. Siano
compatto se e solo se
X uno spazio metrico e E ⊂ X non
E è totalmente limitato e completo.
vuoto. Allora
E
è
Osservazione 49. Esiste una versione del teorema precedente che caratterizza
i sottoinsiemi compatti degli spazi vettoriali topologici, tuttavia necessita della
nozione di completezza in uno s.v.t. che per motivi di tempo (e tutto sommato
di rilevanza) non verrà arontata in questo corso.
Teorema 50. Siano
E
X
uno s.v.t. e
E⊂X
non vuoto. Se
E
è compatto, allora
è totalmente limitato.
V ∈ U (0). Esiste allora W ∈ U (0)
W ⊂ V . Poiché R := { x + W | x ∈ E} è un ricoprimento
aperto del compatto E , è possibile estrarre da R un sottoricoprimento nito.
Esiste pertanto un insieme nito F tale che E ⊂ { x + W | x ∈ F }, ovvero
E ⊂ F + W e di conseguenza E ⊂ F + V .
Dimostrazione. Si ssi arbitrariamente
aperto e tale che
Esempio 51. Non vale il viceversa. L'intervallo (0, 1)
⊂ R è totalmente limitato
ma non è compatto (manca la completezza).
Fatto 52. In
R
tutti gli insiemi limitati sono totalmente limitati.
Esercizio 53. Siano
1.
2.
X
s.v.t. (o spazio metrico) e
A⊂X
A
è totalmente limitato se e solo se la chiusura
A
è totalmente limitato se e solo se per ogni
totalmente limitato tale che
A ⊂ A0 + V .
A
non vuoto. Allora
è totalmente limitata;
V ∈ U (0)
esiste
A0 ⊂ A
(Suggerimento: per la freccia
non banale si applichi la denizione, si trova in questo modo una somma
del tipo
V +V.
Per concludere si sfrutta la Proposizione 26).
1.2 Spazi vettoriali topologici (s.v.t.)
16
Denizione 54 (Spazio vettoriale localmente convesso). Sia
toriale topologico. Si dice che
ogni intorno
U ∈ U (x)
X
X
uno spazio vet-
è localmente convesso se per ogni
esiste un intorno
V ∈ U (x), V ⊂ U
x∈X
e per
convesso, i.e. se
ogni intorno contiene un intorno convesso.
Teorema 55. Sia
limitato, allora
X s.v.t. T2 localmente convesso.
conv (A) è totalmente limitato.
Se
∅ 6= A ⊂ X
è totalmente
V ∈ U (0). Poiché X è localmente conW ∈ U (0) tale che W ⊂ V . Si ssi un tale W .
Poiché A è totalmente limitato esiste F ⊂ A nito tale che A ⊂ F + W . Si ssi
tale F . Sia x ∈ conv (A). Allora esistono λ1 , . . . , λn ∈ [0, 1] e a1 , . . . , an ∈ A
Pn
tali che
i=1 λi = 1 e
n
X
x=
λi ai .
Dimostrazione. Si ssi arbitrariamente
vesso esiste un intorno convesso
i=1
Si ssino tali elementi. Poiché
tale che
ai ∈ {yi } + W .
A ⊂ F +W,
i ∈ {1, . . . , n} esiste yi ∈ F
ai con gli yi che li
per ogni
Proviamo allora a sostituire gli
approssimano bene. Sia
y=
n
X
λi yi ∈ conv (F ) .
i=1
Poiché
X
è
T2 ,
per il Corollario 36
conv (F )
è compatto, dunque è totalmente
limitato. Osservando che
x−y =
n
X
λi (ai − yi ) ∈ conv (W ) = W ⊂ V,
| {z }
i=1
segue che
∈W
x ∈ y+V ⊂ F +V.
x
Dall'arbitrarietà di
e dall'Esercizio 53 segue
quindi la tesi.
Osservazione 56. Gli spazi normati sono tutti localmente convessi. Tuttavia se
p
p
p
p ∈ (0, 1), gli spazi L ([0, 1]) e `
5
non lo sono . Ad esempio in
L
l'unico aperto
convesso è tutto lo spazio.
Corollario 57 (Importantissimo). Sia
compatto e non vuoto, allora
conv (K)
X
Dimostrazione. Per il teorema precedente
que per l'Esercizio 53 anche
conv (K)
uno spazio di Banach. Se
K⊂X
è
è compatto.
conv (K)
è totalmente limitato, dun-
lo è. Dato che
conv (K)
è chiuso, dunque
completo, per il Teorema 48 è compatto.
Osservazione 58. L'unica cosa che mancava nel controesempio in
chiusura.
5 Si
ricordi che la metrica in questo caso è denita senza la radice
p-esima
`2
era la
1.2 Spazi vettoriali topologici (s.v.t.)
Proposizione 59. Siano
z = (1 − t) x + ty ,
X
uno s.v.t.,
17
x, y ∈ X , t ∈ (0, 1) e U ∈ U (x).
[x, y]. Allora
Sia
ovvero un punto sul segmento
V := (1 − t) U + ty ∈ U (z) .
Dimostrazione. Senza perdere in generalità si supponga
U ∈ U (0)
e
V = (1 − t) U +ty ,
| {z }
dove
(1 − t) U ∈ U (0)
x = 0.
Allora
z = ty ,
perché la moltiplicazione
∈U (0)
per uno scalare non nullo è un omeomorsmo.
ovvero di
Corollario 60. Sia
y ∈ C.
Dunque
V
è un intorno di
ty
z.
Allora
X s.v.t., C ⊂ X
[x, y] \ {y} ∈ int (C).
non vuoto e convesso. S
x ∈ int (C) ,
Dimostrazione. Segue direttamente dalla proposizione precedente.
Osservazione 61. Se
a
y
x ∈ int (C)
non cadranno certamente in
↔
y∈
/ int (C) i punti sulla retta xy
int (C), neanche in C ! (Altrimenti
e
successivi
si potrebbe
applicare il teorema precedente.)
Corollario 62.
X
s.v.t. Se
C⊂X
è convesso, allora
int (C)
Dimostrazione. Segue direttamente dal corollario precedente.
è convesso.
Capitolo 2
Categorie di Baire
Denizione 63 (Categorie e spazi di Baire). Siano
X
uno spazio topologico e
A ⊂ X.
1. Si dice che
A
è mai denso se
1
int A = ∅,
i.e. se non è denso in alcun
aperto non vuoto ;
2.
A
è di prima categoria (di Baire) se esiste una successione
2
{An }n∈N ⊂ X
di insiemi mai densi tali che
A=
+∞
[
An ;
n=1
3.
A
è di seconda categoria (di Baire) se
4.
X
è uno spazio di Baire se per ogni
3
A
non è di I categoria.
G⊂X
aperto non vuoto,
G
è di II
categoria .
Teorema 64. Sia
X
spazio topologico. Le seguenti aermazioni sono equiva-
lenti:
1.
X
è di Baire;
2. per ogni
{Gn }n∈N ⊂ X
successione di aperti densi in
\
X,
l'intersezione
Gn
n∈N
4
è densa
in
X.
1 Gli insiemi mai densi sono da interpretarsi come topologicamente piccoli.
2 Anche gli insiemi di I categoria sono da pensarsi piccoli in molti spazi topologici.
un po' l'equivalente degli insiemi di misura nulla negli spazi di misura.
3 Cioè se tutti gli aperti non vuoti sono topologicamente grandi.
4 Dunque in particolare non è vuota. Questo fatto si utilizzerà spesso
nel seguito.
Sono
19
Inoltre entrambe le precedenti implicano le due aermazioni equivalenti:
a.
{Fn }n∈N ⊂ X
per ogni successione di insiemi chiusi
n0 ∈ N
esiste
b. X
tali che
X=
S
n∈N
Fn ,
int (Fn0 ) 6= ∅;
tale che
è di seconda categoria.
Dimostrazione. Si dimostrano separatamente le varie implicazioni.
1. ⇒ 2.)
Si supponga che
X
sia di Baire.
Sia
{Gn }n∈N ⊂ X
una successione di
aperti densi. Si supponga per assurdo che
\
Gn 6= X.
n∈N
Sia
H :=
T
n∈N Gn
c
.
H=
. Chiaramente
H
è un aperto non vuoto e
!c
\
!c
\
⊂
Gn
n∈N
Gn
[
=
n∈N
c
(Gn ) .
n∈N
c
n ∈ N, poiché Gn è un aperto denso, (Gn ) è un chiuso
c
c
infatti int ((Gn ) ) = ∅. Allora per ogni n ∈ N anche H ∩ Gn è
Per ogni
denso,
mai
mai
denso. Da questo si deduce che
H=
[
c
(H ∩ (Gn ) ),
|
{z
}
n∈N
mai denso
X
ma questo contraddice il fatto che
2. ⇒ 1.)
sia di Baire.
Si dimostra la contronominale. Se non vale
1.,
esiste
G⊂X
aperto non
vuoto di I categoria. Esiste pertanto una successione di insiemi mai densi
{An }n∈N ⊂ X
tale che
G=
[
An .
n∈N
Per ogni
n∈N
si denisca allora
Hn := An
c
,
che risulta aperto e denso. Chiaramente da questo segue che anche
S
n∈N
Hn
è un aperto denso. Ma
!
G∩
\
Hn
n∈N
cioè
T
n∈N
= G∩
\
n∈N
Hn
An
c
!c
!
= G∩
[
An
n∈N
non è densa, dunque non vale
2..
!c
⊂ G∩
[
n∈N
An
= G∩Gc = ∅,
20
2. ⇒ a.)
Si dimostra la contronominale.
{Fn }n∈N ⊂ X
chiusi
Se non vale
a.
esiste una successione di
tale che
X=
[
Fn
(2.0.1)
n∈N
e per ogni
n ∈ N, int (Fn ) = ∅.
Allora, denito per ogni
n ∈ N,
Gn := Fnc ,
chiaramente
Gn
è un aperto denso.
Passando al complementare nella
(2.0.1), si ottiene
∅ = Xc =
\
Gn ,
n∈N
dunque, in quanto vuota, l'intersezione
vale la
a. ⇔ b.
T
n∈N
Gn
non è densa, quindi non
2..
Si lascia la verica di questa ultima equivalenza come esercizio al lettore
interessato.
Esempio 65. Se
X è di II categoria non è detto che sia di Baire. Ad
X = [0, 1] ∪ ([2, 3] ∩ Q) è di II categoria, in quanto [0, 1] lo è, ma non è
perchè l'aperto [2, 3] ∩ Q è di I categoria.
Denizione 66 (Spazio localmente compatto). Sia
dice che
X
è localmente compatto se per ogni
esiste un intorno
V ∈ U (x),
con
V ⊂U
x∈X
X
esempio
di Baire
uno spazio topologico. Si
e per ogni intorno
U ∈ U (x)
compatto.
Teorema 67 (di Baire). Si supponga la validità di almeno una delle seguenti:
1.
X
è uno spazio metrico completo;
2.
X
è uno spazio topologico compatto di Hausdor;
3.
X
è uno spazio topologico di Hausdor localmente compatto.
Allora
X
è uno spazio di Baire.
Esempio 68. Con il Teorema di Baire si può dimostrare che esistono funzioni
continue mai derivabili. Su
C ([0, 1])
si scrivono le funzioni mai derivabili come
intersezione di opportune famiglie aperte e dense di funzioni e si dimostra così
che esistono tantissime funzioni continue mai derivabili.
Denizione 69 (Interno algebrico). Siano
x0 ∈ A.
Si dice che
x0
X
uno spazio vettoriale,
appartiene all'interno algebrico di
A
e si scrive
x0 ∈ a − int (A)
se per ogni
v∈X
esiste
δ>0
tale che, per ogni
x0 + tv ∈ A.
t ∈ (−δ, δ)
si abbia
A⊂X
e
21
Osservazione 70. Chiaramente la stessa denizione si può enunciare equivalentemente per
t ∈ [0, δ).
Osservazione 71. In sostanza appartenere all'interno algebrico di
A
signica
che partendo un punto ci si può muovere per un po' lungo ogni direzione senza
uscire da
A.
Esempio 72. In generale (in uno s.v.t.) interno (topologico) ed interno algebrico sono diversi. Ad esempio, nel piano si consideri
A := D (−1, 1) ∪ ({0} × [−1, 1]) ∪ D (1, 1) .
Chiaramente l'origine non è un punto interno ad
A ma appartiene al suo interno
algebrico. Come vedremo nel seguito, per insiemi convessi questi due concetti
spesso coincidono.
Esercizio 73. Siano
X
uno s.v.t. e
A⊂X
non vuoto. Si dimostri che
int (A) ⊂ a − int (A) .
(Suggerimento: si sfrutti il fatto che in uno s.v.t. gli intorni sono assorbenti.)
Osservazione 74. Siano
X
uno s.v.t. e
a − int (A) = {x ∈ A | ∀Lx
non vuoto. Allora
retta passante per
Osservazione 75. Nei casi banali in cui
int (A) = a − int (A) .
A⊂X
x, x ∈ intLx (A ∩ Lx ) } .
int (A) = X
o
int (A) = ∅,
chiaramente
Ci si chiede ora in quali altri casi gli intorno topologici
coincidano con quelli algebrici.
Teorema 76. Siano
X
s.v.t. e
C⊂X
convesso. Si supponga che valga almeno
una delle seguenti:
1.
int (C) 6= ∅;
2.
X
è
3.
X
è uno spazio di Banach,
C
è convesso e di tipo
4.
X
è uno spazio di Banach,
C
è convesso e chiuso;
T2
e
C
è nito-dimensionale;
Fσ ;
allora
int (C) = a − int (C) .
Dimostrazione. Si dimostrano separatamente i vari punti.
1. Vedi gura.
aff (C) ha dimensione nita. Se esiste x ∈ a − int (C), si
aff (C) = X perché aff (C)contiene tutte le rette. Allora anche X è
nito-dimensionale. Per il teorema dell'interno relativo ri (C) 6= ∅, ma in
questo caso int (C) = ri (C) 6= ∅, dunque è possibile applicare il punto
2. Per ipotesi
ha
precedente.
22
3. Sia
x ∈ a − int (C).
Per ipotesi esistono
[
C=
{Fn }n∈N ⊂ X
chiusi tali che
Fn .
n∈N
Senza perdere in generalità sia
x = 0.
Noto che, poihché
C
è assorbente
!
X=
[
kC =
k∈N
[
[
k
Fn
=
n∈N
k∈N
Per il Teorema di Baire si esistono allora
[
kFn .
|{z}
k,n∈N chiusi
k0 , n0 ∈ N
tali che
int (k0 Fn0 ) 6= ∅.
Poiché la moltiplicazione per uno scalare non nullo è un omomorsmo, si
ha
int (Fn0 ) 6= ∅,
da cui
int (C) 6= ∅
e si può ancora applicare il primo punto.
4. Deriva banalmente dal punto precedente.
Esercizio 77. In generale non valgono queste uguaglianze. Si determinino dei
semplici controesempi.
Teorema 78. Siano
1. Se
X
int (C) 6= ∅,
s.v.t. e
allora
C⊂X
convesso.
C = int (C).
2. Se
(a)
int (C) 6= ∅,
(b)
X
è
T2
e
C
oppure se
è nito-dimensionale,
Allora
int (C) = int C .
Dimostrazione. Si dimostrano separatamente i vari punti.
1. È sempre vero che
C ⊃ int (C).
Vedi gura per spazi normati.
x0 ∈ int (C) e x ∈ C .
x = 0. Per ogni
V + V ⊂ U . esiste c ∈
Viceversa, siano
Per s.v.t.
si supponga
U ∈ U (0) esiste V ∈ U (0) tale che
C ∩ (x + V ) e y ∈ (int (C)) ∩ (c + V ). Si ha dunque
intorno
y ∈ c + V ⊂ x + V + V ⊂ x + U.
2.
int (C) ⊂ int C
vale sempre.
23
(a) Siano
x0 ∈ int (C)
e
x ∈ int C ⊂ a − int C .
Vedi gura. Noto
che in uno spazio metrico
x = (1 − λ) x0 + λz.
Prendo
cn → z
e determino
xn = (1 − λ) x0 + λcn .
Per gli s.v.t. si
procede come sopra con gli intorni.
(b) Per ipotesi
aff (C)
aff (C)
è nito-dimensionale, poiché
X
è
T 2 , essendo
C ⊂ aff (C),
aff (C) è chiuso. Allora
x ∈ int C si ha aff (C) = X . Per il teorema dell'interno
ri (C) 6= ∅, poiché nel nostro caso int (C) = ri (C), la tesi
un sottospazio ane,
dunque se
relativo
segue dal punto (a).
Esempio 79. Qualche ipotesi serve sempre, anche per insiemi convessi. Ad
X è normato e dim (X) = ∞ si dimostra che esiste sempre un
f ∈ X # \ X ∗ cioè lineare ma non continuo. Detto C = ker (F ), C
è denso in X , dunque X = X , ma int (C) = ∅ dunque int (C) = ∅. Tuttavia
int C = X .
esempio se
funzionale
Osservazione 80. Per il teorema precedente all'ultimo, in spazi di Banach si può
sostituire la (a) con
a − int (C) 6= ∅.
Esercizio 81. Si consiglia fortemente di fare questo esercizio. Siano
A⊂X
1.
A
X
s.v.t. e
non vuoto. Si dimostrino i seguenti punti.
convesso
⇔ ∀α, β > 0 si
⊂ non vale.
ha
αA + βA = (α + β) A.
Si noti che se
X
non
è convesso il
2. Siano
2A.
X
normato e
A chiuso (o A aperto).
Allora
A è convesso ⇔ A+A =
Capitolo 3
Mappe ani e funzioni
convesse
Osservazione 82. In questo capitolo si dimostrerà poco.
Denizione 83 (Notazioni). Durante tutto questo capitolo, tranne che quando
specicato, si indicheranno con
ane di
X
e con
C
X, Y
degli spazi vettoriali, con
un insieme convesso di
Denizione 84. Sia
F : A ⊂ X → Y.
A un sottoinsieme
X.
F
x, y ∈ A
Si dice che
preserva le combinazioni ani, i.e. se per ogni
è una mappa ane se
e per ogni
t∈R
F ((1 − t) x + ty) = (1 − t) F (x) + tF (y) .
Esercizio 85. Sia
1.
F
F :A⊂X →Y.
Le seguenti aermazioni sono equivalenti:
è ane;
n ∈ N, per
λ
j=1 j = 1 si ha
2. per ogni
Pn
ogni
x1 , . . . , xn ∈ A
F
n
X
!
λi xi
=
i=1
Esercizio 86. Sia
1.
F
è lineare
2.
F
è ane
per ogni
F :X →Y.
⇔F
è ane e
e per ogniλ1 , . . . , λn
n
X
∈R
tali che
λi F (xi ) .
i=1
Allora
F (0) = 0;
⇔ esiste un'unica T : X → Y
x ∈ X , si abbia
lineare ed esiste
T (x) = F (x) + y0 .
y0 ∈ Y
tali che,
25
Denizione 87. Sia
per ogni
x, y ∈ C
F : C ⊂ X → Y.
t ∈ (0, 1)
Si dice che
F
è una mappa c-ane se
e per ogni
F ((1 − t) x + ty) = (1 − t) F (x) + tF (y) .
Lemma 88. Sia
F :A⊂X →Y.
Allora
F
è ane se e solo se
F
è c-ane.
Dimostrazione (idea). Vedi gura.
Teorema 89. Sia
fe : aff (C) → Y
F :C⊂X→Y
c-ane. Allora esiste ed è unica l'estensione
estensione ane di
F.
Osservazione 90. Il teorema precedente aerma che le mappe c-ani sono tutte
restrizioni di mappe ani. Per questo motivo spesso (con un abuso di notazione)
anche le mappe c-ani vengono chiamate semplicemente ani.
Denizione 91. Sia
• f
f : C ⊂ X → R = [−∞, +∞].
Si dice che
è propria se
dom (f ) := {x ∈ C | f (x) ∈ R } =
6 ∅;
l'insieme
• f
dom (f )
viene detto dominio (eettivo) di
f;
è convessa se
epi (f ) := { (x, t) ∈ C × R | f (x) ≤ t}
è convessa in
• f
X × R;
è concava se
Teorema 92. Sia
−f
l'insieme
epi (f )
1
viene detto epìgrafo (o epigràco ) ;
è convessa.
f : C ⊂ X → R.
Con le convenzioni (solo per la tesi di
questo teorema) che
+∞ + (−∞) = +∞
e
0 · (±∞) = 0
le seguenti aermazioni sono equivalenti:
1.
f
è convessa;
2. per ogni
x, y ∈ C
e per ogni
t ∈ (0, 1)
si ha
f ((1 − t) x + ty) ≤ (1 − t) f (x) + tf (y) ;
3. per ogni
Pn
j=1 λj
n ∈ N,
=1
per ogni
f
x1 , . . . , x n ∈ C
n
X
i=1
!
λ i xi
≤
e per ogni
n
X
λ1 , . . . , λn ≥ 0
tali che
λi f (xi ) ;
i=1
quest'ultima disuguaglianza è nota col nome di disuguaglianza di Jensen
1 In
2 Si
inglese è epigraph.
legge iensen.
2
26
Dimostrazione. 3. implica 2. è banale e 2. implica 3. si fa come al solito per
induzione. Si noti che 1. se e solo se per ogni
λ ∈ (0, 1)si
(x, t) , (y, s) ∈ epi (f )
e per ogni
ha
((1 − λ) x + λy, (1 − λ) t + λs) ∈ epi (f )
se e solo se per ogni
x, y ∈ C
e per ogni
t ≥ f (x), s ≥ f (y)
f ((1 − λ) x + λy) ≤ (1 − λ) t + λs
che è una riscrittura della 2..
f :R→R
Osservazione 93. Sia
J 6= ∅.
convessa. Sia
J = f −1 (−∞).
Si supponga che
J è un insieme convesso (essendo in R
è un intervallo). Siano x ∈ J e y > x, x ∈ dom (f ), ma allora anche [x, y) ⊂ J
e di conseguenza lo stesso per ogni z > y . Dunque dom (f ) ⊂ ∂J e per z > y
si ha f (z = +∞). Ovvero se J 6= ∅, dom (f ) ⊂ ∂J e f |R\J ≡ +∞. Per questo
motivo si esclude generalmente la possibilità che f assuma il valore −∞. In
Per la disuguaglianza di Jensen,
questo caso le funziono sono molto poco interessanti, avendo valori niti in soli
due punti ed essento
±
innite nelle altre tre componenti connesse.
Proposizione 94. Siano
convesse. Allora
1. per ogni
3
I, Γ ⊂ N
α1 , . . . , αn ≥ 0
e siano
fi , fγ : C ⊂ X → (−∞, +∞]
la funzione
g=
n
X
αi fi
i=1
è convessa;
2. la funzione
h (x) = sup {fγ (x)}
γ∈Γ
è covessa.
Dimostrazione. 2.
fγ (x) ≤ t
Se
epi (h)
se e solo se
supγ fγ (x) ≤ t
sse per ogni
γ ∈ Γ
sse
epi (h) =
\
epi (fγ ).
γ∈Γ
C ⊂ X un insieme convesso contenuto in uno spazio
f : C → R convessa. Si noti come si può sempre estendere f ad
convessa denita su tutto X . Si pone
(
f (x) , x ∈ C,
fe(x) =
+∞,
x ∈ X \ C.
Osservazione 95. Sia
vettoriale e sia
una funzione
Per funzioni a valori reali invece non si può sempre fare, ad esempio se
semicirconferenza.
3 Dalla
disuguaglianza nella denizione.
f
è una
27
Denizione 96.
V ⊂U
è bilanciato se per ogni
Osservazione 97. In spazi reali signica che
V
|α| ≤ 1
si ha
αV ⊂ V .
è simmetrico rispetto all'origine
e stellato rispetto all'origine.
Osservazione 98. Gli insiemi bilanciati sono connessi per archi, dunque connessi.
Lemma 99. Sia
tale che
V ⊂U
e
X
V
s.v.t., allora per ogni
Dimostrazione (Idea). La mappa
esiste un
W ∈ U (0)
I ∈ U (0)
esiste un intorno
V ∈ U (0)
sia bilanciato.
(t, x) 7→ tx è continua in (0, 0).
Per ogni
ε>0
tale che
V :=
[
tW ⊂ U.
|t|<ε
Sicuramente è un intorno dell'origine, è anche immediato che
Teorema 100. Siano
(i.e.
` ∈ X # \ {0}).
X
s.v.t. e
`:X →R
V
sia bilanciato.
lineare non identicamente nullo
Allora le seguenti aermazioni sono equivalenti:
1.
`
è uniformemente continuo su
2.
`
è continuo su
X
3.
`
è continuo in
0;
4.
`
è continuo in almeno un
5.
`
è limitato in almeno su qualche
6.
`
è superiormente limitato su almeno un aperto non vuoto;
7.
ker (`)
è chiuso (importante!);
8.
ker (`)
non è denso;
Inoltre, se
X
(i.e.
X;
` ∈ X ∗ );
x0 ∈ X ;
U ∈ U (0);
è normato, le condizioni precedenti sono equivalenti alle se-
guenti:
• k`k := supkxk≤1 |` (x)| < +∞;
• `
è lipschitziano
1. ⇒ 2. ⇒ 3. ⇒ 4. Inoltre sono ovvie 3. ⇒ 5. ⇒ 6. e
2. ⇒ 7. ⇒ 8. Rimane da dimostrare che 6. ⇒ 5. ⇒ 1. e che 8. ⇒ 6. e che 4. ⇒ 3.
Dimostrazione. Sono ovvie
4. ⇒ 3. `
continua in
x0 ,
allora per ogni
ε>0
esiste un
V ⊂ U (0)
` (x0 + V ) ⊂ (` (x0 ) − ε, ` (x0 ) + ε) .
Dalla linearità segue che
` (x0 + V ) = ` (x0 ) + ` (V )
e sottraendo
` (x0 )
nell'inclusione precedente si conclude
` (V ) ⊂ (−ε, ε) .
tale che
28
4. ⇒ 5.
Poiché
` ≤ m su x0 + V , dove V ∈ U (0), senza perdere in generalità posso
V simmetrico (in quanto U è bilanciato). Allora
supporre
(−∞, m) ⊂ ` (x0 + V ) = ` (x0 ) + ` (V ) ,
dunque
00
` (V ) ≤00 m − ` (x0 ) ≤ |m − ` (x0 )| = M,
dunque
00
−` (V ) = ` (−V ) ≤00 M ⇒ ` (V ) ≥ −M,
dunque
|` (V )| ≤ M.
5. ⇒ 1.
Sia
ε > 0.
Esiste allora
U ∈ U (0)
tale che per
m>0
00
|` (U )| ≤00 m.
Se
x − y ∈ δU ,
allora
ε
00
00
.
` (x) − ` (y) = ` (x − y) ∈00 δ |` (U )| ≤00 δm < ε ⇐⇒ δ ∈ 0,
m
8. ⇒ 6.
Per ipotesi
ker (`) 6= X , allora il suo complementare è un aperto non vuoto.
x0 ∈ X e V ∈ U (0) bilanciato tale che
Esiste dunque
x0 + V ∩ ker (`) = ∅.
Si può supporre che
00
` (x0 + V ) <00 0,
infatti poiché l'iperpiano
x0 + V
` (x0 + V ) > 0
ker
separa lo spazio in
2
non può essere che ci
siano punti in
che stanno da un lato dell'iperpiano o dall'altro.
se fosse
basterebbe prendere i punti simmetrici rispetto al
ker.
1. Se
X
è normato
10. ⇒ 1. ` ≤ m
9. ⇒ 10.
Siano
su
Bδ (0)
x 6= y ,
da cui, per linearità, segue
10.
allora
` (x) − ` (y) kx − yk ≤ k`k kx − yk .
|` (x) − ` (y)| = kx − yk |
{z
}
≤k`k
Corollario 101. Se
X
è normato, con
dim (X) = ∞,
allora
X # \ X ∗ 6= ∅.
3.1 Continuità di funzioni convesse (in spazi normati)
Dimostrazione. Sia
B
base algebrica di
X
29
(o base di Hammel) . Senza perdere
in generalità (ogni elemento della base si può moltiplicare per uno scalare) si
supponga che
B ⊂ B1 (0).
` : B → R illimitata
` : X → R, e questa non è
Allora esiste
estensione ad un funzionale lineare
e
`
ha un'unica
continua perché
questo funzionale non è limitato sulla bolla.
Osservazione 102. Questo corollario non vale negli s.v.t.
Si dimostra che su
ogni spazio lineare si può mettere una topologia addirittura localmente convessa
(detta core topology).
Esercizio 103. Questo corollario vale invece per s.v.t. metrizzabili. Ci vuole
più attenzione
3.1
Continuità di funzioni convesse (in spazi normati)
Lemma 104. Siano
X
uno spazio normato,
x0 ∈ X , r > 0, ε ∈ (0, r),
f : Br (x0 ) → R
convessa. Allora
1. se
f |Br (x0 ) ≤ m,
2. allora
f
è
allora
|f | ≤ M
L-Lipschitziana
su
su
Br (x0 ),
Br−ε (x0 ),
dove
2 |f (x0 )| + |m| ,
2M
.
L =
ε
M
=
Dimostrazione. Senza perdere in generalità si trasli tutto in
1. Sia
x ∈ Br (0).
x0 = 0.
Allora
0=
per la convessità di
1
1
x + (−x) ,
2
2
f
f (0) ≤
1
1
1
m
f (x) + f (−x) ≤ f (x) + ,
2
2
2
2
dunque
f (x) ≥ 2f (0) − m ≥ − |. . .| ≥ −2 |f (0)| − |m| = −M,
da cui
f (x) ≤ m ≤ |m| ≤ M.
3.1 Continuità di funzioni convesse (in spazi normati)
2. Presi
x, y ∈ Br−ε (0), x 6= y .
x e dopo y rimango
prima di
Se prolungo il segmento
in
Br (0).
z=y+
30
[x, y]
di distanza
ε
Allora
ε
(y − x)
ky − xk
{z
}
|
kk=ε
Allora
ky − xk = (ky − xk + ε) y − εx.
Allora
y=
Per la convessità di
f
ε
ky − xk
x+
z.
ky − xk + ε
ky − x + εk
dunque
f (y) ≤
ky − xk
ε
f (x) +
f (z)
ky − xk + ε
ky − xk + ε
da cui
(ky − xk + ε) f (y) ≤ εf (x) + ky − xk f (z) ,
da cui
ε (f (y) − f (x)) ≤ ky − xk (f (z) − f (y)) ≤ 2M ky − xk ,
{z
}
|
≤2M
da cui
f (y) − f (x) ≤
x, y
Poiché questo vale per ogni
nella bolla, scambiando
|f (y) − f (x)| ≤
Osservazione 105. Si noti che per
2M
ky − xk .
ε
ε=0
x
e
y
si ottiene
2M
ky − xk .
ε
il lemma non vale, stesso esempio della
semicirconferenza visto sopra.
Teorema 106. Siano
f :C→R
X
uno spazio normato,
C ⊂ X
un aperto convesso e
convessa. Allora le seguenti aermazioni sono equivalenti:
1.
f
è localmente lipschitziana;
2.
f
è localmente uniformemente continua;
3.
f
è continua;
4.
f
è continua in almeno un
5.
f
è localmente limitata su
x0 ∈ C ;
C;
3.1 Continuità di funzioni convesse (in spazi normati)
6.
f
è superiormente limitata su un aperto non vuoto di
31
C;
Osservazione 107. Oss da 2. a 5. sono equiv anche in s.v.t..
1. ⇒ 2. ⇒ 3. ⇒ 4. ⇒ 6. 3. ⇒ 5. ⇒ 6. Per il
5. ⇒ 1. Basta quindi dimostrare che 6. ⇒ 5.
Esiste Br (x0 ) ⊂ C tale che f ≤ m su Br (x0 ). Sia x ∈ C \ {x0 }. Prolungando
il segmento [x0 , x] dopo x e ssando z all'estremo destro di questo segmento
prolungato. Esiste cioè z ∈ C ed esiste λ ∈ (0, 1) tale che x = (1 − λ) x0 + λz .
Dimostrazione. Chiaro che
2.
Lemma, implicazione
si ha
Dunque
B(1−λ)r (x) = (1 − λ) Br (x0 ) + λz.
LHS
Allora per ogni
=
x + B(1−λ)r (0) = x + (1 − λ) Br (0)
=
(1 − λ) x0 + λz + (1 − λ) Br (0)
=
λz + (1 − λ) Br (x0 )
=
RHS.
u ∈ B(1−λ)r (x0 )
u = (1 − λ) v + λz,
v ∈ Br (x0 )
Allora
f (u) ≤ (1 − λ) f (v) + λf (z) ≤ (1 − λ) m + λf (z) ,
dunque, su
B(1−λ)r (x)si
ha
f ≤ max {|m| , |f (z)|} .
Allora
f
è localmente superiormente limitata su
del Lemma segue
C,
dunque per l'impicazione
Osservazione 108. Per il limitato inferiormente non vale l'equivalenza.
#
∗
esempio, se
1.
5..
dim (X) = ∞,
sia
`∈X
\X
Ad
. Denita
f (x) = ` (x)
è facile vericare che è convessa, discontinua (su ogni punto perché se lo è in un
punto lo è ovunque) e limitata inferiormente.
Osservazione 109. Sia
(
A :=
)
m
X
x = (x1 , . . . , xn ) ∈ R xi > 0,
xi < 1 .
n
i=1
Se
x∈A
allora
n
X
xi ei +
i=1
dunque
A
è un paerto,
1−
n
X
!
xj
· 0 ∈ conv ({0, e1 , . . . , en }) ,
1
A ⊂ conv (F )
con
F
nito.
3.1 Continuità di funzioni convesse (in spazi normati)
Corollario 110. Sia
f :C→R
X
dim (X) < ∞, ∅ 6= C ⊂ X
normato,
f
convessa, allora
32
aperto convesso,
è continua.
X = Rn se x0 ∈ C
A ∈ conv ({v1 , . . . , vn }). Detto
Dimostrazione. Senza perdere in generalità
aperto tale che
x 0 ∈ A, A ⊂ C
e
esiste un
A
m := max { f (vi )| i ∈ {1, . . . , m}}
se
x ∈ A,
x=
m
X
λi vi
1
dunque
m
X
f (x) ≤
1
allora
f ≤m
su
A,
λi f (vi ) ≤ m,
| {z }
≤m
dunque per il teorema precedente
f
è continua su
C.
Osservazione 111. Su un chiuso non è vero che funzioni convese siano continue,
e.g.
f = χ0 + 2χ1
è convessa su
[0, 1]
ma è discontinua.
Osservazione 112. Su un cerchio
f
su
∂C .
C
se
f ≥ 0 qualsiasi posso denire come voglio
Infatti il cerchi è strettamente convesso quindi denire anche a caso
sul bordo non guasta la convessità.
Corollario 113. Siano
X uno spazio normato e C ⊂ X convesso, con dim (C) <
+∞ e f : C → R convessa. Allora f è continua (quindi localmente lipschitziana)
su ri (C).
3.1.1 Funzioni semicontinue
Denizione 114. Siano
che
f
T
esiste un intorno
f : T → R e x0 ∈ T . Si dice
x0 se per ogni t ∈ R, t < f (x0 )
x∈U
uno spazio topologico,
4
è inferiormente semicontinua (l.s.c. ) in
U ∈ U (x0 )
tale che, per ogni
t < f (x) .
Si dice che
f
è superiormente semicontinua se
Denizione 115. Siano
T
lim inf f (x) :=
x→x0
4 Lower
è inferiormente semicontinua.
lim sup
sup
U ∈U (x0 )
inf
x∈U \{x0 }
e il limite esiste se e solo se
semi-continuous.
f : T → R
{f (x)} ,
uno spazio topologico,
deniscono
analogamente
−f
lim inf
e
e
lim sup
x0 ∈ T .
Si
sono uguali.
3.1 Continuità di funzioni convesse (in spazi normati)
Teorema 116. Siano
T
f : T → R.
uno spazio topologico e
33
Allora le seguenti
aermazioni sono equivalenti.
1.
f
è l.s.c. su
T;
2. per ogni
t ∈ R,
l'insieme
{ x ∈ T | f (x) > t}
è aperto;
3. per ogni
t ∈ R,
l'insieme
{ x ∈ T | f (x) ≤ t}
è chiuso;
4.
epi (f )
T × R;
è chiuso in
5. per ogni
x0 ∈ T
si ha
f (x0 ) ≤ lim inf f (x) .
z→z0
Dimostrazione. Facile 1.
sse 2.
sse 3..
1.
sse 4.
si dimostra easy con la
denizione. analogo l'ultimo.
Corollario 117. Siano
allora, denita per ogni
I
x
un insieme,
{fα }α∈I
una famiglia di funzioni l.s.c.,
g (x) = sup {fα (x)}
α∈I
si ha
g
l.s.c.
Dimostrazione. Basta osservare che
\
epi (g) =
epi (fα ) .
α∈I
Teorema 118 (Importante!). Siano
R
l.s.c., allora
f
T
uno spazio topologico compatto,
5
f :T →
assume il suo minimo .
Dimostrazione. Sia
α := inf (f (T )) .
Se
α = +∞
è banale. Se
monotonamente. Poiché
α < +∞ esiste una successione {an } ⊂ R con an → α
Fn := {x |f (x) ≤ an } sono chiusi e Fn+1 ⊂ Fn si ha
\
Fn 6= ∅.
n
| {z }
={f =α}
Osservazione 119. Se
f
fosse a valori reali, sarebbe dunque limitata inferior-
mente.
5È
un Weiestrass. Se fosse u.s.c. assumerebbe il massimo.
3.1 Continuità di funzioni convesse (in spazi normati)
34
Teorema 120. Siano
f :
C→R
1.
f
X
uno spazio normato,
C ⊂X
aperto e convesso,
convessa. Allora
C
è u.s.c. su
2. se
X
se e solo se
è di Banach e
f
f
è continua;
è l.s.c. su
C,
allora
f
è continua.
Dimostrazione. Si dimostrano separatamente i due risultati.
1. Sia
x0 ∈ C . Allora A = { x ∈ C| f (x) < f (x0 ) + 1}
f è limitata superiormente su A, dunque
Dunque
è aperto e non vuoto.
per il teoremone
f
è
continua.
6
2. Siano
Fn :=
x ∈ C f (x) ≤ n, dist (x, X \ C) ≥
1 .
n
δ > 0 l'insieme {x ∈ C |dist (x, X \ C) > δ }
F
sono convessi chiusi (chiusi anche in X , non solo
n
F n ⊂ dist ≥ n1 ⊂ C ). Poiché
[
C=
Fn
Si dimostri come esercizio che per ogni
è convesso. Dunque gli
in
C,
infatti
n
e poiché i Banach sono Baire, per il teorema di Baire esiste
int (Fk ) 6= ∅,
f
come in 1.
Esercizio 121. Siano
X
k
tale che
è continua.
uno spazio normato,
C ⊂ X
convesso e
δ > 0.
Si
dimostri che gli insiemi
1.
D1 := {x ∈ X |dist (x, C) < δ },
2.
D2 := {x ∈ X |dist (x, C) ≤ δ },
3.
D3 := {x ∈ X |dist (x, X \ C) > δ },
4.
D4 := {x ∈ X |dist (x, X \ C) ≥ δ }
sono convessi (e quelli con indice dispari sono aperti, gli altri chiusi). Si noti
che se
C
non ha punti interni gli ultimi due sono vuoti.
Fatto 122. Un aperto in uno spazio di Baire, come spazio topologico, è di Baire.
Osservazione 123. L'ipotesi
X
Banach non può essere omessa. Sia
c00 = x = (xn )n∈N ∃n0 ∈ N, ∀n ∈ N, n ≥ n0 , xn = 0 .
Si norma con
kxk∞ = max |xn | .
n
6 Si
intende che
dist (x, ∅) := +∞.
3.1 Continuità di funzioni convesse (in spazi normati)
35
Questo spazio è normato e incompleto (il suo completamento sono tutte le
successioni che tendono a zero. Presa
f (x) =
+∞
X
xn = sup
N
1
Fissato
N
la somma
PN
N
X
|xn |
1
xn è una funzione convessa e continua.
n=1
Il sup è quindi
ancora convesso, potrebbe non esser continua ma certamente è l.s.c.. Poiché
non è continua nell'origine (è illimitata in ogni intorno di
0!),
f
infatti
(ε, ε, . . . , ε, 0, . . .)
ha norma
ε
ma
f
è grande (posso mettere quanti
tinua in ogni punto di
Denizione 124. Una famiglia di funzioni
se per ogni
x
ε
voglia). Quindi
f
è discon-
c00 .
ssato l'insieme
{fα (x)}
Osservazione 125. Ripasso. Se
{fα }α∈I
è puntualmente limitata
è limitato, i.e. se
f : Br (x0 ) → R
supα {fα (x)} < +∞.
allora
f ≤ m =⇒ |f | ≤ M = 2 |f (x)| + |m|
e
f
è
L-lipschitziana
Teorema 126. Sia
su
T
Br−ε (x0 )
di Banach e
di funzioni convesse e continue da
F
dove
L = 2M/ε.
C ⊂ X aperto e convesso. Sia F una famiglia
C → R. Se F è puntualmente limitata, allora
è localmente equilimitata e localmente equilipschitziana.
Dimostrazione. Simile a Banach-Steinhaus. Sia
g (x) = sup f (x) .
f ∈F
Poiché le funzioni convesse e l.s.c.
sono chiuse rispetto al sup su qualunque
insieme e poiché siamo in un Banach a valori reali, per il teorema precedente
g è continua. Dunque in particolare g è localmente limitata. Ovvero per ogni
x ∈ C esiste un raggio rx > 0 ed esiste una costante mx ∈ R+ tali che, per ogni
f ∈ F f ≤ mx su Brx (x), dunque f (0) ≤ mx . Dal ripasso, per ogni f ∈ F ,
|f | ≤ 3mx su Brx (x). Preso quindi ε = r/2 si ha f localmente lip con costante
12mx
2·3mx
rx 2 = rx .
Osservazione 127. Il teorema di Banach-Steinaus è un corollario di questo
(anche quello per operatori, non solo quello per funzionali, che sono convessi).
Teorema 128. Sia
X
di Banach e
C ⊂ X aperto convesso.
f puntualmente in C
convesse continue a valori reali convergono
f
ha valori in
R),
allora
f
{fn } sono
(quindi anche
Se
è convessa (banale per disuguaglianza nella def di
conv e passaggio al limite), continua e la convergenza è uniforme sui compatti
di
C.
3.1 Continuità di funzioni convesse (in spazi normati)
{fn }
Dimostrazione. La famiglia
36
è puntualmente limitata (perché convergente
puntualmente) quindi è localmente equilipschitziana e localmente equilimitata
f
ma allora, in ogni intorno
equilip e passare al limite.
è localmente lip, basta scrivere la disug per la
Sia
K ⊂ C
compatto, considero
famiglia è equilimitata ed equi-lip (ricopro ogni punto di
K
{ fn |K }
questa
con un intorno e
sfrutto la compattezza), dunque equicontinua, quindi per Ascoli-Arzelà esiste
{nk }
{ fnk |}
tale che
come esercizio) anche
converge uniformemente su
fn |K → f |K
K
a
Denizione 129 (Metodo diagonale). Successioni in
Se
σ1 ⊃ σ2 ⊃...
f |K ,
quindi (si verichi
uniformemente.
N.
σ1
= σ1 (1) , σ1 (2) , σ1 (3) , . . .
σ2
= σ2 (1) , σ2 (2) , σ2 (3) , . . .
σ3
= σ3 (1) , σ3 (2) , σ3 (3) , . . .
Sia
denita la successione diagonale
σ∞ := {σ1 (1) , σ2 (2) , σ3 (3) , . . .} .
Allora per ogni
k∈N
σ∞ |[k,+∞] ⊂ σk
quindi denitivamente è una sottosuccessione di tutte.
Teorema 130. Siano
fn : C → R
X
di Banach separabile,
convesse e continue e
{fn }
C ⊂ X
aperto e convesso e
puntualmente limitata. Allora esiste
una sottosuccessione {fnk } ⊂ {fn } che converge uniformemente sui compatti ad
una funzione convessa (per forza) e continua.
Dimostrazione. Sia
{d1 d2 , d3 , . . .} densa in X .
{fn (d1 )} èlimitatao in
R,
σ100 ⊂ N00 tale che fσ1 (i) (d1 ) i∈N
Esiste dunque σ2 tale che
Allora
dunque esiste una sottosuccessione dei naturali
converge, poi ne estraggo una da questa.
fσ2 (i) (d2 )
converge. Procedo in modo diagonale e trovo una successione
per ogni
k
è denitivamente sottosuccessione di
σk .
σ∞ =: {nk }
k
che
Allora per ogni
k→+∞
fnk (dm ) −→ f (dm ) ∈ R.
Noto che per il teorema precedente
{fnk } è localmente equi-limitata e localmente
x ∈ X per ogni ε > 0 esiste m0 ∈ N tale
equi-lipschitziana. Preso un qualunque
che kdm0 − xk < ε. Considero
fn (x) − fnj (x) ≤ |fn (x) − fn (dm0 )| + fn (dm0 ) − fnj (dm0 ) + fnj (dm0 ) − fnj (x) .
k
k
k
k
{z
} |
|
{z
} |
{z
}
<ε
≤Lkx−dm0 k
≤Lkx−dm0 k
Posso prendere un intorno di
diminuisco con
≤ ε.
a f e
La succ
r < ε/L (se
fnk è quindi
x
di Cauchy in
per il teorema precedente
compatti.
su cui sono tutte lip con costante
L
e poi lo
già non lo fosse). Dunque su quell'intorno è tutto
f
x,
pertanto converge puntualmente
è continua e la convergenza è uniforme sui
3.1 Continuità di funzioni convesse (in spazi normati)
37
Corollario 131 (Teorema di Banach-Steinhaus o principio di uniforme limitatazza). Siano
X
Y uno spazio normato. Sia {Tα }
X → Y lineari e continui. Se la famiglia {Tα } è
allora esiste M ≥ 0 tale che, per ogni α ∈ I ,
uno spazio di Banach e
una famiglia di operatori da
puntualmente limitata,
kTα k ≤ M.
Dimostrazione. Ricordo che la norma di un operatore lineare è la sua miglior
costante di Lipschitz. Quindi preso
kyk =
y∈Y
si ha
{y ∗ (y)} .
sup
y ∗ ∈Y ∗ ,ky ∗ k≤1
Dunque
kTα k =
sup
kT xk =
poiché i
Tα sono
(y ∗ ◦ Tα ) (x)
sup
kxk≤1,ky ∗ k≤1
x∈X,kxk≤1
lineari e continui anche
(y ∗ ◦ Tα )
lo sono.
Inoltre sono pun-
tualmente limitati, quindi sono localmente equi-limitati, ovvero esiste un raggio
r>0
tale che per ogni
α
sup
(y ∗ ◦ Tα ) (x) < +∞.
kxk≤r,α∈I
Questa è quasi la norma, è come dire
r
sup
kxk≤1,α∈I
(y ∗ ◦ Tα ) (x) < +∞.
Capitolo 4
Ottimizzazione convessa
4.1
Teoremi di Hahn-Banach (o di separazione)
Teorema 132 (Hahn-Banach algebrico). Siano
X
convessi e non vuoti. Si supponga che
#
Allora esiste ϕ ∈ X \ {0} tale che
X uno spazio vettoriale, A, B ⊂
a − int (A) 6= ∅ e a − int (A) ∩ B = ∅.
sup (ϕ (A)) ≤ inf (ϕ (B)) .
α ∈ [sup (ϕ (A)) , inf (ϕ (B))] e si
H = ϕ (α). Allora l'iperpiano H separa A e B . Inoltre,
per ogni x ∈ a − int (A) si ha ϕ (x) < inf (ϕ (B)) , infatti se non valesse la
separazione stretta ci si potrebbe muovere su punti di B senza uscire da A.
Osservazione 133 (Signicato geometrico). Sia
−1
consideri l'iperpiano
Osservazione 134. È chiaro che l'ipotesi di convessità sia necessaria per la
separazione con iperpiani.
4.1 Teoremi di Hahn-Banach (o di separazione)
Teorema 135 (Hahn-Banach topologico). Siano
X
39
uno s.v.t.
e
A, B ⊂ X
convessi e non vuoti.
1. Se
int (A) 6= ∅
e
int (A) ∩ B = ∅,
allora esiste
ϕ ∈ X ∗ \ {0}
tale che
sup (ϕ (A)) ≤ inf (ϕ (B)) .
2. Sia
X
localmente convesso,
A
compatto,
B
A ∩ B = ∅. Allora
ϕ ∈ X ∗ \ {0} tale che
chiuso e
esiste un funzionale lineare continuo non nullo
sup (ϕ (A)) < inf (ϕ (B)) .
Dimostrazione. Si dimostrano separatamente i vari punti.
1. Per il Teorema 76 si ha
int (A) = a − int (A), dunque
ϕ ∈ X # \ {0} tale che
per il Teorema di
Hahn-Banach algebrico esiste
sup (ϕ (A)) ≤ inf (ϕ (B)) .
Poiché
ker (ϕ)
non è denso, per il Teorema 100
ϕ
è continua.
A compatto, esiste V ∈
U (0) aperto, convesso e tale che (A + V )∩B = ∅. Poiché int (A + V ) 6= ∅,
(A + V ) e B si possono separare per il punto precedente.
2. Facendo riferimento alla gura seguente, essendo
4.1 Teoremi di Hahn-Banach (o di separazione)
40
Teorema 136. Siano
con
X uno s.v.t. T2 localmente convesso e A, B ⊂ X convessi,
dim (A) , dim (B) < +∞ e ri (A) ∩ ri (B) = ∅. Allora esiste ϕ ∈ X ∗ \ {0}
tale che
sup (ϕ (A)) ≤ inf (ϕ (B))
e
ϕ|A∪B
non è costante (i.e.
inf (ϕ (A)) < sup (ϕ (B))).
Osservazione 137. Senza l'ultima richiesta il teorema sarebbe stato possibile
controesempi banali come il seguente
Corollario 138. Sia
x0 ∈ ∂C ,
allora esiste
X s.v.t. e C ⊂ X
ϕ ∈ X ∗ \ {0} tale che
convesso, con
int (C) 6= ∅.
Sia
ϕ (x0 ) ≥ sup (ϕ (C)) .
L'iperpiano
H = ϕ−1 (x0 )
viene detto iperpiano di supporto.
Dimostrazione. Segue dal Teorema di Hahn-Banach topologico.
Esempio 139. Il corollario precedente garantisce l'esistenza di almeno un iperpiano di supporto.
Chiaramente l'unicità è in generale falsa.
Si consideri ad
esempio l'insieme convesso in gura, che presenta un punto angoloso.
4.2 Punti estremi
Corollario 140. Sia
x0 ∈ X \ C .
41
X
T2 localmente convesso, C ⊂ X convesso e chiuso,
ϕ ∈ X ∗ \ {0} tale che ϕ (x0 ) > sup (ϕ (C)).
s.v.t.
Allora esiste
Dimostrazione. Segue dal Teorema di Hahn-Banach topologico, ricordando che
negli spazi di Hausdor i punti sono compatti.
4.2
Punti estremi
Denizione 141 (Punti estremi). Siano
X uno spazio vettoriale, C ⊂ X conx ∈ C . Si dice che x è un punto etremo per C e si scrive x ∈ ext (C) se
ogni y, z ∈ C tali che esiste λ ∈ (0, 1) tale che
vesso e
per
x = (1 − λ) y + λz,
si ha
x = y = z.
Esercizio 142. Siano
X
uno spazio vettoriale e
l'equivalenza delle seguenti denizioni.
1.
x ∈ ext (C);
2. se esistono
y, z ∈ C
tali che
x=
allora
x = y = z;
y+z
,
2
C⊂X
convesso. Si dimostri
4.2 Punti estremi
3. se esistono
42
n ∈ N, y1 , . . . , yn ∈ C , λ1 , . . . , λn ∈ [0, 1]
e
x=
n
X
tali che
Pn
j=1
λj = 1
λi yi ,
i=1
allora
x = y1 = . . . = yn .
(Suggerimento: per l'ultimo punto si usi il solito trucchetto
x = (1 − λn )
n−1
X
i=1
|
λi yi
+λn yn .)
1 − λn
{z }
∈C
Osservazione 143. Si noti che
1.
ext (C) ⊂ C \ (a − int (C));
C ⊂ R2 è un insieme convesso e chiuso, allora anche ext (C) è chiuso.
Infatti se dim (C) ≤ 1, ext (C) ha solo un numero nito di punti. Se
dim (C) = 2, per il Teorema 76, int (C) 6= ∅. Allora ∂C \ ext (C) è unione
di segmenti aperti, dunque è aperto in ∂C , allora ext (C) è chiuso in ∂C
(che è a sua volta chiuso in X ), dunque ext (C) è chiuso in X .
2. se
3. Da dimensione
gura.
C ⊂ R3
3
in poi questo non è più vero. Si consideri l'esempio in
è convesso e chiuso, ma
ext (C)
non è chiuso.
Proposizione 144 (Teorema di Choquet). Siano
1
compatto e metrizzabie . Allora
ext (K)
è di tipo
X s.v.t., K ⊂ X
Gδ in K 2 .
convesso,
Dimostrazione. Si ha
y+z
x ∈ K x =
, y ∈ K, z ∈ K, y 6= z
2
[
Fn ,
K \ ext (K)
=
=
n∈N
1È
meno che chiedere che
X
sia metrizzabile perché in generale uno spazio metrizzabile
può essere immerso in uno spazio più grande non metrizzabile
2 In X ,
se
X
è metrizzabile.
4.2 Punti estremi
dove
Fn =
43
y+z
1
x ∈ K x =
, y ∈ K, z ∈ K, dist (y, z) ≥
.
2
n
Poiché la distanza è una funzione
(y, z) ∈ K × K dist (y, z) ≥ n1 è
continua, per ogni
n ∈ N l'insieme Fen :=
K × K , dunque è com-
chiuso nel compatto
patto. Allora, detta
ψ :X ×X
→ X,
(y, z) 7→ ψ (y, z) :=
poiché per ogni
n∈N
y+z
,
2
Fn = ψ Fen ,
ψ , segue che Fn è compatto (in uno spazio T2 ) dunque Fn
K \ ext (K) di tipo Fσ in K , il suo complementare ext (K)
dalla continuità di
è
chiuso. Essendo
è
Gδ
in
K.
Esempio 145 (Bishop-de Leuw).
K⊂X
covesso e compatto
X s.v.t. di Hausdor localmente
6 =⇒ ext (K) boreliano in K .3
Esempio 146 (Roberts). Esiste
convesso e compatto tale che
X s.v.t.
ext (K) = ∅.
metrizzabile
4
convesso e
ed esiste
K ⊂ X
Osservazione 147. Si dimostrerà che in spazi localmente convessi questo non
può accadere.
Teorema 148 (Minkowski). Siano
6
X
5 e K ⊂ X compatto,
uno spazio normato
convesso e nito-dimensionale . Allora
K = conv (ext (K)) .
d = dim (K). Se d = 0 o d = 1
d − 1 ∈ N. Si dimostra che
ri (K) 6= ∅, a meno di traslazioni si
Dimostrazione. Si procede per induzione su
è ovvio.
Si supponga che il teorema valga per
d. Poiché
0 ∈ ri (K), dunque a meno di immersioni si può
X = aff (K) ∼ Rd con 0 ∈ int (K). Sia x ∈ K . Si hanno due casi:
la tesi continua a valere per
può supporre che
supporre
x ∈ ∂K , per il teorema di separazione esiste H iperpiano di supporto
K in x0 . K ∩ H è covesso in quanto intersezione di insiemi convessi,
è chiuso in K che è compatto, dunque è compatto e ha dimensione al
più d − 1 perché incluso in H . Sfruttando l'ipotesi di induzione si ha
1. se
a
3 Senza
la metrizzabilità l'insieme non è nemmeno boreliano (proprietà necessaria per la
teoria di Choquet).
4X = L
1/2 ([0, 1]).
5 Vale anche per s.v.t. T .
2
6 Ipotesi necessaria.
4.2 Punti estremi
44
x ∈ conv (ext (K ∩ H)).
anche per K , cioè che
Si vuole dimostrare che questi sono punti estremi
ext (K ∩ H) ⊂ ext (K) .
α ∈ R e ϕ ∈ X ∗ \ {0} tali che H = ϕ−1 (α)e ϕ|K ≤ α. Se e ∈
ext (K ∩ H), allora esistono y, z ∈ K tali che e = y+z
2 . Poiché per linearità
Siano
α = ϕ (e) =
ϕ (y) + ϕ (z)
α+α
≤
= α,
2
2
ϕ|K ≤ α segue ϕ (y) = α = ϕ (z). Dunque y, z ∈ K ∩ H ,
e ∈ ext (K ∩ H), si ha y = z = e. Dunque x ∈ conv (ext (K));
da
2. se
x ∈ int (K),
con rifermento alla gura seguente
ma poiché
x ∈ conv {x1 , x2 }
e per
il punto precedente
1.
x ∈ conv {x1 , x2 } ⊂ conv (conv (ext (K))) = conv (ext (K)) .
Corollario 149. Siano
dimensionale,
A ⊂ K.
1.
K = conv (A),
2.
ext (K) ⊂ A.
X s.v.t. T2 , K ⊂ X compatto, convesso e nito
Allora le seguenti aermazioni sono equivalenti.
Dimostrazione. Dal teorema precedente segue immediatamente che
Viceversa, sia
x ∈ ext (K)
e sia
n∈N
scritto come combinazione convessa di
x=
il minimo intero tale che
n
n
X
elementi di
x
2 =⇒ 1.
possa essere
A,
λi ai .
i=1
n, per ogni i ∈ {1, . . . , n}
x = ai ∈ A.
Per la minimalità di
i ∈ {1, . . . , n}
si ha
si ha
λi > 0,
allora per ogni
4.2 Punti estremi
45
Corollario 150. Siano
sionale e
f : K → R
X s.v.t. T2 ,
convessa. Se
assume in qualche punto estremo di
K ⊂ X compatto, convesso e nito dimenf assume il suo massimo su K , allora lo
K.
Esercizio 151. Si dimostri l'asserto (Suggerimento: segue dal teorema di Minkowski).
Proposizione 152. Sia
dim (K) < ∞,
X
s.v.t.
T2 .
Se
K ⊂ X
è compatto, convesso e
allora
K = conv (ext (K)) .
Denizione 153 (Insieme estremale). Siano
convesso ed
E⊂K
non vuoto. Si dice che
x, y ∈ K,
Osservazione 154.
K
E
X
spazio vettoriale,
è estremale per
K
K ⊂ X
se
x+y
∈ E =⇒ x, y ∈ E.
2
è estremale per se stesso. Quindi esiste sempre almeno un
insieme estremale per ogni insieme convesso.
Osservazione 155.
x ∈ ext (K) ⇐⇒ {x}
è estremale per
K.
Osservazione 156. Si riscrive ora la denizione già introdotta di iperpiano di
supporto nel caso più generale di spazi vettoriali (non necessariamente topologici).
Denizione 157 (Iperpiano di supporto). Siano
X
X uno spazio vettoriale, A ⊂
H ( X iperpiano (proprio), dunque siano α ∈ R e f ∈ X # \ {0}
H = f −1 (α). Si dice che H è un iperpiano di supporto per A se esiste
convesso e
tali che
x∈A
tale che
f (x) = α = max (f (A))
oppure
f (x) = α = min (f (A)) .
Proposizione 158. Siano
estremale per
estremale.
K.
Se
H
X
uno spazio vettoriale,
K ⊂ X convesso ed E ⊂ K
E , allora anche H ∩ E è
è iperpiano di supporto per
4.2 Punti estremi
46
Dimostrazione (idea). Siano
x, y ∈ K
tali che
x+y
∈ H ∩ E.
2
Essendo
y∈E
E
è estremale,
x, y ∈ E .
Dalla gura seguente si vede che se
x ∈ E,
per forza appartengono anche all'iperpiano. Altrimenti almeno uno dei
due dovrebbe essere dall'altra parte di
H
che però realizza il massimo/minimo
del funzionale che lo denisce.
Osservazione 159. Questa è una prima idea su come cercare insiemi estremali
piccoli. Trovato un insieme estremale si trova un iperpiano che non lo contenga
e si determina così un insieme estremale per
K
più piccolo di quello precedente.
Osservazione 160. Si enuncia ora l'importante Lemma di Zorn, equivalente
all'assioma della scelta.
Denizione 161 (Catena). Sia
dice che
C⊂S
(S, ≤)
un insieme parzialmente ordinato.
è una catena (o che è linearmente ordinato ), se per ogni
Si
x, y ∈ S
si ha
x≤y
Teorema 162 (Lemma di Zorn). Sia
o y ≤ x.
(S, ≤)
un insieme parzialmente ordinato
in cui ogni catena ammetta un maggiorante [un minorante]. Allora
S
contiene
almeno un elemento massimale [minimale].
Osservazione 163. Se
X
è uno spazio topologico e
notazione compatta per dire che
F
F ⊂ X, F = F
è una
è chiuso.
Osservazione 164. Tutte le ipotesi nel lemma seguente sono necessarie.
Lemma 165 (Lemma base). Siano
X s.v.t. T2 localmente convesso, K ⊂ X
E ⊂ K chiuso ed estremale per K . Allora E contiene
estremo di K .
compatto e convesso,
almeno un punto
Dimostrazione. Si consideri l'insieme
S = F ⊂ E F = F
estremale per
K .
4.2 Punti estremi
47
S=
6 ∅, in quanto E ∈ S . Si consideri l'insieme parzialmente ordinato
(S, ⊂). Si vuole applicare opportunamente il Lemma di Zorn. Si noti che per
ogni C1 , C2 ∈ S catene, si ha
Si noti che
C1 ∩ C2 6= ∅.
Per la compattezza, allora
\
C0 :=
C 6= ∅.
C⊂S,
catena
Dalla denizione di insieme estremale è chiaro che anche l'intersezione di insiemi
C0 è estremale, ovvero C0 ∈ S . Chiaramente per
C0 ⊂ C , ovvero C0 minorante di C in S . Allora per
il Lemma di Zorn esiste E0 ∈ S minimale. Si vuole dimostrare che E0 è un
singoletto. Se fosse Card (E0 ) > 1 esisterebbero x, y ∈ E0 , x 6= y . Poiché lo X
è T2 , i punti sono compatti. Poiché lo spazio è localmente convesso i due punti
∗
si possono separare, esiste cioè un funzionale f ∈ X \ {0} tale che
estremali è estremale, dunque
ogni catena
C ∈ S,
si ha
f (x) > f (y)
(è il teorema di separazione di Hahn-Banach). Visto che il funzionale assume il
suo massimo su
E0
(che è compatto), sia
m := max (f (E0 )) .
Allora
H := f −1 (m)
1.
E0 ∩ H
2.
E0 ∩ H ( E0 ,
è di supporto per
E0 ,
dunque:
è estremale,
perché certamente non contiene
y
che ha valore di
f
più
piccolo,
assurdo per la minimalità di
un
x∈X
tale che
E0 = {x},
E0 .
Dalla contradduizione segue l'esitenza di
da cui si può concludere che
x ∈ ext (K) ∩ E.
Osservazione 166. Il lemma precedente aerma ogni insieme convesso ha almeno
un punto estremo.
4.2 Punti estremi
48
Teorema 167 (Krein-Milman). Siano
X
s.v.t.
T2
localmente convesso,
K⊂X
compatto e convesso. Allora
K = conv (ext (K)) .
|
{z
}
=:C
Dimostrazione. Poiché lo spazio è
che
C ⊂ K.
T2
i compatti sono chiusi, dunque è chiaro
Si dimostra il viceversa. Per assurdo esista
f ∈ X ∗ \ {0}
Hahn-Banach esiste
x ∈ X \ C.
Allora per
tale che
f (x) > max (f (C)) .
m = max (f (K)), allora H := f −1 (m) è un iperpiano di supporto per K .
Essendo K estremale per K , anche K ∩ H è estremale per K . Per il Lemma
base, dunque, K ∩ H contiene un punto estremo, ma questo è assurdoo perché
tutti i punti estremi sono contenuti in C e C ∩ (K ∩ H) 6= ∅.
Sia
Teorema 168 (Principio del massimo di Bauer). Siano
convesso,
K ⊂ X
compatto e convesso. Sia inoltre
continua superiormente) su
punto estremo di
K.
Allora
f
X s.v.t. T2 localmente
f : K → R u.s.c. (semi
assume il suo massimo in qualche
K.
Dimostrazione. Sia
m := max (f (K)).
Si consideri l'insieme
E := {x ∈ K |f (x) = m } = {x ∈ K |f (x) ≥ m } .
Poiché la funzione è u.s.c. l'insieme a destra è chiuso. Inoltre
K,
infatti presi
x, y ∈ K
m=f
x+y
2
≤
è estremale per
1
1
f (x) + f (y) ≤ m,
2 | {z } 2 | {z }
≤m
da cui
E
se il punto medio assume il massimo, per la convessità
f (x) = m = f (y).
≤m
Allora per il Lemma base
E ∩ ext (K) 6= ∅.
Osservazione 169. Prima di proseguire si consiglia di leggere l'Appendice (Sezione 9.1, pagina 119).
4.2 Punti estremi
49
4.2.1 <Assente lunedì 8 aprile e venerdì 12 aprile 2013>
4.2.2 Lunedì 15 aprile 2013 - Topologie deboli
#
x ∈ X sp. vett. norm. in modo canonico x 7→ x
b ∈ (X ∗ )
∗
ogni ϕ ∈ X da x
b (ϕ) = ϕ (x). In modo caonico dunque
Denizione 170. Sia
dove
x
b
è denito per
c'è l'immersione
X → X ∗∗ .
Osservazione 171. Poiché tutti i duaali sono completi uno spazio può essere
riessivo solo se è di Banach.
Corollario 172. Sia
X
di Banach e riessivo. Siano
C1 , . . . , C n
convessi chiusi
e limitati, allora
D := conv (C1 ∪ . . . ∪ Cn )
è chiuso (in automatico chiaramente è convesso e limitato).
Dimostrazione. Essendo chiusi e convessi sono anche debolmente chiusi. Essendo limitati sono contenuti in un multiplo della bolla unitaria sucientemente
grande
B r (0),
ma la bolla unitaria in spazi riessivi è debolmente compatta,
dunque sono anche i
Ci
, debolmente compatti. Paer la prop. in cui uno svt
i convessi sono compatti, otteniamo che
D
è compatto in quella topologia ,
cioè debolmente compatto da cui debolmente chiuso, e da cui in particolare è
chiuso.
Osservazione 173. Lo stesso vale per la somma
D = C1 + . . . + Cn .
perché la stessa prop.
(con sostanzialmente la stessa dimsotrazione) per la
debole compattezza usata nella dim sopra vale anche per la somma.
4.2.2.1
Convergenza di net e successioni deboli e deboli*
Proposizione 174. Si utilizzeranno le notazioni: rete(xα )α∈I
⊂ X,
succ
{xn },
x ∈ X . (ϕα )α∈I ⊂ X ∗ {ϕn } ⊂ X ∗ , ϕ ∈ X ∗ .
w
1. Si ha
xα → x ⇐⇒ ∀ϕ ∈ X ∗ : ϕ (xα ) → ϕ (x),
2. Si ha
ϕα → ϕ ⇐⇒ ∀x ∈ X : ϕα (x) → ϕ (x).
w∗
Osservazione 175. E' la convergenza puntuale negli spazi sopra.
Proposizione 176.
w
xn → x =⇒ {xn }è
limitata.
Dimostrazione. Segue dal principio di uniforme limitatezza (è limitata su una
ϕ abbiamo che ϕ (xn ) è una successione convergente
R, da qui troviamo un a bolla su cui c'è uniforme limitatezza.
bolla). se applichiamo un
dunque limitata in
4.2 Punti estremi
50
Osservazione 177. Non vale per nets perché nel denitivamente non lasciamo
a sinistra necessariamente un numero nito di termini.
Proposizione 178.
w∗
ϕn → ϕ
e
X
{ϕn }è
è Banach, allora
limitata.
Osservazione 179. Non vala come sopra per le net.
Proposizione 180. Sia
(xα )
limitata e
w
xα → x.
Allora
kk
ϕα → ϕ.
Allora
ϕα (xα ) → ϕ (x) .
Dimostrazione. Si ha
ϕα (xα ) − ϕ (x)
= ϕ (xα ) − ϕ (x) +ϕα (xα ) − ϕ (xα )
|
{z
}
→0
Si ha
|ϕα (xα ) − ϕ (xα )| = |(ϕα − ϕ) (xα )|
≤
kϕα − ϕk · kxα k
| {z } | {z }
→0
Proposizione 181. Se
(ϕα )
è limitata,
w∗
ϕα → ϕ
limit.
e
kk
xα → x,
allora
ϕα (xα ) → ϕ (x) .
Dimostrazione. Analoga a sopra.
Osservazione 182. E' noto che quanto detto nelle proposizioni sopra nonv vale
∗
(c0 ) è isometrico a `1 , con isometria data da
in generale. Si sa che
∗
∞
(c0 ) 3 ϕ ←→ u = (un )1
dove per ogni
x
si ha
ϕ (x) =
+∞
X
un xn .
1
Questa è un'isometria lineare. In
elementi pensate in
`1
c0
si ha
en = (0, . . . , 0, 1, 0, . . .) ∈ c0 .
le indichiamo con
e∗n = (0, ...0, 1, 0...) ∈ `1 .
Si ha
w
en → 0
infatti se
(xn ) = x ∈ `1
si ha
x (en ) = xn → 0.
w∗
e∗n → 0
Analogamente
Gli stessi
4.3 Teorema di Helly, applicazioni e parenti
infatti se
x = (xn ) ∈ c0
si ha
e∗n (x) = xn → 0.
51
Ma per ogni
n∈N
e∗n (en ) = 1
e quindi
e∗n (en ) 6→ 0.
Se però una delle due successioni è forte (in norma e abbiamo la limitatezza,
funziona, come visto nelle prop sopra).
4.3
Teorema di Helly, applicazioni e parenti
Denizione 183. Sia
F
una famiglia di insiemi. Diciamo che
ogni sua sottofamiglia nita ha intersezione non vuota, i.e. se
si scrive sinteticamente
\
F0 6= ∅
per indicare l'intesezione degli insiemi della famiglia. Sia
è
k -centrata
se
∀F0 ⊂ F
Osservazione 184.
è
n-centrata
con
F è centrata se
∀F0 ⊂ F nita,
Card (F0 ) ≤ k si
\
F0 6= ∅.
k ∈ N.
Si dice che
F
ha
1-centrata vuol dire che gli elementi di F
sono non vuoti.
∀n
vuol dire che è centrata.
⇐⇒
Osservazione 185 (Ripasso). Uno s.t. è compatto
ogni famiglia centrata
di sottoinsiemi chiusi ha intersezione non vuota (caratterizzazione ben nota).
Corollario 186. Sia
T
uno spazio topologico,
Se esiste una famiglia nita
F0 ⊂ F
C :=
Dimostrazione. infatti
F
una famiglia centrata di chiusi.
con intersezione
\
T
F0
compatta, allora
F 6= ∅.
G = {F ∩ C |F ∈ F }
è una famiglia centrata di chiusi in
C.
Esempio 187. Un caso particolare è una famiglia particolare di chiusi che
contiene almeno un insiee compatto (in quel caso
Esercizio 188. Sia
F
2-centrata
\
F 6= ∅,
una famiglia
F0
ha un solo elemento).
e nita di intervalli di
R,
allora
cioè se si intersecano a due a due allora si intersecano tutti.
I ∈ F.
I ∩ J 6= ∅,
Dimostrazione. Sia
I, J ∈ F
dire che
Chiamiamo
aI = inf I e bI := sup I .
aJ ≤ bI e aI ≤ bJ . Sia
allora (gura)
α := max aI ,
I∈F
β := min bI
I∈F
Per ogni
4.3 Teorema di Helly, applicazioni e parenti
52
T
α ≤ β . Ovvio che
T ∅ 6= (α, β) ⊂ F se α < β . Sia α = β . Voglio
dimostrare che α = β ∈
F . Se no dimostriamo che esiste I ∈ F tale che
α∈
/ I , infatti possono succedere 4 cose
chiaro che
1.
α < aI ,
2.
α > bI
impossibile per def. di
3.
α = aI
(o
impossibile per def. di
β = α = bI )
α,
β,
assurdo, vedi gura seguente.
Esempio 189. Nel piano non è vero che le famiglie
2
nite centrate di insiemi
convessi hanno intesezione banale. Ad esempio un triangolo fatto di tre segmenti
che si intersecano opportunamente.
d + 1,
è il teorema di Helly. Nel
Vedremo che in dimensione
1921
d
ne servono
Helly dimostra il sisultato ma in modo
estremamente complicato. Radon nel 1923 la ridimostra ma in modo molto più
semplice e leggibile. Lo faremo in questa forma. Il succo della dim è nella prop
seguente.
Proposizione 190. Sia
Rd .
Se
n>d+1
allora
F
una famiglia
\
n−1
F 6= ∅.
centrata di
n
insiemi convessi in
4.3 Teorema di Helly, applicazioni e parenti
53
Dimostrazione. Sia F = {C1 , . . . , Cn }. Per ogni i
Tn
j=1,j6=i Cj . Il trucco di Rado è il seguente. Preso
∈ {1, . . . , n} esiste xi ∈
α = (α1 , . . . , αn ) ∈ Rn si
può associare



X
n
X

 n
d+1

αxi ,
α 7→ T α := 
αi 
∈R .

 i=1
i=1
| {z } | {z }
∈R
∈Rd
T : Rn → Rd+1
Si è ottenuta così una applicazione
T
allora
lineare. Poiché
n > d + 1,
non è iniettiva. Esiste dunque un vettore non nullo che viene mandato
nell'origine:
∃α ∈ Rn \ {0} : T α = 0.
Allora
n
X
n
X
αi xi = 0 e
αi = 0.
1
i=1
Sia
P = {i : αi > 0}
N = {i : αi ≤ 0} .
e
i non possono stare in P , se no la
α = 0. Dunque P, N 6= ∅. Spezzando
Chiaro che non tutte le
e in
N
uguale, se no
somma sarebbe
>0
la somma e tenendo
conto del segno, si ha dunque
X
αi xi =
i∈P
e
X
X
|αi | xi
i∈N
αi =
i∈P
X
|αi | =: σ > 0.
i∈N
Tiriamo fuori la comb convessa. Si ha
x :=
X αi
i∈P
σ
j∈N
T
xi ∈
j∈N Cj e xj
anche la loro intersezioni lo è, dunque
Ma abbiamo scelto
x :=
X αi
cioè
x
Rd .
1.
Cj
T
i∈P
Ci ,
poiché i
Ci
sono convessi,
X |αj |
xj .
σ
j∈N
| T {z }
∈
i∈P
Ci
appartiene a tutto.
Teorema 191 (Helly). Sia
in
j∈N
∈
xi =
σ
i∈P
| T {z }
∈
X |αj |
xj .
σ
xi =
F
una famiglia
(d + 1)-centrata
Supponiamo che valga almeno una delle seguenti
F
è una famiglia nita;
di insiemi convessi
4.3 Teorema di Helly, applicazioni e parenti
F
2. gli elementi di
sono chiusi e
∃F0 ⊂ F
54
T
tale che
F0
compatta (a priori
anche vuota)
Allora
\
F 6= ∅.
n = d + 2.
n ≥ d+2 si dimostra che
Dimostrazione. Si vuole applicare la proposizione precedente per
Riapplico e ottengo
F
d+3, ecc.
Per induzione rispetto a
è centrata. Se è nita la dimostrazione è ok. Altrimenti usiamo il corollario
per spazi tpl compatti visto in passato in cui garantiamo che data una famiglia
di chiusi con un intersezione compatta ha intersezione non vuota.
Teorema 192 (Della trasversale comune, o dello spiedino). Sia
di segmenti compatti in
R2
tutti paralleli tra loro. Se per ogni
esiste una retta che li interseca tutti e
3,
3
F
una famiglia
elementi di
F
allora esiste una retta che interseca
tutti gli elementi della famiglia.
Dimostrazione. Senza perdere in generalità si possono ruotare gli assi in modo
che gli elementi di
ogni
I∈F
F
siano verticali, i.e. (vedi gura)
è della forma
ponga inoltre che
F
I = {xI } × [a1 , b1 ].
Senza perdere il generalità si sup-
non sia contenuta in una retta verticale (altrimenti basta
prendere quella retta e si vince facile). Allora tutte le rette che consideriamo
non saranno verticali, dunque saranno della forma
mx + q .
Ad ogni
I ∈F
si
può dunque associare una coppia di numeri reali nel modo seguente
F
I 7→ CI := (m, q) ∈ R2 |la retta y = mx + q interseca I
=
(m, q) ∈ R2 |aI ≤ mxI + q ≤ bI
=
(m, q) ∈ R2 |aI − mxI ≤ +q ≤ bI − mxI .
3
nel piano
angolare
{CI }I∈F ⊂ R2
che è 3-centrata per ipotesi. E
(m, q) si ha q compreso tra due funzioni ani e con uguale coeciente
mI (vedi gura).
Ho dunque una nuova famiglia
4.3 Teorema di Helly, applicazioni e parenti
Dalla gura si vede che
{CI }I∈F
55
è una famiglia di convessi e chiusi.
Per il
teorema di Helly
\
CI 6= ∅,
I∈F
da cui la tesi.
Corollario 193 (Sandwich Theorem). Sia
∅ 6= E ⊂ R
e
f, g : E → R, f ≤ g .
Allora sono equivalenti:
1. esiste
a:R→R
ane tale che, per ogni
x ∈ E,
f (x) ≤ a (x) ≤ g (x) ,
2. per ogni
x, y, z ∈ E
con
x < z < y , λ ∈ (0, 1)
e
z = (1 − λ) x + λy
f (z) ≤ (1 − λ) g (x) + λg (y) ,
g (z) ≥ (1 − λ) f (x) + λf (y) .
Dimostrazione. La 1. equivale a dimostrare che esiste una retta che interseca
{ {x} × [f (x) , g (x)]| x ∈ E}.
Per il teorema dello spiedino equivale a dimostrare
che per ogni tre elementi esiste una retta,. il che equivale a sua volta a dimostrare
che
∀x, y, z ∈ R,
con
x<z<y
con
z = (1 − λ) x + λy
e (da gura)
4.3 Teorema di Helly, applicazioni e parenti
si ha
56
[(1 − λ) f (x) + λf (y) , (1 − λ) g (x) + λg (y)] ∩ [f (z) , g (z)] 6= ∅. Dunque
[a, b] ∩ [c, d] 6= ∅ sse c ≤ b e
poiché (ragionando come nel teorema precedente)
d ≥ a,
si ha
g (z) f (z) ≤ (1 − λ) g (x) + λg (y)
Esercizio 194. Per E
g (z) ≥ (1 − λ) f (x) + λf (y) .
e
⊂ R intervallo, la condizione 2. è soddisfatta, ad esempio,
f e g è convessa e l'altra è convava.
se una delle due funzioni
Teorema 195 (Generalizzazione del teorema dello spiedino). Sia
una fa-
Rd
o meno
miglia di segmenti compatti in
elementi di
F
e paralleli tra loro. Se ogni
F
d+1
possono essere intersecati con uno stesso iperpiano, allora esiste
un iperpiano che intersechi tutti gli elementi di
F.
Teorema 196 (Generalizzazione del sandwich theorem). Siano
E → R, f ≤ g .
E ⊂ Rd , f, g :
Allora le seguenti aermazioni sono equivalenti:
1. esiste una funzione ane
a : Rd → R
tale che
f ≤ a|E ≤ g;
2. vale l'implicazione: se x1 , . . . , xd+1
Pd+1
z := i=1 λi xi ∈ E , allora
(
f (z) ≤
g (z) ≥
∈ E , λ1 , . . . , λd+1 ≥ 0,
Pd+1
i=1
λi = 1,
Pd+1
λi g (xi )
Pi=1
d+1
i=1 λi f (xi )
4.3.1 Altre applicazioni del terema di Helly
Teorema 197. Siano
Y ⊂ Rd
F
una famiglia di sottoinsiemi di
sottospazio vettoriale di dimensione
1. se gli elementi di
F
B ,
Rd , B ⊂ Rd
limitato,
Allora
sono tutti chiusi, convessi e almeno uno di loro è
compatto, se per ogni
traslato di
k.
F0 ⊂ F
con
Card (F0 ) ≤ d + 1
allora
\
F ⊃ un
traslato di
B .
si ha
T
F0 ⊃un
4.3 Teorema di Helly, applicazioni e parenti
2. se
B
F0 ⊂ F
B , allora
è compatto, convesso e ogni
proprietà
S
F0 ⊃un
traslato di
[
F ⊃ un
57
con
traslato di
Card (F0 ) ≤ d + 1
ha la
B .
F sono tutti chiusi e convessi, esiste F ∈ F tale che
PYT⊥ (F ) è limitata e se per ogni F0 ⊂ F con Card (F0 ) ≤
ha
F0 ⊃un traslato di Y , allora
\
F ⊃ un traslato di Y .
3. se gli elementi di
la proiezione
d+1−k
si
Dimostrazione. Idea.
Ad ogni
F ∈ F
CF
si associa un certo
e si considera
{CF }F ∈F
1.
CF = x ∈ Rd |x + B ⊂ F ; Chiaro che sono tutti chiusi e convessi. Visto
che uno è limitato, dunque compatto e la famiglia è (d + 1)-centrata, per
il teorema di Helly abbiamo la tesi.
2.
CF = x ∈ Rd |F ⊂ x + B ; Chiaro che sono tutti chiusi e convessi. Essendo B limitato si mostra che addirittura tutti sono compatti, e si procede
come sopra.
3.
CF = z ∈ Y ⊥ z + Y ⊂ F .
Si ha
dim Y ⊥ = d − k .
Teorema 198 (Con una dimostrazione bella). Sia
di
(n + 1)
insiemi convessi in
Allora
Rd
F
\
S n-centrata
F stellata.
una famiglia
tutti chiusi o tutti aperti, con
F 6= ∅.
Dimostrazione. Senza perdere in generalità si può supporre che gli elementi di
F
siano anche limitati (intersecando con una bolla chiusa (o aperta a seconda
che gli insiemi siano aperti) di raggio grande si ottiene un insieme che ci va
bene e che interseca tutti gli insiemi di
F {C0 , . . . , Cn }.
F
e tutte le sottofamiglie nite). Sia
Si dimostra per induzione su
n.
Per
n = 1.
Da
C0 ∪ C1
stellata
4.3 Teorema di Helly, applicazioni e parenti
si ottiene
C0 ∪ C1
58
C0 ∩ C1 6= ∅. Supponiamo
n = k − 1 e dimostriamo che continua a valere per n = k .
F = {C0 , C1 , . . . , Ck } come da ipotesi. Per assurdo si supponga che
connessa, da cui per connessione
il teorema vero per
Sia dunque
k
\
C1 = ∅.
i=0
Sk
z0 tale che i=0 Ci è stellata. Senza perdere in generalità si
Tk
può supporre che z0 ∈ C0 . Per l'ipotesi induttiva l'intesezione P :=
1 Ci 6= ∅.
Si ha dunque P ∩ C0 = ∅. Poiché C0 e P sono due convessi compatti si possono
Esiste un punto
separare con un iperpiano. Se fossero aperti al massimo si potrebbero toccare
ma in ogni caso, essendo aperti esiste
P
separa
e
C0
Si ha dunque
H
iperpiano disgiunto da entrambi che
(vedi gura).
H ∩P = ∅ = H ∩C0 .
si ha
k
\
Deniti per ogni
i ∈ {1, . . . , k}, Di := Ci ∩H
Di = P ∩ H = ∅.
i=1
Aermo che la famiglia
{D1 , . . . , Dk } è (k − 1)-centrata.
Sia infatti i0
∈ {1, . . . , k}.
Tk
i=1, Ci . Si ha che Q ⊃ P e Q interseca C0 . Dunque ha qualche
i6=i0
elemento in C0 e qualche elemento in P , dunque contiene un segmento di estremi
Detta
in
C0
Q :=
e
P
e pertanto interseca
H.
k
\
Pertanto
Di = Q ∩ H 6= ∅.
i=1,
i6=i0
Sk
1 Dk non è stellata. Dimostramo allora che dall'ipotesi
S
k
che
1 Dk è stellata. Sia p ∈ P qualsiasi. Si ha (z0 , p) ∩
Per ipotesi di induzioe
di assurdo si segue
H ={z1 }
(vedi gura).
4.3 Teorema di Helly, applicazioni e parenti
59
Sk
z . Sia x ∈ 1 Di . Essendo
Sk1
Sk
0 Ci stellata rispetto a z0 ed essendo
1 Di ⊂
1 Ci si ha [x, z0 ] ⊂
0 Ci .
0
Poiché per qualche i si ha x ∈ Di0 ⊂ Ci0 ⊂ P allora tutto il segmento [x, p] ⊂
S
Ci0 ⊂ Ci . Dalla gura
Voglio dimostrare che l'unione è stellata rispetto a
Sk
Sk
si vede allora che
k
[
[x, z1 ] ⊂
!
Ci
∩H =
k
[
0
0
(C1 ∩ H) =
| {z }
=0 per i=0
k
[
Di .
1
Dunque l'unione è stellata, ma questo è in contraddizione con l'ipotesi induttiva.
Ho infatti una famiglia di
e i
Di
k insiemi {D1 , . . . , Dk } che è (k − 1)- centrata, stellata
H . Tuttavia abbiamo
sono chiusi o aperti dunque chiusi o aperti in
dimostrato che l'intesezione è vuota, ma per ipotesi di induzione dovrebbe avere
intersezione non vuota.
Osservazione 199. Una versione con solo chiusi (senza aperti) e con S
F
convessa è stata dimostrata da V. Klee nel 1951 e ridimostrato in modo indipendente da C. Berge nel 1959. La versione da noi dimostrata si può invece far
seguire da un teorema topologico di Lassonde del 1997.
Proposizione 200 (Riassunto). Sia
aperti o tutti chiusi in
Rd
F
valga almeno una delle seguenti:
n-centrata di convessi tutti
Card (F) = n + 1. Si supponga che
una famiglia
con cardinalità
4.4 Funzioni convesse notevoli
7
1. (Teorema di Helly ) se
2. (Teorema alla Klee) se
60
n ≥ d + 1;
S
F è stellata;
allora
\
F = ∅.
Corollario 201 (Generalizzazione del Teorema di Helly, Breen, 1990). Sia
una famiglia di convessi in
si abbia
1. se
S
F0
Rd
8 per ogni F0 ⊂ F
tale che
con
F
Card (F0 ) ≤ d + 1
è stellata. Si supponga vericata almeno una delle seguenti:
Card (F) < +∞
F
2. se gli elementi di
e gli elementi di
F
sono tutti aperti o tutti chiusi;
sono chiusi e almeno uno è compatto;
allora
\
F 6= ∅.
d ≥ 1, dalle ipotesi, per la connessione (come nel teorema
F è 2-centrata. Si può allora applicare il teorema alla Klee
e si ottiene che F è 3-centrata, e così via no a dimostrare che è certamente
(d + 1)-centrata (che è il massimo che riesco a dire). Ma se è d + 1 centrata si
Dimostrazione. Se
di Klee) segue che
può applicare il teorema di Helly e si vince facile.
Osservazione 202. Se l'intersezione non è vuota certamente l'unione è stellata,
ma non è detto che valga il viceversa, dunque è leggermente più generale di
Helly.
4.4
Funzioni convesse notevoli
4.4.1 Funzione indicatrice
Osservazione 203. Nella teoria della misura sono importanti le funzioni caratteristiche. Purtroppo in uno spazio normato queste sono convesse solo se indicano
il vuoto o il totale.
Denizione 204. Sia
X
normato,
A⊂X
si dice funzione indicatrice (indicator
function)
δA : X
→
(−∞, +∞],
(
0,
δA (x) =
+∞,
x 7→
Osservazione 205. Chiaro che
è convessa,
A = {δA < 1}
A
è convessa
⇐⇒ A
è convesso.
Infatti se
è convesso (i sottolivelli di funzioni convesse sono
convessi). Viceversa, essendo
che
δA
se x ∈ A,
se x ∈ X \ A.
δA
è l.s.c. ed essendo ciò equivalente ad aermare
è chiuso si conclude immediatamente.
7 In realtà per Helly non serve
8 Si può dire d + 1 stellata.
l'ipotesi di apertura o chiusura sugli elementi di
F.
4.4 Funzioni convesse notevoli
61
Denizione 206 (Funzioni sublineari). Sia
X
uno spazio vettoriale.
p:X→R
t≥0
è sublineare se è positivamente omogenea e sub-additiva, ovvero se per ogni
e per ogni
x, y ∈ X
p (tx)
= tp (x) ,
p (x + y) ≤ p (x) + p (y) .
Proposizione 207.
Dimostrazione.
⇒)
p è sublineare ⇐⇒ p è convessa e positivamente omogenea
si ha
p ((1 − λ) x + λy) ≤ p ((1 − λ) x) + p (λy)
≤ (1 − λ) p (x) + λp (y) .
⇐)
si ha
x y +
= p 2
x 2 y 2
2p
+
2
2
1
1
≤ 2
p (x) + p (y)
2
2
= p (x) + p (y) .
p (x + y)
Osservazione 208. Tutte le funzioni sublineari su
gura). Lineari prima e dopo di zero, nulle in
Esempio 209. Una norma qualunque su
X
0
R
è sublineare.
ϕ ∈ X #.
Esempio 210.
p (x) = |ϕ (x)|
Esempio 211.
p (x) = max {ϕ1 (x) , . . . , ϕn (x)} è
∃ nito il sup, si
X#
è sublineare, se
(se abbiamo assicurato che
sono di questo tipo (vedi
e convesse.
sublineare, se
ϕ1 , . . . , ϕn ∈
possono mettere anche un
insieme innito di funzionali.).
Esempio 212. Se
p, q, pα , α ∈ I
caso, non una net). Allora
sono sublineari (I è un insieme di indici a
4.4 Funzioni convesse notevoli
1.
p+q
2.
supα∈I {pα }
62
è sublineare,
(se
< +∞)
Proposizione 213. Siano
X
è sublineare.
normato,
p : X → R sublineare.
Allora le seguenti
aermazioni sono equivalenti:
1.
p
è lipshitziana;
2.
p
è continua;
3.
p
è continua in
4.
p
è limitata in
Dimostrazione.
0;
U (0).
2. ⇐⇒ 3. ⇐⇒ 4.
che valgono (lo sappiamo già).
4. =⇒ 1.
Dimostriamo questa perché mostriamo qualcosa di più forte di quanto enunciato,
ovvero che la costante di Lipschitz dipende dal raggio della limitatezza.
kxk ≤ r
Poichè
si ha
p (x) ≤ M .
krx/ kxkk = r
Se
x ∈ X \ {0}. Allora
kxk rx
p (x) = p
r kxk
rx
kxk
=
p
.
r
kxk
Sia
si ha
M
kxk .
r
x = 0. Per ogni x1 , x2 ∈ X
≤
Chiaro che vale anche per
p (x1 )
si ha
=
p (x2 + (x1 − x2 ))
≤
p (x2 ) + p (x1 − x2 )
M
p (x2 ) +
kx1 − x2 k .
r
≤
Dunque
p (x1 ) − p (x2 ) ≤
scambiando i ruoli di
x1
e
x2
M
kx1 − x2 k
r
si ottiene che
p
è
Denizione 214. Funzione di distanza. Sia
M
r -lipschitziana.
(X, ρ)uno
spazio metrico,
∅ 6=
A ⊂ X.
dA : X
→ R,
.
x 7→ dA (x) := dist (x, A) = inf { ρ (x, a)| a ∈ A} .
Proposizione 215. Siano
X
uno spazio metrico e
distanza soddisfa le seguenti proprietà
∅ 6= A ⊂ X .
La funzione
4.4 Funzioni convesse notevoli
1.
dA = dA ;
2.
dA
è
1-lipschitziana
(infatti
63
x 7→ ρ (x, a)
sono
1-lipschitziane,
facile eser-
cizio);
3. se
X
(a)
è normato e
dA
(b) se
A
è chiuso
è convessa (su
X \A
X ) ⇐⇒ A
è convesso, allora
dA
è convesso;
è concava su
X \ A.
Dimostrazione.
1. ok
2. ok
3. due casi
(a)
⇒) A = {x |dA ≤ 0 } è convesso perché sottoliveli di convesse sono
convessi; Per ⇐) si prendano x, y ∈ X , λ ∈ (0, 1). Sia ε > 0. Allora
esistono a, b ∈ A tali che
kx − ak
≤
dA (x) + ε,
ky − bk
≤
dA (y) + ε
allora
d ((1 − λ) x + λy) ≤ [(1 − λ) x + λy] − [(1 − λ) a + λb]
|
{z
}
∈A
= k(1 − λ) (x − a) + λ (y − b)k
≤ (1 − λ) kx − ak + λ ky − bk
≤ (1 − λ) dA (x) + λdA (y) + ε.
Dall'arbitrarietà di
ε
segue dunque la tesi. (tipica dimostrazione in
cui la funzione convessa è data da un inf )
(b) (vedi gura)
4.4 Funzioni convesse notevoli
64
Allora
(1 − λ) BdA (x) (x) + λBdA (y) (y) ⊂ C
.
si dimostra che la combinazione lineare di due bolle è una bolla
di raggio la combinazione convessa dei raggi e centro combinazione
convessa dei centri.
B(1−λ)dA (x)+λdA (y) ((1 − λ) x + λy) ⊂ C
Dunque
dA ((1 − λ) x + λy) ≥ (1 − λ) dA (x) + λdA (y) .
Denizione 216. Funzioni di supporto. Sia
X
normato,
∅ 6= A ⊂ X ∗ , ∅ 6=
B ⊂ X.
sA : X
x
→ (−∞, +∞],
x (A)) .
7→ sA (x) := sup {a∗ (x)} = sup (b
a∗ ∈A | {z }
=b
x(a∗ )
σB : X ∗
x∗
→ (−∞, +∞],
7→ σB (x∗ ) := sup (x∗ (b)) = sup (x∗ (B))
b∈B
sA è convessa perché sup di lineari (dunque consA (0) = 0 ed è positivamente omogenea, dunque
Osservazione 217. Chiaro che
vessa) inoltre è l.s.c., vale
a meno di estendere la denizione di sublinearità a valori inniti, si può dire che
sA
è sublineare.
Analogamente
x∗
è continuo, dunque sarà anche lsc,
però essendo un funzionale lineare che proviene da sotto è anche debolmente*
x∗ 7→ x∗ (b) è w∗ -continua. Dunque σB è convessa, w∗ -lsc
( =⇒ lsc), σB (0) = 0 e positivamente omogenea (quindi anche lei sublineare).
semi.-continua, cioè
Problema 218. Quando queste funzioni sono continue?
Proposizione 219. Sia
valenti:
X
Banach. Allora le seguenti aermazioni sono equi-
4.4 Funzioni convesse notevoli
65
1.
sA
è nita (cioè è a valori reali) e continua;
2.
sA
è nita;
3.
A
è limitato.
Dimostrazione.
1. =⇒ 2.
ovvio.
sA (x)
3. =⇒ 2.
=
infatti
{a∗ (x)}
| {z }
sup
a∗ ∈A
≤ka∗ kkxk≤M kxk
≤
dunque
M kxk < +∞.
3. implica anche 1., infatti sa è limitata in U (0)e sublineare e per funzioni
2. =⇒ 3.. Per il
lineari limitatezza implica continuità. Dimostramo inne che
principio di uniforme limitatezza (Teorema di Banach-Steinhaus). Si ha
sA < +∞ ⇐⇒ ∀x ∈ X, {a∗ (x)}a∗ ∈A
è superiormente limitato (dunque limitato)
pertanto la famiglia è putnualmente limitata e per il pr di unif limitatezza
A
è
limitato.
Proposizione 220. Analogamente per
X
normato, applicando il principio di
uniforme limitatezza al duale, sono equivalenti
1.
σB
nita e continua,
2.
σB
nita,
3.
B
limitato.
Esercizio 221 (Challenge). Serve un po' di condenza con le topologie deboli.
Quando
sA
è
w-continua?
Quando
σB
è
w∗ -continua?
Ricordo che per
sA (x∗ ) = sup x (A)
mentre per
B⊂X
σB (x∗ ) = sup x∗ (B) .
4.4.2 Funzionale di Minkowski (Minkovski gauge)
Esempio 222. Siano
X
normato,
x ∈ X.
Sia
BX := B (0, 1).
x ∈ tBX ⇐⇒ kxk ≤ t.
Dunque
kxk = inf {t > 0 : x ∈ tBX }
in questo caso in realtà vale anche
kxk = min {. . .} .
per x6=0
Allora
A ⊂ X∗
4.4 Funzioni convesse notevoli
Denizione 223. In quanto segue
vesso,
0 ∈ C.
66
X
sarà uno spazio normato e
Si denisce funzionale di Minkowsi di
C
C ⊂X
con-
la funzione denita
da
x 7→ pC (x) := inf {t > 0 |x ∈ tC }
o analogamente
x
o
n
pC (x) := inf t > 0 ∈ C
t
Osservazione 224. Se
C = {0}
o in generale se l'inf nella denizione è sull'in-
sieme vuoto si usa la solita convenzione per cui
inf ∅ = +∞.
Osservazione 225. Si ha
pC : X → [0, +∞] .
Sicuramente
pC (0) = 0
in quanto l'origine sta in tutti i multipli di
C.
Noto che
pC (x) = +∞ ⇐⇒ [0, ∞)x ∩ C = {0} .
Si noti anche che
pC (x) = 0 ⇐⇒ [0, +∞)x ⊂ C.
Corollario 226. Si ha
pC < +∞ ⇐⇒ 0 ∈ a − int (C) .
Proposizione 227. Se
C ⊂ D,
allora
Proposizione 228. Sia
α > 0.
Allora
pC ≥ pD .
pαC =
1
pC .
α
Dimostrazione. Si ha
pαC (x)
=
inf {t > 0 |x ∈ αtC }
[αt = s]
ns
o
> 0 |x ∈ sC
= inf
α
1
=
pC (x) .
α
Proposizione 229.
pC
è sublineare.
Dimostrazione. La positiva omogeneità è un facile esercizio (simile alla dimostrazione precedente). Poiché per funzioni positivamente omogenee la convessità
è equivalente alla subadditività, si dimostra la subadditività. Siano
x, y ∈ X .
4.4 Funzioni convesse notevoli
Sia
Se
67
ε > 0 qualsiasi. Esistono allora t, s > 0 tali che t < pc (x)+ε e s < pc (y)+ε.
x ∈ tC e y ∈ sC i.e. se xt ∈ X e ys ∈ C , si ha
x
y
x+y = t
+s
t s
t x
s y
= (t + s)
+
∈ (t + s) C
t+s t
t+s s
|
{z
}
∈C
dunque
pC (x + y) ≤ t + s ≤ pC (x) + pC (y) + 2ε
da cui la subadditività e dunque la sublinearità.
Proposizione 230. Le seguenti aermazioni sono equivalenti:
1.
pC < +∞
ed è continuo,
2.
pC < +∞
ed è lipschitziano,
3.
0 ∈ int (C),
4.
∃α > 0
pC (·) ≤ α k·k.
tale che
Dimostrazione.
3. =⇒ 4.,
1. ⇐⇒ 2.
è noto per funzioni sublineari.
infatti se vale
3.
allora esiste
pC ≤ pαBX =
4.
4. =⇒ 2.,
α>0
tale che
C ⊂ αBX ,
da cui
1
1
pB = k·k ,
α X
α
da cui
infatti
4.
dice che su
BX
pC ≤ α
ma già sappiano che per funzionali sublineari la limitatezza in un intorno dell'origine implica la continuità.
2. =⇒ 4.,
4. =⇒ 3.,
infatti
pC (x) = |pC (x) − pC (0)| ≤ L kx − 0k = L kxk.
x ∈ BX , da 4. segue
infatti preso
pC (x) ≤ α < α + 1,
dunque
x ∈ (α + 1)C,
da cui
x
α+1
∈ C,
quindi
1
α+1 BX
⊂ C,
Proposizione 231. Vale inoltre
[∃α > 0, pC ≥ k·k] ⇐⇒ C limitato.
da cui
3..
4.4 Funzioni convesse notevoli
Dimostrazione.
⇒)
x∈C
Se
68
⇐. C ⊂ BX =⇒ pC ≥ 1r pBX =
1
r
k·k.
Viceversa
allora
1 ≥ pC (x) ≥ α kxk =⇒ kxk ≤
1
.
α
Proposizione 232. Si ha
(1)
(2)
(3)
(4)
(5)
int (X) ⊂ a − int (C) ⊂ {pC < 1} ⊂ C ⊂ {pC ≤ 1} ⊂ C.
(1) vale sempre.
(2): Sia 0 6= x ∈ a − int (C).
x ∈ 1t C . Dunque
Dimostrazione.
Allora esiste
pC (x) ≤
t>1
tale che
tx ∈ C,
ovvero
1
< 1.
t
(3) Dalla denizione di funzionale di Minkowski, da pC (x) < 1segue x ∈ 1·C .
(4) Se x ∈ C = 1 · C , allora pC (x) ≤ 1.
(5)Se pC (x) ≤ 1, allora per ogni n ∈ N si ha x ∈ 1 + n1 C , dunque
xn :=
ma
xn → x,
dunque
x
1+
1
n
∈ C,
x ∈ C.
Corollario 233. Se
C
è chiuso,
C = {pC ≤ 1} .
Corollario 234. Se
C
è aperto (o anche solo algebricamente aperto),
C = {pC < 1} .
Osservazione 235. Vediamo ora una bella applicazione del funzionale di Minkowski.
Proposizione 236. Siano
X
normato,
C, D ⊂ X convessi e limitati
c0 ∈ int (C) e d0 ∈ int (D).
trambi chiusi (o entrambi aperti). Si ssino
ed enAllora
esiste un omeomorsmo suriettivo
Φ:X→X
tale che
Φ (C) = D
e
Φ (c0 ) = d0 .
e = C − c0 .
0, considerando C
e
D = D − d0 . Chiaro che per C
Dimostrazione. Traslo lo spazio di partenza in
Traslo anche nello spazio di arrivo ottenendo
e
e
C
esiste un omeomorsmo di
Stesso per
D.
X →X
che mappi uno nell'altro (traslazioni).
Basta quindi dimostrare la tesi con
c0 = d0 = 0.
4.4 Funzioni convesse notevoli
Denisco
69

0,
Φ (x) = pC (x)

x,
pD (x)
se x = 0,
se x 6= 0
voglio infatti rimanere su una semiretta e che
pD (Φ (x)) = pC (x) .
Sicuramente
Φ:X→X
è continua su
kΦ (x)k
(∗)
X \ {0}.
In
0
pC (x)
kxk
pD (x)
pC (x)
kxk
α kxk
1
x→0
pC (x) −→ 0 = Φ (0) .
α
=
≤
≤
Per vedere che è un omeomeorsmo basta notare che
(
Φ
−1
(y) =
0,
pD (y)
pC (y) ,
se y = 0,
se y =
6 0,
che è continua per quanto dimostrato sopra. Rimane da dimostrare che
D.
Se
C, D
sono chiusi
x ∈ C ⇐⇒ pC (x) ≤ 1,
ma per la proprietà
(∗)
si ha
⇐⇒ pD (Φ (x)) ≤ 1 ⇐⇒ Φ (x) ∈ D.
Con aperti è tutto uguale ma c'è
<
invece che
≤.
Φ (C) =
Capitolo 5
Ottimizzazione di funzioni
convesse
5.1
Minimizzazione di funzioni convesse
Osservazione 237. Sia
X
f : X → (−∞, +∞]
normato e
convessa. Abbiamo
due idee base.
1.
f
è lsc
⇐⇒ f è w-lsc,
α ∈ R si ha {f ≤ α} convesso.
infatti, preso
Inoltre è chiuso
⇐⇒ w-chiuso
(facile corollario di H-B, per convessi chiusura e debole chiusura sono la
stessa cosa).
2.
X
Banach riessivo
=⇒ BX
è
di qualche altro spazio , cioè se
w-compatta. Se X è isometrico a un duale
X = Z ∗ , allora BX = XZ ∗ è w∗ -compatta.
∗
∗
w ∗ = wZ
∗ = σ (Z , Z) ovvero la più debole to∗
pologia su Z che renda continui gli elementi di Z , mentre w = wX = σ (X, X )
è la più debole su X che renda continui i funzionali.
Osservazione 238. Ricordo che
∗
Esercizio 239. Sia
su ogni
segmento compatto
(quindi
tutto si riduce a
f : X → (−∞, +∞] convessa, lsc. Si dimostri che
f |[a,b] è continua [a, b] ⊂ dom (f ) := {f < +∞}.
studiare f : R → (−∞, +∞].
Osservazione 240. Idee: uso della topologia debole (in spazi riessivi le bolle
chiuse sono compatte).
Le funzioni lsc e convesse lo sono anche rispetto alla
topologia debole.
Denizione 241. Siano
X
normato,
lim
kxk→+∞
f : X → R.
Si dice che
f
è coercitiva se
f (x) = +∞.
Osservazione 242. Si può easy generalizzare negli spazi metrici: se esiste
che
limd(x0 ,x) f (x) = +∞
(chiaro che se vale per un
x0
vale per tutti).
x0 tale
5.2 I punti più vicini
71
Teorema 243 (Teorema generale). Siano
τ
coercitiva,
f
1.
è
una topologia su
f
f
f : X → (−∞, +∞]
normato,
X
sono
τ -compatte.
assume il suo minimo assoluto.
Dimostrazione. Se
allora
X
Si supponga inoltre che
τ -lsc,
2. le bolle chiuse di
Allora
X.
f ≡ +∞ siamo a posto, assume il
.
dom (f ) = {f < +∞} =
6 ∅. Sia
suo minimo (+∞). Sia
propria (i.e.
i := inf f (X) < +∞.
α ∈ R, α > i. Essendo coercitiva esiste r > 0
kxk > r si abbia f (x) > α. Dunque
inf f (X) = inf f rB X = min f rB X
Esiste dunque
x∈X
con
per il teorema di Weierstrass (in quanto
Corollario 244. Siano
X
convessa, propria, lsc. Se
rB X
uno spazio di Banach riessivo,
f
f
è compatta e
è coercitiva, allora
f
tale che, per ogni
è lsc).
f : X → (−∞, +∞]
assume il suo minimo (asso-
luto).
Dimostrazione. Basta usare il teorema precedente con la topologia debole τ =
w, infatti un uno spazio riessivo le bolle sono debolmente compatte e le funzioni
convesse e lsc sono lo sono sse convesse e w -lsc.
Osservazione 245. Una funzione strettamente convessa non può avere più di un
punto di minimo, infatti se ce ne fossero due, la funzione valutata nella media
tra questi due punti dovrebbe avere valore minore (stretto).
5.2
I punti più vicini
Denizione 246. Siano
(X, d) uno spazio metrico, ∅ 6= A ⊂ X .
X sull'insieme A
.
PA := a ∈ A d (x, a) = dA (x) = inf d (x, y) .
Si denisce la
proiezione metrica di
y∈A
Si dice che
PA
A
è prossiminale se per ogni
x∈X
si ha
PA (X) 6= ∅.
Chiaro che
potrebbe contenere più di un punto, e.g. dati due punti, il loro punto medio
ha entrambi i punti come migliore approssimazione. Si dice che
x ∈ X si ha CardPA (x) ≤ 1.
x ∈ X si ha PA (x) = 1.
se per ogni
ogni
Si dice che
A
A
è di unicità
è di Chebyshev se per
Esempio 247. In uno spazio di Hilbert, ogni insieme convesso e chiuso è di
Chebyshev.
5.2 I punti più vicini
72
Problema 248 (Problema (importante) aperto ad oggi: 3 maggio 2013). Vale
il viceversa nell'esempio precedente? Se
?
=⇒ C
H
è di Hilbert,
C ⊂H
di Chebyshev
è convesso? (che è chiuso si dimostra in una riga).
Osservazione 249. Il risultato è noto se
H = Rd
infatti negli Hilbert nito-
dimensionali si può usare la compattezza nella topologia della norma. E' ancora
C
vero se
w-chiuso.
è anche
Non è vero (esiste un controesempio) per spazi
prehilbertiani (i.e. a prodotto interno non completo. Si usa lo spazio
successioni a supporto nito con la norma
Osservazione 250. Se
x ∈ A,
Osservazione 251. Se
A
allora
c00
delle
k·k2 ).
PA (x) = {x}.
è prossiminale, allora
A
Osservazione 252. Condizioni sucienti perché
Teorema 253 (Teoremino). Siano
X
è chiuso.
A
normato,
sia prossiminale?
∅ 6= A ⊂ X
chiuso. Se vale
almeno una delle seguenti condizioni
1.
X = Z ∗ , A w∗ -chiuso,
2.
X
riessivo,
A w-chiuso,
3.
X
riessivo,
A
4.
dim (A) < +∞,
allora
A
convesso,
è prossiminale.
Dimostrazione.
1.
X
è un duale. Sia
z0∗ ∈ Z ∗ \ A.
Si vuole dimostrare l'esistenza dei punti
più vicini. Si consideri la funzione
Z∗
→
y∗
7→
Si noti che se
α∈R
(−∞, +∞],
(
ky ∗ − z0∗ k ,
∗
f (y ) :=
+∞,
se y∗ ∈ A,
se y ∗ ∈ Z ∗ \ A.
si ha
(
∅,
se α ≤ 0,
{f ≤ α} =
∗
B (z0 , α) ∩ A, se α > 0,
w∗ -compatta, A è w∗ -chiuso, quindi l'intesezione
f è w∗ -lsc. Chiaro che f sia coercitiva. Applicando
ma la bolla nel duale è
è
w
∗
-chiusa, dunque
il terema generale di prima arriviamo a casa.
2. Segue da
1,
in quanto se
X
è riessivo,
X = (X ∗ )
∗
e la topologia
è quella debole (nei riessivi le due sono la stessa cosa).
3. Segue da
2.
w∗
qui
5.2 I punti più vicini
4. Sia
73
Y := span (A) (∼ Rd ).
Si ha
f,
f :Y
→
f (y)
=
Preso
x0 ∈ X \ A
si denisce
(−∞, +∞],
(
ky − x0 k , se y ∈ A,
+∞,
se y ∈ Y \ A.
coercitiva, lsc (si usa la compattezza forte delle bolle bolle nel
nostro spazio di misura nita) e si applica il teorema precedente.
Osservazione 254. Si è dimostrato che se esistesse un insieme di Chebyshev
non convesso, allora esisterebbe un insieme
A
molto non convesso, ovvero il
complementare di un convesso (detto caverna di Klee ).
Esercizio 255. Sia
X
normato. Si dimostri l'equivalenza delle seguenti aer-
mazioni:
1. Per ogni
2.
∅ 6= A ⊂ X
chiuso,
A
è prossiminale,
dim (X) < +∞.
L'implicazione
2 =⇒ 1
segue dal teorema principale. Bisogna dimostrare il
viceversa (per chi non ha fatto analisi funzionale la cosa non sarà aatto banale).
Teorema 256. Sia
1.
X
X
Banach. Allora le seguenti aermazioni sono equivalenti:
è riessivo,
2. per ogni
∅ 6= C ⊂ X
3. per ogni
H⊂X
Dimostrazione.
implica non
3.
un funzionale
1
convesso chiuso, si ha
iperpiano chiuso, si ha
T eoremino
=⇒
ovvio
2 =⇒ 3.
H
C
prossiminale,
prossiminale.
Con un disegno ci convinciamo che non
ϕ ∈ X∗
(per esempio di norma
kϕk = 1,
anche per i suoi multipli) che non assume la norma.
gura
1
Si utilizzerà il Teorema di James, si dimostrerà quindi che esiste
ma se vale per lui vale
Sia
H = ϕ−1 (1) .
dalla
5.2 I punti più vicini
segue che
dH (0) = 1,
74
dunque
Denizione 257. Sia
X
PH (0) 6= ∅.
X
normato.
è (SC) (strettamente convesso) se
.
SX := {x ∈ X |kxk = 1 } = ∂BX
non contiene segmenti non degeneri (i.e. di lunghezza positiva). Equivalentemente si può dire che
extBX = SX .
Teorema 258. Sia
1.
X
X
normato. Le seguenti aermazioni sono equivalenti:
è (SC),
2. ogni insieme convesso
3. ogni retta
L⊂X
C⊂X
è di unicità,
è di unicità (potrei dire di Chebyshev perché le rette sono
nito-dim dunque chiuse, pertanto prossiminali),
4. ogni iperpiano chiuso
Dimostrazione. (idea)1
PC (x) = ∅,
H⊂X
=⇒ 2.
è di unicità.
Siano
C
convesso e
x ∈ X \ C . Se x ∈ C allora
x∈
/ C e r := distC (x). Si
quindi lo prendiamo più lontano. Siano
consideri l'insieme
(SC)
∂Br (x) ⊃ C ∩ Br (x) = PC (x) =⇒ CardPC (x) ≤ 1.
| {z }
convesso
Sia ora non
gura).
1.
Allora esiste
a 6= b
tale che
[a, b] ⊂ SX , L = aff {a, b}
(vedi
5.2 I punti più vicini
75
L ∩ BX ⊂ SX infatti se ci fossero dei punti interni, anche
[a, b] starebbero nell'interno (per la convessità di BX ). Poiché
Chiaro che
punti di
alcuni
PL (0) ⊃ [a, b] ,
allora vale non
2.
Ora, sempre da non
esiste
H
1,
poiché
iperpiano che separi
L ∩ BX = ∅, per il teorema
L e la bolla unitaria BX .
di separazione di HB
Quindi con un po' di intuizione geometrica ci convinciamo che
L ⊂ H.
Dunque
certamente
PH (0) ⊃ [a, b]
da cui segue anche non
Corollario 259. Sia
4.
X
Banach. Allora le seguenti aermazioni sono equiva-
lenti:
1.
X
è riessivo e (SC),
2. ogni insieme convesso chiuso
C⊂X
è di Chebyshev,
3. ogni iperpiano chiuso è di Chebyshev.
Esempio 260. Esempi di spazi che soddisfano
gli spazi
Lp (µ)
1
sono, per ogni
con qualunque misura. Ad esempio
Lp ([0, 1])
e
`p
p ∈ (1, +∞),
(che in realtà
non sono solo strettamente convessi ma addirittura uniformemente convessi, che
è una proprietà molto più forte.
Osservazione 261 (Curiosità). Ogni spazio di Banch separabile e riessivo ammette una norma equivalente in cui è ancora riessivo ma anche (SC).
Osservazione 262. Nei duali la separabilità passa dal secondo al primo piano,
∗
i.e. se X è separabile, anche X lo è. Dunque se X è separabile e riessivo,
∗ ∗
tutti i successivi duali sono separabili (X
= (X )
).
5.2 I punti più vicini
76
5.2.1 Centri di Chebyshev
Osservazione 263. Si vuole determinare un centro in qualche senso, di un
insieme. Dato un insieme di case, dove mettiamo la stazione dei vigili del fuoco?
L'idea è, dato
A⊂X
limitato, voglio minimizzare
f∞ (x) = sup kx − ak .
a∈A
I punti che minimizzano si diranno centri di Chebyshev.
piazzare un deposito?
Se invece dobbiamo
Ogni volta un camion dovrà partire dal deposito, rag-
giungere un negozio, poi tornare indietro e ripartire per ogni altro negozio,
quindi può essere interessante minimizzare
N
X
f1 (x) =
kx − ai k .
1
In statistica è utile minimizzare la deviazione standard
f2 (x) =
N
X
2
kx − ai k .
1
In spazi nito-dimensionali queste funzioni sono tutte coercitive e
f∞ è lsc, men-
tre le altre sono addirittura continue, quindi dalla compattezza si arriva a casa.
In spazi innito-dimensionali esistono esempi in cui anche insiemi di soli
3 punti
non hanno centri di Chebyshev (per 2 punti c'è sempre il punto medio). In questi casi si deve andare di compattezza debole. In
c0
anche le cose vanno male.
Nessuno ha ancora caratterizzato gli spazi in cui gli insiemi limitati hanno centri
di Chebyshev.
Denizione 264. Siano
X
normato,
A ⊂ X.
Se
il raggio della più piccola bolla chiusa centrata in
A limitato si può considerare
x e che contiene A
f (x)∞ = sup kx − ak .
a∈A
I punti di minimo assoluto di f∞ sono chiamati centri di Chebyshev dell'insieme
A (sono quindi i centri delle più piccole bolle contenenti A). Se invece A è nito,
A = {a1 , . . . , an } si può usare la somma delle distanze
f1 (x) =
n
X
kx − ai k
1
o la somma dei quadrati delle distanze
f2 (x) =
n
X
2
kx − ai k .
1
E i minimizzanti di
f1
e
f2
si dicono mediane e mediane quadratiche di
A.
5.2 I punti più vicini
77
Osservazione 265. Se si considera una permutazione
π
di
{1, . . . , n}, si ordinano
le distanze
x − aπ(1) ≤ x − aπ(2) ≤ . . . ≤ x − aπ(n−1) ≤ x − aπ(n) e si decide di trascurare qualche termine molto piccolo e qualche termine molto
grande (ad esempio
x − aπ(1) e/o
x − aπ(n) continuano a valere diversi
dei risultati qui presentati, ma la dimostrazione è più complessa perché queste
permutazioni dipendono dai punti
x.
Corollario 266 (Esistenza). Sia
X
essivo).
uno spazio di Banach duale (e.g.
Allora ogni insieme limitato
A ⊂ X
X
ri-
ammette almeno un centro di
Chebyshev, e ogni insieme nito ammette almeno una mediana e una mediana
1
quadratica .
Dimostrazione. Sia
∗
è
w
X = Z ∗,
allora per ogni
a ∈ X ∗,
la funzione
x 7→ kx − ak
a
-lsc perché i suoi insiemi di sottolivello sono le bolle chiuse centrata in
(che in uno spazio duale sono
stesso vale per
2
x 7→ kx − ak
w∗
compatte) e ovviamente è anche coercitiva. Lo
e quindi si può applicare il teorema generale.
Osservazione 267. In questo caso queste funzioni
2
convesse (nel secondo caso
2
kx − ak , kx − ak
x 7→ kx − ak è convessa in
C ⊂ V spazio vettoriale
sono anche
quanto composizione di
convesse. Infatti è vero che se
f
ϕ
conv
conv
C conv −→ I ⊂ R intervallo −→ R,
allora
ϕ◦f
è convessa.
Esercizio 268. Siano
X
di Banach,
A ⊂ X, Y
Banach e
B ⊂Y.
Si supponga
l'esistenza di un'isometria (non necessariamente suriettiva)
i:X→Y
(dunque si possono identicare
X
e
i (X)).
Esiste allora una proiezione (ov-
vero tale che sull'insieme immagine è l'identità.
Si dice anche retrazione (in
topologia))
P : Y → i (X)
che sia
1-Lipshitziana
e tale che
P (B) = A.
Se
B
ammette un centro di Che-
byshev (o una mediana, o una mediana quadratica) in
Y,
allora
A
ammette un
centro di Chebyshev (o una mediana, o una mediana quadratica) in
la gura è abbastanza naturale che se in
candidato centro sia
1E
Y
c'è un centro, in
i (X)
X.
(dal-
=
X
il
P (centro)).
questi punti possono essere diversi tra loro, anche se esistono unici un centro, una
mediana e una mediana quadratica (quindi nel caso migliore possibile).
5.2 I punti più vicini
78
Esercizio 269. Mostrare che le ipotesi dell'esercizio precedente sono soddisfatte
per
X
|{z}
duale e
Z∗
∗
Y = (X ∗ ) .
| {z }
Infatti esiste una proiezione abbastanza naturale
Z ∗∗∗
P : Z ∗∗∗ → Z ∗
che è peraltro lineare e con norma unitaria.
Esempio 270. Esistono spazi non duali ma per cui valgono risultati simili. Ad
esempio esiste
P : L1 [0, 1]
∗∗
−→
|{z}
L1 [0, 1] .
lin., kP k=1
Osservazione 271 (Curiosità). Per ogni
norma
|||·|||
su
X
X
di Banach non riessivo esiste una
equivalente a quella originaria in cui un insieme di
3
punti
non abbia centri di Chebyshev.
Esempio 272. Esiste un iperpiano chiuso in C [0, 1] o c0 (entrambi con la norma
del sup) tali che un insieme di tre punti non abbia centri di Chebyshev.
Capitolo 6
Disuguaglianza integrale di
Jensen
Problema 273. Siano
Se esistono
C convesso in uno spazioPvettoriale X e f : (−∞, +∞].
x1 , . . . , xn ∈ C e λ1 , . . . , λn ≥ 0 con
λi = 1 si ha
!
ˆ
n
X
X
f
λ i xi ≤
λi f (xi ) =
f (x) dµ,
C
1
dove
µ=
P
λi δxi
(dove le
f
δ xi
sono le misure di Dirach centrate in
n
X
!
λi xi
ˆ
Dunque
=f
x dµ (x)
C
1
da cui
xi ).


 ˆ
ˆ


f (x) dµ.
f  x dµ (x) ≤

 C
C
{z
}
|
(∗)
xµ
Una disuguaglianza di questo genere si può ottenere per qualche misura più
complicata di una combinazione lineare di misure tutte addensate in un punto?
Notiamo che
n
X
λi = µ (C) = 1,
1
dunque
µ
è una misura di probabilità su
1. Per quali
C
e
µ
C !!!
esistono gli integrali in
2. Se esiste il baricentro
xµ ,
quando
3. Quando vale la disuguaglianza in
Domande:
(∗)?
xµ ∈ C ?
(∗)?
80
Abbiamo dall'analisi reale una risposta per
Osservazione 274. Se
(Ω, Σ, µ),
C
intervallo e
f ∈ L1 (C).
perché il primo integrale esista occorre che
l'identità sia misurabile. Data
F = (F1 , . . . , Fd ) : Ω → Rd
si ha
F
∀A ⊂ Rd aperto si ha F −1 (A) ∈ Σ)
funzione da Ω → R. In questo caso esiste
ˆ
ˆ
ˆ
f dµ =
F1 dµ1 , . . . ,
Fn dµ ∈ Rd
misurabile (i.e.
misurabile come
Ω
e diciamo che
F
è in
Ω
L1
sse ogni
Fi
è
Ω
Fi sono in L1 . Per
ˆ
ˆ
`
F dµ =
` ◦ F dµ,
sse tutte le
Ω
ogni
` ∈ Rd
∗
si ha
Ω
infatti basta scomporre nelle componenti e utilizzare la linearità dell'integrale
di Lebesgue sulla funzioni scalari. Se consideriamo l'identità
F := id|C : C → Rd .
La
σ -algebra
più piccola per cui l'identità
zione dei boreliani di
Rd con C ,
F
è misurabile sarà dunque l'interse-
ovvero
B (C) := {B ∩ C |B ∈ BRd } .
Il nostro insieme di misura di probabilità su
C
sarà
M1 (C) := { µ : B (C) → [0, +∞)| µ misura, µ (C) = 1}
che sono misure Boreliane ma solo nella
il baricentro di
C
µ
di spetto a
σ -algebra relativa di C .
è
ˆ
xµ :=
x dµ (x) .
C
Si ha
I|C ∈ L1 (µ) ⇐⇒ ∀i, x 7→ x (i)
dove
x (i)
è la
i-esima
componente di
x,
è in
i.e se per ogni
ˆ
|x (i)| dµ (x) < +∞
C
ma quest è equivalente a richiedere
ˆ
C
L1 (µ) ,
kxk1 dµ (x) < +∞
i
Se
µ ∈ M1 (C),
81
e per l'equivalenza delle norme in
ˆ
Rd ,
kk
per ogni norma
kxk dµ (x) < +∞.
C
Le condizioni
I|C ∈ L1 (µ) ⇐⇒ ∀i, x 7→ x (i)
L1 (µ)
è in
sono anche equivalenti a
∀` ∈ Rd
∗
, ` ∈ L1 (µ) .
Proposizione 275. Se
limitato con
µ è concentrata su un limitato, i.e.
µ (C \ B) = 0, allora esiste il baricentro xµ .
se esiste
B ∈ B (C)
Osservazione 276. Nel caso della disuguaglianza di Jensen classica abbiamo
solo un insieme nito di punti quindi la misura è concentrata in quell'insieme
(limitato).
Proposizione 277. Siano
baricentro
xµ ,
∅ 6= C ⊂ Rd
µ ∈ M1 (C).
convesso e
Se esiste il
allora
xµ ∈ C.
n = dim (C), con 0 ≤ n ≤ d.
n = 0, C = {c0 }, dunque l'unica misura di probabilità su C è δc0 , dunque
xµ = c0 e siamo a posto. Si supponga che la proposizione valga no a n − 1
e lo si dimostri per n. Sappiamo che l'interno relativo ri (C) 6= ∅. Poiché sia
Dimostrazione. Si procede per induzione rispetto a
Se
l'insieme che la misura si possono traslare, ottenendo un baricentro del punto
traslato, senza perdere in generalità si può supporre
0 ∈ ri (C).
Dunque
span (C) = aff (C) =: L
e
0 ∈ intL (C).
1. Se
su
2. Se
Si supponga per assurdo che
d ∗
xµ ∈
/ L, esiste ` ∈ R
L e lo estendo. In spazi
xµ ∈ L \ C
tale che
xµ ∈
/ C.
` (xµ ) > 0
` ∈ L∗ \ {0}
`|L ≡ 0.
(lo perndo nullo
tale che
` (xµ ) ≥ sup ` (C) .
Senza perdere il generalità sia
(∗)
e
nito-dim si può fare easy)
per HB esiste
estendere). Allora, da
Possono accadere due cose
` ∈ Rd
(∗)
(tanto in spazi nito-dim si può
si ha
ˆ
ˆ
ˆ
[` (xµ ) − ` (x)] dµ (x) = ` (xµ )− ` (x) dµ (x) = ` (xn )−`
x dµ (x) = 0,
{z
}
C
C
C|
≥0
per il teorema di annullamento (valido anche con misure astratte), si ha
` (x) = ` (xµ ) = α µ-q.o.
in
(nella topologia relativa su
C . Dunque µ è concentrata sull'insieme chiuso
C ) C1 := C ∩ `−1 (α).
82
Ma
dim (C1 ) < dim (C).
B ∈ B (C1 ), da
Si consideri allora la misura
µ1 ∈ M1 (C1 )
data,
per ogni
µ1 (B) = µ (B) .
C1
Dato che la misura è concentrata su
ˆ
xµ =
ˆ
x dµ (x) =
C
C
x dµ (x) = xµ1 ∈ C1 ⊂ C.
| {z }
per ipotesi
Assurdo perché non doveva appartenere a
C.
Osservazione 278. Se vogliamo è una generalizzazione del fatto che in un insieme convesso una combinazione convessa di elementi dell'insieme appartiene
all'insieme.
Osservazione 279. In dimensione innita non si può fare la dimostrazione, però
se si suppone
C
compatto vale una proposizione analoga.
Corollario 280. Siano
+∞
{xi }1
Presi
X svt di Hausdor,
P+∞ C ⊂ X
+∞
⊂ C , {λi }1 ⊂ [0, 1], 1 λi = 1.
+∞
X
convesso e nito-dimensionale.
Se esiste
λi xi = x0 ∈ X,
1
allora
x0 ∈ C.
Dimostrazione. Basta immergere tutto in
d
Si ha
di
C
dim (Y ) < +∞,
dunque
Y ∼R
Rd .
Considero
rispetto alla misura
µ=
+∞
X
λi δxi
i=1
ne senso che per ogni
E⊂C
µ (E)
=
+∞
X
λi δxi (E)
i=1
=
Y := span (C ∪ {x0 }).
x0 è il baricentro
(isomorfo). Si noti che
X
xi ∈E
λi .
83
Essendo
centro è
µ denita
xµ = x0 .
µ ∈ M1 (C)e
su ogni sottoinsieme, certamente
il suo bari-
Osservazione 281. In dimensione innita questo non è vero in generale.
Gli
insiemi in cui questo funziona sono detti CS-convessi. La somma di una serie
convessa non scappa dall'insieme.
Osservazione 282 (Osservazioni algebriche). Dato che ci servirà (a breve) parlare
di epigraco, notiamo un paio di cose.
1. Se
X
sv. Si
#
=⇒ (X × R) = X # × R
#
noti che R = R)
è sv
#
→ X # × R,
Λ
↔ (`, β) ,
Λ : (X × R)
se
2. Se
(dove uguale signica isomor come
Λ (x, t) = ` (x) + βt.
X
è svt
∗
=⇒ (X × R) = X ∗ × R.
∗
Proposizione 283. Sia
Λ ∈ (X × R) tale che Λ separi due punti (x0 , t1 ),
−1
per ogni α ∈ R, l'iperpiano Λ
(α) coincide con in
ane continua a : X → R.
1
Allora
e t1 6= t2 .
graco di una funzione
(x0 , t2 )
Analogo.
Dimostrazione. Per l'osservazione precedente
∗
X × R.
Λ può essere identicato con (`, β) ∈
Per ipotesi
` (x0 ) + βt1 6= ` (x0 ) + βt2 ,
da cui si conclude immediatamente che
β 6= 0.
Si noti inoltre che
(x, t) ∈ Λ−1 (α) ⇐⇒ ` (x) + βt = α ⇐⇒ t =
ma al variare di
1
α
− ` (x) =: a (x) ,
β
β
x ∈ R, a è una funzione ane continua e (x, t) ∈ graf ico (a).
Lemma 284. Siano
vesso,
esiste
X uno spazio vettoriale localmente convesso, C ⊂ X conf : C → (−∞, +∞] convessa e lsc, x0 ∈ dom (f ), t0 < f (x0 ). Allora
a : X → R ane continua tale che a|C < f e a (x0 ) > t0 .
Osservazione 285. Se lo spazio fosse localmente convesso si potrebbe usare HB
topologico perché il punto
Dimostrazione. Sia t0
(x0 , t0 )
è chiuso.
< α < f (x0 ).
L'insieme{f
> α} è aperto in C , poiché lo
V ∈ U (x0 ) (aperto e) convesso tale che
f > α su V ∩ C . Allora epi (f ) ⊂ X × R e D := {(x, t) ∈ X × R |x ∈ V, t < α }
sono convessi e D = V × (−∞, α) è aperto. Per il Teorema di Hahn-Banach
∗
esiste allora Λ ∈ (X × R) tale che
spazio è localmente convesso, esiste un
sup (Λ (D)) ≤ inf (Λ (epi (f ))) ,
1 Anche il buon senso suggerisce che gli iperpiani di separazione non possano essere verticali.
84
a tale
Λ = graf ico (a). Potrebbe succedere che la funzione ane a toccasse
epi (f ), ma tra i due convessi c'è spazio, dunque esiste certamente ε > 0 piccolo
tale che a − ε soddisfa quanto richiesto nella tesi.
allora per la proposizione precedente esiste una funzione ane continua
che
Teorema 286 (Disuguaglianza integrale di Jensen). Siano
vesso,
f : C → (−∞, +∞]
∅ 6= C ⊂ Rd
con-
µ ∈ M1 (C)
(misura di probabilità
. ´
baricentro xµ = C x dµ (x) esista (come
xµ ∈ C , e)
convessa e lsc,
boreliana). Si supponga inoltre che il
integrale). Allora (già dimostrato che
ˆ
f (xµ ) ≤
f (x) dµ (x) .
C
Dimostrazione. Si dimostra per prima cosa che l'integrale a RHS esiste.
f
α ∈ R, {f ≤ α}
Per
f è
B (C)-misurabile. Se f ≡ +∞ su C la tesi è banalmente vericata. Si supponga
allora che esista x0 ∈ C tale che f (x0 ) < +∞. Per il lemma precedente segue
che esiste una funzione ane continua a (x) = ` (x) + β continua tale che f > a
su C . Si ha
ˆ
ˆ
a (x) dµ (x) =
` (x) dx + β.
ipotesi
è misurabile, dunque per ogni
C
Poiché
è chiuso, dunque
C
xµ esiste, allora ` ∈ L1 (C), dunque, poiché f −a > 0 e misurabile almeno
ˆ
f − dµ < +∞,
C
ˆ
dunque esiste
f dµ,
C
eventualmente innito (e in quel caso si vince banalmente). Senza perdere in
generalità si supponga dunque che
´
C
ˆ
f dµ < +∞.
Per assurdo si supponga che
f (x) dµ (x) =: t0 ∈ R.
f (xµ ) >
C
Vogliamo dimostrare che
assurdo. Allora
µ
f (xµ ) < +∞. Se µ (C \ dom (f )) > 0, allora t0 = +∞,
dom (f ) =: C1 ⊂ C1 , dunque µ ∈ M1 (C1 ).
è concentrata su
85
xµ ∈ C1 . Usando di nuovo
a (x) = l (x) + γ tale che a (xµ ) > t0
Per un risultato precedente si ha che
il lemma
precedente, esiste una funzione
e
f (x)
su
dom (f )
C.
e dunque su
a (x) <
Ma allora
ˆ
t0
=
f dµ
ˆC
>
a dµ (non
può valere
=perché f > a)
ˆ
C
=
=
l (x) dµ + γ
ˆ
`
x dµ + γ
=
a (xµ ) > t0 ,
C
C
assurdo.
Osservazione 287. Vala più in generale il seguente risultato.
Teorema 288. Siano
(−∞, +∞]
X
svt localmente convesso,
convessa e lsc,
C ⊂X
convesso,
f :C →
µ ∈ M1 (C).
xµ ∈ X
1. Esiste al più un punto
2
tale che , per ogni
y∗ ∈ X ∗
ˆ
y ∗ (xµ ) =
y ∗ (x) dµ (x) .
C
2. Se
C
è aperto o chiuso e
3. Se
C
è compatto, allora
xµ
xµ
esiste, allora
xµ ∈ C .
3
esiste
Corollario 289 (Disuguaglianza di Hermite-Hadamard). Sia
f : [a, b] → R
convessa e continua. Allora
f
a+b
2
(1)
≤
1
b−a
ˆ
b
(2)
f (x) dx ≤
a
1
1
f (a) + f (b) .
2
2
Dimostrazione. Si consideri la misura di probabilità denita normalizzando la
misura di Lebesgue nel modo seguente
dµ :=
Allora
µ ∈ M1 ([a, b]),
1
xµ =
b−a
2 Il
dx
.
b−a
ˆ
b
x dx =
a
a+b
1 1 2
b − a2 =
b−a2
2
baricentro non si può denire per coordinate,
come su
Rd
(perché non ci sono
coordinate!) Si può denire però l'integrale di Pettis, nel modo seguente.
3 Complicato
da dimostrare.
6.1 Immagine di una misura
e
(1)
86
è la disuguaglianza di Jensen. Per dimostrare
1
b−a
ˆ
b
f (x) dx
=
a
ˆ
1
f (a + t (b − a)) dt
|
{z
}
0
≤
si consideri
= a + t (b − a)
= (b − a) dt
x
dx
=
ˆ
(2)
=f ((1−t)a+tb)
1
((1 − t) f (a) + tf (b)) dt
0
ˆ
1
= f (a)
|0
ˆ 1
(1 − t) dt +f (b)
t dt .
{z
}
| 0 {z }
=1/2
=1/2
Osservazione 290. Si presenta ora un'altra importante versione della disuguaglianza di Jensen che ha molte applicazioni. Per arrivarci sarà necessario imparare un procedimento detto immagine di una misura.
6.1
Immagine di una misura
Denizione 291. Siano
uno spazio mi-
surabile e
che , per ogni
(Ω, Σ, µ) uno spazio di misura, (X, B)
g : Ω → X che sia (Σ − B)-misurabile, ovvero tale
B ∈ B , g −1 (B) ∈ Σ. Sia
ν:B
→
Si verica immediatamente che
Osservazione 292. Ovvio che
σ -nita
[0, +∞] ,
7→ ν (B) := µ g −1 (B) .
B
anche che una è
4
ν
ν
è una misura e che
ν (X) = µ (Ω).
è di probabilità se e solo se
µ
lo è. Immediato
se e solo se l'altra lo è.
Problema 293. Come si integra rispetto a
ν?
Le funzioni caratteristiche si
integrano come al solito
ˆ
χB dν
= ν (B)
X
= µ g −1 (B)
ˆ
=
χg−1 (B) dµ.
(∗)
Ω
Ma per denizione
χg−1 (B) (t) = 1 ⇐⇒ t ∈ g −1 (B) ⇐⇒ g (t) ∈ B ⇐⇒ χB (g (t)) = 1,
4 Se B
fosse una
σ -algebra
di Borel, come sempre, sarebbe necessario controllare la
condizione seguente solo sugli aperti
6.1 Immagine di una misura
87
dunque
ˆ
(∗)
=
χB (g (t)) dµ.
Ω
Dunque per ogni
s
semplice su
X
ˆ
ˆ
s ◦ g dµ.
s dν =
X
Ω
Dunque, procedendo con la macchina standard, se
ˆ
f dν ⇐⇒ esiste
esiste
X
e
f :X→R
è
B -misurabile
ˆ
f ◦ g dµ
Ω
f ∈ L1 (ν) ⇐⇒ f ◦ g ∈ L1 (µ).
Teorema 294 (Seconda disuguaglianza di Jensen). Siano
(Ω, Σ, µ) uno spazio
g : Ω → Rd , Σ-misurabile, g ∈ L1 (µ). Sia C ⊂ Rd convesso e
che per quasi ogni t ∈ Ω si abbia g (t) ∈ C . Sia inoltre f : C →
di probabilità,
si supponga
(−∞, +∞]
convessa e lsc. Allora
ˆ
1. si ha
g dµ ∈ C;
Ω
2. esiste l'integrale
ˆ
f ◦ g dµ;
Ω
3. vale la maggiorazione, detta seconda disuguaglianza di Jensen
ˆ
f
ˆ
g dµ ≤
f ◦ g dµ.
Ω
Ω
Dimostrazione. Si considerino lo spazio misurabile
della misura
µ
tramite
g.
Il baricentro di
ν
(C, B (C))
e l'immagine
ν
è dato da
ˆ
xν
=
x dν (x)
ˆC
=
g dµ esiste,
Ω
dunque
xν ∈ C =⇒ 1.
Per il secondo punti si sfrutta il teorema sulla disugua-
glianza di Jense, se esiste il baricentro esiste anche l'integrale di Lebesgue nel
membro di destra di
ˆ
ˆ
f ◦ g dµ =
Ω
Il punto
ν.
3
f dν.
C
è semplicemente la disuguaglianza di Jensen per la misura immagine
6.1 Immagine di una misura
88
6.1.1 Applicazioni delle disuguaglianza integrale di Jensen
Per tutta la sezione siano
(Ω, Σ, µ)
uno spazio di probabilità e
g : Ω → R,
g ∈ L1 (µ).
Proposizione 295. Siano
C = R, p ≥ 1
e
f (x) = |x|
p
. Allora
ˆ
ˆ
1/p
p
g dµ ≤
|g|
dµ
Ω
Ω
(che è un caso particolare della disuguaglianza di Holder, sfruttando
e il fatto che
µ
g = g·1
sia di probabilità. Si noti che è anche possibile dimostrare la
disuguaglianza di Holder partenda da quella di Jensen qui esposta).
Proposizione 296. Siano
C = R, f (x) = ex . Allora
ˆ
´
e Ω g dµ ≤
eg dµ.
Ω
Proposizione 297. Siano
C = (0, +∞), f (x) = − log (x)
ˆ
ˆ
log
g dµ ≥
log (g) dµ.
Ω
e
g > 0.
Allora
Ω
Osservazione 298. Non ci sarà lezione nei giorni 20-24 maggio e 3-7 giugno. Il
corso dovrebbe nire il 31 maggio.
Capitolo 7
Funzioni convesse di una
variabile reale
Denizione 299. In questo capitoletto
I ⊂R
sarà un intervallo e
f :I →R
sarà una funzione convessa. Per semplicare la notazione, indichiamo per ogni
x, y ∈ I
i rapporti incrementali
Q (x, y) :=
Osservazione 300. La funzione
bili, i.e
Q (x, y) = Q (y, x).
f (x) − f (y)
= Q (y, x) .
x−y
Q è chiaramente simmetrica nelle sue due varia-
Dalla gura
si vede immediatamente che
Q (x, y) ≤ Q (x, z) ≤ Q (y, z)
e se vale un
=
vale necessariamente anche l'altro. Dunque
non decrescente in
7.1
x
e in
y.
Derivabilità
Teorema 301. Sia
I
aperto. Allora
Q (x, y)
è monotona
7.1 Derivabilità
1. per ogni
2.
f
x∈I
90
esistono la derivata destra e sinistra di
è localmente lipschitziana, i.e. lo è su ogni
3. se
f
in
x;
[a, b] ⊂ I ;
0
0
0
0
x, y ∈ I , x ≤ y , allora f−
(x) ≤ f+
(x) ≤ f−
(y) ≤ f+
(y) i.e.
le derivate
destre e sinistre sono non decrescenti e in ogni punto la derivata sinistra
è maggiorata da quella destra;
4.
0
f+
5.
Nf := {x ∈ I |f
è continua da destra,
0
f−
è continua da sinistra;
non sia derivabile in
x}
è al più numerabile.
Dimostrazione. (Idea)
1. Figura.
Poiché
Q (z, x) ≤ Q (x, y)
e la funzione a destra è non decrescente in
x,
il limite (che è la derivata destra) è l'inf, che esiste perché minorata a
sinistra
0
f+
(x) = inf Q (x, y) > −∞.
y>x
2. Lo sappiamo già.
3. Di nuovo con la monotonia (gura).
Poiché la derivata destra è l'inf della prima
quella sinistra è il sup nella seconda
Q
nella formula seguente, e
Q
0
0
f+
(x) ≤ Q (x, t) ≤ Q (t, y) ≤ f−
(y) .
4. Sia
x0 ∈ I
ssato. Sia
y > x0
qualsiasi (gura).
7.1 Derivabilità
Per ogni
91
x ∈ (x0 , y)
0
0
f+
(x0 ) ≤ f+
(x) ≤ Q (x, y) .
x → x0 (nella derivata destra esiste perché la funzione
f è continua i rapporti incrementali sono continui
variabili x ed y , dunque
Facendo tendere
è monotona). Poiché
nelle singole
0
f 0 (x0 ) ≤ lim+ f+
(x) ≤ Q (x0 , y) .
x→x0
0
f (x0 ) ≤ lim
x→x+
0
0
f+
0
(x) ≤ lim Q (x0 , y) = f+
(x0 )
y→x+
0
e dunque coincidono.
5. Per denizione
0
0
Nf = x : f−
(x) ≤ f+
(x) .
Ad ogni
x ∈ Nf
0
0
Jx = f−
(x) , f+
(x)
si può dunque associare
. Ma gli
intervalli di questa famiglia sono a due a due disgiunti (per la prima e
3), dunque se x < y Jx ∩ Jy 6= ∅. Una famiR può solo essere numerabile (per separabilità, ogni intervallo contiene un razionale). Dunque {Jx : x ∈ Nf }è al più
numerabile e quindi anche Nf lo è.
l'ultima disuguaglianza in
glia di intervalli disgiunti in
Esercizio 302. Vale di più del
5
E ⊂ R
Per ogni insieme
al più numerabile
esiste una funzione convessa che non sia derivabile esattamente in quei punti
(se
E
è nito l'esercizio è facile, basta la somma dei moduli traslati. L'esercizio
vero è per
E
numerabile).
Corollario 303. Sia
0
1. f+
2.
I
(x0 ) = limx→x+
0
aperto,
0
f−
[a, b] ⊂ I.
Allora
(x) ,
0
0
(x) .
(x0 ) = limx→x− f+
f−
0
Dimostrazione. Sempre per la monotonia della
0
f+
(x0 ) ≤
0
f−
(x) ≤
0
f+
3,
(x) →
se
x0 ≤ x
0
f+
(x0 )
e per il teorema dei due carabinieri siamo a casa. Stesso per il
Corollario 304. Sia
di Lebesgue e con
(R)
I
aperto,
[a, b] ⊂ I ,
allora, indicando con
quello di Riemann
f (b) − f (a)
(1)
=
ˆ
b
f 0 (x) dx,
(L)
a
(2)
=
ˆ
b
0
f+
(x) dx,
(R)
a
(3)
=
2.
ˆ
b
0
f−
(x) dx.
(R)
a
(L)
l'integrale
7.1 Derivabilità
Dimostrazione.
92
(1)
vale perché
f
[a, b] =⇒ f ∈ AC ([a, b]) . (2) sarebbe
0
0
f 0 = f+
q.o., ma essendo f+ monotona,
lip su
Ok per l'integrale di Lebesgue perché
0
f+
∈ R ([a, b]).
Osservazione 305. Abbiamo bisogno di
(2)
perché più avanti deriveremo fun-
zioni integrali, e con Lebesgue possiamo passare la derivata solo q.o., se invece
riusciamo a garantire la continuità possiamo controllare la derivata dell'integrale
in punti specici.
Lemma 306. Se
f
I = [a, b),
anche se in
a
la funzione ha un salto, sicuramente
è u.s.c.
Dimostrazione. Si ha
lim sup f (x)
=
x→a+
lim sup f ((1 − t) a + tc)
{z
}
t→0+ |
≤(1−t)a+tf (c)
≤
f (a) ,
ma per una vecchia proposizione la usc era equivalente a limsup
≤ f (a).
Corollario 307. Siano
allora
per ogni segmento
valori
X svt T2 , f : X → (−∞, +∞], convessa, lsc,
[a, b] ⊂ dom (f ), si ha f |[a,b] è continua (i.e., dove ha
niti è continua per segmenti).
Dimostrazione. Diventa una funzione di una variabile, poiché è già lsc e per il
lemma precedente (generalizzato in maniera ovvia) è usc, dunque continua.
7.1.1 Subdierenziale
Esempio 308. gura unafunzione convessa ha tanti iperpiani di supporto eg
in punto angoloso, invece di avere una retta con quindi un solo coeciente
angolare, si può allora considerare l'intervallo di tutti i coe angolari delle rette
di supporto.
Denizione 309. Subdierenziale
∂f (x0 ) = {m ∈ R |∀x ∈ I, f (x) ≥ f (x0 ) + m (x − x0 ) } .
7.2 Derivabilità seconda
93
Osservazione 310. La denizione si può generalizzare anche in spazi di Banach,
al posto di rette si utilizzano funzioni ani, approssimando dunque funzioni
non con rette ma con elementi del duale. Grazie al teorema di HB si riescono a
recuperare buona parte dei risultati che dimostriamo in
R.
Osservazione 311. E' una generalizzazione della derivata.
Osservazione 312. Facendo dei semplici conti si può vericare che
0
0
∂f (x0 ) = f−
(x0 ) , f+
(x0 ) .
Osservazione 313.
∂f (x0 )
non è mai vuoto perché
f
è convessa e la derivata
sinistra è sempre minore di quella destra.
Proposizione 314. Le seguenti aermazioni sono equivalenti
1.
f
2.
Card (∂f (x0 )) = 1;
3.
∃ϕ : I → R
in x0 ,
4.
∀ϕ
è derivabile in
selezione di
∂f
∂f
ϕ
selezione di
Dimostrazione.
x0 ;
si ha
1 ⇐⇒ 2
1
(cioè
ϕ (x) ∈ ∂f (x)
continua in
per ogni
x ∈ I)
continua
x0 .
perché per le funzioni convesse la derivabilità è la
derivabilità destra e sinistra.
3 ⇐⇒ 4 è banale perchè se abbiamo una selezione
0
0
f−
(x) ≤ ϕ (x) ≤ f+
(x) ,
e per il teorema dei due carabinieri passiamo al limite per
x → x0
x → x0
(stesso per le altre derivate destre e sinistre e facendo tendere
vinciamo
da destra
(o sinistra?)).
7.2
Derivabilità seconda
Osservazione 315. Una funzione convessa è q.o. derivabile e monotona, dunque
q.o. due volte derivabile.
1 Per
ogni dierenziale scelgo un valore.
7.2 Derivabilità seconda
94
Teorema 316. Siano
I \ Nf .
1.
I aperto, x0 ∈ I , ∆ ∈ R, D1 := {x ∈
Allora le seguenti aermazioni sono equivalenti:
x0 ∈ D1 ,
(i.e.
f
è derivabile in
lim
x→x ,
0
x∈D1
(i.e.
f 0 : D1 → R
0
f+
è derivabile con
3.
0
f−
è derivabile con
ϕ
5. per ogni
6.
x} =
e
x0 ,
con
0
(f 0 ) (x0 ) = ∆);
0 0
f+
(x0 ) = ∆;
0 0
(x0 ) = ∆;
f−
selezione di
ϕ
è derivabile in
f 0 (x) − f 0 (x0 )
= ∆,
x − x0
è derivabile in
2.
4. esiste
x0 ),
I |f
∂f
selezione di
ϕ0 (x0 ) = ∆;
tale che
∂f ,
ϕ0 (x0 ) = ∆;
si ha
x0 ∈ D1 e vale la formula di Taylor arrestata al secondo ordine con il resto
di Peano, ovvero, per h → 0
f (x0 + h) = f 0 (x0 ) h +
Inoltre, se vale e.g. la condizione
1,
allora
∆ 2
h + o h2 .
2
∆≥0
(segue da
2
immediata-
mente).
Dimostrazione. Schema:
• (1 =⇒ 2)
1 =⇒ 2, 3 =⇒ 6 =⇒ 5 =⇒ 4 =⇒ 1.
0
0
(x0 ) − ∆h. (potrei
(x0 + h) − f+
ω (h) = f+
0
+in f (x0 ) perché f è derivabile in x0 . Voglio
Deniamo
mettere il secondo
lim
h→0
ω (h)
= 0.
h
So che
lim
non
h→0,
h∈D1 −x0
ω (h)
= 0.
h
Dalla gura
posso maggiorare e minorare con punti di derivabilità. Sia per ora
ω (h)
h
≤
=
ω (sh ) + ∆ (sh − h)
h
s
ω (sh )
h
+∆
−1
h }
| {z
| h {z }
∼
ω ( sh )
sh →0
→0, inf atti
sh
h
→1
h > 0.
7.2 Derivabilità seconda
95
Allo stesso modo minoro
ω (h)
h
w (s0h ) + ∆ (s0h − h)
h
. . . → 0,
≥
=
per
h < 0
si procede analogamente (facendo attenzione al fatto che si
invertono le uguaglianze quando si moltiplica per
h < 0)
e dunque vale
2.
• (1 =⇒ 3)analogo
• (2 =⇒ 6) ω (h) come prima. ω (h) = o (h) e ω (0) = 0, dunque ω è continua in 0. Per ogni intervallo compatto [a, b] ∈ I−x0 si ha ω ∈ R ([a, b]) perché somma di funzioni Riemann integrabili. Si noti che essendo derivabile,
0
f+
è continua in
dunque
x0 ∈ D1 .
x0 ,
dunque
0
0
00
(x),
f+
(x) limx→x−
f+
f+
(x0 ) = limx→x+
o
o
Allora
ˆ
f (x0 + h) − f (x0 )
=
x0 +h
(R)
0
f+
(x) dx
x0
[x = x0 + t]
ˆ h
0
= (R)
f+
(x0 + t) dt
0
che dalla denizione di
=
ω
diventa
ˆ
h
[f 0 (x0 ) + ∆t + ω (t)] dt
(R)
0
h2
= f (x0 ) h +
+ (R)
2
|
ˆ
0
0
?
h
ω (t) dt
{z
}
=o(h2 )
dove
?
vale per De L'Hopital:
lim
h→o
(R)
´h
0
ω (t) dt
h2
ω (h)
h→o 2h
= 0.
=
lim
• (6 =⇒ 5) Sia ϕ una selezione di ∂f , i.e. per ogni x ∈ I si ha ϕ (x) ∈ ∂f (x)
0
e ϕ (x0 ) = f (x0 ). Senza perdere in generalità, si supponga f (x0 ) = 0
(chiaro che se trasliamo i.e. sommiamo una costante nessuna delle proprietà precedenti (sulle derivate!)
f 0 (x0 ) = 0,
cambiano).
Si supponga wlog anche
se così non fosse basterebbe considerare
fe(x) = f (x) − [f (x0 ) + f 0 (x0 ) (x−0 )] ,
chiaro che vale una formula di Taylor per
fe sse
vale per
f
(stiamo guar-
dando proprietà di derivabilità del secondo ordine!). Si consideri per ora
h > 0 (h < 0
sarà uguale ma con le disuguaglianze invertite). Si ha allora
7.2 Derivabilità seconda
96
=0
L :=
(∗) f 0
−
Q (x0 + h, x0 + h − εh)
≤
h
z }| {
(x0 + h)
f 0 (x0 + h) (∗) Q (x0 + h, x0 + h +
ϕ (x0 + h) − ϕ (x0 )
≤
≤ +
≤
h
h
h
h
(∗) segue dal fatto che la monotonia la derivata destra (limite del rapporto
incrementale) è anche l'estremo inferiore, quindi se ne prendo uno a caso
sto maggiorando.
Taylor del punto
Analogo per la sinistra.
6
R
Dunque, per la formula di
si ha
f (x0 + h + εh) − f (x0 + h)
εh2
∆ 2
∆
1
6
2
2
2
h
(1
+
ε)
+
o
h
−
h
=
εh2 2
2
∆
=
1 + 2ε + ε2 − 1 + o (1)
−2ε
ε
ε
h→0+
= ∆ 1+
+ o (1) −→ ∆ 1 +
.
2
2
=
Analogamente
= L = ... =
∆
ε
h→0+
1 − 2ε + ε2 − 1 + o (1) −→ ∆ 1 −
.
−2ε
2
Da questo, poiché per ogni
ε ∈ (0, 1)
si ha
ϕ (x0 + h) − ϕ (x0 )
ϕ (x0 + h) − ϕ (x0 )
ε
ε
∆ 1−
≤ lim inf
≤ lim sup
≤∆ 1+
,
2
h
h
2
h→0+
h→0+
ϕ0+ (x0 ) = ∆. Analogamente (invertendo le disuguaglianze) si dimo0
che ϕ− (x0 ) = ∆ e si arriva a casa.
segue
stra
• (5 =⇒ 4)
Ovvio.
• (4 =⇒ 1), infatti su D1
tutte le selezioni sono uguali alla derivata, quindi
questa selezione (che esiste), è
ϕ = f0
su
D1 .
Osservazione 317. Se una funzione è 2 volte derivabile vale
è derivabile e vale la formula di Taylor come in
due volte derivabile (in generale). Se invece
Esempio 318. Sia
in
x0 = 0
ma
g
(
x3 sin
g (x) =
0
1
x
f
6
è convessa, vale il viceversa.
x 6= 0,
. g
0
non è 2 volte derivabile in 0.
6, ma se una funzione
f sia
non è aatto vero che
è deriv in
R.
Vale
6
per
g
7.2 Derivabilità seconda
Denizione 319. Siano
dice che
f
proprietà
I
97
1−6
f : I → R convessa, x0 ∈ I . Si
f 00 (x0 ) = ∆ se vale una qualunque delle
intervallo aperto,
ha derivata seconda in
x0
e
del Teorema precedente.
Osservazione 320. E' più debole che richiedere che una funzione sia 2-volte
derivabile in senso dell'analisi classica, non si richiede un intorno con tutti i
punti in cui è
2
volte derivabile (neanche 1 volta).
Corollario 321. Sia
f :I→R
convessa
=⇒ f
ha q.o. in
I
derivata seconda
(risp. alla misura di Lebesgue).
Dimostrazione. Infatti
0
f+
è monotona, dunque per un risultato visto in analisi
reale, è q.o. derivabile.
Osservazione 322. Ogni funzione convessa ha q.o.
ordine con resto secondo Peano.
uno sviluppo al secondo
Capitolo 8
Dierenziabilità di funzioni
convesse in spazi normati
8.1
Nozioni generali
Osservazione 323. Esistono due tipi di dierenziabilità tra spazi normati.
Denizione 324. Siano
X, Y
normati,
A⊂X
aperto,
a ∈ A, F : A → Y . F
è
dierenziabile secondo Gâteaux (o Gâteaux-dierenzibile, o G-dierenzibile ) in
a
se esiste un operatore
T :X→Y
lineare e continuo (detto dierenziale di
f
in
a)
tale che, per ogni
v∈X
(non
necessariamente versori)
F 0 (a, v) := lim
t→0
F (a + tv) − F (a)
= T v,
t
ovvero esiste in tutte le direzioni la derivata direzionale e dipende in modo
continuo e lineare dalla direzione. In altre parole
continua. In altre parole esiste
T
F 0 (a, ·) : X → Y
è lineare e
lineare e continuo tale che per ogni
v ∈ X,
se
t → 0,
F (a + tv) = F (a) + (T v) t +o (t) .
|
{z
}
f z af f ine
Ovvero per ogni singola retta la funzione può essere approsimata con una
funzione ane.
Non è però approssimata in modo uniforme, solo retta per
retta.
Osservazione 325. Questa è una nozione molto debole, non basta e.g.
garantire la dierenziabilità della composta, infatt (gura)
per
8.1 Nozioni generali
99
una retta in generale è mandata da
F
in una curva, dunque non ho in generale
una rappresentazione ane per la composta.
Denizione 326.
F
è Fréchet-dierenziabile in
e continuo tale che, se
a
se esiste
T :X→Y
lineare
h→0
F (a + h) = F (a) + T h + o (khk) ,
i.e. se
lim
x→a
F (x) − F (a) − T (x − a)
= 0.
kx − ak
Denoteremo
F 0 (a) := T.
Osservazione 327. Su questa valgono teoremi buoni come quelli visti in
ad esempio per funzioni composte. Chiaramente Frechet
stesso operatore
T
=⇒
Rn ,
Gateaux, con lo
(ma ovvio che non vale il viceversa).
Osservazione 328. Se il limite nella def di Gateaux vale in modo uniforme e.g.
per versori della sfera unitaria, allora abbiamo Frechet.
Osservazione 329. Abbiamo visto in analisi 2 esempi di funzioni con derivate
direzionali ma non dierenziabili.
f : A → R, allora dalla denizione di Frechet-dierenziabilità
f (a) ∈ X ∗ .
Osservazione 330. Se
0
scritta sopra,
Lemma 331. Siano
lipschitziana in
U (a)
A ⊂ Rd
aperto,
intorno di
F
a,
è F-di. in
Y
normato,
F : A → Y , a ∈ A.
Se
F
è
allora
a ⇐⇒ F
è G-di. in
a.
Rn ).
Dimostriamo solo la freccia non banale. Senza perdere in generalità, sia F L-lip
su tutto A. Per assurdo si supponga che F sia G-di ma non F-di. in a, allora
d
esiste una successione {hn } ⊂ R \ {0} tale che a + hn ∈ A e khn k → 0 e
Dimostrazione. (Basta usare la compattezza della sfera unitaria chiusa in
yn :=
F (a + hn ) − F (a) − F 0 (a) hn n→+∞
6 → 0.
−
khn k
8.1 Nozioni generali
hn
khn k e tn = khn k → 0. Dunque
1. Per la compattezza della bolla unitaria esiste una sottosuccessione
Per ogni
kvn k =
100
n ∈ N
(wlog, la stessa
hn = tn vn ,
sia
vn )
in cui
vn =
tale che
vn → v 0
v0 ∈ B (0, 1) ⊂ Y . Si ha dunque, per n → +∞
F (a + tn vn ) − F (a)
0
−
F
(a)
v
n
tn
F (a + tn v0 ) − F (a)
F (a + tn vn ) − F (a + tn v0 ) 0
+ kF 0 (a) (vn − v0 )k .
+
−
F
(a)
v
0
|
{z
}
tn
tn
{z
} |
{z
}
|
=o(1)
per qualche
kyn k
=
≤
=o(1)
(∗)
Si ha
(∗) =
1
1
kF (a + tn vn ) − F (a + tn v0 )k ≤
L ktn (vn − v0 )k = L kvn − v0 k → 0.
|tn |
|tn |
Osservazione 332. Ma le funzioni convesse sono localmente lipschitziane!
Corollario 333. Siano
a ∈ A ⊂ Rd
aperto convesso,
F : A → R
convessa,
allora
f
è F-di. in
a ⇐⇒ f
Lemma 334 (Funzioni sublineari). Siano
è G-di. in
X
a.
spazio vettoriale e
p : X → R
sublineare.
1. per ogni
v∈X
−p (−v) ≤ p (v) ;
2. l'insieme
V = {v ∈ X |−p (−v) = p (v) }
è un sottospazio di
X
e
p|V
è
lineare.
Dimostrazione.
1. Per la sublinearità
0
= p (0)
= p (v + (−v))
≤ p (v) − p (−v) .
2. Poichè
p (0) = 0, 0 ∈ V .
Siano
v∈V
−p (−v)
e
λ > 0.
Per la positiva omogeneità
= −λp (−v)
[v ∈ V ]
= λp (v)
= p (λv) .
8.1 Nozioni generali
Se
101
λ < 0.
−p (−λv)
= λp (v)
[v ∈ V ]
= −λp (−v)
= p (λv) .
Presi
u, v ∈ V
si ha
p (u + v) ≤
p (u) + p (v)
=
− (p (−u) + p (−v))
≤
−p (− (u + v))
1
≤
dunque sono tutti
=
Denizione 335. Siano
R
e quindi
X
p (u + v) ,
u+v ∈V
normato,
A⊂X
e
p (u + v) = p (u) + p (v).
aperto convesso,
a ∈ A, f : A →
convessa e continua. Si denisce derivata direzionale destra (sinistra) nella
direzione
v∈X
0
f±
(a, v) = lim
t→0±
(esitono sempre perché
f
f (a + tv) − f (a)
∈R
t
è convessa).
Esercizio 336. Si dimosti che
1.
0
0
(a, −v),
(a, v) = −f+
f−
2.
0
(a, 0) = 0,
f+
3. se
4.
λ > 0,
(si sfrutti il risultato precedente)
0
0
(a, v).
(a, λv) = λf+
f+
allora
0
p (v) := f+
(a, v)
è sublineare
Dimostrazione. Dimostriamo solo l'ultimo punto. Basta dimostrare la convessità. Siano
u, v ∈ X
e
λ ∈ (0, 1).
Si ha
f ((1−λ)(a+tu)+λ(a+tv))
(1−λ)f (a)+λf (a)
z
}|
{
z }| {
f (a + t [(1 − λu) + λv]) −
f (a)
p ((1 − λ) u + λv) = lim
+
t
t→0
(1 − λ) [f (a + tu) − f (a)] + λ [f (a + tv) − f (a)]
≤ lim
t
t→0+
= (1 − λ) p (u) + λp (v) .
Proposizione 337.
0
f+
(a, ·)
è lipschitziana.
8.1 Nozioni generali
102
Dimostrazione. Segue facilmente dal fatto che in un intorno
f
U (a)
del punto
a,
è lipschitziana.
Corollario 338. Le seguenti aermazioni sono equivalenti:
1.
f
è G-di in
2. per ogni
3. esiste
a;
v ∈ X,
B⊂X
esiste nita
tale che
f 0 (a, v);
span (B) = X
e per ogni
v∈B
esiste nita
f 0 (a, v).
3 sono ovvie. Si supponga 3. Si conside1 0 =⇒ 2 =⇒
0
0
v ∈ X f+
(a, v) = f−
(a, v) (= −f+
(a, −v) . Sappiamo che V è un
0
sottospazio di X , è inoltre chiuso perché f+ (a, ·) è continua (è addirittura lip0
shitziana), contenente B , dunque V = X . dato che p = f+ (a, ·) e che V = X
0
0
f+ (a, ·) = f (a, ·) dunque è lineare e continua.
Dimostrazione.
ri
V =
Corollario 339 (del corollario, per funzioni convesse). Siano
X = Rd
e
f
convessa. Allora le seguenti aermazioni sono equivalenti.
1.
f
è F-dierenziabile in
2.
f
è G-di in
3. per ogni
il
3
a;
i ∈ {1, . . . , d}
Dimostrazione.
a;
∂f
esiste nita la derivata parziale ∂x
i
(a).
3 basta perché, presa la base canonica B = {e1 , . . . , ed }, usando
e il corollario precedente abbiamo la dierenziabilità.
Osservazione 340. Per funzioni convesse dunque l'esistenza delle derivate parziali equivale alla dierenziabilità.
Osservazione 341. Nel seguito, siano
e
f :A→R
X
normato,
a ∈ A ⊂ X , A aperto convesso
continua e convessa.
Esempio 342. (In dimensione
co innita, dove Gateaux e Frechet sono due
se diverse).
Sia
X = `1 =
P+∞
x = x (n)n∈N n=1 |x (n)| =: kxk < +∞
.
Si
consideri
f :X
x
→ R,
7→ f (x) = kxk =
+∞
X
|x (n)| .
n=1
B := {ek |k ∈ N }. Facile
span (B) = `1 . Per uno degli ultimi risultati, f è G-dierenziabile
0
in a ⇐⇒ per ogni k ∈ N esiste f (a, ek ) ⇐⇒ per ogni k ∈ N, a (k) 6= 0. Mostreremo però che f non è mai F-dierenziabile (in nessun punto!). Sia a (k) 6= 0
Consideriamo i vettori della base canonica di Shouder:
dimostrare che
8.2 Subdierenziale (in generale)
per ogni
k,
103
altrimenti non è neanche G-dierenziabile. Ci interessa questo ele-
mento del duale
f 0 (a) ∈ X ∗
applicato al vettore
v.
Si verica immediatamente
che
0
f (a) v
=
0
f (a)
+∞
X
!
v (k) ek
i=1
=
[poiché la derivata
+∞
X
v (k) f 0 (a) ek
| {z }
1
di Gateaux è un operatore lineare e continuo (servono entrambe)]
f 0 (a,ek )
=
+∞
X
v (k) sign (a (k)) .
1
Vediamo che questo dierenziale di Gateaux non è di Frechet. Si considerino i
vettori
vn := −2a (n) en .
Poiché
kvn k = 2 |a (n)| ken k → 0,
| {z }
=1
se
f
fosse F-di, dovrebbe tendere a zero anche
=2|a(n)|
=0
P+∞
f (a + vn ) − f (a) − 1
kvn k
vn (k) sign (a (k))
=
=
dunque
f
non è F-di. in
z
}|
{ z
}|
{
|a (n) − 2a (n)| − |a (n)| + 2a (n) sign (a (n))
2 |a (n)|
1 6→ 0,
a.
Osservazione 343. Si può dimostrare che in ogni spazio innito dimensionare
esiste una funzione che sia Gateaux dierenziabile ma non F-di in almeno un
punto.
8.2
Subdierenziale (in generale)
Osservazione 344. Da qui in poi,
convessa e continua,
X
normato,
A⊂X
aperto convesso,
f :A→R
a ∈ A.
Denizione 345. Si denisce ∂f
(a) := { x∗ ∈ X ∗ | ∀x ∈ A, f (x) ≥ f (a) + x∗ (x − a)}.
Osservazione 346. Il signicato geometrico è lo stesso visto in
Rd .
Si è solo
aggiunta la continuità delle mappe ani di supporto (come è naturale in spazi
innito dimensionali). Il subdierenziale è una nozione locale, è suciente che
la sua proprietà sia soddisfatta in un intorno del punto interessato. Cioè si può
denire più debolmente
∂f (a)r := { x∗ ∈ X ∗ | ∀x ∈ Br (a) ⊂ A, f (x) ≥ f (a) + x∗ (x − a)} .
8.2 Subdierenziale (in generale)
Proposizione 347.
104
∂f (a) = ∂f (a)r .
∂f (a) ⊂ ∂f (a)r . Viceversa, sia x∗ ∈ ∂f (a)r . Allora
λ ∈ (0, 1) tale che z := (1 − λ) a + λx ∈ Br (a). Si ha
Dimostrazione. Chiaro che
per ogni
x∈A
esiste
∗
f (a) + x (z − a) ≤ f (z) = f ((1 − λ) a + λx) ≤ (1 − λ) f (a) + λf (x) .
| {z }
λ(x−a)
Sottraendo
f (a)
a primo ed ultimo membro.
λx∗ (x − a) ≤ λ (f (x) − f (a)) ,
ovvero per ogni
x∈X
f (x) ≥ f (a) + x∗ (x − a) .
Osservazione 348. Quindi cambiano la funzione convessa in un insieme fuori da
un intorno del punto (ma lasciandola convessa) il subdierenziale non cambia.
Lemma 349. Siano
v∈X
e
m∈R
tali che
0
0
0
f−
(a, v) = −f+
(a, v) ≤ m ≤ f+
(a, v) .
Allora esiste
x∗ ∈ ∂f (a)
tale che
estendere una retta di supporto su
x∗ (v) = m. (Signicato geometrico, posso
X ad un iperpiano di supporto. (Figura))
L = a + Rv . h : L → R, h (a + tv) = f (a) + mt, t ∈ R. Per
h|A∩L ≤ f |A∩L . Sia C := epi (f ). C è convesso e int (C) 6= 0, infatti
f è convessa e continua (gura). Detto D = gr (h) , poiché (a, f (a)) ∈ C ∩ D,
D ∩ int (C) 6= ∅. Allora, per HB esiste un iperpiano H ∈ X × R separante C e
D. H non può essere verticale perché separa tutta una pallina,
Dimostrazione. Sia
ipotesi
8.2 Subdierenziale (in generale)
105
inoltre è chiuso perché non è denso (ogni iperpiano è il traslato del nucleo di una
H è il grab
h che passa per (a, f (a)), necessariamente
della forma b
h (x) = f (a) + x∗ (x − a) (avrei potuto prendere anche −x∗ , però
deve passare da f (a)in x = a). Per ogni x ∈ A (la sua seconda coordinata?)
f (x) ≥ h (x). Allora x∗ ∈ ∂f (a). Per ogni1 t ∈ R
mappa lineare, che è continua sse il suo nucleo non è denso). Dunque
co di una funzione ane e continua
h (a + tv) .
h (a + tv) ≤ b
| {z } | {z }
f (a)+tm
Semplicando
f (a)
f (a)+tx∗ (v)
e prendendo, in particolare
t = ±1,
si ottiene
m = x∗ (v).
Corollario 350. (Conseguenza immediata del Lemma precedente)
Proposizione 351.
f
è
L-lipschitziana2
su
A ⇐⇒
S
∂f (a) 6= ∅.
∂f (A) ⊂ BL (0).
| {z }
a∈A
∂f (a)
Dimostrazione.
⇒)
Sia
a ∈ A, x∗ ∈ ∂f (a) ,r > 0
kx∗ k
e
Br (a) ⊂ A.
Per denizione
=
1
sup rx∗ u
r kuk=1
=
1
sup x∗ (ru)
r kuk=1
=
1
sup x∗ (u)
r kuk=r
≤
[u = (a + u) − a]
sup (f (a + u) − f (a))
kuk=r
≤
=
≤
⇐)
Siano
1
L kuk
r
1
Lr
r
r.
x, y ∈ A, x 6= y , x∗ ∈ ∂f (x), y ∗ ∈ ∂f (y).
Voglio maggiorare
f (x) − f (y) .
1 Il
signicato di ciò che segue è semplicemente questo.
Se ho due funzioni ani tali
che una maggiora l'altra, non possono essere sghembe, devono essere parallele, altrimenti si
toccherebbero prima o poi.
2 Generalizzazione
del fatto da
modulo è minore o uguale a
L.
R
a
R
che una funzione derivabile è lip sse la derivata in
8.2 Subdierenziale (in generale)
106
Dalla denizione di subdierenziale
x∗ (a − x) ≥ f (a) − f (x) .
Dunque
f (x) − f (y) ≤ x∗ (x − y)
≤
kx∗ k kx − yk
| {z }
≤L
≤ L kx − yk .
Scambiando di ruolo
x, y
otteniamo anche
y ∗ (x − y)
− (f (x) − f (y)) ≤
≤
L kx − yk .
Corollario 352.
r>0
tale che
∂f è localmente limitato in A, i.e. per ogni a ∈ A esiste
∂f (Br (a)) sia limitato (immediato perché le funzioni convesse
solo localmente lipschitziane).
Proposizione 353.
∂f (a)
w∗ -compatto
è convesso e
Dimostrazione. Si ha
∂f (a) =
\
x∈A
{ x∗ ∈ X ∗ | x∗ (x − a) ≤ f (x) − f (a)} .
|
{z
}
semispazio (dunque convesso) w∗ −chiuso
(il semispazio sarebbe iperpiano se ci fosse l'=) Dove
w∗ −chiuso
perché la to-
pologia è quella della convergenza puntuale. Dunque l'intersezione rimane convessa,
w∗ -chiusa
e inoltre è limitato, ma nel duale le bolle sono
dunque anche lui è
w
∗
w∗ -compatte,
-compatto.
0
(a, v) .
∂f (a) = x∗ ∈ X ∗ ∀v ∈ X, x∗ (v) ≤ f+
|
{z
}
Proposizione 354.
=:C
Dimostrazione. Se
∗
x ∈ ∂f (a),
per ogni
t > 0, x∗ ((a + tv) − a) ≤ f (a + tv) −
{z
}
|
tx∗ (v)
f (a) ,dunque
∗
x (v) ≤ inf
t>0
x∗ ∈ C .
a + v ∈ A, allora
dunque
∗
Viceversa, sia
∗
x (x − a) = x (v) ≤ inf
t>0
dunque
f (a + tv) − f (a)
t
x∗ ∈ ∂f (a).
x∗ ∈ C .
0
= f+
(a, v) ,
Allora con gli estessi conti, sia
f (a + tv) − f (a)
t
[t=1] z =x
}| {
≤ f (a + v) −f (a) ,
x =
8.2 Subdierenziale (in generale)
107
Osservazione 355. Geometricamente dice che toccare da sotto il graco in gura
è come toccare da sotto il cono tangente dato dalle derivate direzionali.
Proposizione 356.
max (v (∂f (a)))
Dimostrazione.
.
0
f+
(a, v) = sup {x∗ (v) |x∗ ∈ ∂f (a) } = max {x∗ (v) |x∗ ∈ ∂f (a) } =
(viene assunto).
≥ è il punto precedente. ≤).
x∗ ∈ ∂f (a)
tale che
0
x∗ (v) = f+
(a, v),
max al posto di sup,
0
m = f+
(a, v). Allora esiste
Posso mettere
infatti dimostro che viene assunto. Uso Lemma con
dunque il massimo viene assunto.
Osservazione 357. Anche qui il signicato geometrico è chiaro.
Proposizione 358. L'operatore
∗
∗
∂f : A → 2X
x, y ∈ A, x ∈ ∂f (x) , y ∈ ∂f (y),
∗
3
è monotono , cioè per ogni
allora
∗
(x − y ∗ ) (x − y) ≥ 0.
Dimostrazione. Per la def di
∂f
f (x) − f (y) ≥ y ∗ (x − y) ,
f (y) − f (x) ≥ x∗ (y − x) ,
sommando membro a membro si ha la tesi.
Osservazione 359. In
R
sarebbe
(f 0 (x) − f 0 (y)) (x − y) ≥ 0,
ovvero le dierenze hanno lo stesso segno, quini è crescente.
3 generalizzazioned
decrescente.
el fatto che su
R
la derivata di una funzione convessa è monotona non
8.2 Subdierenziale (in generale)
108
Osservazione 360. Ovvio che
0
0
min (x∗ (v) |x∗ ∈ ∂f (a) ) = − max {x∗ (−v) |x∗ ∈ ∂f (a) } = −f+
(a, −v) = f−
(a, v) .
Da ciò segue un corollario ovvio in una variabile (per averlo qua invece serve
almeno HB).
Corollario 361.
f
è G-di. in
a ⇐⇒ Card (∂f (a)) = 1.
Dimostrazione.
⇐)
0
0
v f+
(a, v) = f−
(a, v) ma abbiamo
condizioni equivalenti a f G-di. in a;
per ogni
delle
⇒)
già visto che questa è una
0
Card (∂f (a)) > 1, esiste v tale che f−
(a, v) <
G-di in a (ha un punto angoloso!).
con la contronominale, se
0
f+
(a, v) =⇒ f
non è
∗
∂f : A → 2X (che è una mappa multivoca
monotono) è k·kw∗ − u.s.c., cioè (gura)
Teorema 362.
è un operatore
nel nostro caso, per ogni
esiste
r>0
a ∈ A,
per ogni
tale che valga l'implicazione
e sappiamo già che
W ⊂ X ∗ w∗ -aperto, con ∂f (a) ⊂ W ,
[∀x ∈ Br (a) |∂f (x) ⊂ W ].
a ∈ A e W ∈ X ∗ w∗ -aperto ⊃ ∂f (a) e per
x ∈ Br (a) tale che ∂f (x) 6⊂ W . Allora posso prendere
Dimostrazione. Per assurdo esista
ogni
r > 0
esista
k·k
xn → a e per ogni n esiste x∗n ∈ ∂f (xn ) \ W . Dato che f
∗
∗
è loc. lipshitz, {xn } è limitata. Ma le bolle chiuse nel duale sono w compatte,
∗
w
∗
∗
∗
∗
esiste dunque una sottorete (xnα )α∈I di {xn } tale che xn → x0 ∈ X \ W ,
α
infatti i punti sono sempre non contenuti in W . Dimostriamo allora che sta
{xn } ⊂ A
tale che
W e abbiamo la contraddizione. Applicando ai
∂f (xnα ) abbiamo che per ogni y ∈ A e per ogni n
in
punti
xn
la denizione di
f (y) ≥ f (xnα ) + x∗n (y − xnα ) .
Passando al limite (che esiste perché sono passato alle sottoreti), e utilizzando
il teorema che dice che se una succ
zγ∗ (zγ ) → z0∗ ,
∗
zγ
è limitata,
si ha l'esistenza dei limiti
f (y) ≥ f (a) + x∗0 (y − a) ,
ma allora
x∗0 ∈ ∂f (a) ⊂ W.
Assurdo.
w∗
kk
zγ∗ → z0∗ , zγ → z0
allora
8.2 Subdierenziale (in generale)
109
Osservazione 363. Per funzioni univoche è la continuità, per funzioni multivoche
è un modo di denire un tipo di semicontinuità.
sarebbe
Corollario 364. Se
allora
la semicontinuità inferiore
∂f (a) ∩ W 6= ∅.
f
è G-di in
a
con
w∗
kk
f 0 (a) = x∗0 , A 3 xn → a, x∗n ∈ ∂f (xn ),
x∗n → x∗0 .
Dimostrazione. Esercizio.
Osservazione 365. E' una specie di continuità.
Teorema 366 (Caratterizzazione della
F -di 'tà).
Le seguenti aermazioni
sono equivalenti:
1.
f
2.
kk
kk
∂f (a) = {x∗0 } e vale l'implicazione xn → a, xn ∈ ∂f (xn ) =⇒ x∗n → x∗0 .
è F-di in
a,
3. l'oscillazione è nulla, cioè (chiaro che quel limite esiste)
osc (f, a) = inf diam (∂f (Bδ (a))) = lim+ diam (∂f (Bδ (a))) = 0.
δ>0
Dimostrazione.
2 ⇐⇒ 3
δ→0
(2 =⇒ 1)
3 =⇒ 2,
1 ⇐⇒ 2.
esercizio. (Per
duale è completo). Dimostriamo invece
bisogna usare il fatto che il
Dobbiamo dimostrare che un certo limite è zero. Prendiamo una successione
khn k → 0
e
x∗n ∈ ∂f (a + hn ),
i primi due
≤
valgono per denizione
di subdierenziale,
≤
0
≤
≤
f (a + hn ) − f (a) − x∗0 (hn )
khn k
∗
xn (hn ) − x∗0 (hn )
khn k
∗
kxn − x∗0 k khn k
→ 0,
khn k
dove l'ultima convergenza segue direttamente dalla proprietà
(1 =⇒ 2)
f è
∂f (a) = {x∗0 }.
Per ipotesi
anche G-di e dunque contiene un solo elemento, diciamo
Allora
ε (v) :=
se
2.
kvk → 0 per la F-di. f
L-lip su Br (a) ⊂ A.
f (a + v) − f (a) − x∗0 (v)
→0
kvk
è loc. lipschitz, esiste dunque
Prendiamo arbirariamente
r > 0 tale che f
kk
è
Br (a) 3 xn = a + hn → a
8.2 Subdierenziale (in generale)
110
e consideriamo
x∗n ∈ ∂f (a + hn ).
(x∗n − x∗0 ) (v)
=
Abbiamo
x∗n ((a + v) − (a + hn )) + x∗n (hn ) − x∗0 (v)
[per def subf if f ]
f (a + v) − f (a + hn ) + x∗n (hn ) + ε (v) kvk − f (a + v) + f (a)
−f (a + hn ) +x∗n (hn ) + ε (v) kvk + f (a)
{z
}
| {z }
|
∗
L khn k + xn (hn ) + ε (v) kvk
≤
=
≤
L khn k + kx∗n k khn k + ε (v) kvk
| {z }
≤
≤L
≤ 2L khn k + ε (v) kvk .
Scelgo arbitrariamente
ρ ∈ (0, r).
Per denizione
kx∗n − x∗0 k = sup (x∗n − x∗0 ) (v) =
kvk=1
dai conti sopra, poiché
1
sup (x∗ − x∗0 ) (v) ≤
ρ kvk=ρ n
a+v ∈A
≤
1
1
sup (ε (v) ρ) + 2L khn k
ρ kvk=1
ρ
=
1
sup (ε (v)) + 2L khn k ,
ρ
kvk=1
passando al limsup
ρ→0+
lim sup kx∗n − x∗0 k ≤ sup ε (v) → 0.
n
Dall'arbitrarietà di
ρ
kvk=ρ
segue la tesi.
Osservazione 367. Nella 2 il primo pezzo è la G-di, poi c'è quella richiesta più
forte sulla convergenza in norma.
Corollario 368. TFAE
1. f è G-di in
2.
f
3.
f ∈ C 1 (A).
è F-di in
A
con
f 0 : A → X∗
continua;
A;
Osservazione 369. Quindi per funzioni convesse abbiamo dimostrato questo bel
risultato. In realtà una cosa analoga vale anche in generale (per funzioni non
necessariamente convesse).
8.2 Subdierenziale (in generale)
X = Rd e in
(a), allora f ∈ C 1 (A).
Corollario 370. Se
∂f
parziali ∂x
i
111
A
ogni punto di
esistono tutte le derivate
Osservazione 371. Questo forte risultato vale solo per funzioni convesse.
Problema 372. Deniamo insiemi piccoli
S
(come small). Che proprietà
gli diamo?
Denizione 373. Sia
1.
2.
X
normato,
S ⊂ 2X .
Se
S
soddisfa
A ∈ S, B ⊂ A =⇒ B ∈ S
S
{An }n∈N ⊂ S =⇒ n An ∈ S
σ -ideale.
si dice
Si supponga anche che
1.
A ∈ S, v ∈ X =⇒ A + v ∈ S ,
2.
∅ 6= G ⊂ X
aperto
Esempio 374. Se
X
=⇒ G ∈
/ S.
è normato, i seguenti insiemi soddisfano (alcune del)le
proprietà sopra
1.
C = {insiemi
al più numerabili} (countable) (siamo in uno spazio norma-
to!);
2. per
X = Rd , N = {insiemi
Osservazione 375. Se
di misura di Lebesgue nulla} (nulls sets).
dim (X) = +∞
non esiste una misura
invariante per traslazioni e tale che, per ogni
x∈X
e
r>0
µ
boreliana,
si abbia
0 < µ (Br (x)) < +∞.
L'idea è che le bolle chiuse non siano compatte, quindi si riesce a prendere
una successione di punti con distanza a due a due maggiore di un numero
ssato (e.g.
1). Se prendiamo delle bolle centrate in quei
< 1/3) chiaramente se la misura delle bolle
è +∞.
disgiunti (e.g
dell'unione
3.
M = {insiemi
di
sfano le prime
3
I categoria
punti e di raggi
è
6= 0
la misura
di Baire} (insiemi magri o meager) soddi-
e per il Teorema di Baire soddifano anche
4
se
X
è di
Banach.
4. Insiemi Lipschitz-small. Sia
sione
1
H ⊂ X un sottospazio
v0 ∈ X \ H si ha
(un iperpiano), allora se
X = H + (somma diretta)Rv0
in senso algebrico. Ovvero ho un'applicazione
Φ
Φ : H × R 3 (u, t) 7→ u + tv0 ∈ X.
chiuso di codimen-
8.2 Subdierenziale (in generale)
112
X è uno svt chiaramente Φ è anche
x = u + tv0 , poiché H è il nucleo di qualche funzionale
∗
lineare H = ker ϕ ∈ X a meno di moltiplicare per una costante non nulla
ϕ (v0 ). Allora
che è un isomorsmo algebrico. Ma se
continuo. Detto
ϕ (x)
=
ϕ (u) +tϕ (v0 )
| {z }
=
t.
=0
Allora
u = x − ϕ (x) v0 ,
dunque
Φ−1 (x) = (x − ϕ (x) v0 , ϕ (x)) ,
quindi anche l'inversa è continua e
X
Lo stesso vale se su
Φ
è un isomorsmo anche topologico.
metto una norma compatibile con la topologia.
Tutti i modi ragionavoli di denire una norma su
X
sono equivalenti
k(u, t)k = kuk + ktk
(o il max, o qualche norma
p).
Dunque come spazi normati
sono la stessa cosa (abbiamo da un po' confuso
R
con
Rv0
X
e
Denizione 376.
L ⊂ X è una ipersupercie lipschitziana se
v0 ∈ X \ H e H ⊂ X sottospazio chiuso di codimensione 1
Φ−1 (L) è il graco di una funzione lipschitziana ψ : H → R.
Denizione 377 (Equivalente). Esiste
esistono
v0 ∈ X \ H
e
ψ:H→R
H⊂X
chiuso con
H ×R
per comodità)
esistono
tale che
codim = 1
ed
lipschitz tale che
L = {u + ψ (u) v0 |u ∈ H } .
Osservazione 378.
ha
intL = ∅,
L
è chiuso perché graco di una funzione lip, inoltre
dunque è un insieme mai denso, inoltre, per il teorema di
Fubini, la misura
d-dimensionale
di
L md (L) = 0.
Osservazione 379. Dunque l'insieme
L
degli insiemi contenuti in unioni
numerabili iperci lip soddisfano i nostri 3 punti, poi per Baire, essendo
di
I
categoria se
X
è completo (duqne banach) soddisfano anche
4.
8.2 Subdierenziale (in generale)
Osservazione 380. In
R
113
L = C.
si ha
Osservazione 381. (gura)
Dal rosso, chiuso dunque metrico completo.
intE (Ln0 ∩ E) 6= ∅.
Allora esiste
x∈E
e
n0 tale che
E ∩ Br (x) ⊂ Ln0 ,
Per Teo Baire esiste
r >0
tale che
ma questo è assurdo (gura) perché per la proprietà delle ipersup lip ogni retta
deve intersecare
Ln0
in un solo punto.
Chiaramente esistono insiemi che non
appartengano a nessuna di queste classi, ad esempio gli aperti.
Lemma 382. Siano
(X, ρ)
uno spazio metrico,
lipschitziana. Si denisca per ogni
E ⊂ X , ψ : E → R L-
x∈X
ψb (x) := inf {ψ (y) + Lρ (x, y)} .
y∈E
Allora
1. per ogni
2.
x∈X
ψb : X → R
3. se inoltre
ψb
si ha
ψb (x) ∈ R,
è un'estensione
X
è normato,
E
L-lipschitziana
è convesso e
ψ
di
ψ.
è anche convessa, allora anche
è convessa.
Dimostrazione. Esercizio.
Osservazione 383. Sia
X
dice monotono se per ogni
x, y ∈ X ,
per ogni
x∗ ∈ T (x),
per
∗
T : X → 2X
∗
ogni y ∈ T (y)
normato. Si ricordi che un operatore
si
si
ha
(x∗ − y ∗ ) (x − y) ≥ 0.
Si noti che non si richiede nulla sul fatto che gli insiemi non siano vuoti.
Denoteremo dopo con
D (T ) := {x ∈ X |T (x) 6= ∅ } .
Teorema 384 (Zaji(accento acuto) cˇek, 1978). Sia
X → 2X
∗
X
normato separabile,
operatore monotono, allora
M (T ) := [x ∈ X |Card (T (x)) > 1 ]
è
L-small.
T :
8.2 Subdierenziale (in generale)
114
⊂ SX := ∂BX numerabile e denso. Se x ∈ M (T ) esistono
a∗x 6= b∗x . Si ssi un tale x. Visto che sono continui e D è
dx ∈ D tale che, ad esempio
Dimostrazione. Sia D
a∗x , b∗x ∈ T (x) tali che
denso esiste anche
a∗x (dx ) < b∗x (dx ) .
Esistono allora due numeri
αx , βx ∈ Q
tali che
a∗x (dx ) < αx < βx < b∗x (dx ) .
mx ∈ N tale che ka∗x k ≤ mx
d ∈ D, α, β ∈ Q e m ∈ N l'isieme
Esiste inoltre
e
(∗)
kb∗x k ≤ mx .
Denisco ora per ogni
E (d, α, β, m) := { x ∈ M (T )| dx = d, αx = α, βx = β, mx = m} .
Chiaramente
M (T ) =
unione numerabile.
v ∗ ∈ X ∗ tale
x ∈ X , (gura)
(esiste!)
x = ux + tx d,
dove
E (d, α, β, m)
E . Si
E := E (d, α, β, m). Scelgo ora
H = ker (v ∗ ). Dunque d ∈ X \ H .
Basta dimostrare la tesi su uno di questi insiemi
d, α, β, m e si
∗
che v (d) > 0.
ssino arbitrariamente
Sia
[
ux ∈ H , tx ∈ R.
denisca
Pongo
Siano
x, y ∈ E .
Allora, poiché l'operatore
seguente è monotono
0
≤
=
a∗x b∗y (x − y)
a∗x − b∗y (ux − uy ) + (tx − ty ) a∗x − b∗y (d) ,
da cui
(tx − ty ) b∗y − a∗x (d) ≤
| {z }
a∗x − b∗y (ux − uy )
>β−α
≤
≤
∗
ax − b∗y kux − uy k
ka∗x k + b∗y kux − uy k ,
|
{z
}
≤2m
8.2 Subdierenziale (in generale)
dove il
>β−α
segue da
(∗).
115
Allora, dividendo
tx − ty <
2m
kux − uy k .
β−α
|tx − ty | <
2m
kux − uy k .
β−α
Per simmetria
(gura)
c'è un solo
x
con coordinata
ux ,infatti
se
x, y ∈ E
e
ux = uy
Allora riesco a denire il graco di una funzione (pensando
allora tx = ty .
Rd = R). Sia
dunque
A := {ux : x ∈ E} ⊂ H,
allora, denita
ψ (ux ) := tx
si ha
E = {u + ψ (u) d : u ∈ A} ,
2m
b:H →R
ψ : E → R è β−α
-lipsch, dunque per il lemma esiste ψ
di ψ . Dunque E è sottinsieme della superf lip L in cui
n
o
E ⊂ L = u + ψb (u) d u ∈ H .
dove
lip
estensione
Osservazione 385. Questa dimostrazione, abbastanza naturale, è il tipico esempio di come si possa spezzare un insieme in un unione numerabile controllando
quanto sono distanti tra loro i punti.
Corollario 386. Siano
A→R
X
4
Banach
e separabile,
N G (g) := {x ∈ A |f
è Lip-small (e quindi di I cat. e, se
4 Così
A⊂X
aperto convesso,
f :
covessa. Allora l'insieme
non G-di in
X = Rd ,
X}
di misura nulla).
davvero gli insiemi di I cat sono piccoli, se no il teorema sarebbe vero ma lo spazio
potrebbe essere di I.
8.2 Subdierenziale (in generale)
116
Dimostrazione. Basta denire
(
T (x) =
∂f (x) x ∈ A
0
x∈
/A
Osservazione 387. La parte della misura nulla si può dimostrare anche in modo
diverso, con tecniche di analisi reale si mostra che le funzioni convesse sono q.o.
dierenziabili (i.e. F-di, che per funzioni convesse è equiv a G-di.).
Osservazione 388. Per operatori monotoni, più in generale, se
k ∈ N si denisce
Mk (T ) = {x : dim (T (x)) ≥ k}
che è contenuto in un'unione numerabile di superci lip di codim
analogia a quelle
Teorema 389 (Preiss-Zaji(accento acuto)cˇek, 1984). Siano
5
separabile , T
k
denite in
1-codimensionali.
X∗
:X→2
X
normato con
X∗
operatore monotono e
N C (T ) = {x ∈ D (T ) |osc (T, x) > 0 }
è di I cat di Baire. Come prima
osc (T, x) = lim diamT (Bδ (x)) .
δ→0+
Corollario 390. Se
X
è di Banach e
f :A→R
N F (f ) := {x ∈ A |f
è convessa e continua, allora
non F-di. in
x}
è di I cat.
Osservazione 391. In dimensione nita sappiamo già che è uguale a
NG
(non
Gateaux).
Denizione 392. Sia
Asplund) se ogni
X di Banach. X è uno spazio di Asplund (o debole di
f : A ⊂ X continua convessa denita su un aperto convesso è
F-di (G-di.) a meno di un insieme di I categoria.
Osservazione 393. Cioè quelli per cui vare l'importante corollario del teorema
di Preiss-Zaji(accento acuto)c
ˇek.
Teorema 394. TFAE
1.
X
è di Asplung
2. per ogni
5X∗
Y ⊂X
separabile
sottospazio separabile, si ha
=⇒ X
Y ∗è
separabile.
separabile, ma non il viceversa, ad esempio
separabile (= come isometrico).
(`1 )∗ = `∞
che non è
8.2 Subdierenziale (in generale)
117
3. slice (gura)
ε>0
diam(S) < ε
per ogni
e per ogni
E ⊂ X∗
limitato esiste una slice
6
S
di
E
con
∗
4. vale il teorema di Radon-Nikodym per misure a valori in X , i.e.(Ω, Σ)sp
∗
misurabile, ν : Σ → X è una misura (cioè vale 0 sul vuoto ed è σ -
additiva),
ν (E) = 0.
µ : Σ → [0, +∞] misura σ -nita ν , cioè se µ´(E) = 0 allora
∗
Allora esiste f : Ω → X misurabile e ν (E) = E f ( dµ).
Osservazione 395. Per gli spazi di Asplung debole non ci sono caratt, però si sa
che:
Proposizione 396. Se
kkX
è G-di su
X \ {0},
allora
X
è debole di Asplund.
Osservazione 397. Visto che la def di asplund non di dipende dalla norma si
può scrivere se esiste una norma equivalente a quella di
X \ {0},
X
tale che è G-di su
allora...
Osservazione 398. Si può mettere F-di e Asplund nella prop sopra (esiste
questa versione).
Osservazione 399. Il subdierenziale si comporta un po' come la derivata usuale.
Proposizione 400.
vesse continue su
1.
X Banach, A ⊂ X
A, a ∈ A,allora
∂ (f + g) (a) = ∂f (a) + ∂g (a)
aperto convesso,
(quella
⊃
f, g, f1 , . . . , fn
con-
viene proprio con la denizione,
per l'altro serve un ingegnoso utilizzo di HB),
2. detto
h (x) = max {f1 (x) , . . . , fn (x)}si ha


[
∂h (a) = conv 
∂fi (a) ,
i∈I(a)
dove
6 Una
I (a) = {i : fi (a) = h (a)}.
slice di un'insieme è un pezzo ottenuto tagliando con un iperpiano chiuso e buttando
via tutto ciò che rimane da un lato.
8.2 Subdierenziale (in generale)
3. Se
118
f : A → I (I ⊂ R intervallo aperto) e ϕ : I → R convessa
h = ϕ ◦ f è convessa (e continua) e vala
non
decrescente. Allora
∂h (a) = ∂ϕ (f (a)) · ∂f (a)
| {z } | {z }
⊂R
(il
·
⊂R
ovviamente è fatto elemento per elemento per tutti gli elemente dei 2
insiemi).
Capitolo 9
Appendice
9.1
Reti o successioni generalizzate (Net)
Denizione 401 (Ripasso su successioni e sottosuccessioni). Sia
Una successione in
E
E
un insieme.
è una mappa
ϕ : N → E,
spesso indicata con
{xn }n∈N )
{xn }n∈N := {ϕ (n)}n∈N .
Una sottosuccessione di
ϕ
(di
è una mappa
ϕ◦ψ :N→E
tale che
ψ:N→N
sia un'applicazione monotona strettamente crescente. Spesso le sottosuccessioni
si indicano con
xψ(n) n∈N .
Nelle net si usa la stessa idea ma ad
N si sostituisce
un insieme di indici più generale.
Denizione 402 (Insieme diretto). Sia
I
un insieme. Si dice che
I
è un insieme
diretto (verso l'alto) se
1. su
I
è denito un preordine (parziale)
≤
(cioè è una relazione riessiva e
transitiva),
2. per ogni
α, β ∈ I
esiste un
γ∈I
tale che
γ≥α
e
γ ≥ β.
Osservazione 403. Gli insiemi diretti sono quelli utilizzabili come insiemi di
indici. La seconda richiesta è necessaria perché alcuni indici non sono tra loro
confrontabili.
Esempio 404. Esempi di insiemi diretti sono
S,
l'insieme delle parti di
Esercizio 405. Siano
[a, b]
S
(N, ≤) , (R, ≤) o per ogni insieme
(S) , ⊂).
dotato dell'inclusione(P
−∞ < a < b < +∞
e sia
P
l'insieme delle partizioni di
con l'operazione di inclusione è un insieme diretto.
9.1 Reti o successioni generalizzate (Net)
120
Esempio 406 (Importante). in uno s.v.t. la famiglia degli intorni
tali che
U ≤V
se
U ⊃V
1
U, V ∈ U (x)
è un insieme diretto .
Denizione 407 (Net, subnet). Sia
E
un insieme. Una net in
E
è una mappa
ϕ:I→E
dove
I
è un insieme diretto. Una subnet di
ψ
ϕ
è
ϕ
ϕ ◦ ψ : J −→ I −→ E,
dove
ψ tende all'innito, cioè per ogni α ∈ I esiste β0 ∈ J tale che
β ≥ β0 si ha ψ (β) ≥ α. Analogamente a quanto fatto per le successioni,
denota la net con (xα )α∈I := (ϕ (α))α∈I , la subnet si può scrivere come
xαβ β∈J := xψ(β) β∈J ,
J
è diretto e
per ogni
se si
dove per ogni
β∈J
si è ovviamente posto
Denizione 408 (Limiti di net). Sia
net in
X
x ∈ X.
e
α∈I
xα −→ x
U ∈ U (x)esiste
un
o
α0 ∈ I
Proposizione 409 (Proprietà). Sia
T2 ⇐⇒
1.
X
2.
A⊂X
3.
X
è
uno spazio topologico,
Si dice che la net tende a
si scrive
se per ogni
X
αβ := ψ (β).
x
(o che
x
(xα )α∈I
una
è il limite della net) e
lim xα = x
α∈I
tale che, per ogni
X
α ≥ α0
si ha
xα ∈ U .
uno spazio topologico.
(xα )α∈I ⊂ X ha al più un limite;
h
i
α∈I
⇐⇒ (xα )α∈I ⊂ A, xα −→ x ∈ X =⇒ x ∈ A ;
ogni net
è chiuso
è compatto
⇐⇒
ogni net in
X
ha una subnet convergente;
Y è uno spazio topologico, F : X i→ Y
α∈I
α∈I
X 3 xα −→ x ∈ X =⇒ F (xα ) −→ F (x) ∈ Y .
4. se
h anche
Proposizione 410. Siano
X
s.v.t.,
C1 , . . . , C n ⊂ X
è continua
⇐⇒
convessi e
D = conv (C1 ∪ . . . ∪ Cn ) .
Allora
1.
D=
nP
n
i=1
λi ci | ∀i ∈ {1, . . . , n} ci ∈ Ci , λi ≥ 0,
2. se
C1 , . . . , Cn
3. se
C1 , . . . , Cn−1
sono compatti, allora anche
sono compatti e
Cn
D
è chiuso
Pn
j=1
o
λj = 1 ;
2
è compatto ;
=⇒ D
è chiuso.
Dimostrazione.
1. Sia
x ∈ D.
Allora
x
si può certamente scrivere come combinazione con-
D, qundi per qualche
N ∈ N che potrebbe essere
Sn
esistono c1 , . . . , cN ∈
C
j=1 j e λ1 , . . . , λN ∈ (0, 1] tali che
vessa di elementi di
3
molto grande
1 Si noti che la relazione è rigirata!
2 Già dimostrato quando C , . . . , C erano
n
1
3 E non ha nulla a che vedere col nostro n.
singoletti.
9.1 Reti o successioni generalizzate (Net)
PN
j=1
λj = 1
121
e
x=
N
X
λj cj .
j=1
Raggruppando gli addendi nel seguente modo
... +...,
x = λ1 c1 + . . . λm cm + |{z}
{z
}
|
∈C2
∈C1
la somma sotto la graa (che appartiene a
C1 )
si può scrivere come
!
λ1 c1 + . . . λm cm
Pm
λj
.
j=1 λj
j=1
{z
}
| {z } |
m
X
µ1
∈C1
Procedendo analogamente per gli altri, basta osservare che
perché
P
µi =
P
P
µi = 1
λj .
9.1.1 <Assente lunedì 8 aprile e venerdì 12 aprile 2013>
9.1.2 Lunedì 15 aprile 2013
Indice analitico
Bishop-de Leuw, 43
Roberts, 43
Categoria di Baire, 18
S.v.t., 12
Catena, 46
Segmento, 4
Chiusura convessa, 14
Spazio di Baire, 18
Codimensione algebrica, 5
Spazio localmente compatto, 20
Spazio localmente convesso, 16
Dimensione algebrica, 5
Spazio vettoriale topologico, 12
Duale algebrico, 5
Subnet, 120
Funzionale lineare, 5
Teorema di Baire, 20
Insiema linearmente ordinato, 46
Insieme ane, 4
Insieme convesso, 4
Insieme diretto, 119
Insieme estremale, 45
Insieme lineare, 4
Insieme precompatto, 14, 15
Insieme totalmente limitato, 14, 15
Interno, 12
Interno algebrico, 20
Interno relativo, 13
Involucro ane, 5
Involucro convesso, 5
Involucro lineare, 5
Iperpiano, 5
Iperpiano di supporto, 40, 45
Lemma di Zorn, 46
Limiti di net, 120
Net, 120
preordine, 119
Punti estremi, 41
Retta, 4
Teorema di Carathéodory, 8
Teorema di Choquet, 42
Teorema di Hahn-Banach (algebrico),
38
Teorema di Hahn-Banach (topologico),
39
Teorema di Krein-Milman, 48
Teorema di Minkowski, 43