Maroni e il Canton Ticino: lavoriamo per i frontalieri Incontro a Varese per scongiurare la perdita dei ristorni C'è il rischio che i lavoratori paghino doppie tasse nella Confederazione e in Italia: vogliamo sedere al tavolo delle trattative trambi impegnati a trovare una soluzione per mantere i buoni rapporti e l'ottima collaborazione che c'è». I frontalieri lombardi sono preoccupati. Rossella Minotti MILANO INCONTROa porte chiuse fra governatori. Roberto Maroni ha visto il presidente del Consiglio di Stato ticinese Paolo Beltraminelli. «Incontro cordiale», racconta il presidente di Regione Lombardia, anche se sul tavolo c'è un problema che scotta: la posizione dei frontalieri dopo il referendum svizzero che ha approvato l'adozione di nuove regole per frenare l'immigrazione, anche quella lombarda. Presidente, il clima era sereno? «Come sempre. È stato un incontro interlocutorio, in cui abbiamo parlato dell'evoluzione della situazione, consapevoli di essere en- kk ROMA DEVE COINVOLGERCI «Ribadisco che chi già lavora non rischia nulla. La questione che mi preoccupa davvero è quella dei ristorni. Io voglio tutelare le ragioni dei frontalieri e quelle dei Comuni di confine, e Beltraminelli deve fare i conti con quello che è avvenuto in Svizzera e con le pressioni che ha». Anche perché a ottobre dovrebbe scadere questo accordo sui ristorni. «A ottobre l'accordo compie 40 anni. Non scade, ma se una delle due parti dichiara all'altra di non voler proseguire, ci sarebbe una duplice conseguenza negativa per noi. Primo: i frontalieri dovrebbero pagare le tasse oltre che in Ticino anche in Italia, mentre attualmente i loro redditi sono assoggettati solo all'imposta svizzera. Una doppia imposizione quindi. Seconda, ma non meno grave questione, questa imposizione fiscale in Italia andrebbe nelle casse del governo e non più dei comuni frontalieri, che oggi appunto incassano i ristorni, ossia parte delle tasse pagate in Svizzera». Come si muoverà? «Io sono molto interessato al tema e non appena sarà nominato il nuovo ministro dell'Economia voglio incontrarlo per capire che intenzioni ha. Tutto è complicato dal fatto che dopo il referendum il governo federale di Berna deve negoziare una modifica degli accordi con la Commissione europea che ora scade, e la nuova ci sarà solo a novembre. Sono variabili che rendono la trattativa molto più complicata, quindi è utile mantenere buoni rapporti. Nell'incontro non abbiamo preso decisioni, ma abbiamo confermato la volontà di procedere di comune intesa. Vogliamo entrambi scongiurare la guerra santa fra Lombardia e Canton Ticino». Esiste un rischio reale che l'accordo venga cancellato? «Sarebbe un danno enorme ai sessantamila frontalieri lombardi e ai Comuni di confine, e io intendo scongiurarlo, anche se non dipende da me. Ma voglio essere protagonista della trattativa, e chiederò al governo italiano di essere coinvolto». Cosa accadrà adesso della zona franca che lei chiedeva, su cui Enrico Letta era d'accordo? Renzi cosa ne penserà? «Bisognerà capire cosa succede a Roma, cosa farà il Governo a Bruxelles. Sono variabili che dobbiamo verificare e tenere sotto controllo. Ma vogliamo assolutamente che ci garantiscano il coinvolgimento di Lombardia e Canton Ticino nei negoziati. Quindi avremo uno scambio di informazioni costante, questo era il senso dell'incontro a cui ne seguiranno certamente altri».
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