PROPOSTA DI RISOLUZIONE (iniziativa cantonale, art. 102 LGC) Abrogazione dell’accordo sui frontalieri e rinegoziazione della convenzione generale del 27 gennaio 2014 I rapporti fiscali tra Italia e Svizzera sono regolati dalla Convenzione generale per evitare la doppia imposizione del reddito e della sostanza pattuita nel 1976, entrata in vigore nel 1979, e dall’Accordo sui frontalieri entrato in vigore a titolo retroattivo al 1.1.1974. Quest’ultimo prevede un’esenzione fiscale dei lavoratori frontalieri nel loro luogo di domicilio in Italia e un riversamento da parte della Svizzera allo Stato Italiano del 38,8% degli incassi fiscali derivanti dall’attività lavorativa dei frontalieri. Per i lavoratori italiani frontalieri tale accordo è particolarmente conveniente, poiché evitando loro la tassazione in Italia dei redditi da lavoro li privilegia in modo estremamente importante rispetto ai loro colleghi attivi in Italia che conseguono redditi analoghi, visto che la tassazione svizzera (e ancor più quella ticinese) non raggiunge nemmeno la metà di quella paragonabile in Italia. L’Accordo sui frontalieri, al momento in cui venne pattuito, aveva una sua giustificazione poiché la legge tributaria italiana, all’art. 3 cpv. 3 lett. c), esentava i residenti in Italia che esercitavano un’attività lavorativa in via continuativa all’estero da ogni imposizione su quei redditi. In quegli anni l’Italia non poteva quindi tassare i redditi dei residenti nella fascia di frontiera che lavoravano ad esempio nel Cantone Ticino, per cui grazie all’accordo essa ricuperava mezzi finanziari a favore dei suoi comuni di frontiera. Dal 1.1.2003, l’art. 3 cpv. 3 lett. c) è stato abrogato, per cui l’Italia dispone ora della base legale per imporre i redditi dei residenti nella fascia di frontiera italiana che lavorano come dipendenti in Svizzera. Anche dal profilo del diritto internazionale è intervenuto un profondo mutamento a decorrere dal 1.6.2002, quando la Svizzera ha sottoscritto con l’UE il Trattato sulla libera circolazione delle persone. I cittadini europei che rientrano al proprio domicilio almeno una volta alla settimana possono così esercitare in Svizzera, di fatto liberamente, le attività lavorative che desiderano. Il concetto di frontaliere è diventato una nozione storica, ma il fenomeno del frontalierato rimane importante ed anzi si sviluppa sempre di più poiché lavorare in Svizzera e abitare in Italia presenta - come detto - dei vantaggi fiscali notevolissimi, che si cumulano con l’importante attrazione che l’economia svizzera e ticinese hanno sui residenti italiani di frontiera in un momento di grande crisi e di pressione sui salari italiani. Sulla base di queste argomentazioni risulta palese ed evidente che il trattato fra Svizzera e Italia che regola l’imposizione dei frontalieri non ha giuridicamente più alcuna ragione di esistere ed economicamente provoca effetti perversi sul mercato di lavoro delle zone svizzere di frontiera, influenzando al ribasso il livello dei salari a danno dei lavoratori residenti. Il Ticino inoltre ha pagato e paga in riversamenti allo Stato italiano un prezzo complessivo (imposte comunali, cantonali e federali) enorme, quantificabile in un costo annuo odierno di almeno 60 milioni di franchi. È così giunto il momento che la Svizzera denunci quell’accordo che ha effetti perversi sul mercato del lavorio e penalizza il Cantone Ticino. Siamo coscienti che la denuncia unilaterale dell’Accordo sui frontalieri comporta, sia sulla base dell’art. 6 dello stesso Accordo, sia sulla base dell’art. 15 cpv. 4 della Convenzione, anche la contestuale denuncia della Convenzione generale contro le doppie imposizioni. Tuttavia chiediamo all’Assemblea federale la denuncia dell’Accordo sui frontalieri e della Convenzione generale con l’Italia, al fine di imporre una rinegoziare su nuove basi, che tengano conto anche degli interessi del Cantone Ticino. Anche i tempi sono importanti: la disdetta deve avvenire al più presto possibile, poiché va escluso che i negoziati con l’Italia possano provocare la conferma invece che l’abrogazione dell’Accordo sui frontalieri. Il Cantone Ticino chiede che le Camere federali impongano al Consiglio federale di tutelare gli interessi della popolazione svizzera che abita nelle regioni vicine all’Italia e i loro cantoni di residenza. Un Cantone non deve pagare da solo il prezzo di un accordo internazionale del tutto inutile. Per le ragioni sopra esposte il Gran Consiglio del Cantone Ticino chiede all’Assemblea federale di imporre al Consiglio federale: 1. l’abrogazione dell’Accordo sui frontalieri entrato in vigore nel 1974; 2. una rinegoziazione della Convenzione generale per evitare la doppia imposizione del reddito e della sostanza entrata in vigore nel 1979, che non penalizzi il Ticino e i suoi abitanti. Per il Gruppo PLR Christian Vitta
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