Labora et ora

ORA ET LABORA
Labora et ora
L’inizio di un nuovo anno liturgico ci rimette, come ogni anno, in
cammino. Ogni volta che riprendiamo un percorso facciamo
l’esperienza di una rinnovata voglia di andare oltre, di conquistare nuovi spazi interiori di vita e di speranza. Nell’anno liturgico
che è appena trascorso abbiamo sostato, mese dopo mese, sul
mistero della preghiera come luogo quotidiano di conversione e
di immaginazione, di revisione di vita e di riconsolidamento di
una speranza sempre più condivisa. La riflessione con cui si apre
ogni mese Messa e Preghiera quotidiana e l’evocazione di alcune figure spero abbiano ritemprato in ciascuno la coscienza che
la preghiera è quell’elemento da cui ogni giorno la vita può e
deve ripartire, facendo spazio alla logica del regno di Dio che
viene nella nostra esistenza e, a partire da ciò che viviamo e
amiamo, si comunica a tutti. Eppure non possiamo e non dobbiamo dimenticare il monito del vangelo: «Dai loro frutti li riconoscerete» (Mt 7,20). Se accogliamo questa parola del Signore,
allora la nostra vita di preghiera, che si nutre dell’ascolto della
parola di Dio racchiusa nelle Scritture e incarnata negli avvenimenti, eventi e incontri di ogni giorno, deve portare un frutto di
giustizia, di pace, di benevolenza, di gioia.
Nel corso del nostro cammino di questo nuovo anno ci lasceremo aiutare e guidare da una riflessione su quelli che sono gli
atteggiamenti e i sentimenti propri dei discepoli del Signore
Gesù, in quel lavoro e combattimento quotidiano in cui cerchiamo di fare nostri i «sentimenti di Cristo Gesù» (Fil 2,5). Il mistero del Natale che celebriamo, e cui ci prepariamo ripercorrendo
il cammino di Avvento, ci riporta al mistero dell’incarnazione
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come luogo ineludibile di conversione e di crescita interiore.
L’apostolo Paolo ci ricorda con forza: «Egli, pur essendo nella
condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo» (Fil
2,6-7). Ben al di là delle luminarie natalizie, il mistero dell’incarnazione del Verbo ci richiama al grande lavoro interiore di assumere anche noi quel mistero di svuotamento che solo può renderci disponibili a nuove pienezze. Isacco di Ninive non esita a
dire che l’intera vita del cristiano non è altro che «un’esegesi esistenziale della kenosi (svuotamento) del Verbo». Così pure l’apostolo Giovanni non lascia nessun dubbio: «In questo potete riconoscere lo Spirito di Dio: ogni spirito che riconosce Gesù Cristo
venuto nella carne, è da Dio; ogni spirito che non riconosce
Gesù, non è da Dio» (1Gv 4,2-3). Da una parte cercheremo di
individuare alcuni «luoghi» e alcuni «modi» per vivere in modo
fattivo il nostro lavoro quotidiano di «fruttificazione» di ciò che
il Signore ci dona come seme e possibilità nella nostra vita interiore, dall’altra ci faremo accompagnare e guidare dalle parole e
dalla viva esortazione che papa Francesco ha rivolto alla Chiesa
nel suo testo programmatico, la Evangelii gaudium. Allora non ci
resta che augurarci reciprocamente, ancora una volta, buon cammino verso Betlemme, ove ci attende un bambino che si fa
«segno» e ci fa continuamente segno, perché non perdiamo la
strada e non sprechiamo energie nel nostro lavoro di discepolato. L’augurio è che questo nuovo tempo liturgico sia per noi un
ulteriore passo nel diventare più umani, facendo nostri i sentimenti di Cristo che invochiamo ancora: Vieni, Signore Gesù!
Fratel MichaelDavide
www.lavisitation.it
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