Attualità Gaia Scano eletta miss Campidano 2014

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Attualità
15 settembre 2014
GONNOSFANADIGA
Gaia Scano eletta
miss Campidano 2014
Il Campidano ha una nuova miss: Gaia Scano di Villacidro.
La giovanissima partecipante al concorso indetto dall’associazione Nuova Monte Linas, diretta da Antonio Fenu, ha
ricevuto a Gonnosfanadiga il titolo più atteso dell’estate che
ora le aprirà le porte del mondo della moda e del programma
televisivo in onda su Tcs “Adesso viene il bello”, condotto
da Max Sabetta (presentatore della serata). A incoronarla è
stata Chiara Montisci, miss 2013, che ha ceduto alla nuova
reginetta scettro, corona e fascia Epilhour. Alla fortunata bellezza nostrana anche altri premi: una targa ricordo, un buono
SAN GAVINO.
in trattamenti di bellezza e 500 euro, quale borsa di studio per proseguire con nuovo sprint la carriera. La giuria composta da esperti di moda, fotografia e spettacolo ha portato sul podio altre due compaesane della vincitrice: Giulia Melis e Isabella Porcedda (rispettivamente al secondo e al terzo posto). Sotto la direzione artistica di Monia Casti, trenta concorrenti hanno sfilato in
versione elegante , casual e in costume da bagno per
stupire la giuria che ha dato altre fasce: Roberta Pittau (Miss
Cinema), Alessia Pinna (Miss Moda), Ilaria Diana (Miss
Gonnosfanadiga), Jennifer Fortini (Miss immagine), Claudia Concu (Miss Planet Cafe’), Asia Sibiriu (Miss Slot Italia), Katia Sollai (Miss Eleganza), Saida Contis (Miss Sorriso). Nella serata presentata da Max Sabetta uno spazio è stato riservato alle concorrenti over 40: la più bella di tutte è
Emma Atzeni di Solarussa (53 anni) . Eletto anche un giovane Mister: Marcello Putzolu di Sanluri. Madrine della serata
Valeria Defraia (miss Campidano 2012) e Ilaria Vaccargiu
ORGANIZZATA DALLA
STAZIONE CULTURALE
(miss Campidano 2011). Ospite d’onore, la
scrittrice Katia
Corda, sopravvissuta alla crociera nella nave
Concordia, autrice del libro
“E chi se lo
scorda”. La serata è stata allietata da spazi
musicali a cura
dei cantanti Simone Barrago, Laura Muntoni, dei ballerini di
Claudia (danze del ventre) e della coppia Giovanna e Alessandro (danze latino americane).
Stefania Pusceddu
ARBUS. PESCA FORTUNATA
Divertimento e ottima affluenza per la Festa Messicana Dal mare un bel regalo:
una spigola di tre chili
In una bella serata di fine estate, sabato 6 settembre in Piazza
della Resistenza si è svolta la “Festa Mexicana” . Dopo il
successo dello scorso anno con la Festa Spagnola, i soci della Stazione Culturale del Medio Campidano hanno voluto
riproporre la serata con una diversa nazionalità, il Messico.
Una festa all’insegna dell’allegria, della musica e soprattutto
dei sapori messicani con un menù fisso proposto al pubblico
comprendente piatti come le tortillas ripiene di chilli con carne
peperoni e melanzane, riso sgranato accompagnato da fagioli e salsiccia con salsa messicana e salsa guaca mola
agrodolce. Il tutto preparato dal celebre chef Rocco che con
la sua esperienza ha cucinato a puntino i piatti tipici della
tradizione messicana. Non è mancata nemmeno l’animazione a cura di Julio e del suo staff che hanno intrattenuto le
persone con balli latino americani e le più celebri canzoni
del paese centroamericano come “Cielito lindo”. Soddisfazione da parte degli organizzatori che hanno registrato un’affluenza di cinquecento persone che hanno riempito la piazza
e colorato il paese per una piacevole nottata.
Lorenzo Argiolas
PAULI ARBAREI
Festa Manna
per Sant’Agostino
e San Giovanni Battista
patrono dei pastori
Dal 27 al 30 agosto scorso, a Pauli Arbarei si è tenuta Sa
Festa Manna, in onore di Santa Monica, Sant’Agostino e San
Giovanni Battista. I riti religiosi dedicati alla santa hanno dato
il via alla manifestazione, organizzata dagli omonimi comitati, la Pro loco e l’amministrazione comunale. Numerosi i
fedeli partecipanti alla solenne messa e processione, per accompagnare il simulacro di Sant’Agostino col cocchio trainato dai buoi, insieme alla confraternita Madonna del Rosario, i gruppi folk, i Cavalieri della zona e la musica delle
launeddas di Franco Melis, e per partecipare alla Santa messa con panegirico, celebrata dal parroco di San Vito, don
Roberto Maccioni. Per la processione dedicata al martirio di
San Giovanni Battista, era presente anche il gruppo folk Sa
Java di Tuili e don Nicola Demelas, parroco di Arbus, per
celebrare la Santa messa con panegirico. Come di consuetudine, per l’occasione, gli allevatori del comitato del santo,
patrono dei pastori, lo hanno celebrato anche con la sagra
della pecora. I festeggiamenti civili, inoltre, hanno ravvivato
i bambini con lo spettacolo Baby Fun, e le serate dei giovani
e non, con il concerto di Alessandro Asara, che ha interpretato brani di Rino Gaetano, il tributo a Vasco Rossi con i BdA,
gli Audio Boutique, i Tenores di Neoneli e la serata di liscio
con La Fiaba. La grande festa si è conclusa sabato notte con
Lo Schiuma Party più bello del Mondo, un divertente e rinfrescante tuffo nello spettacolo improvvisato dai cittadini.
Marisa Putzolu
Il mare di
Torre
dei
Corsari oltre
ad un’acqua
cristallina riserva altre
sorprese.
Una di queste
è il bel regalo fatto a
Franco Tanda
che nel periodo di Ferragosto ha portato a casa
una spigola
di tre chili.
Franco si dedica da tempo alla pesca,
è la sua grande passione.
Anche se non
è l’unica. Così ha catturato la spigola fra lo stupore e l’ammirazione dei presenti. In barca con gli amici, la cattura è arrivata improvvisa. Nessuno della comitiva si aspettava di certo
di trovare una preda così importante. È stata una festa per
tutti. (s. r.)
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15 settembre 2014
LA SPIAGGIA DI PISTIS
COLORI UNICI
MAREGGIATA SETTEMBRINA
I colori del mare in tempesta fra Pistis e Torre
dei Corsari immortalati da Renato Sanna.
Costa Verde:
uno scatto
per raccontare
l’estate 2014
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Quando il mare regala forti emozioni siamo sulla
spiaggia di Torre dei Corsari. La foto è di Franco Tanda
La più amata dai pendolari. Foto di Cristiano Murgia
TORRE DEI CORSARI
Sorriso simpatico e contagioso sulla sabbia dorata. Lo sa bene papà Andrea Cocco che ha scattato la foto ai suoi bambini
LA COLONIA DEI MINATORI
Nel suo abbandono resta unica e maestosa.
Foto di Agnese Caddeo
a cura di Santina Ravì
CAMPER FUNTANAZZA
I camperisti sfidano i divieti a due passi dal
mare. Foto di Elisa Caddeo
LAUNEDDAS AL TRAMONTO
La melodia delle canne sarde di Franco Tanda accompagna
il tramonto fra gli applausi dei bagnanti. Foto di Santina Ravì
TORRE DEI CORSARI
Cena romantica fra i colori ed i sapori dell’Hotel
Belfiori. La foto è dei proprietari della Villa Belfiori
DELFINO
SPIAGGIATO
Turisti e bagnanti
hanno sfidato il
maestrale per immortalarlo in uno
scatto. La foto è
di Renato Sanna
TRAMONTO A IS CANNISONIS
Un angolo di paradiso su una spiaggetta di Torre dei
Corsari. Foto di Irene Medda
CAPPELLO E RACCHETTA
Dopo una giornata di lavoro si abbandonano
al tramonto. Foto di Franco Tanda.
DISCARICA
A CIELO APERTO
La maglia nera
dell’estate resta
la più amata
dagli scatti.
Sono tanti
quelli che
arrivano
al giornale.
PROTESTA A TUNARIA
Assemblea dei residenti sul lungomare: “Tunaria è la località
più antica della Costa. È sorta prima di Sant’Antonio di
Santadi”. Foto di Mario Mura
CAMPI DA TENNIS
Quel che resta delle strutture sportive più amate dai
turisti di Torre dei Corsari. Foto di Roberto di Mauro
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Speciale
Sanità
PER PREVENIRE LE MALATTIE
OCCORRE MIGLIORARE
IL PROPRIO STILE DI VITA
L
a prevenzione è importante per la nostra salute.
Tra le maggiori cause di morte in Italia ci sono il
fumo di tabacco, i tumori e le malattie cardiovascolari.
Per ridurre i fattori di rischio e quindi la possibile comparsa di malattie qualcosa si può fare: migliorare il proprio stile di vita.
Ci sono molte azioni sono spesso sottovalutate che
invece aiutano a preservare la la nostra salute. Prima
di tutto bisogna cercare di seguire una sana alimentazione che garantisca il bilanciamento delle sostanze
nutritive necessarie al nostro organismo, cioè
carboidrati, proteine, vitamine e sali minerali, grassi.
In funzione al sesso, l’età, e il grado di attività svolta,
cambiano le quantità e la qualità dei cibi da assumere
giornalmente. Gli esperti consigliano di seguire una
dieta varia per garantire un adeguato apporto di nutrienti all’organismo, bere molta acqua, non saltare i
pasti, mangiare almeno due porzioni di frutta e due di
verdura al giorno, prediligendo quella di stagione, consumare ogni giorno cereali e legumi, al tempo stesso
limitare il consumo di grassi, dolci e sale, ma anche
svolgere regolarmente attività fisica. Sarebbe bene poi
non fumare e non abusare di bevande alcoliche.
Grande attenzioni va poi riposta nella prevenzione attraverso test di screening volti a scoprire malattie allo
stato iniziale, per permettere la cosiddetta “diagnosi
precoce” che consente di intervenire tempestivamente
e aumentare così la possibilità di guarigione. Il Sistema Sanitario Nazionale, in collaborazione con le Asl e
le Regioni, organizza programmi di screening rivolti a
specifici gruppi di persone (considerate a rischio) per
individuare precocemente alcune malattie. Attualmente
vengono effettuati screening per i tumori dell’intestino colon-rettale, del seno e del collo dell’utero. Ma ci
sono tanti altri controlli importanti per mantenersi in
salute.
Di solito ottobre, mese della prevenzione, è il periodo
preferito dai pazienti per pensare alla prevenzione.
D’altronde lo dice il detto sempre attuale: prevenire è
meglio che curare! A settembre si torna a scuola e i
genitori si preparano a far fare ai figli una visita
oculistica. Tra le principali cause della scarsa concentrazione dei bambini a scuola vi sono infatti i problemi
alla vista. Proprio come gli adulti, i bambini ricevono
circa l’80% delle loro percezioni tramite la vista. Per
questo motivo, una vista buona e nitida è fondamentale per la serenità dei bambini e per la loro buona rendita scolastica. Quando è opportuno portare i figli da uno
specialista per un controllo: per far far esaminare gli
occhi dei bambini non è mai troppo presto. «Non è
sempre facile determinare se un bambino soffra di un
difetto visivo oppure no», spiegano gli ottici di Sun
Ottica di Villacidro. «I genitori generalmente si accorgono se un bambino sta avendo problemi a camminare, prima di notare un problema della vista; i neonati e
i bambini piccoli non sono in grado di accorgersi o
comunicare la loro difficoltà. Anche bambini più grandi
hanno un’abilità limitata a differenziare il nitido dallo
sfocato».
Quando allora ci si accorge di un problema? «I genitori si accorgono di qualcosa solamente se l’acutezza
visiva di un bambino si riduce drammaticamente di oltre il 60%. Ovviamente- precisano gli esperti - quanto
prima un difetto visivo di bambini e neonati viene corretto, tanto migliore e di maggiore successo sarà la correzione del difetto. Occhiali o anche lenti a contatto
possono essere prescritti e adattati anche a bambini piccoli. Adesso è possibile realizzare montature e lenti
per occhiali speciali anche per i visi più piccoli, alcune
sono addirittura realizzate su misura dagli ottici».
Dopo il primo esame, i genitori devono controllare la
vista dei bambini regolarmente, idealmente una volta
l’anno. È anche consigliabile che i genitori osservino
gli occhi dei loro bambini e il loro comportamento visivo. Il medico oculista va consultato se avvengono
dei cambiamenti, come strabismo, strofinamento frequente degli occhi, mancanza di contatto visivo,
cataratte, strizzamento degli occhi, oppure, nei bambini in età scolare, la necessità di tenere i fogli di carta
troppo vicini durante lettura o scrittura e la copiatura
scorretta dalla lavagna. Un altro importante indicatore
è la televisione, i bambini che infatti guardano la televisione troppo da “vicino” potrebbero avere un difetto
visivo. Quando sono presenti questi indicatori è bene
dunque effettuare una visita oculistica.
Se ottobre è un mese perfetto per pensare alla vista,
nello stesso periodo è opportuno prepararsi al meglio
ad affrontare l’arrivo della stagione fredda che porta
con sé anche raffreddori e virus. «Si consiglia, su prescrizione medica, l’assunzione di farmaci immunostimolanti. Per omeopatici e fitoterapici invece non
è necessaria la ricetta medica e ci si può avvalere del
consiglio del farmacista», affermano Pierpaolo Liori e
Claudia Piccaluga, titolari della Farmacia Centrale di
Villacidro. «In aggiunta, si possono assumere
integratori per rendere il fisico più forte per sopportare meglio i possibili rischi di contagio. Suggeriamo anche la vitamina C, contenuta nella Cerola ad esempio,
di cui andrebbe assunto almeno un grammo al giorno.
Così pure l’echinacea, immunostimolante naturale che
protegge dai mali di stagione».
Stefania Pusceddu
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Speciale
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Ristorazione
O
ltre alla crisi e agli elevati costi della navigazione, quest’anno
anche il maltempo ha contribuito a dimezzare l’affluenza
di turisti che scelgono le coste e l’entroterra dell’isola come
meta per ristorarsi durante la stagione balneare. Il fattore imprevisto ha messo in croce, anche nel Medio Campidano, uno dei settori
più importanti del territorio: quello offerto da bar, pizzerie, trattorie, gelaterie, ristoranti e alberghi. Chi svolge l’attività di ristorazione
da una vita, sa quanto sia dura restare dietro a un bancone o ad una
cassa per far quadrare i conti e resistere con tutte le forze per trasmettere un messaggio positivo del comparto turistico. La titolare
di Bar Sport Onali di Sardara dice: «Se non fosse stato per i clienti
abituali, rispetto agli anni scorsi il lavoro si è dimezzato. Ma i pochi turisti passati nel nostro bar, son rimasti piacevolmente soddisfatti del locale e di come è tenuto bene il paese. Noi lo diamo per
scontato, ma chi viene a trovarci rimane contento. Ed è di buon
auspicio perché tornino a visitarci».
Anche il confortevole Hotel Ristorante Santa Maria nel cuore del
centro storico di Guspini, nonostante i tempi duri, anche quest’anno ha ricevuto il certificato di Eccellenze Italiane, a garanzia di un
servizio alberghiero accurato e una cucina offerta con pietanze genuine. Ma anche senza titoli ufficiali, quasi tutti i ristoratori del
territorio provinciale son ben organizzati per rendere solare, con
eventi e servizi all’utente, anche la grigia stagione invernale.
Per Gianluca Cadeddu del Double G Lounge Bar di Sardara l’estate continua. Dopo il concerto dello scorso 12 settembre, tenutosi al
parco comunale con ospiti internazionali come Pino Scotto e le
band sarde Tamurita e Golaseca, il giovane titolare ha coinvolto
due scuole musicali di Sanluri e Olbia per tenere ad ottobre un
seminario di due giorni, nel quale 100 batterie suoneranno in con-
temporanea con l’obiettivo di raggiungere il Guinnes dei Primati.
E nelle giornate uggiose, i clienti entrano nel locale di Gianluca
per il gioco a quiz Dr.Why e gli eventi culturali offerti tutto l’anno.
Si trovano d’accordo anche i colleghi dei paesi limitrofi, come
Antonello Loi del pub e birreria La Bodeguita di Sanluri, nel quale
sono offerti vari tipi di cocktails, numerose qualità di birre e musica latina tutti i venerdì. E quelli che puntano più sulla stagione
calcistica che su quella balneare. «Con l’inizio del campionato, speriamo di avere un’affluenza migliore», dice Raffaele Podda, titolare del Bar Congia di San Gavino, che ad aprile scorso ha rinnovato
il locale per le serate di musica dal vivo e le scommesse sulle partite del Cagliari da vedere con gli amici e la clientela. E gli fa eco il
collega Zemiro Termini, titolare di Cafè Diem di San Gavino, che
offre il punto gioco Eurobet, giochi virtuali e prenotazioni
touchscreen. Qualcuno per esperienza sa bene che anche le scelte
politiche possono determinare la situazione commerciale e turistica. Il veterano titolare del bar, pizzeria e gelateria artigianale,
Sporting di Pitzalis & C. di Sardara, ricorda a malincuore i tempi
in cui chi percorreva la vecchia statale, entrava e sostava in paese.
«Un lavoratore di Oristano si recava tutti i giorni qui per fare colazione. E anche se arrivano alcuni turisti, se ci fossero più segnali
d’indicazione anche nella 131 e nelle strade provinciali limitrofe,
ne arriverebbero molti di più».
Concordano i titolari di Lollo’s Pub e Dolce & Gelato di Sanluri, a
conduzione familiare, che pensano che l’attività del bar, pizzeria,
trattoria e gelateria artigianale, ha avuto una riduzione da quando
la nuova statale ha allontanato i viaggiatori dall’entrata del paese.
E da quando, come quest’anno con l’estate sanlurese, gli eventi
non vengono organizzati nelle piazze del centro, portando la citta-
dinanza in periferia. «Ne approfitto per far un elogio al comitato di
San Lorenzo - aggiunge il capofamiglia - che ha riportato la festa
ai livelli di un tempo. Anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo organizzato alcune cose, come un torneo di biliardino e una sorta di
karaoke di musica rap, a dimostrazione che le piazze son idonee ad
eventi che riportano il sorriso e la gente nel centro del paese».
C’è poi chi preferisce la semplicità di un tempo, come il Bar Giardini di San Gavino, dove si possono trascorrere momenti rilassanti immersi nel verde della piazzetta, o in compagnia per usare
l’intramontabile biliardino da bar. Piergiorgio Podda, invece, del
Bar Lughente, attivo da 40 anni a Guspini, la prende con filosofia. Apre tutti i giorni alle 4,30 per preparare colazioni ai suoi
fedeli clienti e a chi si reca a lavoro presto, e la sera preferisce
rilassarsi in casa o fuori. «Prima avevo tre dipendenti - racconta il
titolare - mi son dovuto rimettere dietro il bancone perché con la
crisi non ci son più i numeri. Ma dobbiamo accontentarci e andare avanti».
E sono soprattutto i giovani a non accontentarsi e ad offrire servizi complementari e ulteriori a quelli tradizionali e convenzionali.
E qualcuno di loro addirittura nasce con la gestione turistica nel
sangue. È il caso dei quattro figli del noto skipper radiofonico,
Giuseppe Nonnis, due dei quali gestori di una discoteca e Aysen e
Keven del Caffè della musica di Guspini. Insieme alla socia Alessia
e i baristi Vanessa, Roberta e Mauro, nel locale dei fratelli Nonnis
si respira aria di musica e cordiale accoglienza, con l’esposizione
di dischi in vinile, la piattaforma musicale per le serate dal vivo
nel week-end e il sorriso e la disponibilità verso chi si sente a casa
anche solo per chiedere un’informazione occasionale.
Marisa Putzolu
di Podda Pier Giorgio
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15 settembre 2014
MEDIO CAMPIDANO
Edicolanti in crisi: l’ultimo anello
nella catena dell’informazione
L
e edicole stanno cercando di sopravvivere ad un’epoca
di crisi che sta le sta decimando. C’è rabbia nel settore.
Negli ultimi anni hanno chiuso 10mila edicole, una su quattro. Il Medio Campidano non fa eccezione. Dalle dichiarazioni degli edicolanti emerge un quadro incredibile, la maggior parte di loro a malapena riesce a racimolare seicento
euro al mese. E nei mesi di scadenze delle tasse sono obbligati a ricorrere ai loro risparmi per pagarle. Il loro è un
lavoro lungo. Si alzano alle 5 del mattino e alle 6 hanno già
i giornali esposti sul bancone. Sono impegnati per 70 ore
alla settimana, domenica compresa e sono liberi per soli sei
giorni all’anno, quando i quotidiani non sono in edicola. E
non hanno certamente le ferie pagate. Nonostante il loro
impegno, di fatto sono l’ultimo anello nella catena dell’informazione. Le cause sono molteplici, una delle principali
è internet. Se prima l’informazione avveniva solo per car-
ta, televisione e radio, oggi è possibile leggere quotidiani e illustrati su computer, tablet o telefonini. Ormai non c’è giornale
che non abbia il suo sito. L’online è un must. Informa in tempo
reale. Ed è concorrente ai giornali cartacei con conseguente
diminuzione delle vendite nelle edicole. Altra causa è la
liberalizzazione del mercato, ormai i giornali vengono venduti
anche nei centri commerciali, nei distributori di benzina e nei
supermarket. Per gli edicolanti il giro d’affari è sceso di oltre il
50 per cento negli ultimi cinque anni. E una delle loro lamentele più frequente è il servizio di distribuzione del giornali. «Dovremo essere direttamente noi a gestire la distribuzione - dice
Consuelo Ennas dell’omonima edicola di Pabillonis - un intermediario in meno non può che tradursi in risparmio per noi».
La maggior parte degli intervistati, che preferiscono tenere
l’anonimato, denuncia di essere alla mercé delle agenzie di distribuzione, ora in fattura è riportata una nuova spesa di 140
VILLACIDRO
Keller: il ministro Padoan
firma il decreto
per la cassa
integrazione
Arrivano gli arretrati della cassa integrazione per i 287 lavoratori della Keller
Elettromeccanica di Villacidro. Il ministro
dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha infatti firmato i decreti per la Cig relativamente al periodo febbraio-agosto 2014. È
da febbraio scorso che le segreterie provinciali della Fiom Cgil, Fsm Cisl e Uilm Uil
hanno tempestato di solleciti il ministero
dell’Economia, intensificatisi in questo ultimo
mese. «Siamo di fronte a
una situazione socio-economica grave per i nostri
lavoratori che da febbraio sono stati collocati in
cassa integrazione, da allora non percepiscono alcun reddito a causa della
lentezza del ministero
dell’Economia. Eravamo
preoccupati. Questo ritardo non era più sopportabile», sottolinea Gianluigi Marchionni, segretario provinciale della
Fiom Cgil, che parla anche a nome dei suoi colleghi Marco Angioni della Fsm Cisl e Andrea Farris della Uilm. La notizia della firma dei decreti rasserena le organizzazioni
sindacali. E ribadisce: «Siamo soddisfatti,
questo ci permette di gestire con più serenità la vertenza Keller».
L’intesa del 22 agosto tra il ministero dello
Sviluppo economico e il commissario
giudiziale Nicola Maione, che congela momentaneamente il licenziamento dei 287 dipendenti
della Keller e apre nuove
prospettive per l’ammissione dell’azienda all’amministrazione straordinaria, è anche la via per poter ottenere
una nuova proroga della
cassa integrazione straordinaria. I sindacati vigilano.
«Il nostro obiettivo è condurre in porto sicuro tutti i
dipendenti. Siamo fiduciosi.
C’è una grande disponibilità a far si che questa importante attività industriale non
cessi definitivamente e con
essa si perdano centinaia di
posti di lavoro», rimarca
Gian Luigi Marchionni. E l’ottimismo viene
dalle quattro le manifestazioni di interesse per
l’acquisto del ramo aziendale pervenute. Sono
quelle della Skoda Transportation , della spagnola Talgo, dell’indiana Titagarh e dell’italiana Wegh Spa. (r. m. c.)
euro sotto la voce “operazioni accessorie”. Sono le agenzie
di distribuzione che decidono di abbinare ai quotidiani riviste “invendibili”.
«Quei giornali sono una palla al piede - sostengono gli
edicolanti - spesso sono vecchie rimanenze di magazzino.
Risultato? Non si vendono e poi li ritirano quando vogliono
loro».
«Affinché le edicole non facciano la fine delle vecchie cabine telefoniche bisogna istituire un’organizzazione degli
edicolanti - sostengono - per gestirci da soli senza l’ausilio
dei distributori. Poter fare gli abbonamenti per i dispositivi
elettronici di lettura nelle edicole, e se il cartaceo non viene
venduto come un tempo almeno si guadagna qualcosa. E poi
bisognerebbe che le tasse fossero commisurate al giro d’affari reale dell’attività». Oppure integrare piccoli e utili servizi per l’utente, come ha fatto Elena Munzittu dell’Edicolaele
di Guspini che ha dotato il suo locale di un piccolo frigo allo
scopo di poter vendere bevande. Ha allestito un internet-point
e un centro scommesse sportive e ha addirittura creato un
angolo riservato per la vendita di “giocattoli e passatempi”
per adulti, dove è possibile trovare quei gadget che si è soliti
regalare per gli addii al celibato.
Saimen Piroddi
Dalla Banca di Sassari finanziamenti
alle imprese che assumono
Si chiama “Fin Job” ed è un
nuovo prodotto di impiego
a breve termine proposto
dalla Banca di Sassari per
finanziare le imprese che,
cogliendo le opportunità
offerte dalle novità del “Decreto Poletti”, assumono o
hanno assunto nei sei mesi
precedenti alla richiesta di
finanziamento.
“Fin Job” finanzia il 70%
della retribuzione annua
lorda di chi verrà assunto
per almeno 12 mesi per un
importo massimo di
100mila euro. Le imprese
che scommetteranno su Fin
Job beneficeranno fino al
prossimo 31 dicembre di
condizioni economiche
agevolate e di un Pos a canone gratuito per tutto il
periodo del finanziamento,
che è al massimo di diciotto mesi.
«Anche con questa iniziativa la Banca è vicina alle
imprese del territorio - ha
dichiarato Andrea Saba, direttore del settore Mercati
della Banca di Sassari - per
sostenere la ripresa e il rilancio dell’occupazione in
una fase economica molto
delicata». (r.m.c.)
Lavoro: Sardegna ancora “depressa”
È Cagliari la provincia sarda che avrà la migliore performance occupazionale
nel 2014, seppure in calo,
ma il quadro complessivo
della Sardegna sarà ancora
di “depressione”, anche se
ci sono segnali di ripresa a
Sassari, mentre Oristano
resta “maglia nera” della
disoccupazione regionale,
al terz’ultimo posto delle
classifica nazionale (peggio di lei solo Rieti e Isernia), con una crescita zero
rispetto al 2013. È quanto
risulta dalla mappa delle
assunzioni previste per
quest’anno dalle imprese,
basata sulla banca dati
Excelsior di UnionCamere
e rielaborata nella classifica del quotidiano economico Sole 24 Ore.
La provincia di Cagliari
occupa la 25/a posizione
della classifica nazionale,
con 4.290 assunzioni previste (-410 e -10% in percentuale rispetto al 2013).
In avanzamento Sassari,
che occupa la 37/a posizione: 2.830 assunzioni, con
un saldo positivo di 420 e
un +15%. Previsioni negative invece per Nuoro (940
assunzioni, -150 e -14%).
Ultima delle province sarde rimane Oristano, con
una previsione di 460 offerte di lavoro, con nessuna
variazione rispetto al 2013.
Dalla classifica del Sole
24 Ore qualche segnale di
ripresa a Nord Est, partendo da Bolzano e Trento (il
Trentino Alto Adige ha la
migliore performance,
+19%, rispetto al +9% di
media nazionale) per seguire poi con Veneto ed Emilia. Tra le province dove
l’offerta di lavoro sarà
maggiore Milano, seguita
da Roma, Torino, Napoli e
Bologna. Ancora dati preoccupanti al Sud, Sardegna
compresa: secondo le previsioni il trend di assunzioni non stagionali nell’Isola
nel 2014 sarà del -2%:
8.510, con un incidenza del
25% per le assunzioni fino
a 29 anni.
Secondo il Sole 24 Ore il
quadro complessivo resta
preoccupante, nel panorama
di crisi. Ma con qualche spiraglio positivo: a livello nazionale, infatti, si stima una
crescita nell’offerta di 386
mila posti. (r.m.c.)
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Economia
PABILLONIS. LA SCOMMESSA DI UNA
15 settembre 2014
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MAMMA
“Scarabocchiando a casa di Saida”:
è nato il primo “Nido famiglia”
È sempre più difficile trovare un lavoro, soprattutto nei piccoli paesi, dove molti giovani sono costretti a fare le valigie e
chi resta deve fare i conti con l’incertezza e nei peggiori dei
casi con la rassegnazione. C’è però anche un’altra possibilità, quella di inventarsi un lavoro. È da questo presupposto,
con determinazione e iniziativa che nasce a Pabillonis il primo “Nido famiglia”, un nido domiciliare che offre un servizio alternativo rispetto agli asili nido pubblici o privati. Il
servizio è nato nell’Europa del nord, dove è chiamato
“Tagesmutter” mamma di giorno, e si sta, anche se lentamente, ormai diffondendo anche nel nostro Paese. «È una scommessa», confessa Saida Melis, giovane mamma di Pabillonis,
ideatrice del progetto, «sono consapevole che purtroppo non
ci sono molte alternative occupazionali, e seppure con tante
difficoltà sono riuscita a realizzare un mio sogno, quello di
conciliare il mio ruolo di mamma con quello di donna lavoratrice. Accoglieremo i piccoli ospiti in un caloroso ambiente sicuro, confortevole, familiare e altamente professionale,
sarò supportata quotidianamente da una équipe di educatrici,
pedagogisti, psicologi, assistenti all’infanzia ed esperti in varie
discipline». Il nido ospiterà i bimbi dai tre mesi ai tre anni, e
offrirà una proposta didattica principalmente incentrata sui
giochi educativi, creativi e di scoperta. Per la fascia d’età dai
tre ai cinque anni ci saranno dei laboratori d’inglese, di manipolazione della creta, e di musica con il famoso “Metodo
Gordon”, la cui teoria sta nell’assunto che la musica può essere appresa secondo gli stessi meccanismi di apprendimento della lingua materna. Per i bambini dai sei ai dodici anni
sarà attivato un percorso, se necessario individuale, per aiutarli nello svolgimento dei compiti e nello studio. Gli orari
saranno flessibili, e modificabili per le singole esigenze del
genitore. L’apertura si è tenuta l’8 settembre, rispettando così
il calendario ufficiale nazionale. Il 30 agosto scorso c’è stato
l’ “open day,” e molte mamme con i loro bimbi hanno avuto
l’occasione di visitare la casa di Saida, trasformata in un piccolo asilo, le sue pareti sono un arcobaleno di colori e al suo
SANLURI
interno sono presenti una ricca varietà di giochi, che faranno
sicuramente felici i piccoli ospiti, facendoli sentire sempre
vicini al loro ambiente familiare. Infatti la peculiarità fondamentale del nido è la “familiarità”, vale a dire il contesto familiare in cui si svolge il progetto educativo. «Vorrei ringraziare soprattutto i miei genitori” conclude Saida, “per avermi
aiutata e supportata per la realizzazione del progetto, l’associazione “Mammamamma” e “La Camelia” di Marina Zurru
per la splendida scultura di palloncini colorati che allieterà
la stanza giochi dei bambini».
Stefano Cruccas
SAN GAVINO
A far fronte alla crisi c’è
anche un’imprenditoria giovanile
Un negozio esclusivo per chi ha
la passione della caccia e della pesca
A tutela dell’ecosistema, in Sardegna come nel
resto d’Europa, le attività della caccia e pesca son
sempre più soggette a controlli severi. Per questa
ragione, gli appassionati hanno particolare necessità di rivolgersi a chi ha esperienza nei due settori. Nel Medio Campidano, Paolo Farris, titolare del negozio
Il Pescacciatore di Sanluri dal
1987, e dal 2001 in via Gramsci 23, garantisce assistenza
agli utenti del territorio, con
ampi locali forniti di attrezzatura, abbigliamento di tutte le
marche, accessori e articoli
esclusivi di caccia e pesca, ma
anche di equitazione, subacquea e arceria. Per non far
mancare gli elementi indispensabili per andare a
pescare, con Farris collabora il suo dipendente Stefano ed è attivo 24 ore su 24 un distributore di
rivendita per esca. Così, per dimostrare che la stagione è stata al di fuori di ogni loro aspettativa, il
titolare dice: «Nonostante il maltempo abbia messo
i bastoni tra le ruote, quest’anno abbiamo riscontrato almeno un 20 percento di clientela in più, sia
del territorio provinciale che di fuori». E, seppur
non sia ancora finita per i pescatori dell’isola, il
titolare del Pescacciatore si è attrezzato bene anche per la stagione della caccia iniziata lo scorso
4 settembre e per rendere il servizio più efficiente
possibile agli utenti. Con un’ampia fornitura di munizioni e armi, nuove e usate, e con la permuta per
acquistare un’arma nuova, o usata. Appassionato
cacciatore anche lui come i suoi clienti, cerca di
non far mancare nulla nel suo
esercizio commerciale, uno dei
pochi “negozi pilota” di marche
come la Garmin e la BS Planet,
satellitari realizzati per controllare e addestrare i propri cani,
e i red dot di Hotpoint, puntatori laser per le carabine. Il negozio sanlurese, inoltre, è “unico e ufficiale” distributore in
tutta la Sardegna dei prodotti di
Elettronica Lockvògel, a garanzia di un servizio sicuro e controllato per gli utenti
di tutta l’isola. E anche per alcuni privati e amministratori locali, che intendano acquistare dissuasori appositamente per cornacchie, storni e piccioni, che invadono e danneggiano vigne, campi, pannelli fotovoltaici e piazze comunali. «Sono a norma - afferma Farris - hanno un dispositivo automatico che li spegne di notte, i suoni sono ad intermittenza e di giorno non oltrepassano l’intensità dei rumori ai quali siamo abituati, come quelli
delle automobili che transitano».
Marisa Putzolu
Davide Senis aveva l’animo da imprenditore già da quando, a soli 20
anni e ancora studente, ha avviato
la cartolibreria Genesis di San Gavino Monreale, di cui è titolare dal
2001. E l’ha avviata senza l’ausilio
di alcun finanziamento da parte delle istituzioni pubbliche o private,
per non sentirsi vincolato neppure
nella scelta dei mobili. «Fino a tre
anni fa - racconta Davide - esercitavo l’attività in via Roma. Ero in
affitto e il locale era più piccolo di
questo in via Dante».
Di certo, 90 metri quadri gli consentono di avere un piccolo esercizio commerciale più fornito, nel
quale è presentata una vasta gamma di articoli. Da quelli di cancelleria scolastica e d’ufficio, alla libreria, zaini, belle arti e oggettistica del genere. Inoltre, da qualche
anno ha scelto d’introdurre la rivendita delle ricariche telefoniche e dei
biglietti per gli autotrasporti regionali, compresi gli abbonamenti. Il cartolibraio di San Gavino spiega il motivo di questa scelta: «Ho aggiunto il
servizio della biglietteria esclusivamente per garantirlo ai miei utenti. Per
intenderci, ad esempio, su circa 30
euro di fatturato, la mia provvigione
è neanche un euro». Il giovane titolare di Genesis sa molto bene che, per
adattarsi ai continui mutamenti del
mercato, occorre puntare sulla quantità, aumentando lo spazio del locale.
Ma è soprattutto fondamentale aumentare la scelta e soddisfare la clientela,
offrendo prodotti esclusivi, o perlomeno rari nel territorio. La cartolibreria
di Davide Senis, infatti, anticipa le tendenze, con le marche presenti in negozio. Super Mario, Yu-Gi-Oh, My
Little Pony, o la Fimo e Hammeley per
le belle arti, rispondendo così anche
alle richieste dei clienti più esigenti del
Medio Campidano. «E non solo - precisa Davide - È capitato che siano venuti a comprare da me persino da Cagliari». (m. p.)
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Cultura
VILLACIDRO. DAL 16 AL 21 SETTEMBRE LA VENTINOVESIMA EDIZIONE DEL PREMIO DESSÌ
Luciana Capretti, Antonio Pascale
e Elisabetta Rasy i finalisti per la narrativa;
Nicola Bultrini, Roberto Deidier
e Alba Donati per la poesia
L’attore
Toni Servillo
(foto Monica Silva)
All’attore Toni Servillo il premio speciale della giuria. Presentazioni
editoriali, spettacoli e incontri per una settimana di eventi che culminerà
domenica 21 con la proclamazione e le premiazioni dei vincitori
E
dizione numero ventinove per il Premio “Giuseppe
Dessì”: il consueto appuntamento di fine estate a
Villacidro col prestigioso concorso letterario intitolato allo
scrittore sardo (nato a Cagliari il 7 agosto del 1909 e scomparso a Roma nel 1977), si rinnova da martedì 16 a domenica
21 settembre.
Nel paese a una cinquantina di chilometri da Cagliari, dove
Dessì visse da giovanissimo e che gli ispirò in seguito diverse opere (compreso il suo capolavoro, “Paese d’ombre”, con
cui vinse il Premio Strega nel 1972), è ancora una volta in
programma un ricco cartellone di eventi e iniziative che avrà
il suo momento clou, domenica 21, con la cerimonia di proclamazione e premiazione dei vincitori delle due sezioni letterarie, narrativa e poesia, in cui si articola il concorso, e del
premio speciale della giuria.
A precedere il gran finale, una settimana densa di presentazioni, incontri, appuntamenti musicali e di spettacolo (tutti
con ingresso gratuito) in compagnia di ospiti come la danzatrice e pittrice Simona Atzori, l’attore Gioele Dix, l’astronauta Umberto Guidoni, il musicista Giovanni Allevi.
Luciana Capretti, Antonio Pascale e Elisabetta Rasy i finalisti
per la Narrativa; Nicola Bultrini, Roberto Deidier e Alba
Donati nella sezione Poesia. Anche quest’anno hanno risposto al bando di partecipazione molte fra le maggiori case editrici italiane (Einaudi, Mondadori, Rizzoli, Feltrinelli,
Garzanti, Bompiani, Sellerio, Fazi, Longanesi, Passigli, e/o
edizioni, Marsilio, Rai Eri, tra le altre): alla chiusura dei termini di presentazione, il 15 giugno scorso, sono giunte alla
segreteria del premio 398 opere.
Fra i 208 titoli pervenuti per la narrativa e i 190 per la poesia,
la giuria presieduta da Anna Dolfi (eminente italianista dell’Università di Firenze, socia dell’Accademia Nazionale dei
Lincei e tra le massime studiose dell’opera di Dessì) e composta da Mario Baudino, Duilio Caocci, Giuseppe Langella,
Massimo Onofri, Stefano Salis e Giuseppe Marras, ha selezionato le terne dei finalisti di ciascuna delle due sezioni.
Nella sezione Narrativa i tre finalisti sono Luciana Capretti
con “Tevere” (edito da Marsilio), Antonio Pascale con “Le
attenuanti sentimentali” (Einaudi) e Elisabetta Rasy con “Non
esistono cose lontane” (Mondadori). Nicola Bultrini con “La
specie dominante” (Nino Aragno Editore), Roberto Deidier
con “Solstizio” (Mondadori) e Alba Donati con “Idillio con
cagnolino” (Fazi) si contendono invece l’alloro della sezione Poesia.
Saranno dunque due tra questi autori ad aggiudicarsi il premio (cinquemila euro per ciascuna sezione) e ad aggiungere
il proprio nome a quelli dei vincitori delle passate edizioni,
scrittori del calibro di Sandro Petroni, Nico Orengo, Laura
Pariani, Salvatore Mannuzzu, Marcello Fois, Michela Murgia,
Niccolò Ammaniti, Salvatore Silvano Nigro, Giuseppe Lupo
e poeti come Elio Pecora, Maria Luisa Spaziani, Giancarlo
Pontiggia, Alda Merini, Eugenio De Signoribus, Gilberto
Isella e Gian Piero Bona.
Oltre alle due sezioni strettamente letterarie, la giuria del
“Dessì” assegna ogni anno un Premio Speciale (con una dotazione anche in questo caso di cinquemila euro) a una personalità che abbia dato un significativo contributo alla crescita del quadro culturale nazionale. E ben oltre i confini italiani è arrivata la fama del prescelto di quest’anno: l’attore
Toni Servillo, celebrato protagonista de “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino, vincitore del premio Oscar, oltre che
in tanti altri fortunati film e spettacoli teatrali. L’artista campano (di Afragola, classe 1959) succede a Luigi Pintor, Sergio Zavoli, Maria Giacobbe, Nando Dalla Chiesa, Alberto
Bevilacqua, Arnoldo Foà, Francesco Cossiga, Marco
Pannella, Piero Angela, Ascanio Celestini, Mogol e Philippe
Daverio, tra gli altri vincitori delle passate edizioni. Toni
Servillo sarà l’ospite d’onore, domenica 21, della cerimonia
in programma a partire dalle 18 nella centrale Piazza Municipio, in cui verranno svelati e premiati i vincitori delle due
sezioni del concorso letterario. Condotta anche in questa edi-
zione dalla giornalista televisiva Natascha Lusenti, la serata
sarà impreziosita dagli intervalli musicali della violinista Anna
Tifu.
Il sipario sul Premio Dessì si apre martedì 16 settembre nel
segno di un’artista davvero speciale: la danzatrice e pittrice
Simona Atzori, protagonista con le sue tele al Mulino Cadoni
nella mostra “Cosa ti manca per essere felice?” (taglio del
nastro alle 18), titolo omonimo del libro (pubblicato qualche
anno fa da Mondadori) in cui ha raccontato la sua vita straordinaria. Nata senza braccia, Simona Atzori ha saputo trasformare questo handicap in un punto di forza e realizzare i suoi
grandi sogni: dipingere e diventare un’importante danzatrice
al fianco di grandi partner (tra cui Roberto Bolle). Sarà lei
stessa a testimoniare in un incontro con il pubblico (con inizio alle 18.30) la sua vicenda umana e artistica.
La giornata inaugurale si chiude sul palco allestito nel cortile
di Casa Dessì, la bella abitazione appartenuta alla famiglia
dello scrittore e oggi sede della Fondazione a lui intitolata,
attiva nello studio e nella divulgazione della sua opera, oltre
che nell’organizzazione del Premio a suo nome. Qui, alle
21.30, spazio a “Notturno Americano (Le ombre parlano piano del sole)”, lo spettacolo dedicato a Emanuel Carnevali,
scrittore e poeta italiano emigrato giovanissimo negli Stati
Uniti dei primi del Novecento. La fame, il lavoro, la difficoltà quotidiana, il falso mito americano, la scrittura, la nostalgia per l’Italia, sono i temi evocati dal racconto in musica e
parole proposto da Emidio Clementi (voce narrante), vocalist
e bassista dei Massimo Volume, e da due componenti di un’altra formazione di punta dell’indie-rock italiano, i Giardini di
Mirò, Corrado Nuccini (chitarra, synth) e Emanuele Reverberi
(violino, tromba).
Dedicata a Villacidro e alla sua storia recente la giornata di
mercoledì 17 settembre, attraverso la figura di Salvator Angelo Spano, un altro personaggio che, come Dessì, ha dato
lustro al paese del Medio Campidano. Uomo politico di provate onestà e capacità (fu presidente del Consiglio regionale,
più volte assessore e promotore di importanti e popolari iniziative legislative e sociali), Spano fu anche scrittore, poeta e
drammaturgo. Due le iniziative a lui dedicate: un incontro
(alle 18 all’Auditorium Santa Barbara) ne ricorda la figura
attraverso gli interventi di Gianni Filippini, Duilio Caocci e
don Angelo Pittau coordinati da Francesca Curridori e con
gli intermezzi musicali di Anna Steri; poi, un recital a cura
del Coro Polifonico “Cittadini” di Cortoghiana (alle 20 in
piazza Zampillo) ne rispolvera le opere. Chiude la serata (alle
21.30) “Storia di un paese di montagna”, mostra e sfilata a
cura dell’associazione “I vicinati”.
Ricca e variegata la serata di giovedì 18. L’apertura è dedicata a “La Giustizia”, primo dramma di Giuseppe Dessì, messo
in scena al Teatro Stabile di Torino nel 1958 e da allora assai
trascurato nonostante mantenga una sua straordinaria attualità. Alle 17 al Mulino Cadoni, ecco allora il reading da quel
testo, a cura delle compagnie La fabbrica illuminata, il Crogiuolo e Teatro Olata, per l’adattamento e la regia di Marco
Parodi con l’interpretazione, tra gli altri, di Mario Faticoni,
Rita Atzeri, Daniela Musiu, Giorgio Pinna, Dino Pinna,
Rosalba Ariu e Franco Siddi.
Alle 19 il premio Dessì si sposta in piazza Zampillo per accogliere Gioele Dix: l’attore, stavolta in veste di scrittore, è
atteso dalla presentazione del suo libro “Quando tutto questo
sarà finito. Storia della mia famiglia perseguitata dalle leggi
razziali”, recentemente pubblicato da Mondadori. Chiusura
di serata in musica, alle 21.30 a Casa Dessì, con il concerto
di Lou di Franco, al secolo Luana Argiolas, cantante sarda di
Terralba, dove è nata, trapiantata da una decina d’anni a
Digione, in Francia, che presenta i brani del suo nuovo album, “Le gout des mots”, uscito pochi mesi fa.
Un incontro letterario apre la giornata di venerdì 19: alle 18.30
in piazza Zampillo Umberto Guidoni, l’astronauta italiano
per eccellenza, primo europeo salire sulla Stazione Spaziale
Internazionale, presenta in compagnia del giornalista Andrea
Luciana Capretti
Nicola Bultrini
Roberto Deidier
Antonio Pascale
Elisabetta Rasy
Alba Donati
Mameli e di Paolo Maccioni “Viaggiando oltre il cielo”, il
suo libro edito da Bur in cui svela i segreti della sua avventura nel cosmo. La serata si chiude alle 21.30 a Casa Dessì con
Gioele Dix, stavolta impegnato come attore nello spettacolo
“L’uomo degli appuntamenti” tratto da “Centuria” di Giorgio Manganelli, “cento piccoli romanzi fiume”, come recita
il sottotitolo del libro del geniale autore milanese, ovvero
cento racconti di due pagine intitolati semplicemente con un
numero progressivo.
Giornata densa di appuntamenti, sabato 20 alla vigilia del
gran finale. Si parte già dalla mattina (alle 10.30
all’Auditorium Santa Barbara) con un approfondimento su
“Giuseppe Dessì e il cinema”, a cui la Fondazione, in collaborazione con la Cineteca Sarda – Società Umanitaria, ha
dedicato un cofanetto che raccoglie su dvd parte della ricca
produzione dello scrittore per il grande schermo e la televisione. Coordinati dal presidente della Fondazione Dessì, Giuseppe Marras, ne parlano il critico Gianni Olla, Antonello
Zanda, Francesco Dessì e Pasquale Onida.
Dopo un momento dedicato ai più piccoli a cura dell’associazione Spettacolanimando (alle 17), spazio a due presentazioni editoriali in piazza Zampillo. Alle 18 Cinzia Tani, insieme a Paolo Lusci, propone il suo recente romanzo “La
storia di Tonia” (Mondadori); alle 19 Gustavo Pietropolli
Charmet e Laura Turuani parlano invece con Marco Noce di
“Narciso Innamorato” (Bur), il loro saggio che analizza la
vita sentimentale degli adolescenti d’oggi.
All’insegna della musica la serata di sabato: alle 21.30 in
Casa Dessì riflettori puntati su Giovanni Allevi. Il pianista e
compositore ascolano, in compagnia del giornalista Giacomo Serreli, si racconta al pubblico in un incontro intervallato
dall’esecuzione di suoi brani al pianoforte. Musicista eclettico, con una solida formazione accademica, Allevi (classe
1969) ha saputo costruirsi una propria cifra stilistica aggiornando la tradizione classica alla luce delle sonorità del nostro tempo: una formula premiata dai successi discografici e
dal seguito di pubblico, in particolare giovane, che affolla i
suoi concerti. “Quelli che il premio” è invece l’appuntamento che - secondo una tradizione che si rinnova anche in questa edizione - precede di poche ore le premiazioni: domenica
mattina (21 settembre), alle 10.30 al Mulino Cadoni, i finalisti
del concorso, insieme al giornalista Gianni Zanata e al duo
jazz del chitarrista Giorgio Murtas e del pianista Marco Meloni, condivideranno con il pubblico l’attesa della cerimonia
serale che svelerà i vincitori di questa ventinovesima edizione del Premio Dessì. (r. m. c.)
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GONNOSFANADIGA. PERD’E
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19
PIBERA
Cagliari, 11 dicembre 1882
Onorevole sig. Commendatore Bardari - Cagliari
BREVE STORIA DELLA MINIERA
di Augusto Tomasi
Le origini
Nell’«Archivio Storico Comunale d’Iglesias», nel settore
“Lavoro minerario”, si possono trovare molte notizie e materiale documentario per ricostruire e studiare, con precisione
sufficiente, vicende e dati che riguardano anche la miniera di
“Perd’e Pibera”. Questo è possibile, benché molti documenti
siano andati perduti quando, nel 1971, le diverse società minerarie dell’isola passarono sotto la gestione delle Partecipazioni Statali. L’Ente dello Stato non riteneva abbastanza importante ai suoi fini l’insieme dei documenti e, spesso, preferì buttare quelle carte nei bacini di decantazione, umide e
piene d’acqua. Lì si distrussero in breve tempo, cancellando
così parte della memoria storica di molte miniere sarde e del
Sulcis-Iglesiente.
Nondimeno, scavando nei depositi dell’archivio alla ricerca
delle radici economiche, sociali, storiche e naturali dei diversi “comprensori” minerari, si possono trovare utilissime indicazioni sia con riferimento al passato, sia preziose indicazioni per l’avvenire.
Una delle prime notizie documentate su “Perd’e Libera”, la
racconta il signor Enrico Casti nel suo libro “Gonnos e dintorni”, alle pagine 230-231. Ci descrive come avveniva l’assegnazione ai privati da parte del Comune dei grandi lotti di
montagna. Una di queste vendite avvenne il maggio del 1870
nel Monte Granatico. Riguardò l’assegnazione del lotto n. 11
di Perd’e Pibera a beneficio del possidente Salvatore Ollosu.
Nello stesso anno in cui capitava questa compravendita, esistevano pochissime concessioni minerarie nel Comune. Già,
però, si era interessato del territorio l’ingegnere e imprenditore francese Leon Goüin. Dirigeva la “Sociétè du Rio
Ollàstu”. Fu in lite con la “Società di Lanusei”, cercando di
sottrarle il controllo dei ricchi guadagni della coltivazione e
gli abbondanti giacimenti argentiferi. Operò sui monti di
Buggerru, a Malfidano, e v’introdusse, dopo il 1872, la perforazione ad aria compressa. Tra il 1869 e il 1872, nelle valli
d’Oridda e Marganai, a Malacalzetta e Monte Novo, presso
la “Fossa Muccini”, trovò antichi scavi e giacimenti ancora
economicamente coltivabili e remunerativi. Per conto della
Società francese Petin Gaudet, s’iniziarono i lavori di costruzione di una ferrovia dai cantieri verso gli scavi per portare i
minerali in una modesta e primitiva laveria meccanica. Goüin
gestiva anche una fiorente azienda agricola a San Leone, nei
dintorni di Capoterra, e tuttora porta il suo nome il vasto giacimento di magnetite, di cui comprese la grande importanza
e ricchezza, presso la località di “Punta Stiddiosa” e “Aingiu
Mannu”. Il Goüin, che esaminò con attenzione l’aspetto geologico delle montagne di Gonnos, possedeva capitali adeguati e attitudini imprenditoriali notevoli. Queste sue qualità
gli consentirono, contemporaneamente, di sviluppare le ricerche a “San Benedetto”, a “Monte Novo” e a
“Malacalzetta”; e di lavorare alacremente, quindi, anche nella regione di “Fenugu-Sibiri”. La concessione per le indagini
minerarie apparteneva ad un farmacista di Guspini. Vi cercava minerali ferrosi, blenda. Le tracce di blenda e di galena,
tuttavia, abbondanti a Montevecchio e Ingurtosu, da quelle
parti non si rivelarono né considerevoli né importanti.
Leon Goüin trovò invece a “Perd’e Pibera”, in quantità notevole, un solfuro abbastanza raro, la molibdenite, che allora
era un minerale ad alto valore strategico ed era quasi unico in
Italia.
Circa il lato umano e sociale, oltre che gli interessi d’imprenditore, è interessante questa lettera di Leon Goüin su diversi
aspetti nelle miniere dell’Iglesiente attorno al 1882. La lettera (tratta dall’Archivio Centrale dello Stato), è indirizzata al
prefetto Bardari.
Signore,
Nella penultima visita che ho avuto l’onore di farLe,
parlando della crisi attuale Ella aveva manifestato il desiderio di sapere approssimativamente quan¬t’isolani
erano impiegati nelle miniere in Sardegna: ecco cosa ho
potuto raccogliere, non senza durare qualche difficoltà,
per il Circondario d’Iglesias.
Questo quadro non è completo perché manca tutta la
parte delle miniere del Sarrabus e Capo Nord, ma fra
sardi e forestieri la proporzione è press’a poco la stessa,
cioè circa due terzi sardi, qualche volta molto di più.
Salvo la Società Malfidano di Buggerru, che impiega
un numero maggiore di continentali.
La mano d’opera del paese predominerà tra breve nelle
miniere che potranno rimanere in piedi. Il corso dei metalli essendo talmente avvilito che non si può dare ai
forestieri la mercede che meritano in generale, di più si
prova di lavorare tutto l’anno, ciò che non si può fare
che con isolani. Invece le lavorazioni di carbone e di
legnami sono tutte in mano dei forestieri, nessun sardo
essendosi sin ora dedicato a simili lavori, lavori che domandano una vita ingratissima e l’obbligazione di vivere in foresta ed essere lontano dalla famiglia per alcuni
mesi. Queste lavorazioni occupano un gran numero d’uomini e cavalli, e avrebbero potuto essere in gran parte il
risorgimento della Sardegna se ci fosse stata un’amministrazione forestale degna di questo nome. Parlo però
delle cose antiche. Dio liberi di parlare del presente.
Giova inoltre osservare che il forestiere, di qualunque
nazionalità che sia, attecchisce poco in Sardegna. Molti
vengono, pochi si stabiliscono, e ciò in tutte le classi
della società, il perché è cosa lunga da spiegare ed è
giusto il contrario di ciò che succede in Algeria e in
Tunisi.
N.B. Gli operai sardi minatori aumentano d’anno in anno
per le ragioni di cui sopra. Tutti i lavori di poca fatica e
principalmente la preparazione (lavaggio) dei minerali
sono in mano dei sardi, uomini, donne e ragazzi. I trasporti per terra sono fatti dai sardi.
Gradisca, Signore, l’assicurazione della mia più distinta
considerazione e rispetti
L. Goüin
I minatori, secondo i calcoli del Goüin, nell’Iglesiente
erano complessivamente 9.780, dei quali 6229 sardi e
3.571 forestieri.
(continua)
Prima Biennale
d’arte contemporanea
a Villanovaforru
A dimostrazione che l’arte è libera e tra i diversi talenti
non c’è conflitto, l’artista Antonio Russo, residente a
Villanovaforru da 40 anni, ha ideato una mostra collettiva di opere d’arte, da esporre nella sala Mostre Temporanee del comune in cui risiede. In collaborazione con
l’amministrazione comunale, il parco e il museo Genna
Maria e Turismo in Marmilla di Villanovaforru, l’idea
di Russo si è concretizzata lo scorso 30 agosto, con
l’inaugurazione della prima Biennale d’arte contemporanea nel comune della Marmilla. È stato lo stesso Russo a curare e dirigere la presentazione di opere create da
sette artisti con tecniche ed esperienze diverse. Dall’astratto al non convenzionale, dal figurativo al plastico.
Hanno preso parte alla manifestazione i maestri delle
belle arti esposte, tra cui alcune dello stesso Russo. Anne
lise Atzori da Sanluri Stato, Augusto Ghiani (in arte,
Aughi-Art) da Villacidro, Gisella Mura da Collinas, Vincenzo Manca da Arbus, Marisa Mura da Sassari e Alberto Scalas, direttore artistico del gruppo Pittori e scultori in piazza del Carmine. Per l’occasione, insieme a
Scalas era presente Franco Sedda, presidente del grup-
po e dell’associazione Caffè dell’Arte, per presentare il
catalogo del gruppo e celebrare i loro dieci anni di attività.
Ospiti della Biennale anche i poeti Giovanni Andrea
Negrotti dell’Università degli studi di Sassari e Franco
Curci da Pabillonis. La particolare mostra nel cuore della Marmilla sarà visitabile fino al prossimo 28 settembre.
Marisa Putzolu
foto di Gianluigi Cabiddu
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15 settembre 2014
Cultura
Su sadru chi seus pedrendu
Sa Binnenna...
Passau Mesaustu, assegurada s’incungia, pagau is depidus, is srebidoris, allogau su trigu
e su lori po s’abisongiu de familia e po torrai a semiài, fut arribau su tempus de penzai a
su bíu. Spampinaus is fundus po chi s’ogh’e su sobi donit s’utim’agiudu a sa coidura de
su trõi de s’ascia, s’incrutzat su bíu abarrau de s’annu passau: is carradas mannas buidadas a is prus piticas e custas a is daminzanas. Sa pratza de aiaiu fut u tzilleri a ceu apetu:
su fragh’e su bíu s’amesturàt a sa medredda acuàda de su sciàcua sciàcua chi issu e
babai fadìant a carradas e cubidías, po dd’as pullì de su bíu beciu i essi nidas po arricì su
nou. Apustis sa sciacuadura fut u mediori su bì carradas e cubidías acovecadas cun su
fundu préu de acua po afotiai is doas, prandendiddas de acua, po no xài, arricendu su
bíu nou.
Sa binnenna fut inghitzada prim’e binnennai! S’afroddiu de is pipius no si podit contai, fiat s’utimu spassiu prim’e torrai a scolla; po cuncunu, prus matucheddu, fiat su
primu traballu apustis sa scolla! Cabudanni fut arribau a prepotenzia boghencinci su
fradi Austu cun is festas suas, no biat s’or’e
intrai, ca sa cos’e fai fiat mèda e tenìat ua
dì de mancu de su fradi. Aiaia si contàt sempiri custu contixeddu: «Cabudanni, ca fiat
su primu mesi de s’annu agrariu iat pedìu ua dì imprusu a su fradi Austu: “Naramì, tui
fradi caru, ita ti ndi fais de trintuna disi candu po pagai depidus e fai festas ti ndi bastanta
trinta, e frozis bintinoi puru. Deu ndi tengiu abisongiu po totu su chi nc’est de fai, de
aprontai po s’annu de traballu chi abetat a chi manixat sa terra! Austu iat arrespostu:
“Fradi gioiosu ti ndi ses scaresciu su chi est sutzediu a Friaxu ca iat imprestau tres disi a
Gennarju poita ca depìat fai su crepa-crepa a sa Meurra chi si ndi fiat fata befas de
cussu? O de Mratzu cun is disi imprestadas de Abribi po fai u crèpu a u pastori? No si
dd’as anti torradas! E Friaxu est abarrau piticheddu. Nou a mimi no mi frigas! At nau
béi, deu potu festas e prexu e s’omini, primu chi intrist tui, ca ddu torras a põi a traballai,
téit abisongiu de pasiu e de spassiu!” E Cabudanni est abarrau cun trinta disi! Ddi parrit
chi no bastint, poita ca pois arribat Mes’e Ladamini e tocat a preparai sa terra po arricì su
semini nou. Po cussu - iat acabau aiaia- tocat a si movi.»
Scedada a issa, ddi tocàt a pulli su stracosciu de sa pratza e de s’om’e is carradas,
ua mãu de agiudu si dd’onàt mamai puru.
Su traballu fut mèda po totus! Apustis pullida sa domu ddi tocàt a fai su pãi chi
srebìat assumancu po cuindixi disi, poita
ca, inghitzada sa binnenna no abarràt tempus de fai atru. Sa dì innantis de cussa sceberàda po binnennai, aiaiu, agiudau de babai e s’atru fradi iant carriàu e assegurau
ua cubidía apitzus de su carru, s’atra asut’e
su stabi, apitzus de cuaturu truncus grussus lassaus po cust’abisongiu. Aintr’e sa cubidía de su carru iant agatau logu is cadíus
mesãus po sa binnenna e, in s’urtim’arrogh’e sa scab’e su carru, tres cadíus mannus po
s’ascia chi no capìat in sa cubidía. Sa dì nodìa, po nosu, si ndi fiaus pesàus a chitzi e
luegus a dom’e aiaiu e de innias, totus a ua cambarada, avat’e su carru, conc’a sa ‘ingia.
Arribaus a innias aiaiu ndi fut cabau de su carru, iat pigàu u pistõi ‘e bíu, ua tassa e si fiat
acostau a is cuaturu furrungõis de sa ‘ingia, in donniunu iat préu sa tassa de bíu e dd’iat
ghetau a terra a su primu fundu, narendu cosa chi no intendaiaus. Nosu fiaus totus frimus
in s’èca, citius cument’e in cresia a sa missa. Candu fiat torrau acanta nosta iat nau: «Sa
terra puru oit sa pàti sua. Bandai e segai, prima sa bianca e pois sa niedda e si cuncu
scrichillõi abarrat in su fundu, no ddi fait nudda: est po is pillõis, cussus puru oint sa pàti
insòru. Baxi e bona gerrunnada a totus.»
M’iat spantau custa zirimonia de aiaiu ma m’iat fatu cumprendi, mancai pitiu, s’arrispètu e s’amori chi tenìat cust’omini po sa terra e sa ‘ingia! Po u pagheddu s’intendìat
scèti la boxi de is ferrus de pudai. A bell’a bellu si fiant intendias is boxis de mannus e
pipius. Nci fiat chi cantada e si fadìat arrepòcius cun su trallalleru cument’e Pepi cun
Adella. Pepi: «A nci potai s’ascia bai de pressi Adella, torra luegus a innoi ca ti ‘onu ua
cosa bella… Trallallera….» Adella: «Tui ses speddiosu no ti movìt u piu, ti pigat su
nervosu chi béit su piciocu miu… Trallallera…» Adella candu torrat: «S’ascia
apu ghetau a sa cubidía, ma po préi su
scateddu depis indulli sa schía… Trallallera…» e Pepi: «Sa schía gei dd’a
‘ndullu ca seu giovuneddu, coiadì cun
mei ca prontu esti s’aneddu… Trallallera…»
S’arrisu, is su scracabius e is su tzerrius
de totus no si podint nai, fut u spassiu e
ua festa! Aiaiu, setziu a scannixeddu, asi
‘asiu, segàt issu puru: «Toca su pipium’iat nau a u zertu puntu- scrutzadì e
intra in sa cubidía a cacigài ca potas peis mannus e strecat béi su pibiõi» No fia abetendu
atru! Apena prena sa cubidía e is su scateddus mannus, babai fut partiu conc’a bidda a
dda buidai agiudau de su fradi. Candu fiat torrau potat sa crobi de cos’e papai aprontada
de aiaia po su murzu. Deu nci fia pesàu luegus a su carru, aintr’e sa cubidía po cacigài
s’ascia de is su strèxus e sa chi fut in terra asub’e is sàcus; in su mentris, totus si fiant
setzius arrogli’arrogliu asut’e sa mat’e sa figu a murzai. Po sa pressi de curri a papai ndi
fia arrut’e su carru a conca a innantis aintre u scatedd’e ascia bella e aiaiu: «Su pipiu, nu
est cun sa conca chi depis cacigài, ma cun is peis, ah ah ah».
A si ‘ntendi mellus. tziu Arremundicu.
Scracàlius
di Gigi Tatti
Ci funt momentus chi unu contixeddu allirgu fai beni gana bella e fai praxeri. Po cussu,
custus “scracàlius” serbint po ci fai passai calincunu minutu chene pensai a is tempus lègius
chi seus passendi in custus annus tristus e prenus de crisi. Aici, apu pensau de si fai scaresci
calincunu pensamentu, ligendi e arriendi cun custus contixeddus sardus chi funt innoi. Sciu
puru, ca cussus chi faint arrì de prus, funt cussus “grassus” e unu pagu scòncius, ma apu
circau de poni scèti cussus prus pagu malandrinus, sciaquendiddus cun dd’unu pagheddu de
aqua lìmpia. Bonu spassiu. Est bellu puru, poita calincunu, circhendu de ddus ligi imparat
prus a lestru a ligi in sa lingua nostra. E custa, est sa cosa chi m’interessat de prus.
Giovanninu si presentat a s’ufìciu anàgrafe po un documentu.
S’impiegau: Mi dica ita ddi serbit?
Giovanninu: Mi serbit unu stadu de famìlia.
S’impiegau: Po chini serbit?
Giovanninu: Po mei.
S’impiegau: Est coiau?
Giovanninu: Sissi
S’impiegau: Con prole?
Giovanninu: Sissi.Con un prolo e una prole!
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Armida si presentat su dotori.
Armida: Seu benia poita sa cura chi m’at donau non est andada beni.
Su dotori: Poita is supostas non ant fatu efetu? D’as at pigadas a pustis de is pastus?
Armida: Sissi, ma no d’as apu digerias e fiant tropu marigosas!
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Gesuina si presentat a sportellu de s’ufìciu anàgrafe.
Gesuina: M’iat a serbì un certificau de famìlia.
S’impiegau: Fostei est coiada?
Gesuina: Certu, de quindixi annus.
S’impiegau: Coiada, con prole?
Gesuina: Nossi, cun dd’unu disocupau!
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Silviana currit a tzerriai su gopai Terenziu.
Silviana: Currat gopai ca mi depi agiudai.
Terenziu: Ita est sucèdiu gomai.
Silviana: Mi depit agiudai, ca srogu miu est circhendi de si nci scavuai de sa ventana.
Terenziu: Seu arribendi, m’arregollu una funi po d’acapiai.
Silviana: Nossi gopai. Arregollat una pintza e un caciavite, ca sa ventana est blocada e srogu
no nci arrenescit a dd’aberri!
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Rosella sa prima noti de coia est crocada cun su pobiddu Astolfu.
Rosella: Naramì sa beridadi Astolfu, tui mai dromiu cun atras fèminas?
Astolfu: Po ti nai sa beridadi non apu mai dromiu, seu abarrau sempri scidu!
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Rinaldu est in dd’unu ortu de cauli fueddendi cun s’ortuanu Saveriu.
Rinaldu: Cantu mi ddu fait pagai cussu cauli mannu prantau.
Saveriu: Cussu mannus si ddu bendu po tres eurus.
Rinaldu: E cussu piticheddu?
Saveriu: Cussu piticheddu duus eurus.
Rinaldu: Andat beni, lassiriddu prantau, ddi pagu cussu pitichedu e bengu tra una cida e nde
ddu pigai!
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Germanu incontrat s’amigu Iolandu.
Iolandu: Saludi Germanu, ita mi contas de bellu?
Germanu: Totu beni.
Iolandu: E fillu tuu, bivit ancora a is palas tuas?
Germanu: No. M’est andada beni. S’est coiau e imoi bivit a is palas de sa pobidda!
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Ginu incontrat su gopai Anteru chi est passillendi cun dd’unu cani.
Ginu: Ma poita a su cani dd’as postu de nòmini Farabutu?
Anteru: Dd’apu postu a posta.
Ginu: Ma po cali motivu?
Anteru: Aici candu seu in giru e ddu tzèrriu, bollu biri cantu genti si fùrriat.
Ginu: Ma mi seu furriau deu puru!
Anteru: Apuntu, as biu ca funtzionat!
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Fulviu est unu pugili Sardu cumbatendi cun dd’unu Turcu, e tra una ripresa e un atra fueddat
cun s’allenadori.
Fulviu: Mìtziga, ge scudit pagu custu Turcu. Ma ge s’at a stancai de mi scudi.
S’allenadori: Dai, ca ge ses andendi beni. Biu ca ses pighendindi, ma ses arricendindi puru.
Fulviu: Insandus imoi dd’arrogu.
S’allenadori: Pensa ca a cussu Turcu dde nd’asti fatu po fintzas atzicai.
Fulviu: Ma candu? No mi ndi seu acatau.
S’allenadori: Certu fiasta a terra in su tapetu.
Fulviu: Ma insandus comenti at fatu a si nd’atzicai.
S’allenadori: Certu. At pensau ca t’iat mortu!
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Galdinu est in vìsita aundi de Su dotori
Galdinu: Seu sempri dèbili, sempri a gana mala. Ita cura depu fai?
Su dotori: Po prima cosa depit smiti de fait traballus aundi serbit sa conca.
Galdinu: Scusimidda, ma no ddu potzu fai
Su dotori: Poita no ddu podit fai?
Galdinu: Poita fatzu su parruchieri!
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Cultura
LA SARDEGNA NEL CUORE
C
onfesso di vivere con un certo disagio questi nostri
tempi di neologismi imperanti (perlopiù d’origine
inglese) che ci impongono i Social Network (reti
sociali in italiano). Nè è pensabile che le generazioni nate
all’ombra immensa di Internet possano riuscire a scampare dall’iscrizione a Facebook o a Twitter, che è assolutamente obbligatoria per ogni ragazzino che abbia appena
finito la quinta elementare. Semplicemente se vuole continuare ad “esistere” nel gruppo dei pari. Ho letto quindi
con fastidio che l’hasthag in lingua inglese contro il femminismo (#womenagainstfeminism), con cui le ragazzine
americane “postavano” la loro immagine nella “rete” con
cartelli in cui spiegavano come si sentissero lontane dalle
problematiche che tanto avevano intrigato l’esistenza delle
loro madri e nonne, aveva avuto un successo planetario.
Loro, in estremissima sintesi, del femminismo non se ne
facevano un bel nulla, che erano già abbastanza libere così,
almeno nei paesi fortunati dove era loro capitato di nascere. Se poi quei bei maschietti del “Califfato” prossimo
venturo, già arrivati a Mosul (l’antica Ninive, già citata
nella Bibbia, una città di più di 2 milioni di abitanti) si
ripromettono di infibulare al più presto almeno 40.000
donne, certo ci fa orrore ma non ci riguarda. Nè che in
India il numero degli stupri su bambine che non hanno
ancora dieci anni raggiunga cifre impressionanti, per non
parlare di tutte quelle che, indiane e cinesi pure, non sono
state mai “fatte nascere”, e chi se ne frega visto che noi
viviamo a Chicago o Berlino o Milanofiori. O siamo nati
maschi.
Gli è, care sorelle minori, che la cultura patriarcale che,
salvo eccezioni davvero poco significative, marchiano da
secoli le radici culturali del mondo che conosciamo, regolano le donne ai posti più infimi della scala sociale. È il
femminismo che da sempre si è ripromesso di porre freno
e di cancellare definitivamente questa disparità, che è culturale e politica allo stesso tempo. Vasto programma, come
diceva De Gaulle pensando al governo della Francia, un
paese che conta duecentossesantacinque tipi di formaggio.
Fine di giugno scorso, al circolo sardo di Milano in Santorre di Santarosa, Maria Grazia Longhi con Luisa Milia (che
hanno fatto gran parte del lavoro di editing) e con loro Maria Antonietta Calledda, hanno presentato un libro intitolato: “Compagne di Parola”, storia di donne del collettivo
femminista di via Donizetti, Cagliari. Altrestorie Aipsa edizioni. Ponderoso di oltre 350 pagine, raccoglie testi, volantini, articoli di giornale, microricordi alla George Perec (“Je
me souviens”, Hachette 1978) foto di quei tempi, facendoti
rivivere un’epoca non così lontana di una Sardegna ancora
assopita nelle nebbie de “su connottu”, che non ci pensa
proprio a lasciare spazio a un pensiero che si propone di
ribaltare rapporti sociali e famigliari incrostati da secoli di
storia. Non è un caso che molti dei testi del libro si riferiscano spesso con astio agli atteggiamenti di negazione che
le madri assumevano nei confronti delle “femministe militanti”, le loro figliole che tutto contestavano del tipo di vita
che veniva loro riproposto nel futuro.
15 settembre 2014
21
di Sergio Portas
Compagne di parola,
storie di donne
del collettivo femminista
di via Donizetti a Cagliari
Pasqualina De Riu esordisce ricordando gli slogan che caratterizzavano le manifestazioni tutte al femminile che si
svolgevano in quel periodo, il famosissimo: “il corpo è mio
e lo gestisco io”, e: “tremate, tremate, le streghe son tornate”. Io mi ricordo... “il ricordare ci dice più del presente che
del passato. La memoria di oggi è punto di arrivo. Nel ricordo c’è il cammino che esso ha fatto dentro di noi. Che tendiamo a riviverlo come sensazione, nostalgia, il mai più. Le
madri viste spesso come modello negativo, le nonne più protagoniste in famiglia forse perché riconosciute di un potere
guadagnato con l’età. La parte centrale del libro incentrata
sui ricordi della maternità. Quella finale è la più “politica”,
la scrittura diviene più saggistica, e riguarda il collettivo,
luogo mitico della libertà, dello star bene assieme. Luogo
della militanza, luogo della conoscenza, luogo del partire
da sé. I temi di sempre: separatismo, autocoscienza, conoscenza del corpo, divorzio, aborto, violenza sessuale. È un
pregiudizio che il femminismo si ponesse in antitesi alla
maternità, sicuro che rifletteva su temi affermanti che di
madri si vive ma si può anche morire, non a caso Freud
vede la madre come una testa di Medusa capace di pietrificare chiunque osasse posare sguardo sui serpenti che l’ornavano dal capo”.
Dice Maria Grazia Longhi: “non si trattava di scrivere
“bene”, ma di essere sincere” e scrive (pag. 45, in cronaca
degli atéliers di scrittura): “Ritrovarsi è stato il primo passo,
e insieme pensare... una folla di personaggi, genitori, nonne, zie, domestiche, insegnanti è uscita dall’anonimato... di
quelle vite ordinarie abbiamo detto quale carico di affetti, di
forza o di fragilità ci avessero lasciato; e quanti valori, anche inconsapevoli, anche nella loro vanità, quante gioie e
sofferenze che sembravano dimenticate...”.
Luisa Milia (insegnante, ricercatrice in campo linguistico,
formatrice, saggista ecc.) si sofferma sulla casa dell’infanzia come tema centrale, a ricostruire una geografia dei luoghi e degli affetti. Con le fontane, i cortili, “sa lolla”, il forno, che stemperano la loro fisicità, materialità a divenire
simboli di un’epoca. La casa come vivente, magari costruita in proprio mediante l’aiuto della famiglia allargata: “s’aggiudu torrau”, a fondo delle moderne banche del tempo. Casa
come simbolo femminile in assoluto dove, anche, si scatenano violenze incredibili.
Certo il panorama sociale italiano è cambiato, quindi i documenti prodotti dal collettivo sono stati riletti e contestualizzati. Cosa che solo la scrittura ha reso possibile. La presa
di parola orale oggi è presa di parola scritta (è noto che si
twitta in 140 caratteri). Maria Antonietta Calledda narra della
famiglia del suo babbo, di Aritzo, nove maschi e tre femmine, gli uomini erano tutti cantori, poeti improvvisatori, ma
chi era brava più di tutti cantava in casa: la nonna. Aritzo,
dice per chi non lo sapesse, e tra i presenti c’è qualche continentale, viveva allora di una economia itinerante. La carapigna che si faceva con la neve dei suoi monti era esportata
per tutto il Campidano. E come tornavano a casa, gli uomini
di Aritzo portavano con sé il canto dei poeti che avevano
incontrato nelle feste dei paesi che avevano visitato. Legge
alcune pagine che parlano delle fontane dell’infanzia, lo scorrere di quelle acque che solo l’orecchio allenato del nonno
riusciva a differenziare l’una dall’altra. E Maria Antonietta,
memore di tanta stirpe di poeti canori, canta per noi, “a
goggius”, in sardo naturalmente: “pensendu seu a tie...”.
A 7 anni è emigrata da Aritzo a Cagliari con la famiglia, era
il ’59 e allora si “emigrava” all’interno della Sardegna, e
fortuna che nonno a Cagliari ci aveva fatto il militare e poteva dirlo alla sua nipotina preferita che questi cagliaritani
parlavano in modo un po’ strambo ma si capiva (quasi) tutto. E che se avesse avuto anche la minima difficoltà nel districarsi delle vie sarebbe arrivato lui, a spiegarle come orientarsi.
A grande richiesta la facciamo cantare di nuovo, e si ripete
la magia dei versi sardi che si mutuano in canzone civile,
che tutti accomuna. Quarant’anni fa la costituzione del Collettivo femminista di via Donizetti, qualcuno glielo deve dire
alle postatrici di #donnecontroilfemminismo che è anche
grazie al loro lavoro, alla loro determinazione, che si possono prendere il lusso di riproporre certi punti di vista.
Michela Murgia, su “Repubblica” del primo agosto ( titolo:
Io rivendico di essere “arrabbiata e vetero”), magistralmente come sa: «...vorrei continuare ad essere definita come
“sporca femminista”, con fierezza …lottare contro disuguaglianze di genere era e rimane un lavoro socialmente lurido... perché il passato del movimento delle donne rappresenta la ricchezza dalla quale tutte adesso possiamo permetterci di guardare avanti...».
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C
Cultura
15 settembre 2014
DUE LIBRI IN RICORDO
DI MONS. GIOVANNINO PINNA
di Lorenzo Di Biase
L
a Fondazione “Mons. Giovannino Pinna” ha inaugurato
la collana “Quaderni della Fondazione Mons. Giovannino Pinna” con la pubblicazione di due volumi, finiti di stampare nel mese di maggio 2014 per i tipi dell’Aipsa Edizioni di
Cagliari, dedicati agli scritti, alle ricerche, agli studi di Don
Giovannino Pinna. Il primo quaderno, “Ancora …Insieme.
Riflessioni sull’impegno cristiano in parrocchia e nella società”, si sviluppa in centotrentadue pagine ed è curato dal presidente della Fondazione Martino Contu che ne ha scritto anche la “Premessa”. Esso raccoglie settantanove articoli – a
firma di don Giovannino - pubblicati nel mensile “Insieme”
tra il 2002 ed il 2010, a cui si aggiunge un documento e due
preghiere inedite. Esso è suddiviso per argomenti trattati e si
compone di tredici capitoli così titolati: “Ancora…Insieme”,
“Il bambino della mangiatoia”, “Si cresce poco per volta”,
Educare, che fatica!”, “Gesù, crocifisso e risorto”, “La politi-
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ca e l’agire sociale del cristiano”, “E…state sereni!”, “Povertà e disoccupazione”, “Stet out – uscire di scena”, “Le
piaghe dell’invidia, della falsità e dell’odio”, “Un ponte di
solidarietà con l’Uruguay”, “Agire per vocazione”, “O Signore, nostro Dio”. Il libro è impreziosito da una “Prefazione” dell’Ambasciatore dell’Uruguay presso la Santa Sede,
Daniel Ramada Piendibene, e da una “Presentazione” curata da don Roberto Caria docente della Pontificia Facoltà
Teologica della Sardegna. Il Prof. Piendibene così scrive:
“Le pagine rivelano l’intimità di un sacerdote, il cui fulcro
di vita è la fedeltà alla chiamata divina, alla Parola di Dio,
alla Persona di Gesù”. Egli afferma di non averlo conosciuto in vita ma dai suoi scritti “traspare tutto lo splendore,
nello stesso tempo umile e discreto, solido e infrangibile
della sua vita pastorale”. Don Caria nella sua “Presentazione” scrive che “Le pagine sono una chiara testimonianza di
un uomo di fede, che affidando alla penna le sue riflessioni
interiori ha voluto che diventassero un testamento per i lettori, un modo per continuare anche dopo la morte il dovere
di annunciare il Vangelo”.
Il secondo quaderno, “Maria del Monte Carmelo. Signora
delle nostre case” è una raccolta di dieci preghiere a Maria,
scritte da Don Giovannino dal 2000 al 2010 in onore della
festa a lei dedicata nella seconda decade di luglio. Nella
“Introduzione” curata dal Presidente della Fondazione
Martino Contu, così egli riportata, “A metà luglio, il simulacro della Vergine viene accompagnato, da una fiumana di
persone in processione dalla chiesa parrocchiale di Santa
Barbara alla chiesetta del Carmelo, lungo i tornanti della pineta, per poi fare
rientro l’ultima domenica di luglio alla
chiesa madre”. Il
quaderno si sviluppa
in trentotto pagine e
vede come su detto la “Introduzione” del Presidente della
Fondazione, Martino Contu, ed il “Prologo” di Sua Eccellenza il Vescovo di Salto in Uruguay, Pablo Galimberti di Vietri,
che così scrive: “Il caro e zelante Parroco con fede ardente e
cuore inquieto, ci offre ragioni, immagini e parole per rivolgerci colmi di fiducia a nostra Madre”. Egli sottolinea che
“Queste orazioni meditano su molti aspetti della vita personale, familiare e social. Perché a una Madre come Maria, nulla è estraneo. Ella si occupa delle cose grandi e di quelle piccole , come i sentimenti di discordia o di pace celati in un
angolo dell’anima”. I due libri curati dalla Fondazione mettono in luce ogni aspetto dell’uomo e del parroco ma soprattutto evidenziano l’amore che egli nutre per la sua comunità
parrocchiale che è sempre stata considerata dal sacerdote la
sua famiglia, come viene riportato nella Introduzione: “Siete
la mia famiglia e il Signore è il Padre di tutti noi. Pregate per
me sempre. Vivete nell’amore. Se si ascolta la Sua parola e la
si mette in pratica, allora sarete una casa costruita sulla roccia, altrimenti crollerete alle prime bufere”.
ANNI DAL PRIMO SCIOPERO GENERALE NAZIONALE
Miniere di Buggerru,
settembre 1904
di Massimiliano Perlato
Accadde cent’anni fa, nel settembre 1904. Fatti aspri e sanguinosi: alcune migliaia di minatori in sciopero, quattro di loro
uccisi e altri undici feriti dai soldati mandati a reprimere quella che si volle credere, e non era, una minacciosa rivolta. Nei
mesi precedenti a quel settembre, vi erano stati scioperi di scalpellini a Villasimius e alla Maddalena, di conciatori a Sassari e
Bosa, di minatori a Lula e a Montevecchio, a Monteponi e a
San Benedetto, a San Giovanni e a Ingurtosu. E poi, nei primi
giorni del 1904, poco dopo la costituzione della federazione
regionale dei minatori, è stata la volta di Buggerru, centro che
si affaccia sulla costa occidentale dell’isola e che era allora un
grosso borgo di 9mila persone circondato dalle miniere che
penetravano profondamente nel fianco roccioso delle colline.
Borgo d’aspetto non gaio poiché composto da casupole spesso
cadenti con gli alloggi operai che salivano a schiere lungo il
pendio. Qui tutto apparteneva alla società francese proprietaria del complesso minerario: i pozzi, la laveria, le officine, i
magazzini, la scuola, le case, la terra, sulla quale nessuno poteva costruire un muretto, raccogliere legna per il focolare, piantare un albero. Alla società francese apparteneva, oltre alle cose
inanimate, la vita stessa degli uomini, poiché poteva disporre
del loro lavoro, poteva concedere o negare un tetto sotto il quale
ripararsi, un luogo nel quale farsi curare nell’eventualità non
remota d’un infortunio o d’una malattia (non erano molti i lavoratori che sfuggissero all’insidia della silicosi e della tubercolosi che rodevano i polmoni).
I minatori a Buggerru erano più di 2mila e ad essi si aggiungevano le donne addette alla cernita dei minerali e i ragazzi.
I salari erano bassi: dalle 2 lire e 75 centesimi al giorno per
gli armatori che lavoravano all’interno, agli 80 centesimi
per le cernitici. Durissime le condizioni di lavoro. I turni
avevano una durata non inferiore alle 9 ore; non vi era giorno di riposo settimanale; non esistevano contratti di lavoro,
i minatori dipendevano interamente dai “caporali” che avevano il potere di assumere, di licenziare, di infliggere multe. Ciascun minatore doveva provvedere da sé all’acquisto
degli strumenti di lavoro e persino dell’olio per la lam-pada.
Questo regime di duro sfruttamento non poteva non provoca-re un malcontento diffuso che per gradi l’opera intensa
della lega dei minatori andò trasformando in spirito di consapevole rivendica-zione. A esasperare la tensione e a rompere il fragile equilibrio nel quale Buggerru viveva fu, il 2
settembre 1904, fu l’ordine di antici-pare di un mese l’entrata in vigore dell’orario di lavoro invernale: da quel giorno stesso, invece che dal primo giorno di ottobre com’era
consuetudine. L’intervallo del lavoro sarebbe stato ridotto
di un’ora. Di qui l’esplodere della rabbia operaia.
Quel pomeriggio i pozzi restarono deserti. Gli operai, in una
massa che si ingrossava via via, si diressero verso l’abitato
e il cuore della miniera, facendo interrompere il lavoro nelle officine e in ogni altro impianto. Fu così anche l’indomani, sabato 3 settembre: pozzi, officine, laveria, magazzini
deserti con una gran folla in piazza. La società francese proprietaria della miniera corse ai ripari. Giunsero nel paese due
compagnie del 42° reggimento di fanteria: partiti da Cagliari
all’alba, i soldati avevano percorso a piedi la lunga strada da
Iglesias a Buggerru. La folla che gremiva la strada principale
del paese li accolse in un silenzio ostile. Poiché non parve
opportuno, né prudente che i soldati bivaccassero in piazza,
frettolosamente si decise di alloggiarli in un hotel operaio.
Tre operai ebbero l’incarico di preparare i locali. Ma gli altri
minatori, avvicinatisi all’improvvisata caserma custodita da
alcuni soldati, chiesero a gran voce che i loro 3 compagni
uscissero dal vecchio edificio e si unissero a loro. Poco dopo
col crescere della pressione, si videro i soldati schierarsi in
buon numero all’esterno con baionette cariche. Dai minatori
ormai vicini, partirono le prime sassate. Fu allora che i soldati
imbracciarono i moschetti e spararono sulla folla. La tragedia
si consumò veloce: sulla terra battuta della piazza giacevano
una decina di minatori. Due, Felice Littera di 31 anni, di
Masullas, e Giovanni Montixi di 49 anni, di Sardara, erano
morti. Un terzo, Giustino Pittau, di Serramanna, colpito alla
testa, morì in ospedale. Un mese dopo anche il ferito Giovanni Pilloni, perì. Il 7 settembre nelle miniere di Buggerru fu
ripreso il lavoro: il direttore concesse che per tutto il mese
l’intervallo fosse di 3 ore invece che 2. Una modesta vittoria
ottenuta a prezzo altissimo. Accadde però che, a rimettere in
sesto il bilancio altrimenti amaro, qualche giorno più tardi, il
16 settembre, la Camera del Lavoro di Milano, per protesta
contro l’eccidio dei minatori di Buggerru, proclamò per la
prima volta lo sciopero generale nazionale che smuoveva l’intero movimento dei lavoratori italiani.