Università degli Studi di Perugia Facoltà di Farmacia Corso di laurea specialistica in Farmacia Prova finale Le nuove potenzialità terapeutiche della Metformina Laureando Relatore Pierpaolo Coringrato Prof. Paolo Puccetti Anno Accademico 2012-2013 1 Introduzione Storia della Metformina La Metformina è un farmaco appartenente alla classe degli antidiabetici biguanidinici, descritto per la prima volta nella letteratura scientifica nel 1922 da Emil Werner e James Bell, i quali la presentarono come un prodotto derivante dalla N-N’-Dimetilguanidina. Soltanto nel 1929, tuttavia, fu reso noto il suo effetto antiperglicemizzante, grazie agli studi di Slotta e Tschesche. I due ricercatori, infatti, somministrando il farmaco su conigli, evidenziarono una spiccata attività ipoglicemizzante, la quale era addirittura superiore rispetto ai derivati biguanidinici testati in precedenza. In quegli anni, tuttavia, la ricerca riguardante la cura del diabete e dei suoi sintomi si era focalizzata principalmente sulla diretta somministrazione di insulina, pertanto gli studi di ricerca riguardanti la Metformina furono accantonati per qualche anno. Nel 1950, un medico filippino, Eusebio Y. Garcia, utilizzò la Metformina, da egli chiamata “Fluamina”, come farmaco antinfluenzale, dal momento che egli pensava possedesse attività batteriostatiche, antivirali, antimalariche e analgesiche. Garcia evidenziò, invece, un’attività diversa da quella auspicata, ovvero rilevò, nei pazienti trattati, la riduzione della glicemia ematica a valori minimi fisiologici, senza causare, tuttavia, alcuna tossicità. Nel contempo, in Francia, nell’ospedale De La Pitié, il dietologo francese Jean Sterne studiava le proprietà antiperglicemiche della Galegina, un alcaloide isolato dalla pianta Galega Officinalis con struttura chimica simile a quella della Metformina. Solo qualche anno dopo, lavorando nel laboratorio Aron di Parigi, egli venne a conoscenza degli effetti ipoglicemizzanti riportati dagli studi di Garcia. Per questo motivo, il dietologo francese, si concentrò sull’attenta analisi di tutti i possibili effetti primari attuati dal farmaco Metformina. Sterne, pertanto, fu il primo a sperimentare l’attività ipoglicemizzante della Metformina sull’uomo, verificando la sua efficacia nel 7 trattamento del diabete mellito. Pubblicò i risultati del suo studio nel 1957, descrivendo gli effetti farmacologici e i possibili meccanismi di azione del farmaco. Egli, inoltre, coniò il termine “Glucophage”, che assume il significato letterale di “inglobatore di glucosio”. Altri ricercatori, allo stesso tempo, negli Stati Uniti, lavoravano sulla Fenformina, una molecola chimicamente simile alla Metformina; tuttavia, l’alta incidenza di acidosi lattica e l’elevato tasso di mortalità derivanti dal suo utilizzo, ne hanno comportato nel 1970 il ritiro dal commercio. Inizialmente la Metformina non ha avuto l’approvazione da parte della Food and Drug Administration per il trattamento del diabete di tipo 2, anche a causa dei risultati non soddisfacenti ottenuti dal suo analogo strutturale Fenformina. Soltanto successivamente, a partire dal 3 marzo 1995, il Glucophage, prodotto dalla Bristol-Myers Squibb, ha ottenuto negli Stati Uniti l’autorizzazione all’immissione in commercio. Tuttora la Metformina, disponibile sul mercato anche come medicinale equivalente, è il farmaco maggiormente prescritto per la cura del diabete mellito di tipo 2, ed è utilizzato da oltre 90 paesi nel mondo1,2. Sintesi chimica della Metformina In accordo con la procedura descritta nel 1975 dalla Pharmaceutical Manufacturing Encyclopedia, la sintesi della Metformina inizia con la dissoluzione in toluene di una quantità equimolare di dimetilammina e 2-ciano-guanidina. A tale soluzione concentrata si aggiunge lentamente una quantità equimolare di acido cloridrico HCl. La reazione procede con l’attacco del doppietto nucleofilo dell’azoto della dimetilammina al carbonio relativo al gruppo -C≡N della 2-ciano-guanidina, reso ancora più elettrofilo grazie alla presenza dell’azoto guanidinico (fig. 1). Una volta innescata la reazione, si verificherà un lieve aumento della temperatura della soluzione e soltanto dopo il suo raffreddamento si otterrà la precipitazione della 3-(diaminometiliden)-1,1- dimetilguanidina, ovvero la Metformina (fig. 1), con una resa pari al 96 %. 8 Figura 1. Sintesi della Metformina Obiettivi del nostro studio La ricerca scientifica, sin dalla data di immissione in commercio della Metformina, si è incentrata sullo studio di nuovi potenziali effetti garantiti dal farmaco. Il lavoro svolto in diversi laboratori ha permesso la pubblicazione di molteplici articoli scientifici, i quali dimostrano l’efficacia e le diverse potenzialità terapeutiche del farmaco nel trattamento di varie patologie anche tra esse correlate. Se focalizziamo la nostra attenzione sul diabete di tipo 2, probabilmente il principale obiettivo terapeutico della Metformina, ci accorgeremo sin da subito che tale sindrome è sempre associata ad altre disfunzioni, le quali si riscontrano in diversi organi simultaneamente. Il diabete di tipo 2, infatti, non è mai correlato alla sola iperglicemia, ma è direttamente connesso a diverse alterazioni, che possono non solo contribuire alla sua eziologia, ma anche potenziarne gli effetti. La scoperta di un farmaco che risulti essere efficace, mediante diversi meccanismi di azione, per tutte le diverse disfunzioni manifestate nei pazienti affetti da tale sindrome, è uno degli obiettivi che si pone la ricerca scientifica. Un farmaco di questo tipo potrebbe non solo trattare sinergicamente tutte le manifestazioni ad essa correlate, ma contribuirebbe anche al notevole miglioramento della compliance terapeutica. Il trattamento ipoglicemizzante spesso richiede, infatti, la somministrazione giornaliera di diverse tipologie farmacologiche, rendendo in tal modo la terapia “poco accettabile”. Uno dei principali obiettivi di questo studio è ricercare se effettivamente la 9 Metformina presenti le caratteristiche di farmaco “multifunzionale”, risultando, allo stesso tempo, sia efficace sia sicuro. In altre parole, ci chiediamo se questo farmaco possa, a dosi non eccessivamente elevate, contribuire alla riduzione della concentrazione di glucosio ematica, nota col termine di glicemia, risultando, allo stesso tempo, efficiente nel trattamento delle altre disfunzioni ad essa correlate. Tale rimedio, per essere efficace a dosi non eccessivamente elevate, dovrà essere assorbito in un quantitativo adeguato; ovvero la biodisponibilità assoluta, intesa come rapporto tra l’area sottesa alla curva (AUC) di un quantitativo di Metformina somministrato per via orale, rispetto all’AUC della stessa dose di farmaco somministrata per via endovena, dovrà essere abbastanza alta da non richiedere una somministrazione di elevati dosaggi giornalieri. Pertanto, analizzeremo la farmacocinetica del medicamento, verificando eventuali problemi riscontrati in seguito alla sua somministrazione, i quali potrebbero sfavorirne l’efficacia terapeutica. Il farmaco, infatti, una volta somministrato per via orale, dovrà essere assorbito nel circolo sistemico, per poi rendersi disponibile al sito di azione, al fine di esplicare l’effetto terapeutico. Vi sono diversi fattori che condizionano l’assorbimento di una molecola, uno tra i più importanti è rappresentato dalla costante di dissociazione acida (Ka). La Metformina presenta un pKa di 12.4, conseguentemente a pH fisiologico risulta essere protonata. Tale fenomeno può condizionarne il passaggio attraverso le membrane biologiche. Per questo motivo dobbiamo indagare circa i suoi meccanismi di assorbimento, verificando se il trasporto sarà passivo o attivo, se semplice o per diffusione facilitata. Nel momento in cui la Metformina entra nel circolo sanguigno, inoltre, bisognerà verificare se l’emivita sarà adeguata a mantenere una concentrazione ematica nel tempo tale da garantire un’alta compliance, oppure saranno necessarie delle modifiche, dal punto di vista tecnologico, per rendere tale farmaco più facilmente utilizzabile. Inoltre, un farmaco efficace, con alta biodisponibilità, ottima compliance, ma poco sicuro, non potrà essere utilizzato in terapia. Per tale motivo, analizzeremo gli eventuali effetti avversi che si potrebbero verificare in seguito alla sua somministrazione, verificando, allo stesso tempo, la sicurezza d’uso nelle diverse condizioni fisiopatologiche, ovvero durante la crescita, in gravidanza e nei pazienti affetti da insufficienza cardiaca e renale. In sintesi, indagheremo circa la sicurezza del farmaco, esaminandone la finestra terapeutica. Soltanto se la Metformina risulterà essere sicura potrà essere somministrata al paziente ed analizzata, quindi, la sua 10 efficacia. Per constatare gli effettivi benefici apportati da questo medicamento, inoltre, dovremmo studiare caso per caso tutti i suoi principali target, analizzando le eventuali vie di segnalazione da esso regolate e se vi sono specifici enzimi o recettori con i quali tale farmaco interagisce. Solo a questo punto sapremo come utilizzare questo medicamento, se varrà la pena sostituire farmaci più specifici per le singole patologie con la sola Metformina e se saranno necessarie delle associazioni ai fini di potenziarne l’attività o ridurre gli eventuali effetti collaterali che si riscontreranno. Applicazioni terapeutiche della Metformina La Metformina è tuttora il farmaco maggiormente prescritto negli Stati Uniti per il trattamento del diabete di tipo 2. Il diabete colpisce più di 250 milioni di persone in tutto il mondo e il 90% di esse sono affette dal diabete mellito di tipo 2, chiamato anche diabete mellito non insulino-dipendente o NIDDM, in cui un ruolo cardine è rappresentato dall’insulino-resistenza. Esso si differenzia dal diabete mellito di tipo 1, definito anche insulino-dipendente o IDDM, dal momento che quest’ultimo è dovuto ad un deficit insulinico, che insorge in seguito alla distruzione delle cellule β del pancreas secernenti insulina. In questo studio verificheremo se il farmaco Metformina risulta essere efficace e sicuro nel trattamento del diabete mellito di tipo 2, se può apportare benefici anche nei pazienti affetti dal diabete di tipo 1 e con quali meccanismi di azione esso agisce. Il diabete di tipo 2 è una malattia che insorge e progredisce lentamente, transitando dapprima attraverso uno stadio clinico definito “pre-diabete”. Negli ultimi anni tale condizione è stata associata alla “Sindrome Metabolica”, la quale è una disfunzione che combina un’aumentata adiposità, ipertensione, insulino-resistenza e dislipidemia, ed è strettamente correlata alle patologie cardiovascolari. Tutto ciò evidenzia il fatto di come il diabete non sia una patologia isolata, ma sia associata ad altre disfunzioni di diversa gravità secondo l’entità del diabete e la predisposizione genetica del paziente. 11 Per tale motivo, sarà studiato l’effetto della Metformina riguardo le patologie cardiovascolari, dal momento che circa il 65% dei decessi in pazienti diabetici è associato alla cardiopatia ischemica. Pertanto, verificheremo se il farmaco riduce il rischio di infarto del miocardio, se risulta essere efficace nel ritardare le disfunzioni cardiovascolari e se è in grado di interferire con i processi aterogenetici. Inoltre, esamineremo l’effetto della Metformina sul rimodellamento cardiaco, il quale può sopraggiungere in risposta ad un evento ischemico, comportando la perdita della funzionalità contrattile miocardica. Per questo motivo, valuteremo l’utilizzo della Metformina a scopo preventivo, ovvero analizzeremo la sua efficienza nel mantenimento della funzionalità cardiaca in seguito ad un danno ischemico. Patologia correlata al diabete, all’insulino-resistenza e alle disfunzioni cardiovascolari è l’obesità. Diversi studi sono stati effettuati su pazienti obesi affetti dal diabete di tipo 2 e grazie a questi è stato possibile testare l’efficacia della Metformina come farmaco ipolipemizzante. Obiettivo fondamentale di questo studio è verificare, infatti, se la Metformina è in grado di modificare favorevolmente l’indice di massa corporea (BMI) del paziente obeso. Inoltre, valuteremo l’efficacia del farmaco nel contrastare altre alterazioni del metabolismo, analizzando, specificamente, il suo contributo nel trattamento della steatosi epatica non alcolica, la quale è una complicazione metabolica molto diffusa tra i pazienti diabetici. Studieremo, inoltre, l’effetto della Metformina riguardo il trattamento della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), la quale è un’endocrinopatia molto comune nelle donne affette dalla condizione di insulino-resistenza. Verificheremo, a tal proposito, se il medicinale può influenzare positivamente la progressione della malattia e se può ostacolarne l’insorgenza. Analizzeremo, infine, il ruolo del farmaco riguardo la riduzione del rischio di aborto ed alterazioni fetali nelle donne gravide affette da PCOS. In ultimo, ma non per importanza, esamineremo gli effetti della Metformina sulla carcinogenesi, la quale è una manifestazione fortemente correlata all’insulino-resistenza e al diabete mellito. Verificheremo, quindi, se esiste una diretta correlazione tra il miglioramento della sensibilità insulinica e la prevenzione dell’oncogenesi. Analizzeremo, inoltre, l’effetto antiproliferativo attuato dal farmaco. Diversi studi, 12
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