O N N A IV LE IA EC SP 14 20 OSTEOPOROSI: LA SFIDA DELLA GESTIONE DELLA CRONICITÀ ALLA LUCE DEI RECENTI PROGRESSI TERAPEUTICI L’approccio farmacologico all’osteoporosi Oggi abbiamo un ricco armamentario farmacologico per la cura di questa patologia. L’outcome finale dei farmaci per l’osteoporosi è la riduzione del rischio di frattura. Si distinguono fondamentalmente due tipi di farmaci per la cura dell’osteoporosi: gli anti-riassorbitivi, che riducono il riassorbimento osseo inibendo l’attività osteoclastica, e gli osteo-anabolici, che sono in grado di aumentare l’attività osteoblastica. Tra gli anti riassorbitivi, si annoverano i bisfosfonati che, benché con caratteristiche diverse di potenza e di affinità per i cristalli d’idrossiapatite, possiedono evidenze di efficacia nel ridurre il rischio di frattura con peculiari specificità a seconda del bisfosfonato. In particolare, alcuni bisfosfonati con gruppo aminico hanno solide evidenze di efficacia nel ridurre il rischio di fratture vertebrali, ma anche non vertebrali e di collo di femore: si tratta di zoledronato, alendronato e risedronato. I bisfosfonati aminati esercitano un’azione apoptotica nei confronti dell’osteoclasta nel quale sono internalizzati. Denosumab è un altro potente anti riassorbitivo che però agisce con meccanismo diverso dai bisfosfonati. Esso interagisce con il RANKL (un mediatore prodotto dagli osteoblasti) impedendone il legame con il suo specifico recettore RANK (presente sia sui precursori midollari dell’osteoclasta sia sugli osteoclasti maturi). L’interazione RANK/RANKL è indispensabile per la trasformazione delle cellule mononucleate in osteoclasti e in seguito per la loro funzione. Il denosumab, bloccando tale legame, interferisce negativamente sulla cascata maturativa di tale tipo di cellule. AUTORI: Dr. Roberto Lovato Centro Osteoporosi e Malattie Metaboliche dell’Osso; Casa di Cura Villa Berica, Gruppo Garofalo - Vicenza Dr.ssa Stefania Sella Centro Regionale Specializzato per l’Osteoporosi; Clinica Medica I, Azienda Ospedaliera - Università di Padova INTRODUZIONE Il carico economico della terza età e delle cronicità appare di grande impatto sul singolo, sui caregivers e sulla stessa sostenibilità dei sistemi sanitari. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della sanità, nei prossimi 25 anni questo carico economico crescerà del 50 per cento, con evidenti ripercussioni sulla gestione della salute da parte dei diversi Paesi. La tematica appare ancor più significativa in una società, come la nostra, che sta vivendo una sorta di “rivoluzione demografica”: nel 2000, nel mondo c’erano circa 600 milioni di persone con più di 60 anni, nel 2025 ce ne saranno 1,2 miliardi e 2 miliardi nel 2050. Inoltre le donne vivono più a lungo degli uomini virtualmente in tutte le società. Di conseguenza nella fascia di popolazione molto anziana il rapporto fra donne e uomini è di circa 2 a 1. È in questo spaccato epidemiologico che si inserisce l’osteoporosi, patologia che interessa soprattutto le donne, pur se non sono rari i casi tra i maschi. Per questo siamo di fronte ad una patologia che già oggi rappresenta un importante problema di salute pubblica ed è destinata ad essere ancor più impattante in futuro, anche perché le fratture a essa correlate sono gravate da importanti conseguenze sia in termini di mortalità sia di morbilità [1]. I bisfosfonati per agire hanno necessità di essere portati nell’osso, ma anche poi di legarsi alle superfici ossee che sono sottoposte a rimodellamento: se l’osso 01 ITALIAN HEALTH POLICY BRIEF non è sottoposto a rimodellamento, il bisfosfonato ha scarso accesso alle superfici quiescenti. Essi tendono così a diffondersi facilmente dove c’è tanta superficie ossea, come il caso dell’osso spugnoso, ma hanno difficoltà alla diffusione nell’osso compatto, dove invece non vi è esuberanza di superficie ossea esposta (fatto salvo che la superficie endostale dell’osso corticale). Denosumab circola nel sangue e nei fluidi extracellulari. La diversa distribuzione nell’osso potrebbe giustificare la sua maggiore efficacia sull’osso corticale rispetto ai bisfosfonati. A livello dell’osso corticale è stato dimostrato che il denosumab riduce la porosità corticale differentemente da quanto avviene nel corso di terapia con bisfosfonati [2]. Un aspetto interessante osservato in corso di terapia con denosumab, rispetto a quanto avviene con i bisfosfonati, è che il miglioramento della massa ossea si sviluppa in modo continuo senza andare incontro a un plateau [3] fino ad almeno a otto anni di trattamento continuo. Qual è la possibile ragione di questo fenomeno, giacché l’oggetto dell’azione dei farmaci antiriassorbitivi è lo stesso (l’osteoclasta) seppure con meccanismi differenti? Ciò potrebbe essere correlato al fatto che rispetto ai bisfosfonati il denosumab è un più potente inibitore del turnover osseo [4]. Come noto il farmaco è somministrato sottocute ogni 6 mesi. Si è così formulata anche un’altra ipotesi derivante dall’evidenza che vi è la tendenza a una riattivazione del turnover osseo proprio qualche settimana prima del tempo previsto per la successiva somministrazione. Quest’ultima, così, determinando una nuova soppressione del turnover con riduzione quindi di mobilizzazione di calcio dall’osso, potrebbe essere la causa per un molto breve periodo di un iperparatiroidismo secondario (il PTH, è noto che ha azione anabolizzante laddove gli aumenti delle concentrazioni plasmatiche si sviluppano in picchi di breve 02 durata) [5]. Vi sono peraltro altre ipotesi più verosimili. In corso di terapia con bisfosfonati, ma anche con denosumab, si sviluppa un aumento della sclerostina, una sostanza prodotta sia da osteoblasti che osteociti, che esercita un’azione d’inibizione sul sistema Wnt-beta catenina (il sistema che regola la neoformazione attraverso la differenziazione delle cellule mesenchimali in preosteoblasti): ciò, di per sé, conduce a una riduzione dell’osteoformazione (giustificando la riduzione della attività osteoblastica che si produce dopo alcuni anni di terapia con bisfosfonati). In corso di terapia con denosumab è stata però osservata la contemporanea e progressiva riduzione di un altro potente inibitore del sistema Wnt: il DKK1. Si è osservata anche una correlazione tra l’entità della riduzione del DKK1 e gli incrementi del BMD. Pertanto, questi ultimi potrebbero essere messi in relazione non solo alla riduzione del riassorbimento, ma anche alla continua e progressiva riduzione di un potente inibitore della neoformazione: il DKK1 per l’appunto [6]. Le caratteristiche di meccanismo di azione e la possibilità di agire efficacemente anche a livello dell’osso corticale, oltre che trabecolare, giustificano alcune caratteristiche di efficacia del denosumab come evidenziato nello studio FREEDOM [7] e nel successivo studio di estensione a 6 anni [8]. In sintesi: il miglioramento della massa ossea si sviluppa a livello della colonna lombare, del collo del femore ed anche a livello dell’avambraccio (l’azione sulla massa ossea in tale ultimo distretto è una specificità del denosumab correlata proprio alla sua efficacia a livello dell’osso corticale). Ma l’importante soppressione del turnover può rappresentare nel lungo termine un problema per la salute dell’osso? Se così fosse i miglioramenti densitometrici, che giustificano fino all’80% dell’efficacia, non si tradurrebbero in un’importante riduzione del rischio di fratture vertebrali (-68%), non vertebrali (-20%) e di collo di femore (-40%), che si mantiene negli anni di successiva somministrazione come documentato dallo studio di estensione. Inoltre, le caratteristiche di efficacia sull’osso corticale potrebbero costituire un ulteriore motivo per preferire il denosumab ad altri farmaci, e ciò anche in considerazione che in una valutazione post hoc dello studio FREEDOM è stata evidenziata una capacità di ridurre il rischio di frattura di femore del 62% in un setting di pazienti con età maggiore di 75 anni (coloro che più frequentemente vanno incontro alla frattura di collo femore) [9]. Nell’evenienza d’interruzione del trattamento, l’efficacia sulla prevenzione delle fratture permane per circa 24 mesi per cui il passaggio da una fase di trattamento (on) alla sua sospensione (off) non si traduce in una ripresa immediata del rischio di frattura seppure si assiste ad una cospicua ripresa del turnover osseo [10]. Un altro aspetto peculiare del denosumab è la possibilità di utilizzo indipendentemente dalla funzione renale. Studi in letteratura dimostrano come la concentrazione di farmaco dopo somministrazione sottocute sia del tutto simile in pazienti con diverso grado d’insufficienza renale, a supporto del fatto che la funzione renale non ne condiziona la farmacocinetica e la farmacodinamica. Pertanto alle dosi raccomandate, il denosumab può rappresentare una valida scelta terapeutica in considerazione della tipologia di pazienti affetti da osteoporosi (anziani molto frequentemente con funzione renale compromessa) [11]. L’efficacia dei farmaci per la terapia dell’osteoporosi è strettamente vincolata all’aderenza ed è noto che un’aderenza alla terapia inferiore al 50% rende praticamente inconsistente l’azione antifratturativa [12]. Molteplici sono le motivazioni dell’interruzione dei trattamenti per l’osteoporosi, non ultimo la complessità del modo di assunzione. La disponibilità di una terapia ANNO IV - SPECIALE 2014 somministrabile per via sottocutanea ogni sei mesi è pertanto evidente che garantisce non solo un maggior profilo di aderenza e quindi di efficacia, ma risulta anche maggiormente gradita ai pazienti [13, 14]. BIBLIOGRAFIA La migliore aderenza garantita dalla tipologia di somministrazione si traduce in una maggiore efficacia e quindi in un minor costo correlato a nuove fratture: si consideri che in Italia la spesa complessiva per una frattura di collo di femore è di circa tredicimila euro [15]. Senza contare che ciò si ottiene a fronte di un costo terapia molto contenuto specie in alcune Regioni, ove la distribuzione diretta comporta un ulteriore e non indifferente abbattimento del prezzo. L’aspetto forse più critico per la prescrizione del farmaco è la necessità di stilare il Piano Terapeutico AIFA on line. Questo costituisce sicuramente un deterrente, sia in considerazione del tempo necessario per la compilazione del Piano Terapeutico, ma anche e non ultimo, per le difficoltà di ottenere accesso al sistema e alla sua complessità lamentata da molti sanitari prescrittori. [3] Miller PD et al. Effect of denosumab on bone mineral density and biochemical markers of bone turnover: six year results of a phase 2 clinical trial. J Clin Endocrinol Metab, Feb 2011, 96(2): 394-402. Conclusioni Denosumab è una molecola che, in virtù del meccanismo d’azione e della diffusibilità a livello sia della componente trabecolare che corticale dell’osso, ha un ottimo profilo di efficacia sia sulle fratture vertebrali che non vertebrali a fronte del fatto che la modalità di somministrazione ne garantisce una eccellente aderenza. Tutto ciò si traduce in una riduzione del numero di fratture con una potenziale diminuzione della spesa sanitaria a carico della collettività. Come sopra accennato resta la criticità per la modalità di prescrizione lamentata da molti sanitari prescrittori. È auspicabile pertanto possa prossimamente essere elaborato un sistema di accesso alla prescrizione più snello e agevole. [1] Keene GS et al. Mortality and morbidity after hip fractures. BMJ, 1993; 307: 1248-50. [2] Seeman E. et al. Microarchitectural deterioration of cortical and trabecular bone: Differing effects of denosumab and alendronate. J bone Miner Res 2010; 25(8): 1886-94. [4] Brown JP et al. Comparison of the effect of denosumab and alendronate on BMD and biochemical markers of bone turnover in postmenopausal women with low bone mass: a randomized, blinded, phase 3 trial. J Bone Miner Res 2009; 24: 153-61. [5] Seeman E et al. The transitory increase in PTH following denosumab administration is associated with reduced intracortical porosity: a distinctive attribute of denosumab therapy. ASBMR 2011 Annual meeting. Oral presentation number 1064. [6] Gatti D et al. Sclerostin and DKK1 in postmenopausal osteoporosis treated with Denosumab. J Bone Miner Res 2012 Nov; 27 (11) 2259-63. [7] Cummings RS et al. Denosumab for prevention of fractures in postmenopausal women with osteoporosis. N Engl J Med, 2009; 361: 756-65. [8] Bone HG et al. The effect of three or six years of denosumab exposure in women with postmenopausal osteoporosis: results from the FREEDOM Extension. J Clin Endocrinol Metab, 2013; 98: 4483-4492. [9] Boonen S et al. Treatment with denosumab reduces the incidence of new vertebral and hip fractures in postmenopausal women at high risk. J Clin Endocrinol Metab 2011; 96: 1727-36. [10] Brown JP et al. Discontinuation of denosumab and associated fracture incidence: analysis from the Fracture Reduction Evaluation of Denosumab in Osteoporosis Every 6 Months (FREEDOM) trial. Bone Miner Res 2013; 28(4): 746-52. [11] Block GA et al. A single-dose study of Denosumab in patients with various degrees of renal impairment. J Bone Miner Res, 2012; 27: 1471-1479. [12] Cananzi P et al Italian Health Policy Brief, “Farmaci per l’osteoporosi: un problema Siciliano?”, Anno III – N°16, Speciale 2013 [13] Freemantle N el al. Final results of the DAPS (Denosumab Adherence Preference Satisfaction) study: a 24-month, randomized, crossover comparison with alendronate in postmenopausal women. Osteoporos Int, 2012; 23: 317-326. [14] Kendler DL et al. Preference and satisfaction with a 6-month subcutaneous injection versus a weekly tablet for treatment of low bone mass. Osteoporos Int, 2010; 21:837-846. [15] L’osteoporosi in Italia. Il Sole 24 Ore Sanità, 19 febbraio 2007: Rielaborazione The European House-Ambrosetti su dati Rossini M, Piscitelli P et al, “Incidenza e costi delle fratture di femore in Italia”, Reumatismo, 2005. 03 Italian Health Policy Brief Editore Anno IV Speciale 2014 Direttore Responsabile Stefano Del Missier Direttore Editoriale Marcello Portesi Altis S.r.l. Via della Colonna Antonina, 52 00186 Roma Tel. +39 06 95585200 Fax +39 06 95585299 Contatti redazione Tel. +39 02 49538300 [email protected] www.altis-ops.it Comitato degli esperti: Pier Luigi Canonico Achille Caputi Claudio Cricelli Carlo Favaretti Renato Lauro Nello Martini Antonio Nicolucci Patrizio Piacentini Annarosa Racca Walter Ricciardi Francesco Rossi Mario Sorrentino Federico Spandonaro Ketty Vaccaro Stefano Vella Tutti i diritti sono riservati, compresi quelli di traduzione in altre lingue. Nota dell’Editore: nonostante l’impegno messo nel compilare e controllare il contenuto di questa pubblicazione, l’Editore non sarà ritenuto responsabile di ogni eventuale utilizzo di questa pubblicazione nonché di eventuali errori, omissioni o inesattezze nella stessa. Ogni prodotto citato deve essere utilizzato in accordo con il Riassunto delle Caratteristiche di Prodotto (RPC) fornito dalle Case produttrici. 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