Cronache di Romagnoli 2.0

Roberto Casadei
Cronache di romagnoli 2.0
Le pagine che seguono sono un estratto degli
scritti di Roberto Casadei ad esclusivo scopo
promozionale, i testi sono estratti dai libri “Il
Gatto di Godzilla” e “Fritti misti emozionali” e
dalla pagina Facebook “Fritti misti emozionali”.
Per informazioni, potete contattare l'autore:
[email protected]
Ogni riproduzione del materiale, anche parziale,
(compresa la stampa) senza espressa
autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE
VIETATA
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
Lezioni di pronunzia Romagnola per forestieri
(Rumagnul language lessons for giargianes people)
Prima lezione: la esssssse e la C...
Mi han chiesto com'è che si scrivono e pronunciano in Romagnolo la essse e la “C”. Comincio col
dire che a noialtri Romagnoli le robe facili non ci sono mai piaciute: per quelle due lettere lì,
quando che si mettono insieme, ci inventiamo le regole che ci fan comodo e poi facciamo
repubblica per i fatti nostri, come San Marino.
Ci sono due casistiche distinte.
Caso primo.
Dopo la "S" la "C" la perdiamo per strada:
..."lo scemo" diventa: "il semo";
”il pesce", diventa: "il pese" ( in dialetto puro diventa un videogame di calcio: ”PES”);
"non comportarti in maniera puerile" diventa: "non fare il siocco"
("non fare il siocchino"se pronunciato da dame a cui avete annunciato dopo tre spritz, che oltre alla
loro amicizia da loro vorreste altro...).
Insomma, quella "C" dopo la "S" ci rimane in girone, forse si perde tra i pezzetti di piada che ci
rimangono in bocca tramezzo i molari.
In soldoni e per far vedere che siamo sburoni: la fricativa postalveolare sorda, non siamo capaci di
adoperarla.
Caso secondo
Qui si va nell'eccellenza: solo in Romagnolo si usa così, in italiano esistono solo due parole che
rispondono a questa casistica pronunciatoria e la loro pronuncia è tuttora oggetto di dibattito tra i
fonetisti: "scervellarsi" e "scentrare". Ma noi in Romagna siamo i più sburoni del mondo!
Noi alle nostre robe ci teniamo, quando si tratta di parole dialettali pure: quella "C" dopo la "S" non
subisce “assimilazione in sibilante palatale sorda”, si mette il vestito lungo e diventa “affricata
postalveolare sorda“ (ʧ).
Tutto sto preambolo tecnico fonetico per spiegare che la "S" e la "C" non diventano una roba sola,
ma stan tra loro belle distanti e distinte, si schifano e non si parlano tra loro manco morte, come una
Fighetta Riccionese con uno che non ha il suv o come un albergatore con un tenente della Finanza.
Basta un solo esempio per aspiegare il caso 2: lo “s-ciaduro”!
(Non sapete che roba che è? Fatevi una morosa Romagnola e tornate a casa alle tre di notte con del
rossetto sul bavero della camicia...)
Per meglio rendere l'idea, ecco a voi breve componimento esplicativo delle casistiche fonetiche del
caso 2: includo spiegazione dei lemmi Romagnoli per i giargianesi.
Storia d'amur
Quando che all'inizio l'hai vista scaranata al bar coi cossiotti al vento, il tuo cuor ha esclamato al
mondo:
"os-cia, fata gnocca!"
(“os-cia”: “ostia”, la frase in toto esprime sentita approvazione al passaggio di esemplare di
femmina con corretta ed uniforme ripartizione delle ciccie)
Quando che dopo un anno ti ha detto: " amore, questo è più di un ritardo...", il tuo cuor ha
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
sussultato:
"adess um ciapa un s-ciupon!"
(“s-ciupon”: “infarto del miocardio”,di solito segue le parole "io e te dobbiamo parlare"
pronunciate da una donna)
Quando che hai pensato alle conseguenze del dirlo alla tua cara mammina:
"Maduneina senta, l'am fa e siampo sa e s-ciadur! "
(“s-ciadur”: “mattarello”, lignea excalibur utilizzata in Romagna per spianare la sfoglia e le
controversie famigliari)
Quando che poi hai dovuto incontrare il suo babbo, hai pensato:
"quest um da dri se s-ciop!"
(“s-ciop”: “fucile”, ogni Romagnolo che diventa padre di una figlia, assume lo sguardo, i modi e le
armi del Passator Cortese: è opportuno ricordarsene sempre)
Quando che poi il prete ti ha dato l'o-scia matrimoniale:
"cus ca faz?A so s-centred!"
(“s-centred”: “s-centrato”, fuori centro, come una ruota sdallata, che non dà nel quindici, con una
testa come una mazzola, siaparello..)
Quando che con infinito amor ti ha fatto il coniglio arrosto: "Vigliaka, s'l'è s-ciavid!"
(“S-ciavid”: “insipido”,non particolarmente gustoso. Al femminile “s-ciavida” indica le donne
insulse affette da sindrome di Wood, la cosiddetta legnite vulvica)
Quando si è presentata con ai piedi Gatto Silvestro al posto del sexy tacco dodici:
"adess,da du c'al scapa fora ste s-ciafle?"
(“s-ciafle”: “ciabatte”, il termine indica molto di frequente quelle in pail antistupro con gli orsetti
sopra, comprate il venerdì sul mercato di Riccione)
Quando si è comprata quel vestito fashion di tendenza per quarantenarie sedicenti gnocche:
" adess, du c'la va questa vistida da s-ciucarein?"
(“s-ciucarein”: artista di strada, che crea coreografie facendo schioccare una frusta, caratterizzato
dall'estrema sobrietà nell'abbigliamento...)
Quando che poi, infine, devi da raccontare a te stesso medesimo l'evoluzione della tua storia d'amur:
"ohhhhh, quant l'è vijaka la vita: a so pass da una s-centafilet a una s-centaquaion!"
(“s-centafilet”: ragazza particolarmente provocante e di comprovata esperienza nella pratica dei riti
dell'accoppiamento; “s-centaquaion”: metamorfosi irreversibile ed inarrestabile a cui va incontro la
stessa ragazza dopo tre anni di matrimonio)
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
Corso di mitologia Romagnola.
Per una vita ho sempre creduto che fossero solo parole sparate a caso quelle pronunciate dalle
donne di Romagna in particolari frangenti sclerotici, poi al quarto bicchiere di Sangiovese, ho avuto
l'illuminazione e ho capito che ste qua in realtà sono delle sacerdotesse panteiste in ciabatte e fusò,
con un'ampia conoscenza di riti magici che evocano divinità onnipotenti da tutto il mondo; penso di
fare opera buona indicando ai maschietti i nomi di suddette divinità, i riti di evocazione delle
medesime, nonché alcuni mantra e formule utilizzate dalle bimbe, affinché possano correre ai ripari.
FAKUM KUT PER
Divinità centrafricana, il rito evocativo richiede scrollata di spalle e sguardo indifferente: il Dio
produce dal nulla terremoti emozionali e tempeste relazionali, le parole da pronunciarsi per
"provare" ad annullare l'evocazione sono: "scusa amore, avevi ragione, farò come hai suggerito"
SATCHA PTMAZ
Divinità bolscevica, il Dio viene evocato dalle madri in seguito a sporcamento di braghe con
marmellata di more o entramento in casa appena pulita con le scarpe da calcio piene di fango, il Dio
può essere placato solo dalle parole: "mamma sei tttanto bbbella, ti voglio tttanto bbbene!"
TANMA SKOLTMAY
Divinità inca la cui evocazione aumenta negli uomini la capacità di attenzione, viene di solito
evocata dopo tre ore di monologo della zdora in oggetto.
SAFET PATAKA
Divinità afrodisiaca evocata con un sorrisino malizievole, qualora la donna abbia intenzione di dare
un indirizzo preciso alla manina del maschietto che sul divano davanti alla partita, per sbaglio
invece della Peroni le agguanta un cosciotto.
MEATAVIS
Divinità greca, il rito di evocazione include sguardo assassino e l'indice muliebre insteccato nelle
costicce dell'omino, il solo pronunciarne il nome è in grado di annullare qualsiasi balzano progetto
maschile.
FATE PUTENE
Fate Putene è il nome comunemente assegnato dalle donne di Romagna alle divinità minori che
all'improvviso, senza essere evocate, inviano messaggi di uòzapp sui cellulari lasciati incustoditi.
Sono assolutamente innocue per gli uomini (tuttalpiù provocano un erezione dell'ego e a parti
pendule...), alle donne possono scatenare un attacco di furia omicida e una colica biliare in stereo.
ATLA VEVDETT
Divinità oracolo al contrario, quasi innocua, se non causasse deterioramenti passeggeri all'apparato
testicolare; si limita a profetizzare eventi già accaduti, viene spesso evocata. Gli uomini dopo la sua
evocazione per duecento volte diventano vaccinati.
MEATAMAX
Divinità azteca, parente alla lontana di SATCHA PTMAZ, anche lui evocato dalle madri, ma
quando i figli diventano adolescenti e tornano alle quattro di mattina: il rito di evocazione
comprende uno s-ciaduro in mano, ciabatte in pail a forma di orsetto winnie the pooh, maschera
nutriente in faccia e bigodini in testa.
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
E infine, il re di tutti gli Dei: il terribile:
ATETAJ
Atetaj è una divinità sanguinaria nipponica raffigurata come un incrocio tra Godzilla, un chirurgo
nazista e un killer di equitalia. Atetaj brandisce una spada katana ed ha alla cintola, come trofeo,
un'ampia dotazione di pistolini umani recisi. Atetaj viene evocato in caso di conclamate e
comprovate svirgolate emozionali. L'unica speranza per il maschio è: FUGGIRE!
Ritengo di fare cosa gradita, enunciando due Mantra spesso evocati dalle donne per chetare gli
animi maschili.
UNMINUD,UNMINUD,UNMINUD,SPETAUNMINUD
Mantra di evocazione delle divinità del tempo, viene usato alle 20:58 quando il cinema comincia
alle nove e ancora quella lì sta pescando in un oceano di panni stesi sul letto perché deve decidere
se cambiare o meno le scarpe perché nella borsa marron non ci sta la boccetta di acqua.
SAVOTSJA,SAVOTSJA,EHHH SAVOTSJA
Altro Mantra, ripetuto almeno settantasette volte serve per defibrillare il maschietto stroncato da
infarto all'apertura del report mensile della Mastercard muliebre.
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
"Aloora!"
Se "Aloora!" ve lo diceva la mamma, con gli occhi pieni di lacrime e pacinza quando vi sgamava
che avevate arbaltato il cornetto sui sedili della 127 nuova.
Se "Aloora!!!" era la parola che risuonava nell'aria del tinello, come folgore dal cielo, dopo apposito
smanarverso della nonna perché non facevate basta con la gnola.
Se quelle sei lettere di "Aloora!" messe in fila, erano i vostro rampini per arrampicarsi sui specchi
quando la profa con piglio da feldmaresciallo del reich sentenziava: "parlami del pessimismo
cosmico".
Se "ALOORA!" è l'unico sostituto al bestemmione quando quell'invornito di centravanti sbaglia la
porta di un chilometro e siete a vedere la partita dal prete.
Se "Alooooooraaaaa!" lo gridate al mondo stringendo le mani, saltando come stambecche ubriache
col cuore rigonfio di gioia, quando quella maledetta bilancia vi dice che avete smaltito il cenone.
Se "Aloora?...!...." lo dite con apposita intonazione maliziosa all'apposito maschietto che cerca di
ravanare le vostre convessità e concavità e lui, cocale, non capisce se deve far basta o se ha via
libera.
Se avete sentito il ghiaccio dentro le vene e dentro all'anima quando quella parola di fuoco "A L O
O R A ???" è stata pronunciata scandendo ogni singola lettera, come una maledizione dalla vostra
lei, che vi puntava addosso il vostro cellulofono con chiamate perse di una certa Lillì.
Se siete costretti ad usarla quella parola "....Aloora!...", perché il bon ton sconsiglia di sparare col
bazooka all'invornito che non ha visto che il semaforo è diventato verde.
Se chi vi capisce ha sgamato che non c'è niente che va bene e dice: "Aloora?", e voi rispondete:
"Aloora..." e poi andate a bervi insieme una boccia di sangiovese.
"Aloora" siete Romagnoli!.
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
Una scelta di Vita.
Diciamocelo, nulla è eterno e le cose materiali sono destinate inesorabilmente a finire; allora, con
una lacrima nel cuore e una nel portafoglio, siamo costretti a guardarci in giro per cercare
un'alternativa. È dura, perché non è che puoi farti condizionare dalle mode e prenderti qualcosa
inadatto a te, solo perché la réclame ti dice che quello è il tuo modello e con quello sarai
eternamente figo, onnipotente e soddisfatto:
Rischi di comprare una roba troppo piccola, comoda da parcheggiare ma in cui non ci starà un caz
di niente e che manovrerai senza passione...
Rischi, in preda a deliri di onnipotenza, di buttare una vagonata di soldi in qualcosa di troppo
grande e che non riuscirai a pilotare...
Rischi di comprare qualcosa di maledettamente fashion, ma con una carrozzeria de caz che alla
prima botta sarà da rottamare...
Rischi di comprare qualcosa di assolutamente adatto a te che però non riesce a regalarti emozioni...
Si perché non esiste il modello perfetto per tutti, e non esiste neanche il modello perfetto per te.
Allora, altro non ti resta da fare che girare come un matto fingendo disinteresse come il gatto
quando che vede la sporta dei sardoni o la donna quando che vede una sporta in similprada a venti
euri; e devi farlo altrimenti chi vende ti ha in pugno e te sei finito...
Diciamocelo, burdel, altro che scegliere per chi votare o capare la donna che farà meno danni:
cambiare il testo della piada è una scelta di vita.
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
Signora non si usa.
Il termine signora in Romagnolo non esiste, è una parola italiana che la possono da usare in
Romagna solo le donne antipatiche e i maschi sotto i quattordici anni.
Vediamo le varie casistiche, illustrando i lemmi sostitutivi:
Sei in macchina con una gran pressia, davanti a te una centenaria sul Bravo con quattro sporte sul
manubrio: il termine da usarsi è sgnoura: "sgnoura, c'las mova! L'han ha da andé ma cá a fé al
tajadeli?"
Sei con un amico al circolo a bere un Fernet, passa una donna in bicicletta mostrante ampie porzioni
di coscia e altre ciccie con annesso pargoletto piagnante nel cestino, quella lì è una "fata spôsa" che
diventa "fata spusleina" se giovane e "fata sposona" se particolarmente luvacciosamente polputa. Il
Fata non c'entra con elfi, draghi e incantesimi, ma viene utilizzato per enfatizzare e mostrare sincera
approvazione.
Poi c'è l'arzdora (semplificato in zdora, uno dei pochi casi in cui la lingua Romagnola ammette la Z
che non sia una essscie strascinata), usato raramente e con rispetto e reverenza, richiede trattazione
a parte.
Generalmente, comunque, in caso di dialogo diretto con la femmina in oggetto, ogni Romagnolo
Maschio degno di esserlo, userà sempre, data la sua congenita e mai celata lumaconaggine,
l'appellativo signorina, indipendentemente dall'età e dallo stato civile della soggetta:
"signorina, posso da aiutarla a portare le sporte?"
"signorina, visto che bella serata? Che la porto a vedere la stellata sul mar Driatico?"
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
Prontuario sragionato di Romagnolo ad uso dei giargianesi.
Vorrei proporre ad uso dei giargianesi un prontuario per strigarsela nelle varie situazioni quotidiane che
scandiscono la vita in terra di Romagna e per aiutarli nella comprensione dei dialoghi tra gli abitanti del loco.
Ogni capitolo del prontuario è strutturato in due fasi distinte: prima la spiegazione di situazioni tipo, poi
verranno descritti i lemmi e le frasi da utilizzarsi per affrontare tale situazione.
La lingua Romagnola di per se è sanguigna, quindi potrebbero essere presenti nelle righe a seguire vocaboli
ritenuti volgari dai benpensanti, che invito a non proseguire nella lettura (traduco: tuliv de caz...).
DOOR TO DOOR SELLER (e scasamaroun)
La prima situazione tipo che andremo ad analizzare è quella della visita alle otto di mattina di domenica di
un ragazzotto vestito da matrimonio che vorrebbe convincervi dell'indispensabilità in ogni abitazione di
un'arma di distruzione di massa per acari: voi volete educatamente invitarlo a fare qualcosa di più produttivo
per il proprio futuro, le parole da usarsi sono:
"Va a spighè in t'la Marecia!"
IN THE DANCEFLOOR (a balè)
Siamo ora in una discoteca, è l'ora dei lenti. La dama per far delicatamente notare al cavaliere una scarsa
attitudine alla scioltezza dei movimenti, utilizzerà le seguenti parole:
"Oh, Bagonghi:i t'ha inflì un s-ciadur te cul?"
AT THE RAILWAY STATION (ma la stazioun)
Ora di punta, il treno dei pendolari sta per partire, una gran calca intasa l'accesso, davanti a voi una signora
in nero con derriere particolarmente prominente; per invitarla ad accelerare la manovra d'ingresso in carrozza
si userà la seguente frase:
"Daiiii, alora !Burdigouna movte! t'ì un cul che se t'scurez in t'un sac ad fareina a fem nadel!"
GIRL TO GIRL (roba da doni)
La casistica che affronteremo è quella di una ragazza che vorrebbe far notare alla vecchia amica del suo
partner, senza ferirla, che sarebbe meglio si distaccasse gradatamente da lui, può farlo nella seguente
maniera:
"te fiulina nu fa la gatamorta e sta nel tuo:a ho capì che te te voja ad zoca zala!"
CRAZY JOKE (scherz de cara)
Questo il caso di un moroso alquanto burlone che risveglia dolcemente la compagna suonando una batteria di
dodici trombe da stadio vestito da orango, nel caso la malcapitata sopravvivesse allo stress coronarico, le sue
parole sarebbero:
"Cut ciapass un chencar e mez sec, tci gustos com la merda te let!"
MOTHER AND SON (la mà e su fjul)
Ecco a voi le confortevoli parole di una madre che con amore infinito va a ritirare in questura il figlio
sedicenne ubriaco alle tre di notte:
"Me a t'ho fat e me a t'amaz!L'era mej che cla sera a feva pusghette e pess fret!"
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
NEW BOYFRIEND (e muros nov)
Qui di seguito le parole di congratulazione di un'amica a una biondina che le presenta il nuovo moroso di
quarant'anni più vecchio e di quaranta chili più pesante di quello precedente:
"oh, burdela t'è port a spas e baghin?"
OLD SCHOOLFRIEND (e cumpagn ad scola)
Analizzeremo una rimpatriata di ex liceali: il meno brillante di tutti, che si faceva passare anche i compiti di
religione, ha preso la tessera di partito e si è sposato la figlia cessa del titolare dell'azienda dove lavora e ora
fa il vicedirettore.
Le parole da usare come risposta alla sua sua affermazione: "le Mercedes han si il loro fascino:ma vuoi
mettere un motore BMW?", sono:
"Testa c'la:tci propria un bdocc arfat!"
IN THE TRAFFIC (in te traffic)
Il vero gentleman non si abbasserà mai ad usare il clacson: per sollecitare il guidatore del veicolo che lo
precede ad attraversare, abbasserà il finestrino e con educata voce declamerà:
"movte, cuchel d'un cucalon:t'è magnè l'oca?"
IN THE OFFICE (in tl'ufizi)
Voi e il vostro collega di progetto avete fatto un brianstorming preventivo prima di esporre l'idea al briefing
coi general manager, ed eravate rimasti d'accordo di non accennare alla job logistic question review, che era
l'anello debole del vostro concept.
Il collega in questione non ha tenuto la piscia e ha esordito dicendo: "Sappiamo che la job logistic question
review è l'anello debole del nostro concept..." e il concept, la vostra promozione e il vostro nuovo suv sono
svaniti in un istante come scoregge nella tempesta.
Potete garbatamente far notare la defaillance al collega dicendo:
"t'ì na testa com una mazola, un la magna gnenca e gat!"
IN THE LIFT (tl'ascensor)
Delicata questione: siete in ascensore con un distinto sconosciuto che all'improvviso produce uno
schioppettio dal posteriore che esala un gas mefitico da telefonare ad Amnesty.
Il colpetto di tosse sarebbe maleducato, fategli cortesemente notare l'accaduto con le seguenti parole:
"Ma tci fraid com la pataca dal sore!"
BEETWEN THE SHEET (trameza i lanzul)
Delicata questione 2: siete una piacente donzella che finalmente si è decisa di concedersi allo spasimante.
Lo spasimante rimane nudo, si sa come sono delicate ste robe: bisogna non toccare corde delicate, quindi voi
per sottintendere con delicate parole alla carenza in centimetri del partner userete queste parole sottovoce:
"Ma d'ut ve sa che bagaj?Ta l'ì frighè m'un cunell? Ma va a Roma t'una bala s-centa!"
BEETWEN THE SHEET 2 (trameza i lanzul 2)
Delicata questione 3: durante il petting il vero gentleman userà le seguenti parole per far notare la scarsa
igiene intima della partner:
"oh, da quand'è c'l'è morta sta gata?Un'è ora ad splila?"
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
Due robe han gli uomini in testa e nel cuore
Due robe han gli uomini in testa e nel cuore: due robe che trovi in tutti i cantoni di Romagna, una è
la Piada, l'altra:
...è quella roba lì che qualche angelo sburone ha messo al mondo per dare un sapore ai nostri giorni;
quella roba lì che invece di tenerla nascosta, toccherebbe da darla a tutti;
quella roba lì che ti fa gonfiare di una gran contentezza quando senti di chiapparla;
quella roba lì che ti basta da sentirne l'odore, per farti ringalluzzire;
quella roba lì che ti accoglie e ti stringe attorno fino guasi ad astrozzarti;
quella roba lì che non è mai uguale a se stessa: ha un milione di sfumature;
quella roba lì che non devi mai dare per scontata, perché è la volta che ti vien negata;
quella roba lì che se la prendi senza amore, sa di niente;
quella roba lì che quando manca i giorni san di sabbia e di solitudine;
quella roba lì che quando la cerchi scappa via e quando ti sei rassegnato al fatto che puoi farne a
meno, ti fa bus-bus e ti salta ma dosso;
quella roba lì che non aspetta altro che te la riempi di baci.
...Due sono le robe che gli uomini han sempre in testa e nel cuore, due robe che quasi ti vengono
loro a sbattere quando giri per il sacro suolo di Romagna:
una è sua maestà la Piada, l'altra è l'ALLEGRIA!
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
"Pess"
Club Dogo featuring Arzdora 2.0
An so menga cus c'l'è e stress
A so c'l'è dmenga e a ho da fe e pess
Sardoun, mazole E marloz aless
L'è bela al dis e a ho da pulì e pess
A ho da zend e fuuug
L'è bela al dis e a ho da pulì e pess
Ugnè gnenca e temp d'amazes
E mi fiul oz e vo e pess...
La dmenga l'è fatiga svigess
Ma ormai a l'ho cumprè ste pess
Sardoun, mazole e marloz aless
Toca da fel e cmanzè adess
A ho da zend e fuuug
guerda ad fumira, roba d'afughess
a ho da zend e fuuug
e mi fiul oz e vo e pess
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
"Partugala me baghin"
(Giving orange to a pig)
Per qualche strana congiuntura astrale può capitare che il tuo lui se ne accorga che hai passato il pomeriggio
sotto i ferri e gli acidi della parrucchiera.
Forse la juve ieri sera ha vinto e lui lì è in buona e l'ha notato che, invece di Biondo Sole n.612, ti sei fatta
Biondo Soleil n.613.
Magari aspettava proprio il momento di dirtelo, quanto che sei bella: il vederti con la testolina radanata gli ha
sciolto la lingua.
Mettiamo che, per caso, ti voglia ancora una gran massa di bene, ma quella roba che si chiama orgoglio
maschile gli tira il freno a mano alle emozioni: però quelle meches lì ti illuminano il sorriso e lui non ha
resistito a dirtelo.
Mettiamo insieme tutte ste robe; mettiamo caso che il maschio rientra a casa alla sera, gli si illumina il volto
e sentenzia: "Oh, come stai bene con quei capelli: lo sai che che stasera sei bella davera davera, più del
solito?" (gli uomini cominciano sempre con "oh", rassegnatevi!)
Comincia il dramma! Perché voi lì donne non è che siete sempre capaci di prendervi i complimenti per quel
che sono e dire semplicemente "Grazie!" illuminandoci il mercoledì sera con un sorriso: dovete trovarci la
magagna e dire:
"Ah, cosa vuoi che sia, non posso mica andare in girone come una zingana!" e poi pensate (ne sono sicuro, si
sente il rumore dei vostri neuroni che mettono la centrifuga...)
1) "Uhmmmm: adesso questo cosa ha da farsi perdonare?"
2)"Vorrei anche vedere che te ne sei accorto, ho speso la tredicesima per farmi sta piega, caz!"
3)"Questo adesso cosa vuole chiedermi? Non è che stasera si è messo in testa che devo dargliela per decreto
matrimoniale?"
E sti pensieri, in qualche modo escono dalla vostra testolina, ce ne accorgiamo e i nostri due neuroni
smettono di giocare a tressette tra di loro e sentenziano all'unisono:
"guarda, fare i complimenti a questa è come DARE LA PARTUGALA AL BAGHINO! Mai più, guerda..."
Poi facciamo finta di niente per quieto vivere e ci buttiamo a peso morto sul divano a guardare le cosce delle
ereditiere di Carlo Conti, che almeno quelle sorridono. Ma state sicure, che se continuate a non prenderli sti
complimenti per quello che sono, va a finire che quella partugala la diamo a un altro baghino, anzi no, a una
baghina! Non dite poi che non vi ho avvisato...
Naturalmente tutta sta pippa vale anche per i maschietti: se arrivate a farle pensare "farmi gnocca per questo
è come dare la partugala al baghino!", arcordatevi, va a finire che quella partugala ( e qualcos'altro...) gliela
dà ad un altro baghino, che ce ne sono tanti in girone che non aspettano altro...
Riferimenti etimologici per giargianesi
(per dimostrarvi che il Romagnolo è una lingua, mica un dialetto!)
"DÈ LA PARTUGALA ME BAGHIN": dare qualcosa di prezioso a chi non sa apprezzare: in italiano "dare
le perle ai porci": è più bello in Romagnolo!
PARTUGALA: Arancia, dal greco "πορτοκάλι" (pronuncia: portocáli)
BAGHINO: Maiale, derivato dal latino "baga", "otre" grande borsa di pelle panciuta, in inglese è diventato
"bag", "borsa".
ZINGANA: "Zingara" derivato dal greco Τσιγγάνοι, (Tsingána),"Zingana" è più simile all'originale greco
"Tsingána" dell'italiano "zingara", che indicava in origine i nomadi di una tribù dell'Anatolia.
ARCORDATEVI: "Ricordatevi" il prefisso " ar", usato in Romagnolo invece del prefisso "ri" (o “re”) è un
retaggio dell'influenza dei celti francofoni (“ARmidiè” al posto di “RImediare”; “ARcurdès” al posto di
“RIcordare”; “ARez” al posto di “REggere”, da cui deriva il nome della regina di Romagna, l'”Arzdora”;
“ARciun” al posto di “RIccione”...)
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
Ode al Gratè...
Ho una voglia vigliacca di gratè, non di gratin fighetto, smunto, patito politicamente e
culinariamente corretto con giustappena quell'ideuccia di aglio...
Ho voglia del mio gratè: quello che nell'ambaradan di pangrattato ci dimora persino il parmigiano e
a far compagnia al pandarsulo ci son pure Frate Origano e Don Basilico...
Ho sta gran voglia di gratè, non quello del supermercato che sta sodo, tinco e senza sugo come una
tetta rifatta: ma quello orgogliosamente, goduriosamente sbrodolone e barocco come una quinta
naturale...
Ho sta voglia quasi cattolica di peccare per poi pentirmi seguendo le malefatte di Compare Pivarone
e Fratello Pumidoro...
Ho sta voglia di gratè, di far il voyeur spiando l'amplesso saffico nella piada di sua Maestà la
Sunsezza con quella gran baghina di Madame de Melanzan, e di buttarmici lì in tel mezzo, poi chi
vivrà vedrà...
Ho voglia di gratè, voglio sentire quell'inesplicabile calore liquido che sa di mano di mamma e di
domenica di giugno, calore velatamente asprigno che ti passa dall'esofago e ti arriva dritto filato nel
buco dell'anima...
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
Le tre Verità del Passatello
Prima Verità (Verità Oggettiva)
Visto ste réclame dei cioccolatini che dicono che l'inverno ritorna ed è giusto coccolarsi? Un
cioccolatino ogni tanto ci sta, ma se proprio volete coccolarvi e scappare dal freddo, vi consiglio un
antico rimedio taumaturgico delle sciamane Romagnole: il passatello!
Perché il passatello e non il cioccolatino? Perché, come dicono tutte le Arzdore 2.0, le quarantenarie
quasiancoragnocche e le Technomilf: "il cioccolatino? Guai! Un secondo sul palato, sul culo per
l'eternità!"
Seconda Verità (Verità Metafisica)
Il passatello è una roba che come se Dio si fosse messo a giocare col pongo.....
si è messo a giocare col pongo e ne è scappato fura un bisssssione....
un biscione che si è tuffato di gran pressia testa di puntone nella pignatta....
si è buttato dentro nella pignatta per far l'amore con una galina tardona...
il fumo oleoso del passatello è un garbino, un garbino che nasce dalla pignatta...
un garbino che scalda i budelli, scalda gli ossi e scalda il cuore!
Terza Verità (Verità Erotica)
"Il passatello asciutto col pesce è la roba più goduriosa che si possa godere a sto mondo senza
togliersi le mutande”
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
Le due sorelle
C'erano una volta, ci sono e ci saranno sempre due sorelle:
Emilia, botticelliana signora che la sa lunga sempre splendida col suo vestito da sera e Romagna
ragazzina sbarazzina:gnocca e fresca come l'aurora sull'oceano adriatico.
Madame Emilia sa come si attacca un motore a due ruote e se ne fa un opera d'arte;
Romagna, la Miss, ha insegnato ai suoi figli come si trasforma una curva in un emozione e una
piega in poesia.
Emilia, ha sognato e costruito la macchina più bella del mondo;
ma cos'è che è un Ferrari se non il più sborone dei vestiti da indossare nelle notti tra Rimini e
Milano Marittima?
Emilia ha preso la ciccia del più umile degli animali e ne ha fatto un inno al gusto;
Romagna ha offerto a quel capolavoro che si chiama parsciutto una calda coperta che si chiama
piada e un bagno caldo in un bicchier di Sangiovese.
Dal ventre di Emilia è nato Verdi che sull'ali dorate di una melodia ha creato una nazione;
Romagna per non esser da meno, ha dato alla luce Secondo che non ti farà mai scordar casetta tua.
Emilia, un giorno, è venuta giù da Parma con quella sbruffona errre, per chiedere alla sorellina “dì
mo:sessantasei sassi son sessisti!”
Romagna, non si è scomposta, si è messa le mani sui fianchi e gli ha risposto senza usare una sola
essssse: ”quando che te dirai: rari ramarri ruggenti!”
Mamma Emilia ha tirato fuori dalle sue tette lambrusco e tigelle che hanno allattato il Vasco e il
Liga;
ma è stata Romagna, brota luvacciona, che li ha svezzati a mojito e sardoncini.
Emilia ha detto che Riccione è una frazione di Bologna;
Romagna le ha risposto che Bologna è una frazione di Riccione.
Emilia, tramezzo a quei nebbioni, custodisce il segreto per far diventare il latte oro;
quell'oro che è il più prezioso degli ornamenti che indossa Romagna quando si mette a tavola.
Arzdora glamour e fresca miss: le due sorelle sia che ti dicano “va mo là” o ti dicono “malassandè”,
lo dicono con la stessa voce: la voce più bella dell'universo.
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
L'anima.
L'anima è quella roba che è come la piadina, mica è squadrata e spigolosa che ti fai male se ci vai a
sbattere, è tonda e morbidosa: un cuscino per i sensi...
La piadina, invece, è quella roba che è come l'anima: se te la dimentichi ti si asecca e ti diventa
fredda e non è più buona da far niente...
L'anima è quella roba che è come la piadina mica si fa tante pusghette: è sempre pronta ad
accogliere tutti i colori, gli odori e i sapori del mondo...
La piadina, invece, è quella roba che è come l'anima: a guardarla bene bene, non ce n'è una uguale a
quell'altra...
L'anima è quella roba che è come la piadina se non la scotti e la brustighi un pochino, sa di niente...
La piadina, invece, è quella roba che è come l'anima: se la accetti ti consola ad ogni ora del giorno e
della notte...
L'anima è quella roba che è come la piadina è figlia dell'amore e dell'esperienza...
La piadina, invece, è quella roba che è come l'anima che diventa un lanzulo caldo in cui si culla e si
sbrodola tutto ciò che di buono al mondo...
L'anima è quella roba che è come la piadina: semplice e sincera, come il bacio dell'albana...
La piadina, invece, è quella roba che è come l'anima: se non sai cos'è devi andare in quel posto tra
l'appennino e l'oceano Driatico, dove la esse soffia come un gatto pusso e il Santo Giovese pontifica
e li la conoscerai. La forma in cui ti si rivelerà sarà un os-cia; un os-cia caldosa che quando gli darai
un bacio entrerai in comunione con tutta la bellezza del mondo....
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
Il Mantra dell'albergatore Gisto...
"A guardi, signor Gisto, mi dispiace, ma a casa i miei bimbi son mica così" Gisto chiappa su la
segatura, sorride e a denti stretti senza che il mondo lo senta, recita il suo calmatorio Mantra:
"Kamadana, Kamadana, Kamadana"
Gisto va a vedere nella cella la frutta per le macedonie e si incorge che le pere camminano da per
sole e le pesche han pisciato d'impartutto, sorride e a denti stretti senza che il mondo lo senta, recita
il suo calmatorio Mantra:
"Kamadana, Kamadana, Vijaka Madana"
L'è mizdè, Gisto sente uno strino in cucina come se avessero messo Belzebù vivo sulla gradella,
Gisto va oltre e vede il burdlet dell'alberghiero che si crede Gondonramsi che fa l'amore al
cellulofono, Gisto sorride e a denti stretti senza che il mondo lo senta, recita il suo calmatorio
Mantra:
"Kamadana, Kamadana, Vijaka Madana, Duna Madana”
"Gisto, mi ha da scusare se son le tre di notte, ma mi si è intoppato il valter" Gisto, svoida la
cuccuma del caffè, si mette un zinalone per coprire i mudandoni, sorride e a denti stretti senza che il
mondo lo senta, recita il suo calmatorio Mantra:
"Vijaka Duna Vijaka Madana, Vijaka"
"Gisto, il mi marito sarebbe un po' imbarazzato, potrebbe mica fargli fare un consumè, ma non di
quelli compri col dado?" Gisto guarda l'orologio che segna le dieci di sera e ode in lontananza lo
scureggiare dello scuter del cuoco, Gisto sorride e a denti stretti senza che il mondo lo senta, recita
il suo calmatorio Mantra:
"Vijaka VijakaVijaka Duna Madana, Vijaka"
"Gisto, a sem a post: alla russa che fa le camere gli si è incriccata la schiena e a sem pin" Gisto
sorride e a denti stretti senza che il mondo lo senta, recita il suo calmatorio Mantra:
"Madana, Madana,Madana, Vijaka Madana"
Gisto si sente tirare per la maglia dal bimbo del duezerotrè che con quella bocca sdentata dice:
"Signorgisto, lo sa che si sta davvero bene qua da lei?" Gisto si abbassa, lo accarezza e sorride, il
bimbo scappa timidoso e scappando scapuzza e scapuzzando arbalta il cornetto panna cioccolato
facendo un Mirò sull'alcantara del divano della hall: nessun mantra,Gisto ha appena riscosso il
migliore dei conti.
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
Differenze tra Vitelloni e Birri.
La prima legge che governa tutti gli esseri viventi è la indispensabilità della prosecuzione della
specie.
La propagazione della specie, come noto, avviene attraverso rituali e atti che necessitano di un
esemplare di sesso maschile e uno di sesso femminile: consenzienti, non consenzienti o paganti.
La natura, sapiente madre, ha fatto in modo che lo svolgersi di tali atti e rituali sia estremamente
gratificante per i partecipanti: colori sgargianti nelle livree maschili e nei portafogli che affascinano
le femmine, studiate malizie femminili che hanno effetto vinavil sugli esemplari maschi, giulivi
canti e pettorali guizzanti che inluviscono le femmine e culi da reato per la cui proprietaria si
scatenano risse e cause legali tra i maschi.
Possiamo sintetizzare il tutto dicendo che il maschio di ogni specie animale è "devastato dalla
voglia di gnocca" e che alle femminucce ciò non dispiaccia più di tanto.
Orbene, nel particolare bacino geografico che andremo oggi ad analizzare, che è il tratto di costa
adriatica tra Fiorenzuola di Focara e Casal Borsetti, denominato per convenzione "Riviera
Romagnola" e dai locali "A Mareina", la natura ha agito sul genoma dell'Homo Sapiens
potenziandolo ed evolvendolo in una specie superiore: l' Homo Romagnolus Trombantis (o
Presuntus Talis...).
L'Homo Romagnolus si suddivide poi in due sottospecie (sottospecie di uomini, dicono le donne:
ma questa è un'altra storia...) il Birro ed il Vitellone, spesso confuse tra loro, compito della lezione
odierna è spiegare le differenze.
Il Vitellone.
La definizione vitellone viene usata per la prima volta da Ennio Flaiano negli anni cinquanta e si
riferiva ai giovani fancazzisti di Pescara che passavano tutto il giorno a disquisire, davanti a un
Campari, sulle dinamiche della filosofia aristotelica e su chi e come si dovesse ciulare la figlia
dell'avvocato. Flaiano la spedì al noto naturalista, poeta, profeta e imperatore dei sogni Federico
Fellini che ne fece nel cinquantatré apposito lungometraggio.
Il vitellone è il filosofo paraculo da spritz, è il figlio di buona famiglia e di buona donna che
preferisce stare al bar piuttosto che fare qualcosa di remunerativo, è l'avvocato non iscritto all'albo
che usa la favella per intortar donnine, è il Riminese (o Riccionese, o Ravennate: tòt cumpagn...)
bohemienne con lo sguardo da mazzola bollita.
Il vitellone preferisce la qualità delle conquiste femminili alla quantità; i suoi obbiettivi sono: la
figlia del notaio, l'artista francese in villeggiatura e la moglie del sindaco (anche la figlia se
possibile e se proprio non c'è di meglio va bene anche la mamma...).
Peculiarità del vitellone è che per ogni donna conquistata realmente, racconta al bar dodici storie
diverse. Il luogo dove il vitellone abita è "sopra la stazione", in città: guai mischiarsi col volgo
marittimo! Infatti il vitellone non va a marina: è bianco come un seppiolino anemico anche a
ferragosto, non sa nuotare (neanche Fellini sapeva nuotare) e ha un fisichino rachitico da far pena;
ma chissà perché alla fine della fiera riesce a raggiungere lo scopo di ogni Homo Romagnolus:
sposarsi con una di San Marino.
Il Birro
Il dizionario sentenzia: "Il birro è nel medioevo e in età rinascimentale, guardia che tutela l'ordine
pubblico, sinonimo: sbirro" quindi potremmo dire: "Il birro è in Romagna in età balneare, guardia
che tutela l'ordine pubblico a marina. sinonimo: bagnino".
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
Ma non è così, o perlomeno non è tutta la verità.
Birro deriva da "Bér" che significa ariete, il maschio della pecora. Quindi se mescoliamo i due
presupposti: un bagnino e un animale caparbio, di intelligenza spiccia e di facili costumi, otteniamo
il Birro Romagnolo.
Il birro ha la propria dimora tramezzo i capanni di marina, "sotto la stazione" guai a mescolarsi con
le popolazioni oltre ferrovia definite dai Birri "fighetdecaz".
Per quello che riguarda la quantità e la qualità delle conquiste femminili, il birro è un camionista
alla trattoria del sesso: "roba buona ed abbondante! E mai nello stesso posto!" è il motto che ogni
birro ha tatuato sul cuore.
Oltre i bagnini possono essere birri anche portieri di notte, manovali, camerieri: insomma tutta la
gente che lavora per vivere (e per ciulare..) e non che vive per lavorare (facendosi ciulare...).
Il birro è abbronzato anche a natale, sa trarre in salvamento (o soddisfare sessualmente...) quattro
svedesi contemporaneamente, dopo aver mangiato una cassetta di sardoncini arrosto con la piada e
la zvolla e dove la natura ha scarseggiato in materia grigia ha abbondato in materia pelvica.
La prima attività che svolge il birro la mattina è quella di scappare dal letto o dalla brandina della
tipa conosciuta la sera prima al densing, poi corre dalla propria madre per la quotidiana dose di
caffellatte coi pavesini e di "sgrazid, fa basta andè in zir la nota: at faz e siampo sa e s-ciadur!".
Mentre il vitellone sovente esula i confini della propria città e non ha istinti territoriali, il birro è
fortemente territoriale e diversificato in sottospecie: guai a dire ad un birro di Riccione che è uguale
ad uno di Cesenatico o ad uno di Rimini: il riccionese schifa il riminese e il riminese snobba il
cesenatichino: tra loro incorre la stessa differenza che c'è tra " tregli, rosàl e barbòn".
Comunque sia, pure il birro alla fine della fiera riesce a raggiungere lo scopo di ogni Homo
Romagnolus: sposarsi con una di San Marino.
Evoluzione delle specie.
Appurato che le definizioni di birro e vitellone, appartengono al novecento, ora bisogna scavare
nelle vere origini del birro e del vitellone che presuppongo risalgono all'età in cui Rimini si
chiamava Ariminum, quando al posto delle smart c'erano le bighe, al posto dei T-max c'erano i muli
e al posto delle gelaterie c'erano bar che facevano lo spritz con l'ambrosia e davano bruschette al
"garum" ( il garum era una salsina ottenuta dalla fermentazione delle interiora di pesce,
fermentazione che produceva un gustoso distillato che si chiamava "liquamen": maligni dicono
che sia ancora utilizzato nelle pensioni rivierasche per dar quel che al risottino alla pescatora).
In quei tempi vi erano i protovitelloni, i figli dei delegati dell'impero romano, borghesotti
nullafacenti che passavano tutto il giorno a disquisire di meccanica celeste e delle tette delle
matrone, pure loro snobbavano l'andare a marina.
Vi erano anche i protobirri, ex barbari di stirpe celtica e gallica, i famosi "galèt" che davano la
caccia alle"senone", (vi giuro sul sangiovese che è vero...), colossali schwarzeneggeri biondi
capelloni dalla ciacara facile, dalla muscolatura guizzante e dal pistolino allegro (praticamente i
bisnonni di Pucci e di Zanza).
I protobirri schifavano i protovitelloni chiamandoli "bròt fnùcet" e i protovitelloni reagivano
chiamandoli "barbarum incivilum pocus lavantis" e poi correvano a farsi fare la manicure.
Questo il passato remoto, gli anni cinquanta li abbiamo visti, manca il vitellone e il birro post anni
sessanta.
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
Vitellone e il birro post anni sessanta
Il birro moderno ha lo scuterone, pure il vitellone moderno ha lo scuterone: d'estate il birro va sullo
scuterone con le infradito, i sundek e due moldave dietro, sotto la sella una cartucciera di
profilattici. D'estate il vitellone moderno viaggia sullo scuterone vestito di lino chiaro, va alla
retrospettiva sul cinema d'autore con dietro la morosa del migliore amico e in tasca ha un pacco di
preservativi perché non si sa mai.
Il birro moderno ha facebook, ci mette sopra due foto di lui a marina e linka le canzoni di Gianni
Drudi, è stra orgoglioso del suo essere Romagnolo: tira su più donnine dei saldi di gennaio.
Il vitellone moderno ha Facebook, mette sullo status le frasi di Seneca e di Rimbaud, posta canzoni
depresse e cupe, invita tutte a concerti gezz con annessa degustazione enogastronomica, se gli dai
del Romagnolo si incazza, pardon, si contraria, ma se guardi tra le sue foto ce n'è una di lui alla
sagra del cicciolo con una flebo di sangiovese attaccata al braccio:ogni tanto qualche milfona ci
casca nella sua trappola.
Futuro del vitellone e del birro
Ve lo spiego così: una volta ne ho visti due al bar, il vitellone col suo bel completino kaki e il birro
con la polo aperta e la sabbia sui piedoni. Fingevano astio, ma una volta rimasti soli e sinceratisi che
non ci fossero donne in giro, li ho visti abbracciarsi come fratelli, alzare il calicino di sangiovese e
urlare al mondo: "PER SEMPRE, VIVA LE DONNE!"
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
Arzdora 2.0
Mi pare giusto rendere onore a sta personaggessa mitologica Romagnola che secondo alcuni va scomparendo,
mentre secondo la mia modesta opinione sta semplicemente mutando usi e costumi.
Per aspiegare tutto cominciamo con l'etimologia: Arzdora (questo è il termine corretto, "azdora" è
tollerato;"zdora" o peggio "sdora" son parole da giargianesi...) è il femminile di "Arzdor".
Arzdor significa reggitore (dal verbo "aréz", reggere, tenere) ed era nelle realtà rurali colui che reggeva sul
proprio medesimo groppone tutta la baracca, ovvero il capofamiglia (presente Avrelio, il babbo di "Amarcord"?
Lui...)
Ergo, Arzdora significa Reggitora (reggitrice? Ma valà siamo in Romagna...), quindi colei che regge, tiene:
interessante il parallelismo con l'inglese "housekeeper" colei che tiene la casa; ma in inglese la "housekeeper" è
servetta (servente, domestica, cameriera), ma qui da noi l'Arzdora invece è Regina: Regina di Cuori coi figli,
Regina di Denari perché è lei che li tiene, Regina di Sssciaduri, perché se l'Arzdor fa il galletto glieli spacca sulla
crapa...
(A proposito: potete provare a trattare una Arzdora come una servetta, proverete l'ebrezza di uno sssiampo fatto
con lo s-ciaduro...)
Per tornare ad Amarcord, vera bibbia locale, l'Arzdora è la Miranda (la mamma), andate a vedervi la scena del
pranzo e capirete.
Quindi il passo dal passato al presente è breve:chiamatele "donne in carriera con famiglia", chiamatele
"desperate housewives in multitasking", chiamatele "ma come casso fanno a far tutto?", per me sono Arzdore 2.0.
Voglio dare due esempi:
Arzdora Alberghiera 2.0
Si chiama Iris, Meris, Elide o Maristella, il suo marito si chiama Gisto o Valter e anche se la pensione è intestata a
lui, viene relegato in ruoli secondari come il portierato notturno e se scassa troppo i maroni viene deportato a vita
nello scantinato a pelare i citornelli per il buffè delle verdure.
La sua arma e strumento di lavoro è il sorriso con cui affronta tutte le situazioni che si vengono a creare nella
pensione, ma ATTENTI!
Alcuni narrano che la signora Maristella del hotel "stella del mar" abbia fronteggiato alle sei di mattina dieci
reduci del cocoricò tirando fuori dall'ultimo cassetto del burò un fodero in lino bianco stampato a ruggine, da cui
ha estratto lo S-ciaduro, la Sacra Excalibur, la Katana Romagnola: è bastata la sola vista dell'attrezzo per zittire gli
scalmanati urlanti e farli fuggire in camera come bagaroni quando che accendi la luce.
Arzdora plurifiglimunita 2.0
A causa di particolare voracità di salamino di Puro Moro Romagnolo, sta donna si trova in casa un numero di figli
mai inferiore a tre e soprattutto di età diversa, a cui piacciono sport diversi, che hanno la simpatica tendenza ad
andare d'accordo tra di loro come dei delegati al congresso del piddì. Spesso, sta porabestia ha persino un lavoro e
un marito birichino: a lei tocca areggere il tutto.
Sono personalmente convinto che se una di ste arzdore plurifiglimunite 2.0 la mettessimo al governo il mondo
cambierebbe in meglio: ma lei non ci starebbe, più importante di far cambiare il mondo è far cambiare idea alla
figlia Sonia che dice che vuole andare a vedere Van Gogh in camper ad Amsterdam con Spino, Marika e Scheggia.
Quindi quando sentite Arzdora non pensate a tette che ballano al ritmo dello ssssciaduro, a procaci donnone con la
essssse strascinata, a vecchie un po' scassamaroni, non cercate sui siti sozzi i video della Clerici che fa i cappelletti
in guepiere (purtroppo non esistono...): pensate alle donne, quelle vere:
che magari non san più fare le tagliatelle,
che magari ogni tanto tocca di defibrillarle a Nutella,
che magari sono poco a casa perché si devono fare un culo come una galina con le moroidi per aiutarvi a tirare
avanti,
che magari ogni tanto, vivalamadonna, tocca da lassele in pesa,
che magari non han sempre tempo e voglia di esser faighe da paura,
che magari sembra che vi trattino da uomini solo quando c'è da portare via il rusco,
... ma sanno reggere in equilibrio sul proprio cuore e sulle proprie spalle senza far cascare nulla, tutto ciò che di
bello e brutto c'è al mondo.
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
Cronache dal colorificio Romagnolo
Lei: mora forse quaranta, con tuta elegante per far vedere che si, siamo sotto i lavori, ma ci teniamo
a non sembrare sgrazide. Un occhio non allenato potrebbe definirla pienotta, ma in realtà è una
quarantaquattro tecnicamente perfetta. Trucco studiato manco fosse S. Silvestro e occhiale da sole
da moscone a tener buoni i capelli.
Lui: occhiale intellettuale radical chic che stona col viso da riccionese, felpina alla moda, magro e
alto: tutto sommato un bel om; di vista ci conosciamo, forse abbiamo amici in comune.
Io: messo come il porco. In assetto da grandi imbiancate di primavera, maglietta bianca marcata
Edilqualchecosa, scarpe comprate nel millennio scorso e pantaloni in technicolor che sembra che ho
fatto un frontale contro l'arcobaleno: mi mancano giusto una nazionale senza filtro e un paio di
bestemmie per completare il quadro da imbianchino quasi serio.
Arrivo al colorificio e trovo lei a cul busone chinata sul bancone che studia perplessa la mazzetta
RAL dei colori come se dovesse scegliere il trucco per il matrimonio. Il commesso mesto segue le
di lei considerazioni: "troppo carico, violento!","potrebbe andare ma...come dire... non è nelle mie
corde","già visto, forse se spatolato...","uff...troooppo pastello!".
Lui, impassibile in piedi senza muovere un muscolo, con la mano sul mento che gli copre anche la
bocca quasi ad arginare un "mo ciapa un color, enca te cus fa nota!", lo sguardo comunque riesce a
farlo interessato alle sentenze cromatiche di lei: da ammirare sto poretto.
Vedo che al banco si fa lunga e mi metto ad aggirarmi tramezzo gli scaffali leggendo le istruzioni
d'uso delle vernici bituminose come se si trattasse di trattati di filosofia; scorgo il lui che fuggito dal
bancone e dalla lei, medita il suicidio per ingestione di acquaragia; per rincuorarlo gli lancio uno
sguardo di complicità maschile. Lui mi si avvicina e sottovoce tramezzo i denti si confida:
"Vigliaka d'una gran vigliaka, l'è un bagn, t'è capì? un bagn! Ul vo rosa... a sem a post... a fem la
stala dla Peppa pig!" Perché guardare la televisione? Aprite gli occhi e il cuore all'allegria: vedrete
che è la vita vera delle persone vere il più grande e divertente spettacolo del mondo!
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
I Sentimenti del Romagnolo.
Tra i modi di dire che caratterizzano il modo stesso di essere e pensare del Romagnolo, in quanto
categoria filosofica, c'è una locuzione che se utilizzata con parsimonia ha uno straordinario potere
dirompente, tale locuzione non mi risulta abbia riscontri in altri bacini geografici.
Tale locuzione ha una mastodontica potenza intrinseca di sintesi: riesce a distillare in un unico
concetto, quell'indefinibile mix di apatia indotta dagli eventi infausti, di rassegnazione
all'ineluttabilità della umana imbecillità e di sconfitta innanzi alle situascioni che potremmo ma non
ci è dato di risolvere.
Capita a volte di abusarne e abusarne significa toglierne potenza emotiva (presente le bestemmie in
automatico del manovale quando gli cade l'ultimo chiodo che ha nella bisaccia giù per i ponteggi?).
Per evitarne l'abuso svelo l'arcano, la locuzione è (italianizzata, per necessità spiegatoria):
"MI HAI TOLTO I SENTIMENTI!"
Pensateci, è geniale e stupenda nella sua potenza: come definireste una situazione in seguito alla
quale siete costretti ad agire con freddo meccanicismo per evitare danni maggiori e venite deprivati
della capacità di provare amore, compassione, collera o anche odio, se non dicendo che quella
situazione VI HA TOLTO I SENTIMENTI?
Poi, riguardo alle persone, che altro potete dire ad un bipede diversamente simpatico (anzi no,
STRONZO COME UNA CORRIERA DI LEGHISTI!) che con perizia da accertatore fiscale,
continua ad utilizzare le vostre piccole madonne storte per scartavetrarvi l'anima se non che
"VI HA TOLTO I SENTIMENTI"?
A volte se ne abusa, ma lo si fa per pigrizia:
"Quella mosca decaz mi ha bela che tolto i sentimenti"
"Sbassa il sterio, che mi togli i sentimenti!"
“Un si potria smetterla di guardare ste vetrine, a furia di guardare i prezzi delle ciavatte, non ho
più i sentimenti!”
"Fa basta con sta gnola, non te lo compro il gormito del vulcano, mi hai cavato i sentimenti!"
Molto probabilmente nessun pissicologo o sociologo o maitre a penser, ha pensato mai ad
analizzarlo, sto modo di dire: è un vero peccato...
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
Mazurka d'amore della Mora Romagnola
La Mora Romagnola non è che sia proprio una maiala, ma un bel po' lovazzona lo è.
La Mora Romagnola può aver squartato canocchie tutta la mattina, ma alla domenica pomeriggio
sul corso ha la sua certa qual classe.
La Mora Romagnola, qualunque taglia porti, ha sto garretto stilo e sti polpaccetti da polka, che son
tutto un programma.
La Mora Romagnola quando ci dà giù di ssciàduro sulla nascente tagliatella, con l'ambaradaggio
anteriore sballonzante, è più sciecsi, della Sciaronstona.
La Mora Romagnola se ti sgama che le slumi i prosciutti, un sorrisino malizietto te lo smolla tutto.
La Mora Romagnola se punta un gaggiotto, sta tranquillo che se lo porta a casa.
La Mora Romagnola è a suo agio sia sulla zapadora che sul Biemvù.
La Mora Romagnola, quand'è che ride, gli vengono su sti guanciotti a tortellino che ti fanno
innamorare.
La Mora Romagnola, se mette le mani sui fianchi e dice: "Aloooora?!", ut toca da stè ilè: zet e
mosca!
La Mora Romagnola ha il cervello convertibile, passa dal guardare l'isola di Icsfactore a leggere
Sciopenauer senza traumi pissicologici.
La Mora Romagnola quando dice: "Ma cos'è che fai, pataaaca...", è come un'endovena di Viagra.
La Mora Romagnola ha sto piedino che mi sta bene sia col tacco violento Prado & Gabbani, che
con la ciavatta in pail del mercato.
La Mora Romagnola ha sto bacio che sa di ciambellone pucciato nell'albana dolce; se l'hai provato
una volta, dopo cerchi solo di quello.
La Mora Romagnola ha il multitasking di defòlt: tira avanti la pensione da per sola; riesce a
crescere dritti come cipressi i burdelli; sa sempre dov'è il moroso e cosa fa; e in tutto sto
marasma trova anche il tempo di andar a far del gòssipo dalla parrucchiera.
La Mora Romagnola la puoi trovare sul mercato anche biundàza o roscia, ma sempre Mora rimane
nell'anima.
La Mora Romagnola ha sentito in tivù che tocca da fare la dieta, ma se gli arbaltano davanti un
gabarè di paste, pianopiano, con la sua calma...
La Mora Romagnola se l'hai fatta piangere vuol dir che non te la meriti.
La Mora Romagnola è un mistero della scienza: più tabacchini sforna, più si ingnocchisce.
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
La Mora Romagnola ha sto retaggio campagnolico imprintato nel diennea: con quelle manine di
fata, alla bisogna, riuscirebbe ad astrozzare un galnaz, tocca da ricordarselo prima di fare i
galletti in girone.
La Mora Romagnola ha negli occhi la luce di un raggio di sole nato sul mare e la passione di una
boccia di Sangiovese.
La Mora Romagnola sa quanto può esser vigliacca la vita se ti si incagnisce contro, ma per questo
non è che ti invornisce di paranoie, ha imparato che la cosa più importante è regalare a chi
vuole bene tutto di sé.
...Dopo sta manfrina da pro loco, non riesci a capire che qui da noi c'è qualcosa di addirittura
migliore della piada col parsutto?
Sei proprio un Giargianese!
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
Gedeone, il genio di Riccione
Me ne stavo passeggiando a piedi dalle parti del Pariolino che è la terrazza di Riccione, in un giorno di inizio
estate e pensavo ai fatti miei, quando in un fosso vedo una torcia elettrica.
Come ogni essere umano di sesso maschile di questa terra, non resisto alla tentazione di raccoglierla; è messa
davvero male, tutta ruginita, io provo ad accenderla lo stesso.
Niente, dai magari con una ripulita la rimettiamo a posto, forse basta cambiare le pile...
Svito il vano delle batterie e sorpresa!
Dalla pila esce una nuvola di fumo dall'odore di sardoncini alla griglia ed un'esplosione di luci multicolorate
da Cocoricò e nell'aria si spandono le note di "Fiki fiki": ed infine esce dalla pila un buffo omarino con
canottiera da bagnino a costine, Sundek scoloriti, cappello da marinaio e ciabatte Arena... "Mi presento", dice
l'omino con una voce che è un misto tra Giacobazzi, Peppone e Tonino Guerra,"A sò Gedeone, il Genio di
Riccione, mi hanno chiuso nel pilone e i m'ha but in tel burrone...
Ora a chi mi ha liberato un desiderio verà donato...".
Rimango incredulo e stupito e giuro a giuro a me stesso di non bermi mai più un boccione di Sangiovese
dietro una cassetta di mazzole arrosto.
Il Genio incalza: "Sei tu vuoi soddisfazioni, non scassarmi a me i maroni,tira fuori il desiderio, che senò a
vag sul serio..."
ancora incredulo decido di stare al gioco: "Vedi Gedeone, da quassù sul Pariolino si vede tutta Riccione:
guarda che bel mare, le bianche scie delle barchette, le gru di chi costruisce... guarda che bellezza! ...Ti
dicevo: Riccione è una bellissima città ma ha sempre avuto un grande problema."
"Il problema" continuo mentre Gedeone scruta l'orizzonte e guarda la città più bella del mondo "è che
Riccione è cresciuta oltre le aspettative e la mobilità (che saria a di il traffico e com spustess) è al collasso."
Gedeone: "E alora???"
"il mio desiderio Gedeone è che, visto che nessuno c'è riuscito, tu che sei un genio risolvi il problema: ci
hanno provato in tanti...c'è chi dice di chiudere le strade alle macchine, ma i bolognesi se non parcheggiano
il suv a marina non tornano più, c'è chi dice di usare i mezzi pubblici per andare a fare la spesa, ma le
sgnoure dicono che col caldo dentro il bus la saraghina puzza, c'è chi vuole addirittura la brandina e
l'ombrellone per il T-max...Addirittura vorrebbero fare la metropolitana di costa...","Seh" mi interrompe
Gedeone"cus ca sem a nuova iorch????"
Riprendo"c'è addirittura chi ha proposto di fare una teleferica che passa sora al teste, gli hanno risposto:
perché an fem e teletrasporto?"
Gedeone: "Aaspeta te tum dis che io che sono stato nel fosso e che ho tutti gli ossi ingianghiti, ti dovrei
risolvere sta roba impossibile? Dai fà e brev, domandami qualcos'altro.."
Io: "Hai ragione, ma sono un'idealista...Ti chiederò qualcos'altro..."
Gedeone:"sarà mej...dai taca!"
Io: "Allora Gedeone, io vorrei un paio di scarpe!"
Gedeone: "Subito, che numero?"
Io: "No, non per me ma per mia moglie: io non posso portarla in viale Ceccarini o in via Dante che lia la sa
inchenta davanti i negozi... guasi tutte le settimane ne compera un paio nuovo, oramai a ho da to una gabina
a mareina per quante ne ha, e non ne ha mai abbastanza, tutte le sere ci mette un ora a scegliere e appena
saliamo in macchina la dis che deve ASSOLUTAMENTE metterne un'altro paio, perché nella borsa rossa
non ci sta il telefonino... il mio desiderio è un paio di scarpe che a mia moglie piacciano davvero, che
vadano bene con tutto e che le butti via solo quando sono logore, non che le dia alla Caritas dopo un mese!"
Leggo il terrore negli occhi di Gedeone, si accende una nazionale senza filtro e assume lo sguardo del
bagnino quando piove ad Agosto... "dì" sentenzia Gedeone:"Ci vediamo lunedì mattina alle nove in consiglio
comunale, te porta il piano regolatore e le cartine... chiama anche quello del teletrasporto!"
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
Viva la Gnocca
Viva la Gnocca, quella Vera! Non quella che, scaranata al tavolo dello spritz a gambe
spalancate, offre all'universo intero la sua ecografia uterina; ma quella che, per chi sa
apprezzare, fa intravedere, anzi no sognare, mezza virgola di tetta.
Viva la Gnocca quella Vera: quella che quando parla dirà anche: "aloora" con una elle
e due o, ma che ogni tanto ci instecca nella frase un congiuntivo malizioso che fa più
viagra di un push-up di pizzo lavanda.
Viva la Gnocca, ziobonino viva la Gnocca e chi l'ha inventata! Ma non quella che ti
buttano su un cartellone mezzanuda e trista, con quella faccia cattiva che sembra
abbia fatto il bidè col Drago Pulisan: non quella! Ma quella Vera: che ti ha visto che
hai perso gli occhi sulla sua quarta e ti ripaga con uno sguardo; uno sguardo che te
non capisci se dica: "safet, scostumato!" o: "prego, gradisca..."
Viva nei secoli dei secoli la Gnocca! Non quella che sculetta in maniera studiata da
putanone nato coi tacchi addosso... Ma quella Vera, che quando che si mette il calibro
dodici ai piedi, gli balla sta meraviglia posteriore: gli balla tutto sto bendidio e
ballando spande feromoni e allegria per le vie del mondo.
Viva la Gnocca! Non quella straperfettissima, palestratissima abbronzatissima,
truccata da sposalizio tutti i giorni in ufficio, che durante la cena di classe parlando
con se stessa di se stessa, agita le mani di color geranio smaltate con studiati gesti... e
ti parla come se stesse parlando con uno in piedi dietro di te, non quella! Quella Vera,
quella che prima di venire alla cena di classe si è quasi ammazzata per riuscire a
passare dalla parrucchiera per farsi Gnocca! Quella lì, quella che gli hai fatto una
battuta intelligente e lei ride in maniera indecente e ridendo gli balla tutto. Gli balla
tutto e lei se ne accorge che roba che gli scappa tutto fuori dai panni e ride ancora di
più... e te pensi: "Kamadana, me la sono fatta scappare venti anni fa al liceo, se
questa me la faccio scappare anche stasera, am taj l'usel!"
Viva, viva, viva la Gnocca! Quella vera! Che quando che ti telefona per dirti: "Ohi,
passi a prendere il latte che è finito?" te lo dice con una voce talmente Gnocca, che te
te la immagini tramezzo alle pignatte in babydoll color pesca e quest'immagine ti fa
talmente bene, ma talmente bene, che te passi si dal fornaio, ma anche dal fioraio per
trentasei rose scarlatte.
Viva la Gnocca! Non quella che quando che gli dici: "os-cia te, come ti sei fatta
gnocca!" fa lo sguardo sufficiente e ti dice: "malassandè!" e te ne accorgi che sta
pensando: "grazie me cara, mi sono rotto la schiena in palestra e ho fatto un mutuo
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
dall'estetista...", non quella! Ma viva la Gnocca, quella Vera, quella che a quel: "oscia te, come ti sei fatta gnocca!" ti risponde con un sorriso e con quelle sei lettere che
sono la verità: "grazie!"
Viva la Gnocca, quella vera! Che te (non sai come che sia successo proprio a te sto
miracolo) sei con lei sul dondolo del terrazzo della pensione a guardare le stelle sul
mare e lei ti appoggia quella testolina ricciolona sulla spalla e il dondolamento del
dondolo gli copre i cosciotti e poi glieli scopre, glieli copre e poi glieli scopre... e te,
guardando le stelle, diventi filosofo: "ci potrà essere vita su Marte, o potrà anche non
esserci: ma di sicuro nel mio cuore e nei miei boxer, vita ce n'è di sicuro!"
Viva la Gnoccaaaaa! Quella Vera non quella con lo sguardo e il look smosciatorio e
castigato da Fatina Triste; quella Vera! Caz, quella con lo sguardo allegro e il vestito
"macchissenefrega se ho la quarantaquattro e mi sta stretta" da Vera Fata Gnocca!
Viva la Gnocca, quella che ce l'hai da anni in girone per casa mimetizzata da arzdora.
Quella che esce dal bagno alle nove meno due minuti con un completo da Miss
Indrizza, te gli salti addosso e lei ti dice: "safet, pataca? Daaaai che ci aspettano al
cinema!" e te lo dice in una maniera che altro non vuol dire che: "vai,vai, vai,
Bagonghi, fanciuffolo a Brad Pitt: stasera il film lo giriamo a casa nostra!"
Viva la Gnocca, quella Vera, che non si accontenta di beccarsi da te della Gnocca tutti
i giorni, ma ti fa capire che è lì con te perché te sei Gnocco!
Tutta sta roba per dire che per essere Gnocche (e Gnocchi...),VERE, bisogna essere:
Allegre, Vive e Intelligenti.
Quindi, per sempre: viva l'Allegria, viva la Vita, viva l'Intelligenza e viva la Gnocca!
(e per par condicio, viva i Gnocchi)
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA
Perché siam Romagnoli...
Perché "malassandè, pataca" è meglio del prozac...
Perché la piadina è un gran bagascia luvacciosa e fa l'amore con tutti, anche col kebab e lo speck...
Perché sotto il Conca son tutti marocchini e sopra Lugo tutti dell' altitalia, ma vogliamo bene a tutti,
dabòn...
Perché da noi non ci si fidanza: "Us fa l'Amor"...
Perché la piada sardoni e cipolla fresca, va innaffiata col rosso...
Perché lo Ssciàduro in mano all'arzdora è il miglior mediatore famigliare del mondo...
Perché "Me a t'amaz!" lo si dice solo a chi vogliamo bene...
Perché abbiam installato il wifi sull'estirpatrice...
Perché è la Stagione al mare, la nostra scuola di vita...
Perché siam in bilico tra Epicuro e Carlomarcs...
Perché l'unico imbarazzo che abbiamo è quello di stomaco...
Perché "boia de singuler, um toca d'andè ma la messa"...
Perché usciam dal Cocoricò cantando Romagna e Sangiovese...
Perché i cappelletti col lesso a luglio, sono un lusso che pochi posson permettersi...
Perché quando torniamo a casa arbaltati con una gatta da comunione, è colpa degli strozzapreti
troppo unti del ristorante...
Perché "Di, ciò..." riassume tutti gli affanni e i triboli esistenziali...
Perché siam metodici: san Gregorio e san Martino, sono pellegrinaggi obbligati...
Perché il senegalese che parla come se fosse di sant'archenzul, lo sentiamo fratello...
Perché guai a chi ci tocca la esse...
Perché abbiam tutti il polistirolo e i triglicicoli alti, ma ai ciccioli non si può mica dire di no...
Perché da noi il nebbione è un'evento meteriologgico scassamaroni, non uno stato mentale...
Perché se la zia ti invita a casa, ti trovi a far la veggia fino all'una di notte davanti ad una mastella di
piselli da sgranare...
Perché se passa un'amico a salutarci:"dai fermati da noi, mangiamo quel che c'è!" e in venti minuti
scappa fora un buffè da sposalizio...
Perché anche la ragazza più cancaro dei cancari, si trova il gaggiotto...
Perché dopo "salutami tutti a casa!" si dice "presenterò!"...
Perché anche se sei il più fighetto dei fighetti, almeno una volta nella vita a luglio hai fatto la
conserva...
Perché la spiaggia d'inverno coi radi stolfosi cocali, sto grigio che è di mille colori, sto freddo che ti
scalda il cuore, con le gabine chiuse e con l'eco dei pensieri che riempie il mare: NON SI PUÒ'
DIMENTICARE!
ROBERTO CASADEI “CRONACHE DI ROMAGNOLI 2.0” Ogni riproduzione senza autorizzazione dell'autore è ESPRESSAMENTE VIETATA