VI PRESENTEREMO UN LIBRO Il nuovo libro di Mario Gurioli: “La divuziõ dla nostra campãgna” In Romagna, tanto tempo fa, la vita era molto diversa da quella di oggi. Diversi i ritmi, i rapporti umani, la società. Nel suo nuovo libro, La divuziõ dla nostra campãgna, Mario Gurioli passa in rassegna gli eventi religiosi che scandivano la vita nella campagna di una volta: dalla festa in onore di Sant’Antonio Abate (17 gennaio), al S. Natale, attraverso tutte le altre ricorrenze celebrate nell’arco dell’anno. In questo libro, arricchito da una settantina di foto d’epoca, scorrono il racconto e le immagini di una devozione semplice ma profonda: quella dei fedeli della campagna romagnola. Gurioli cita inoltre alcune preghiere in dialetto, detti popolari e proverbi associati agli avvenimenti religiosi, spesso legati al tempo atmosferico, di fondamentale importanza per il lavoro dei campi. Scroccadent ingredienti per 4 persone 50 g di burro; 150 g di zucchero semolato; 2 piccole uova; un albume; 350 g di farina; mezza bustina di lievito per dolci; 100 g di mandorle intere; Preparazione: Amalgamare 50 grammi di burro a temperatura ambiente con 150 grammi di zucchero semolato. Aggiungere 2 piccole uova e un albume, 350 grammi di farina e mezza bustina di lievito per dolci. Lavorare energicamente. Completare con 100 grammi di mandorle intere. Dopo aver bagnato le mani con acqua, formare, con l’impasto ottenuto, 3 cilindretti e posizionarli, ben distanti fra loro, su una teglia coperta con un foglio di carta oleato; pennellarli infine con il tuorlo sbattuto insieme ad un goccio di latte. Infornare a 180° per 25 minuti. Togliere la teglia dal forno e, sopra un tagliere spazioso e con un coltello adeguato, tagliare (con pressioni decise e veloci) i tre filoncini in fettine sottili ottenendo così dei biscotti dello spessore di circa 1,5 cm. Stenderli di nuovo sulla teglia e far tostare in forno fino a che non prenderanno un po’ di colore (occorreranno circa 15 minuti). Lasciare freddare completamente prima di servire con un bicchiere di passito di Albana. COMITATO CITTADINO DI FILETTO-PILASTRO Associazione Culturale “Come Eravamo” Con il patrocinio e il contributo del COMUNE di RAVENNA AsAssessorato al Decentramento Servizio Decentramento Giovedì 19 giugno 2014 ore 21.00 Chiesa di S. Lorenzo - Filetto La cucina romagnola con la partecipazione di MARIO GURIOLI, VANDA BUDINI Per informazioni: Ulisse 338/3254977 Con il contributo di BANCA DI CREDITO COOPERATIVO RAVENNATE E IMOLESE La cucina romagnola: operai, braccianti, contadini e signori a tavola La cucina romagnola è ricca di piatti e ricette nate da antiche tradizioni. I caratteri della cucina romagnola sono eminentemente contadini («di gusto primitivo, quasi di fondo barbarico», come scrisse il forlivese Piero Camporesi). Nella cucina della riviera romagnola è decisivo l'apporto della cultura marinara. Grande è la tradizione suina, ricca di ricette. L'identità culinaria romagnola sta, piuttosto che in una lista di piatti caratteristici, in un complesso di saperi, soprattutto popolari. Il primo e il più antico di questi saperi è la «cultura delle insalate», cioè delle piante commestibili, sia coltivate che spontanee: centinaia di specie la cui sicura conoscenza, trasmessa di madre in figlia, ha resistito fin quasi ai nostri giorni. Di questo sapere ci resta una straordinaria testimonianza cinquecentesca: la Lettera sulle insalate scritta nel 1565 dal medico Costanzo Felici. Catalogo ragionato di tutte le piante mangerecce, la Lettera censisce 180 varietà: oltre alle erbe che si consumano in insalata e a quelle che si usa cuocere, i bulbi, le radici, i frutti, le bacche, i cereali, i legumi, le spezie, i funghi e il tartufo. Una cultura ampia e raffinata è quella - strettamente connessa con le minestre - della sfoglia «fatta in casa», che dev'essere, potendo, (dialetto) «smortadova», cioè di farina e uova, senz'acqua; dalla sfoglia, più o meno sottile, si ricavano le tagliatelle, i tagliolini, i quadrettini, i maltagliati, gli strichetti (o farfalline), i malfattini, i garganelli di Ravenna, nonché le paste ripiene come i cappelletti, il piatto natalizio per eccellenza, e i ravioli, con ripieno di spinaci e ricotta. Sempre con la sfoglia senza uova sono fatti i ritorti «strozzapreti». Nell'arte della sfoglia ha piena cittadinanza anche la preparazione della piada - spessa e scondita (tranne che nel cesenate dove veniva condita con strutto, sottile condita con olio d'oliva nel riminese e nel Montefeltro) - e dei «crescioni» alle erbe dei campi. Un sapere non meno ampio e raffinato, seppur ristretto alla fascia costiera, è quello dei pesci e degli altri animali marini. Quondamatteo e Bellosi, in Romagna civiltà, elencano 165 specie di pesci, crostacei e molluschi dell'Adriatico con il loro nome dialettale. Il vertice della cucina marinara è rappresentato dal «brodetto», che in Romagna si esige robusto e casalingo, denso di conserva di pomodoro, di aceto e di pepe nero. Altrettanto deciso è il sapore del pesce in graticola (la «rustìda»), infilzato negli spiedini e protetto da una panatura all'aglio e al prezzemolo. Un sapere che accomuna la Romagna al resto delle regioni italiane è quello della vite e del vino. Nel 1792 Giovanni Antonio Battarra scrive sulla viticultura per novantuno pagine la sua Pratica agraria. I vini romagnoli più noti sono il Sangiovese (rosso) e i bianchi Trebbiano (ottimo con il pesce) e Albana di Romagna, secca e amabile; meno popolari e da conoscitori sono il Pagadèbit, il Biancale, e il Rosso di Bosco. Il più famoso gastronomo romagnolo è stato senza dubbio Pellegrino Artusi (18201911), nativo di Forlimpopoli. Nel 1913 Antonio Sassi arrischiò un primo censimento della cucina «del popolo, che conserva buona parte delle vecchie costumanze». Il catalogo è di sole cinque voci: i cappelletti (diversi sia come forma sia come ripieno, che in Romagna si chiama "compenso", diversamente da quelli, omonimi, del bolognese e dell'Emilia), i passatelli, le «pappardelle asciutte condite in perfetta regola», il pollo arrosto e la piadina, che varia da zona a zona in dimensione e cottura. Dei cinque piatti elencati tre sono "paste", e ciò non fa meraviglia, dal momento che, un proverbio romagnolo, definisce la pasta: la «biada dell'uomo», è (scrive Camporesi) «il cardine del sistema alimentare» della Romagna. (tratto da Wikipedia, l’enciclopedia libera)
© Copyright 2024 ExpyDoc